Capitolo 45: Quando l'Eroina si manifestò
Rebecca è vestita di luce, o meglio di bianco abbacinante, ma ho letto la profezia - Tommaso me ne ha fatta avere una copia, sostenendo che solo conoscendo l'intera storia avrei potuto starle davvero accanto - quindi conosco il "termine tecnico". In realtà, oggi, noi partecipanti siamo tutti vestiti di bianco perché la cerimonia richiede un semplice abito di questo colore, ma penso proprio che sarà lei a venire ricordata.
«Ehi, tranquilla, andrai benissimo, e, anche se sbagliassi qualcosa, nessuno avrebbe il coraggio di fartelo notare» la rassicuro. Rebecca non dice niente, occupata a ripassare mentalmente il discorso che dovrà fare dopo. Anche se ho promesso di restare al suo fianco, in quel frangente sarà del tutto sola di fronte alle personalità del mondo magico e non mi sorprende che sia agitata.
Kajt si avvicina a noi per assicurarsi che non stiamo per dare di matto. «Non preoccupatevi, andate lì, dite lo schieramento o non dite niente, e avete fatto.» La fa suonare facile - effettivamente dovrebbe tutto limitarsi alla chiamata del nome, avanzamento in mezzo alla piattaforma, rivelazione dello schieramento o semplice saluto, uscita di scena - ma non ha messo in conto l'incredibile rivelazione che tra poco lo sconvolgerà.
«Che fai tu, ti schieri?» gli domando, allontanandomi con lui da una cerea Rebecca.
«Ovviamente. Sarebbe ipocrita da parte mia fingere di essere uno pseudo-benigno, lo sanno tutti che chi non si schiera pubblicamente è solo un maligno che ha paura.»
«Magari è solo un maligno che non ha voglia di guardarsi le spalle per i prossimi anni» ribatto inacidita.
«Scusa, non prenderla così sul personale, è solo la concezione comune. Poi voi siete terrestri, molto probabilmente vi penseranno incapaci di prendere una decisione e non riterranno mai che siate davvero interessate al Male.»
«Grazie tante, ora mi sento più serena.» Alzo gli occhi al cielo per poi riabbassarli su Rebecca, che sta martoriando l'orlo del vestito. «D'accordo...» Scuoto la testa, sconsolata. «Senti, potresti andare a tenerla d'occhio? Vado un attimo in mensa a prenderle un bicchiere d'acqua e zucchero prima che crolli.»
«Certo, anche se ti consiglierei di prendere solo lo zucchero, non infonderai più energie a una maga del fuoco dandole acqua.»
«I maghi del fuoco non bevono?» gli domando, rivolgendogli uno sguardo di sufficienza. Tommaso non fa testo, ma ho visto Jurian e Julja bere.
«Diciamo che, nel breve termine, prediligono qualcosa di più forte.» Con quest'ultima rivelazione mi lascia e io ne approfitto per imboccare la porta e ritrovarmi nell'ampio corridoio deserto. Manca ancora un'ora prima dell'inizio della cerimonia, ma ci è stato chiesto di presentarci con largo anticipo per ricevere delle ultime raccomandazioni, cosa che è accaduta, e adesso siamo in attesa. Alcuni sono andati a prendere una boccata d'aria, quindi non è un problema se anche io mi allontano per qualche minuto.
Cammino fino alla mensa dove recupero qualche bustina di zucchero e una bottiglietta d'acqua, per ogni evenienza. Sono pochi ancora in giro, molti sono già andati a prendere posto nell'Aula Magna dove si terrà la cerimonia; non è obbligatoria la presenza, quindi qualcuno ha ben pensato di prendersela di vacanza, ma sono tutti molto curiosi di sapere chi si aggiungerà a quale schieramento, e quindi come potranno relazionarsi con loro.
Per quanto mi riguarda, credo che la situazione resterà invariata, in quanto chi non proclama uno schieramento viene trattato come un benigno. Tutti i nuovi iscritti sono costretti a partecipare, ma possono tranquillamente tacere e magari tornare tra qualche anno e schierarsi apertamente. In realtà, l'idea iniziale era di dichiararmi maligna, ero andata tutta fiera a comunicarlo a Tommaso, ma lui mi ha dissuasa. A meno che non intendessi incenerire qualcun altro, prendere posizione adesso sarebbe stato solo un peso: si è molto meno severi con aggressioni di maligni ad altri maligni e io non sono propriamente ben voluta da tutti. Mi ha consigliato di aspettare l'ultimo anno, quando mi fossi fortificata, per piantarmi un bersaglio sulla schiena oppure direttamente dopo andare a un municipio magico a farmi schedare, se ancora avessi avuto voglia di restare in circolazione. Mi è sembrata una proposta fattibile.
Sono sul punto di rientrare, quando sento delle voci familiari provenire da un corridoio laterale. Dato che ho più volte avuto prova delle mie pessime doti da spia, passerei oltre senza soffermarmi, ma i toni dei due che si aspettano la zona vuota si fanno più accesi e non mi devo neanche impegnare per sentire.
«Non capisco perché tu ti stia facendo tanti scrupoli, ha rovinato tanto la mia vita quanto la tua, dovresti essere stato tu a propormelo!»
«Non è stata colpa di nessuno se non nostra, non poteva funzionare e lo sapevamo.»
«Io non sapevo un bel niente, ci credevo davvero... e anche tu! Puoi ingannare gli altri, ma non me, perché io ti ho sentito parlare di tutto quello che avresti voluto fare e non potevi, ma che speravi potessimo risolvere insieme. Lei è esattamente tutto ciò che ti è sempre stato imposto e io sono quella che ti sta offrendo la possibilità di dire la tua!»
«"Dire la mia" non implica scatenare un incidente diplomatico. Non ci metterebbero niente a capire che sono stato io e... Non voglio pagare io il prezzo della tua avventatezza.»
«E allora non nasconderti! Agisci davanti a tutti e lascia che paghi qualcun altro.»
«Lasciami in pace... E non mi toccare!»
«Non è quello che hai detto l'ultima volta che mi sei venuto a trovare.»
L'ultima cosa che vorrei è intervenire, ma lo faccio lo stesso. Giro nel corridoio e mi trovo davanti Jurian, con le spalle al muro, e la principessa del pesce che sembra più un polpo per come è attaccata al ragazzo. «Eccoti qui, mi hanno detto di venirti a chiamare, stiamo per iniziare» cinguetto a Vandine, con la punta delle dita che sfrigola, perché la tonalità di rosso e la posizione sono sbagliate ma ciò non ha impedito a quel ricordo che credevo di aver seppellito per sempre di riemergere.
La ragazza si allontana con studiata calma, non prima di avergli spettinato i capelli e stampato un bacio sulla punta del naso. Se ne va senza neanche aspettare che la persona venuta a chiamarla la segua, ma la lascio fare. La lasciamo fare, entrambi troppo scossi per trattenerla.
Quando sento la porta della sala d'attesa chiudersi, mi giro verso Jurian per accertarmi che stia bene. Lui si massaggia la parte del collo che Vandine stava divorando con la bocca e ci mette qualche secondo per ricomporsi e sistemarsi i vestiti, ma sembra a posto. Si sistema il colletto della camicia cosicché copra la zona che si sta arrossando e mi lancia un'occhiata, che si sofferma sulla spilla-falena.
Vanità a parte, stando a Tommaso, non mettere riconoscimenti importanti a celebrazioni pompose sarebbe una follia. Quando il suo sguardo sale ad incrociare il mio, mi accorgo che i suoi occhi scintillano, ma non per il rosso fiammeggiante che ora domina l'iride, ma perché sono lucidi.
«Qualsiasi cosa tu creda di aver visto...» principia Jurian, marciando nella mia direzione, a pugni serrati e denti stretti. Non ho il cuore di dirgli che venendomi così vicino mi rende ancora più evidente il suo tremore. «Qualsiasi cosa tu creda di poter usare-»
«Tranquillo» taglio corto, prima ho mentito ma comunque stiamo per iniziare «non ho visto niente e, quand'anche avessi visto qualcosa, di certo non è questo che userei per "impormi" o che so io. Da fuoco a fuoco, ora penso che andrò a chiedere tue notizie a Kajt perché sono giorni che non ti vedo in giro e mi sto preoccupando.» La frase avrebbe dovuto tranquillizzarlo, invece sembra ancora più teso di prima, ma forse perché ha bisogno di tempo per sé e io sono un fastidio. Recepisco il messaggio, come spero lui abbia recepito il mio, e giro i tacchi senza aggiungere altro.
Di nuovo, siamo allineati, dietro di noi spettatori silenti e davanti il preside con accanto i professori. In questa scuola sono poco originali.
Siamo disposti in ordine alfabetico di cognome, ma Rebecca è in fondo alla fila. Kajt l'ha guardata stranito, ma come gli altri ha scosso la testa e lasciato correre; dopotutto, se il professor Smith l'aveva vista e non aveva detto niente, perché avrebbero dovuto preoccuparsene loro?
A parte noi del corso, ci sono una decina di altri studenti, di cui, per fortuna, uno col cognome tra Ribas e Seleucida, così non sono costretta a stare accanto a nessuna delle due. La cerimonia procede senza intoppi e in tre quarti d'ora è arrivato e passato anche il turno di Vandine, ora tocca a questo ragazzo - Rodh era il cognome - e poi a me. Ydna si dirige verso le sedie dietro di noi, probabilmente raggiungendo la cugina direttasi anche lei a sedere dato che non siamo obbligati a restare in piedi, anzi abbiamo la prima fila riservata.
Rodh si schiera con il Bene e lo mandano a posto. Viene chiamato il mio nome. Il cuore mi scatta in gola e per un attimo temo che non mi smuoverò di un passo, ma non succede. Avanzando, lancio una discreta occhiata a Tommaso che mi sorride, incoraggiante. Mi sorride incoraggiante fin quando non sgrana gli occhi e si tuffa in avanti, verso di me.
Vedo la stessa espressione orripilata riflessa sul volto degli altri professori prima di sentire il crepitio delle fiamme e avvertire la puzza di fumo. Alle mie spalle. Sulle mie spalle. I capelli!
Senza riuscire ad impedirmelo, la mia reazione istintiva è di girarmi a guardare, pur con la piena consapevolezza che sopraggiunge appena un istante più tardi che sono una deficiente e i capelli sono ancora dietro di me. Così, ovviamente, non vedo i capelli, però vedo gli artefici del misfatto. O meglio, l'artefice diretto e l'istigatrice. Jurian con gli occhi di fuoco sta ritto al centro della sala, con una Vandine molto soddisfatta attaccata al braccio, con il mento sulla spalla e le labbra vicine al suo orecchio.
Era di questo che parlavano prima, era questo che ha continuato a sussurrargli una volta tornata a posto: una ritorsione per come li ho trattati entrambi. Neanche una rappresaglia troppo pesante, perché se sapessi controllare le fiamme, se le sapessi spegnere, potrei chiudere la questione in un attimo. Ma io non lo so fare, non ne sono mai stata capace. Loro lo sanno e volevano che anche tutti gli altri presenti lo sapessero. Loro mi volevano umiliare...
E io...
Io...
Li voglio ammazzare.
Sorrido. Guardo Vandine dritta negli occhi e le sorrido. Devo essere uno strano ossimoro con il gelo della morte negli occhi e un sorriso sulle labbra. Ma lei non apprezza la poesia, anzi si fa rossa di rabbia e urla di bruciarmi del tutto, alla faccia della diplomazia. E un motivo in più per ucciderla.
Jurian è più intelligente, capisce ciò che sta per accadere e si mette davanti all'amata per proteggerla. Per un attimo sorrido a lui, un sorriso di circostanza e rammarico, perché non è stato abbastanza intelligente da opporsi fino alla fine. Questo è intelligente a sufficienza da capirlo. Ma è tardi, lui è lento e Vandine non collabora, bramosa di continuare a guardarmi e inveire contro di me. E io sono un lampo, un lampo con un'impeccabile precisione millimetrica.
Stavolta sorrido a entrambi, scoprendo i denti.
E gli scaglio addosso l'Inferno.
Non sono sicura se arrivino prima le esplosioni o le urla. So, però, che le urla continuano dopo che tutte le vetrate sono andate in frantumi e il pavimento si è spaccato in più punti. Prima gli spettatori non urlavano, dei capelli in fiamme non erano un grave problema, ne avevano visti tanti, e ognuno di loro lì avrebbe potuto spegnerli.
Forse ognuno di loro lì avrebbe dovuto spegnerli prima.
Prima che io inscenassi un rogo medievale con una coppietta di maghi. Prima che il vento soffiasse impetuoso e oscurasse il cielo con nuvoloni neri. Prima che la terra tremasse e le tubature esplodessero in geyser bollenti. Prima che loro si mettessero a urlare. Prima che io li trovassi insopportabili e togliessi l'aria dai loro polmoni. Prima che io smettessi di sorridere e scoppiassi a ridere.
Un geyser erutta poco dietro da me, vicino a sufficienza affinché il suo getto possa raggiungermi i capelli e spegnerli. Mi giro per controllare nel riflesso le mie condizioni: i capelli sono bruciati ma si sono fermati appena sopra le spalle, appena dopo che ho scatenato gli elementi, appena prima di sollevarsi e rimanere a fluttuare, sbattuti dal vento, continuando ad assomigliare a punte di fiamma. I miei occhi non sono rossi, nonostante tutto non posso aspirare a quello, però sono viola, un bel viola acceso come un'ametista.
L'Incantatore mi raggiunge. Il terremoto improvviso ha rallentato anche lui ma alla fine mi acchiappa per un polso e mi gira, costringendomi a fronteggiare lui invece che quella divinità nell'acqua. Vuole placarmi, sta provando a prosciugare i miei poteri, ma non trova il fondo dell'abisso da cui sto attingendo. Non so perché voglia fare l'eroe, ma so che ha fatto un grave errore a toccarmi direttamente perché ora mi appare tutto chiarissimo, l'estensione del suo vero potere e la sua vera identità. Non ha mentito, può manipolare la magia vuota... Ma può anche svuotare qualcuno per prendersela.
«Io lo so chi sei» canticchio. «Io lo so chi stai cercando di essere, chi stai cercando di nascondere. Io ho capito chi sei tu... Ma tu non hai capito chi sono io.» Rido di nuovo. Non me lo stacco di dosso perché non mi può prosciugare, può continuare a provare ma non ci può riuscire. E mi diverte vederlo impotente.
Tanto impotente da battermi. Lo capisco prima che succeda ovviamente, ma è comunque troppo tardi per reagire. Quello che gli ho detto l'ha scosso, ma era riuscito a tenere lontano dalla mia incursione mentale almeno una cosa - qualcosa di così recente che ero convinta di sapere già e non mi ha attratta, concentrata com'ero sul suo passato - ma l'ultima frase non se l'aspettava e l'illusione che ci aveva eretto intorno è crollata: non è stato il terremoto a trattenerlo, sono stati Benjamin e il preside che gli hanno detto di fare da esca, di distrarmi a sufficienza da permettere a loro di...
Il geyser alle mie spalle muore nel momento in cui mi giro e mi ritrovo davanti due fessure di tenebre, le pupille completamente dilatate del preside. Il Bene mi afferra l'altro braccio, dopo che un urlo dell'Ingannatore lo avverte di non toccarmi direttamente; se mi sforzassi, potrei oltrepassare la stoffa e agganciare lo stesso anche la sua mente, ma non ho neanche il tempo di provarci.
Il preside ha in mano una sfera, avvolta in un intricato filo argentato, che cangia di continuo, passando dal nero al bianco e coprendo tutto lo spettro visibile nel mentre; ma non è la peculiare iridescenza ad attrarmi, è il nucleo pulsante al centro che ha tutta la mia attenzione: un cuore di magia antica e potente, quasi quanto le entità che mi stanno bloccando. Quasi quanto me se mi lasciassero. Ma non mi lasciano.
Il cristallo va in pezzi e io mi accascio come una marionetta dai fili tagliati. Ora sono grata per i due che mi sorreggono, altrimenti mi sarei schiantata al suolo, con il corpo e la faccia infilzati dalle schegge affilate che ricoprono il pavimento. Lotto per restare vigile, provo a ricaricarmi con l'energia dell'Incantatore, ma lui mi anticipa e sposta la presa in modo da tenermi la vita, coperta dalla gonna dell'abito. Non voglio addormentarmi sotto lo sguardo famelico del preside, ma non posso evitare che le palpebre si facciano pesanti e i sensi s'intorpidiscano.
Il bastardo aspetta il momento in cui sono più lì che qui, in cui anche volendo non posso più reagire, per parlare: «Però, chi l'avrebbe mai detto che dovessimo interpretarla così alla lettera!»
*Nota dell'autrice: Vi ricordo che, se volete leggere il seguito, sarebbe controproducente uccidermi ora!
Allora, era quello che vi aspettavate? Volevate una rivelazione più diversa o più tranquilla? Come vi aspettate si evolva ora la situazione? Insomma, cosa ne pensate?*
~Note che potrebbero, o meno, avere una rilevanza, liberi di interpretare come preferite:
• Azzurro+rosso=viola (?)
• Ogni eroe (o Eroina!) ha bisogno di un antagonista che lo ostacoli. ~
~Prossimo capitolo: Giù la maschera~
«Se io sono l'Eroina, allora... Rebecca chi è?»
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