Capitolo 46: Giù la maschera
«Lo sapevi, bastardo! Lo sapevi che era lei e mi hai mentito!»
«Ma ti pare? Credi che se avessi saputo che era lei, ti avrei lasciato avvicinare? Credi che le avrei fatto passare tutto quel tempo da sola con te?»
«Con Rebecca l'hai fatto!»
Sono le urla dei due maschi che per primi mi hanno fatto conoscere la magia a risvegliarmi. Probabilmente era questione di minuti prima che accadesse lo stesso, ma avrei preferito un risveglio più dolce.
La conversazione — che, in realtà, ha più i suoni di una litigata — procede dietro la porta chiusa, ma dato che si sbraitano addosso è facile riacchiappare il filo del discorso.
«Con Rebecca era diverso!»
«E per quale assurdo motivo?»
«Perché...» Tommaso ringhia. «Perché sì, va bene? Di certo non lo vengo a spiegare a te!»
«Ah... Capisco! Stanno così le cose, dunque...» Ben ridacchia. «L'Incantatore si è fatto incantare» lo canzona. «Da cosa? Sono stati gli occhioni azzurri?»
«Non saprei... Cos'è che ha incantato te?»
Per un istante torna il silenzio, poi un altro ringhio lo rompe, ma questa volta viene da Ben. «Stai attento, Incantatore, perché non credo a una tua sola parola e stai camminando su del ghiaccio molto sottile.»
«Controllo il fuoco, il ghiaccio lo sciolgo.»
«Allora, spero tanto che tu sappia nuotare.» Ma dall'intonazione della voce si direbbe tutto il contrario.
«Si può sapere che avete da urlare tanto?» È il mio turno di strillare, aprendo la porta. I due maschi si girano immediatamente nella mia direzione, ammutolendosi. «Bene, ora che ho la vostra attenzione, gradirei che mi spiegaste un paio di cosette: perché e da quanto siamo qui?» ove "qui" intende la mia vecchia stanza che non so come è stata svuotata dalle cianfrusaglie con cui è stata riempita in questi mesi, non escludo che siano state tutte ridotte in cenere per fare presto.
«Hai avuto un mancamento dopo la tua proclamazione un paio d'ore fa» spiega Tommaso, il primo a riprendersi «e Smith si è offerto di aiutarti a riprenderti, ma non lo volevo nella mia stanza, così ti abbiamo portata qui.»
«Nostra» preciso immediatamente. «Nostra stanza, e lui può venire quando vuole» dico a Tommaso, per poi sottolineare il concetto rivolta verso Ben: «Puoi venire quando vuoi.» Lui si limita a deglutire.
Mi sono tanto preoccupata per Rebecca e alla fine sono stata io a svenire, immagino quale potrebbe essere la reazione derisoria di Vandine. A proposito di... «Cos'è successo con Rebecca? Mi dispiace di essermela persa...»
«Già, a questo proposito, la rivelazione è stata rimandata» interviene Ben «e credo che dovrei andare a controllarla, ero occupato con te e non ho neanche sentito come stava...» Si morde il labbro. «D'accordo, vado da lei e poi torno da te, ti porto qualcosa da mangiare» decide alla fine e si allontana, non prima di aver sussurrato rapido qualcosa all'orecchio di Tommaso.
«Che ti ha detto?» chiedo non appena giudico il soggetto della frase fuori portata d'orecchi.
Tommaso tiene gli occhi puntati sulla schiena dell'uomo fin quando non gira l'angolo, poi si volta verso di me. «Di non pensarci neanche.»
«A fare cosa?»
«Boh, chi lo capisce è bravo» dice con una scrollata di spalle, ma perfino lui si rende conto di quanto pessima sia questa bugia.
Tommaso cerca di deviare la mia attenzione, suggerendomi di tornare a letto perché anche se Ben mi ha rimessa in sesto e i miei tempi di ripresa sono sorprendentemente brevi è meglio non tirare troppo la corda. Lo assecondo fino a un certo punto, non m'infilo sotto le coperte, mi sistemo a gambe incrociate sopra di esse, ignorando il fatto che così la gonna del vestito sia risalita lasciandomi le ginocchia scoperte, e sbatto la mano accanto a me per invitare anche lui. Tommaso si siede, tenendo le gambe fuori dal letto.
«Cos'è successo alla roba?»
«Ti eri affezionata?» m'interroga di rimando, ma mi degna di risposta: «Bruciata, era il modo più rapido di liberare il posto. Se abbiamo intenzione di riempirla nuovamente dovremmo farlo con più criterio.» Si stende con la schiena sul letto, fino a poggiare sul cuscino la testa sotto cui incrocia le braccia.
«E alla proclamazione, cos'è successo lì?» Quasi senza pensarci allungo la mano per poggiarla sul ventre tonico di Tommaso e inizio a percorrerlo con le dita. «Ricordo che hanno chiamato il mio nome e di essere avanzata, ma poi ho il vuoto. Dimmi che non sono svenuta dopo aver fatto un solo passo, sarebbe imbarazzante.»
«Tranquilla, non sei svenuta dopo un solo passo...» esita per qualche secondo, poi riprende «Ti sei presentata e sei andata a sederti, ti sei seduta e poi sei caduta a terra, forse non te lo ricordi tanto bene perché già stavi iniziando a sentirti male.»
«Dopodiché la proclamazione è stata interrotta, per me?»
Di nuovo un'esitazione. «Assolutamente no, ci abbiamo pensato io e Smith a te, gli altri sono andati avanti come da copione, però Rebecca, rimasta sola, ha rinunciato alla rivelazione.»
«Perché mai Ben avrebbe lasciato la sua protetta per curarsi di un semplice mancamento?»
Tommaso inspira tra i denti. «Lo conosci, ha il cuore tenero.»
«Sì, ha senso» concedo, sentendo i muscoli della sua pancia rilassarsi. «E, dimmi,» riprendo, guardandolo civettuola con uno smielato sorriso «quando, in questo lasso temporale, hai armeggiato con la mia memoria?»
Gli devo riconoscere che resta più immobile di quanto mi aspettassi, ma forse è proprio questa pietrificazione innaturale che lo tradisce più dello sgranamento degli occhi e dell'apertura della bocca.
«Quindi te lo ricordi» è tutto ciò che dice.
«Non dovrei?»
«Come l'hai capito?»
«Non fare incantesimi a contatto con me, assorbo la tua energia e la magia non ha effetto. Ho intuito che pensaste che non mi ricordassi quando ho aperto e vi siete zittiti, così ti ho retto il gioco.»
«A me?» Inarca un sopracciglio, incuriosito dalla mia deduzione.
«Sei l'unico che ha il potere di modificare i ricordi, l'ho scoperto prima.» Prima, mentre stavo frugando nella sua mente. «E ho scoperto anche altro.» Deglutisco. Se non me l'ha voluto dire, avrà avuto i suoi motivi, ma ormai l'ho visto e non posso fare finta di niente. «Perché non me l'hai detto?» Non ho bisogno di specificare, sono sicura che ha inteso da un po' dove questa discussione sarebbe andata a parare.
L'Incantatore si lascia andare a una risata amara, staccando gli occhi dai miei e puntandoli verso il soffitto stuccato. «Ho provato, ma ogni volta che ti rivelavo qualcosa sui miei poteri davi di matto, e sono andato per gradi, partendo con le cose piccole, come avresti reagito se ti avessi rivelato chi- cosa sono realmente? Ti avrei persa per sempre e non potevo sopportarlo, a costo di vivere nell'eterna menzogna non potevo- posso perderti.»
«Perché sono l'Eroina e la tua vita dipende da me?»
«Se la vuoi pensare così... Se vuoi accettare la spiegazione semplicistica...»
«Beh, in ogni caso...» Anche se non mi sta più fissando, abbasso lo sguardo e sfrutto i capelli che cascano sul viso per nasconderne il rossore. «Neanche io ho intenzione di perderti.»
Dal frusciare della federa capisco che si è girato nella mia direzione e sono felice di non fronteggiarlo più. «Non essere crudele, l'hai detto tu stessa...» La sua voce è svuotata di qualsiasi emozione, piatta e provata come quella di un condannato a morte, ciò che lui è troppo vicino ad essere; le lacrime pizzicano per uscire. «Il Bene è la decisione logica, chi mai sceglierebbe il Male?»
È questo il suo mistero che ho avuto dinanzi agli occhi fin dall'inizio ma che non ho mai voluto guardare. Ho sempre girato la testa dall'altra parte di fronte a tutti i suoi accenni e tentativi di farmelo capire. Adesso questa verità mi s'impone di prepotenza e si aspetta che l'affronti senza perder tempo.
Sento il suo addome contrarsi quando si puntella sui gomiti e poi allunga un braccio per prendermi il mento con due dita e costringermi a fronteggiarlo. «Va bene, davvero. Se è così che deve essere, sono felice che sia tu, non avrei voluto fosse nessun altro. Ti chiedo solo di essere rapida, fallo adesso, non prolungare oltre il mio tormento.»
Sono in lacrime, a stento riesco a metterlo a fuoco e il suo viso è arrivato a pochi centimetri dal mio. «Non essere ridicolo, non intendo ucciderti.»
«Allora lo farà Benjamin quando tornerà.»
«No!» strillo di fronte alla decisione nei suoi occhi. Ci deve essere un altro modo. Ci. Deve. Essere. «Ti prego, non fare sciocchezze» lo imploro, affondando il viso in lacrime nella sua spalla. «Con Rebecca non facevi così...» cerco di capire tra i singhiozzi.
«Era diverso.» Tommaso- l'Incantatore- il Male mi accarezza i capelli, con calma, con tenerezza. «Lì c'erano ancora millenni di possibilità davanti, ora non posso vivere con la consapevolezza che un giorno sarai al suo fianco per uccidermi.»
«E... E se...» Mi si spezza la voce, ma mi sforzo di andare avanti. «E se scegliessi te?»
«Condannando l'intero universo? Non essere sciocca, su, non riesci neanche a baciarmi, figurati passare l'esistenza con me e dovere avere un erede per mantenere l'equilibrio, non funzionerebbe.»
«Dici che io sono crudele, ma quello che sta facendo piangere una ragazzina sei tu.»
«Sono il Male, ricordi?»
Ovvio che lo ricordi. Lui è il Male e deve essere eliminato dal Bene e dall'Eroina, avverando la Profezia; non posso allearmi col Male per distruggere il Bene, non avrebbe senso, non importa che possa essere lui ad avere il mio cuore. Ci sto ancora lavorando - stavo cercando di capire se potessimo funzionare senza baci e affini, se potessi osare chiederglielo - ma un conto era che non riuscissimo ad organizzarci noi, un altro è che qualsiasi possibilità ci venga sottratta.
«E io sono l'Eroina, ricordi?» Prendo una decisione, mi riporto dritta e lo guardo negli occhi. «Le sorti dell'universo dipendono da me, sono io a dettare le condizioni, faranno tutti ciò che dico, nessuno ti torcerà un capello fin quando non saremo riusciti a trovare una soluzione. Insieme.» Intreccio le nostre mani e lascio che la magia mi pizzichi le dita, collegandosi alla sua, fa il solletico.
Tommaso mi concede un piccolo sorriso e resiste per qualche istante prima di liberarsi dalla mia presa e controllarsi i polpastrelli fumanti. Solleva lo sguardo per agganciare di nuovo il mio, ma stavolta c'è qualcosa di strano nei suoi occhi, una circospezione nuova che sostituisce la dolcezza di poco fa. «Lo sai che lo hai bruciato?» chiede dal nulla, non so neanche di chi stia parlando. «Jurian è ignifugo, è capace di sopportare qualsiasi temperatura ed ha riportato ustioni di terzo grado su tutto il corpo.» Deglutisco a vuoto, sentendo una fitta allo stomaco. «Benjamin ha usato non so quanta magia per guarirlo e lui non si è neanche ancora ripreso. Neanche gli altri si sono ripresi, del resto.»
Gli altri che ho soffocato intende, un'altra fitta al basso ventre. «Sono...» Morti? Sto davvero chiedendo se della gente che ho soffocato è morta?
«No. Per fortuna, non necessitavano di cure immediate e Benjamin ha preferito pensare prima a te, dopo tornerà da loro. Pare che non sia stata tu a togliere l'aria, ma il tuo amichetto, Kajt, ha capito cosa stavi per fare e ti ha preceduta, sottraendo quella che bastava affinché svenissero tutti. Un lavoro impeccabile devo dire, peccato che non potrà mai fregiarsene perché nessuno ricorderà l'accaduto.»
«Quindi stanno tutti bene?» domando, una rinnovata speranza permea la mia voce. Non sono un'assassina.
Tommaso mi fissa e vedo il luccichio divertito che aveva quando parlava di Kajt spegnersi. Lo sguardo che mi rivolge è colmo di pietà. «No.» Ovvio che no, lo sapevo, ma ho scioccamente voluto sperare, sono patetica. «Il colpo l'ha presa in pieno» lo so, ho mirato io «Jurian è stato un danno collaterale perché era lì vicino» lo so, non puntavo a lui «e la sua resistenza al fuoco è stata messa a dura prova» lo so, non c'è bisogno che me lo ripeti «Vandine non ha mai avuto una possibilità.»
Aspetto che le lacrime versate fino a poco fa si accumulino nuovamente e mi preparo ai singhiozzi che mi distruggeranno. Mi preparo al dolore che mi strapperà il cuore dal petto, mi preparo a pregare di poter tornare indietro nel tempo.
E passa un'intero minuto. Lo so perché sto guardando la lancetta dei secondi sul mio orologio. E poi ne passa un altro. E non mi succede niente. Non sento niente.
«Lo so» dico, pronta a condividere il mio dolore, ma non sono scuse inutili quelle che lasciano le mie labbra «ho una mira impeccabile.» Questo è quello che dico. Ma quello che non dico è molto di più: Se lo meritava. Non sono dispiaciuta. Lo rifarei. E, poi, c'è l'accusa più terribile di tutte, che non gli rinfaccio, che non gli sputo addosso, perché gli sono grata del potere finalmente libero che sento fare le fusa dentro di me.
Me lo hai lasciato fare.
Non abbiamo bisogno di essere nelle rispettive menti per capire che entrambi abbiamo collegato i puntini. Forse non aveva messo in conto di esporsi così tanto, probabilmente non si aspettava la mia rivelazione, ma di sicuro aveva programmato qualcosa in quel momento. Perché erano capelli in fiamme, capelli che chiunque lì presente avrebbe potuto spegnere, capelli che chiunque lì presente avrebbe dovuto spegnere, lui compreso. Guardava verso di me e alle mie spalle, ha visto Jurian alzarsi e le fiamme attecchire, avrebbe potuto estinguerle senza che neanche me ne accorgessi, invece ha deliberatamente scelto di essere plateale.
«Meno male che ti avevo avvisata di non lasciarti sopraffare dalla rabbia» ha la faccia tosta di rinfacciarmi.
«Già, se non fosse stato per te chissà cosa sarebbe successo» è la mia laconica risposta.
Tommaso sbatte le palpebre, sogghigna, scoppia a ridere. «Sei tremenda.» Con un braccio mi avvolge la vita. «Sei crudele.» Mi stringe a sé. «Sei bellissima.» Il suo volto si avvicina al mio. «Credo di essermi innamorato.» Compaiono di nuovo quel sogghigno e quello scintillio divertito. «Posso baciarti?»
Ho il cuore che va a mille e il respiro mozzato, porto le mani sul suo petto e spingo con tutta la forza che ho, costringendolo a staccarsi da me e a lasciarmi andare. Cos'era quella confessione? Perché deve ridere dei miei sentimenti? «No, hai avuto la tua occasione e hai fatto schifo» gli sputo addosso, sperando gli faccia male la metà di quanto ha fatto a me.
La prende meglio di quanto pensassi, invece di farsi abbattere, torna immediatamente alla carica. «Ma perché lì stavo cercando di sedurti e non sapevo fossi l'Eroina. È stata un'incomprensione: l'Eroina non può essere spudoratamente sedotta da una parte o dall'altra, ci deve essere solo puro sentimento. E te lo ricordi anche tu cosa mi avevi chiesto prima che ti baciassi, no? Questa volta non cercherò di farti provare cosa piace di me alle altre, questa volta saremo solo tu e quello che io provo per te.»
Deglutisco a vuoto, di nuovo. «Magari un'altra volta» è quello che vorrei dire, ma tutto ciò che sono capace di fare è fissargli quelle dannatissime labbra chiare, un cui lato d'un tratto si piega all'insù. L'infame sa di aver vinto, di avermi in suo totale potere.
Tommaso se la prende comoda, si siede dritto sul letto e m'invita ad avvicinarmi nuovamente. Eseguo, decisa ad abbandonare i piedi del letto per andare ad accomodarmi accanto a lui, ma non è quello che lui ha in mente: nel momento in cui mi ha vicina a sufficienza mi mette una mano dietro la schiena per avvicinarmi a lui, ma con l'altra prende la mia gamba nuda e se la fa passare intorno alla vita, facendomi quindi trovare seduta in grembo a lui.
Cerco di non pensare al vestito che si è alzato e mi concentro sul brivido che mi attraversa la collana vertebrale mentre la sua mano risale fino al... No, non è arrivata dietro al collo per avvicinarmi al suo viso, si è fermata prima, poco più giù, all'altezza della... Sento la cerniera del vestito aprirsi e m'irrigidisco, la lampo si ferma dopo appena pochi centimetri.
Tommaso mi guarda, in attesa. Non nasconde la brama nei suoi occhi arrossati, ma è pronto a lasciarmi andare se dovessi ritrarmi.
«Credo di essermi innamorato. L'Eroina non può essere spudoratamente sedotta. Ci deve essere solo puro sentimento. Solo tu e quello che io provo per te.»
È una pessima idea, mi ammonisce la parte razionale del mio cervello. Ma non le do retta. Perché sento il corpo fremere e il mio potere che vuole di nuovo nutrirsi del suo. Prima mi sono presa la sua mente e la sua magia, ma ora me le sta offrendo di sua spontanea volontà, insieme al suo cuore.
Le mie mani salgono di nuovo sul suo petto, ma stavolta vanno più su, fin quasi al suo collo. Abbasso lo sguardo quel tanto che mi serve per trovare ciò che sto cercando. Il primo bottone lascia la sua asola, e poi il secondo lo segue, e poi il terzo. C'è un'altra ragione per cui non alzo la testa: non sopporterei il suo ghigno malizioso che studia il rossore sul mio viso mentre lo spoglio.
La cerniera riprende la sua discesa e le maniche scivolano lungo le mie braccia. Io mi ostino a concentrarmi sui bottoni, consapevole che se voglio che la faccenda proceda e ci baciamo lo dovrò guardare in faccia a un certo punto, ma al momento la sua ennesima camicia bianca è tanto più interessante e... Finita, l'ho sbottonata tutta, ora devo proprio guardarlo, non è rimasto più niente da sbottonare... L'unica ragione per cui sbircio è che il mio sguardo è già in basso, è questo l'unico motivo per cui mi rendo conto che non porta una cintura ma ci sono solo un bottone e una lampo a chiudergli i pantaloni di velluto nero. Cosa dovrei fare ora? Mi sto preparando a sopportare l'imbarazzo di chiederglielo quando avverto dei lievi tocchi sulle spalle e sul collo, sollevo la testa di scatto e i baci leggeri si propagano sul mio viso — sulla mandibola, sul naso, sulle guance, ovunque. In quanto esperto mago del fuoco ha un ottimo controllo della temperatura del suo corpo, così può coprirmi con quelle fredde carezze che domano il rossore del mio volto.
Mentre Tom si diletta ad assaggiarmi, prendendosi il suo tempo, io gli sfilo del tutto la camicia e inizio a giocare con i suoi capelli, affondandoci le dita e tirando, mi diverte anche se non credo lui sia dello stesso avviso, dato che sopprime un ringhio ogni volta che lo faccio. Il fatto è che questi ringhi trattenuti così vicini alla mia pelle mi ricordano le fusa di un gatto e mi divertono ancora di più, non invogliandomi affatto a smettere.
Tommaso si piega in avanti finché non mi ritrovo con la schiena sul materasso con lui sopra di me, le gambe ancora intorno alla sua vita. Questa volta punta alle mie labbra, però smette di flettere le braccia prima di raggiungerle; mi guarda negli occhi e confessa: «Già, credo proprio che tu ora abbia un bel problema perché non lascerò che Benjamin ti si avvicini per cercare di conquistarti; ho cercato di essere altruista, ma ora basta: mi sono innamorato di te e non m'importa più dell'universo.»
Lo odio con tutta me stessa, perché sto andando a fuoco e il bastardo ghigna divertito, perché mi ha appena confessato di amarmi e ora ride di fronte alla mia "reazione così tenera". Ma io lo mando a fare compagnia a Vandine! Provo a sferrargli un pugno per allontanarlo — così vediamo quanto lo diverte andare in bianco — ma lui mi blocca rapido entrambi i polsi sopra la testa con una mano. Lo fa in un lampo, ma poi smette di sorridere e mi studia con attenzione, allentando la presa ma non lasciandomi, incerto sulla prossima mossa. Mi vergogno ad ammettere che mi occorre un istante di troppo a capire.
«Allora, questo bacio?» lo stuzzico, per fargli capire che mi sta bene, può farlo, mi fido.
Il luccichio brioso riaccende i suoi occhi e si avvicina ancora di più. Sento le sue labbra fredde sfiorare appena le mie e poi una folata di vento ancora più gelido mi investe, proviene da fuori, dalla porta che è appena stata spalancata.
Ben è sull'uscio e ci sta guardando con la mascella serrata e i pugni stretti. Ripenso a quando l'ho sorpreso con Rebecca e mi viene da dire che può smetterla di mostrarsi tanto indignato, che neanche lui è tanto casto e che la nostra posizione è molto meno sconvolgente. Ma non è me che sta fissando, sta puntando Tommaso e sembra pronto a saltargli al collo da un momento all'altro.
«Non pensarci neanche.» Era così che lo aveva ammonito prima di andarsene. Ahia! Qualcosa mi dice che adesso avvera il desiderio di morte prematura che un incosciente Tommaso aveva espresso poco fa.
«Prima di prendere decisioni affrettate» inizia, con una calma letale nella voce «credo ci sia qualcosa che dovreste vedere, qualcosa che ero stato così leale da portarti subito.»
Richiama chiunque sia con lui e, mentre è distratto, ne approfitto per scollarmi Tommaso di dosso; il corvino mi lascia fare e recupera la sua camicia da dove l'ho buttata sul cuscino, però non la indossa, me la poggia sulle spalle, per schermarmi dal freddo improvviso che ancora mi fa rabbrividire. Non sono tanto stupida da credere che sia l'unica ragione per cui lo fa e l'espressione di Ben — come se avesse mangiato un limone — quando torna a fissarci me lo conferma.
Una ragazza dal vestito bianco spiegazzato ci guarda dalla porta, noi la guardiamo di rimando con occhi altrettanto sgranati.
I capelli rossi di Rebecca sono scarmigliati e a fuoco. È questo il primo pensiero che ho sulla mia migliore amica. "Copiona" è il secondo stupido ed infantile pensiero, anche i suoi capelli già di fuoco di loro vanno a fuoco senza però bruciare. Il terzo pensiero che formulo è anche quello che, me ne rendo conto, avrebbe dovuto essere la mia prima preoccupazione.
Se io sono l'Eroina, allora... Rebecca chi è?
~ Per curiosità, avevate tutti capito il segreto segretissimo sulla vera identità di Tommaso al capitolo 1 o giù di lì, oppure c'è qualcuno per cui è stata una rivelazione incredibile? *Lo so che vi siete distratti, ma era quella la parte importante del capitolo.*~
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