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Capitolo 28: Termine ultimo (3)




~Aesthetic: Larissa Seleucida~


Incendio una lattina; quando Tommaso con un movimento del polso la spegne, passo a una scatola di cartone.

Sono furiosa? Sì. Fuori controllo? No.

Ho aspettato di arrivare nella mia stanza prima di iniziare a dar fuoco agli oggetti con cui mi alleno e anche adesso, pur continuando ad infiammarne uno dopo l'altro, mi assicuro che Tommaso lo spenga prima di passare al successivo. Non sarò in grado di tenere a bada il mio elemento in azione, ma lui ci riesce egregiamente, quindi non temo che la situazione degeneri troppo. Fisicamente parlando, non dovrebbero venire riportate ferite.

Nonostante comprenda l'importanza di non abbrustolire nessuno, la sua stoicità in questo frangente mi irrita. Punto l'aggancio del mantello alle spalle. Tommaso prende il trovarsi i vestiti in fiamme meglio di Vandine, bastano un paio di colpetti alla spalla - come se si stesse scrollando di dosso un granello di polvere - per riportare la situazione alla normalità. Se non fosse per la puzza di bruciato, si potrebbe pensare che non sia mai successo.

«Hai finito?» domanda atono, continuando a sistemare le spiegazzature del mantello, come se la situazione non lo tangesse.

Tu che ne pensi? No, non ho finito! E no, non provare a farmi passare per una bambina che fa i capricci!

«Chiedo perdono se il mio comportamento ha arrecato disturbo a sua altezza. Se sua altezza desidera che la finisca, allora la finirò» sputo con quanta acidità ho in corpo. Neanche questo lo scalfisce.

«Non sono un principe, non devi appellarmi con "sua altezza".»

«No, non sei un principe, sei il figlio del preside!» Questo genera una reazione: mascella serrata e occhi arroventati. «In questo "contesto scolastico" è praticamente la stessa cosa! Dopo tutto quel tuo insistere che sei solo uno studente... Ben aveva ragione, non dovevo fidarmi di te!»

«Lo sono!» scatta all'improvviso.

«Cosa? Inaffidabile?» lo schernisco.

«Solo uno studente!» risponde, digrignando i denti. È una corda di violino, nei suoi occhi scorgo scintille... di paura. L'ho visto sciogliere una persona, l'ho visto entusiasta di compiere "marachelle" dalla dubbia moralità e legalità, ma non l'ho mai visto spaventato. Non so cosa abbia scatenato il sentimento, ma so che non mi piace che lo provi.

«Ascolta, mi dispiace, avrei dovuto capirlo che volevi andartene ma non potevo...» Crolla sul letto, i gomiti sulle ginocchia e il capo tra le mani, sembra privato di tutte le energie. «Dovevo arrivarci, quando mi hanno riferito i tuoi orribili risultati avrei dovuto realizzare che stavi cercando di farti cacciare. Mi ero ripromesso di parlartene così tante volte, ma poi stavamo insieme... e ti vedevo felice... e non riuscivo a crederci... e io...» Non sembra più grado di articolare frasi di senso compiuto e fatico ad associare la persona seduta sul mio letto allo sfacciato ragazzo con cui ho trascorso tutto il mio tempo libero negli ultimi giorni. Quei momenti così gioiosi per me che non credevo nascondessero tanta pena per lui; avrebbe dovuto essere ovvio che in quanto mio supervisore sarebbe stato avvisato dei miei progressi, avrei dovuto parlargli delle mie difficoltà, non lasciargli supporre che non volessi altro che abbandonare.

Per quanto mi dispiaccia del malinteso che si è venuto a creare, non intendo cedere: quello che ho nascosto io non equipara ciò che ha trattenuto lui e ho bisogno che lo capisca. «Non era mia intenzione andarmene e mi dispiace di aver dato l'impressione sbagliata, ma non ti ho mai mentito consapevolmente, a differenza tua.» Ho addolcito il tono, cercando di essere il più calma possibile ed evitare urla che non avrebbero in alcun modo giovato.

«Non era neanche mia intenzione mentirti, solo che... è un discorso complicato che non piace affrontare e pensavo di rimandarlo a momenti migliori. Non sono stupido, so che prima o poi avrei dovuto dirtelo, prima sarebbe stato molto meglio, ma... è complicato.»

«Capisco, prenditi tutto il tempo che ti serve, non vado da nessuna parte.» Sorrido e mi siedo sul letto accanto a lui, non gli metterò fretta, ma ho finito di rimandare. Non sembra soddisfatto dalla piega che hanno preso gli eventi.

«Quando... Quando hai la mia posizione è difficile capire se ti avvicinano per chi sei o per chi rappresenti. Anzi no» sopprime una risata amara «in realtà è facilissimo, nessuno è interessato a te, tutti al tuo potere. Anche tu...» Sto per protestare, ma lui mi anticipa. «Prima non mi sopportavi, poi mi hai visto usare la magia e non hai esitato a seguirmi in giro, a condurmi a casa dalla tua migliore amica che avrei potuto uccidere con facilità.»

«Se avevi una così bassa considerazione di me, perché ti sei tanto prodigato per farmi essere qui?» La rabbia monta, insieme alla piromania, ma voglio sentire la sua miserabile scusa prima di incendiare tutto.

«Io non... Non lo so! Forse per lo stesso motivo per cui tu mi cerchi ogni volta, fuori scuola, in piazza o in una sala in cui sapevi che non potevo essere ma in cui mi hai comunque cercato.» Sento le guance andare a fuoco quando realizzo che, ogni singola volta che l'ho cercato in giro e l'ho visto da lontano, lui l'ha notato, nonostante pensassi di no. «E mi hai trovato sempre perché io ero lì, perché sapevo che ci saresti stata tu. Ha un qualche senso ciò che sto dicendo?»

«Adorabile, hai appena ammesso di essere uno stalker, di nuovo

«Non mi pare di averti mai seguita, andavo solo in luoghi dall'alta probabilità di incontrarti, dovrà pur valere qualche attenuante. Non sono uno stalker, solo un attento osservatore.»

«Ha un qualche senso ciò che sto dicendo?» No, ma al contempo sì. Come posso rispondere se neanche io lo so?

«Non so se posso perdonarti. Ci devo pensare.» Lo perdonerò, alla fine so già che lo farò, ma una volta voglio essere io a tenerlo sulle spine.

«Capisco. Ma vorrei capisti anche tu che era questo il motivo per cui non volevo ti vedessero in giro con me. Una bella giovane, con pessimi risultati sulla carta che però supera tutte le prove d'ammissione, sempre in compagnia del figlio del preside, che conclusioni credi avrebbero tratto? Speravo davvero tanto che per una volta Benjamin ne facesse una giusta e mi togliesse d'impaccio, invece quell'altro stupido è stato più subdolo di quanto mi aspettassi.»

"«Grazie per la comprensione, probabilmente, se me lo avessi chiesto, ti avrei spiattellato tutto qui e ora, e poi avrei dovuto vedermela con quello stupido.»
«Ben?»
«No, in questo caso non mi riferisco a lui, ma a quell'altro... Oh, non ti preoccupare, lo conoscerai presto anche tu...» storce la bocca, come se concentrarsi su quella persona gli risulti sgradevole."

Quella volta non ho indagato oltre, ma finalmente capisco a chi si riferisse. La loro relazione padre-figlio sembra abbastanza complicata, ma non sono affari che mi riguardano, ciò che mi riguarda è la mia condizione qui.

«Quindi credi che ora si diffonderanno delle voci...» Non so neanche io come esprimere un concetto di cui non mi ero neanche lontanamente preoccupata.

«Non lo fanno sempre?» domanda Tommaso con un sorriso e una strizzata d'occhio. So che dovrei mantenere la facciata arrabbiata, ma mi strappa una risata. «Questo vuol dire che mi hai perdonato?» Il suo sorriso si espande e i suoi occhi luccicano gioiosi e speranzosi, non mi importa se ha detto che non posso basarmi sulle iridi per definire il suo umore, ormai credo di aver imparato a cogliere le sottili differenze che lo smascherano.

«Suppongo di non avere altra scelta, dato che mi hai scelta tu e dovremmo praticamente convivere, non posso non perdonarti.»

«Ecco di nuovo: l'alunna che perdona il professore perché ha potere su di lei, non è Larissa che perdona Tommaso. Voglio tu sappia che non userei mai la mia posizione come vantaggio su di te, se fosse stata mia intenzione, te l'avrei rivelata tempo fa.»

Stavo scherzando, ma il suo umore si è incupito di nuovo. «No, non lo so, pare che di te non sappia niente.» Traggo un profondo respiro. Prima mi ha parlato con lo sguardo vacuo verso il muro, ma ho bisogno che ora mi guardi; gli prendo il mento e lo volto nella mia direzione. «Però è pur vero che non lo sapevo neanche prima e non mi sono mai preoccupata di indagare... perché non ne avevo bisogno, allora come ora. So di non poter accampare pretese perché ti conosco da poco, però...»

«Mi conosci da poco e ti fidi di me? Non sei folle?»

«Da quanto ho capito, vale per entrambi.»

Quando si è avvicinato così tanto? O sono io che continuo ad avvicinarmi al suo viso?

Lui non sembra dispiaciuto quando, per non sbilanciarmi e cadergli addosso, mi sorreggo poggiandogli una mano sulla spalla, anzi, tenendo un braccio teso per restare in equilibrio, con l'altro mi cinge i fianchi e mi avvicina ancora di più.

«So di non poter accampare pretese perché ti conosco da poco, però, dato che dobbiamo stare insieme, io...» Il suo sguardo, fisso nel mio, è verde con sottili venature rosse che si espandono all'aumentare della vicinanza. Credo proprio di sapere anche questo cosa significhi. Che ho raggiunto il mio obbiettivo. «Gradirei che non mi nascondessi più qualcosa che potrebbe influenzare la mia permanenza qui.»

Tommaso è talmente concentrato su di me che non collega subito lo strano odore che sente alla puzza di bruciato, tanta è la vicinanza che vedo chiaramente quando i suoi occhi si sgranano impercettibilmente e lo realizza. Stavolta la sua reazione è più lenta perché prima deve slegarsi da me, che non gli rendo il compito facile. Quando ci riesce, ha la meglio sul fuocherello in pochi secondi, ma ormai metà del suo mantello - quella che parte dalla spalla su cui avevo poggiato la mano - è bruciata. Finalmente la situazione l'ha tanguto.

Sorrido compiaciuta mentre lui si prende il suo tempo per ricomporre a ritroso il mio piano. «Pare proprio che alla fine ci sia riuscita una terza volta» lo schernisco. Potrebbe ricoprire il ruolo di suo padre e non essere salvo dalla mia piromania in ogni caso, voglio che capisca che non è del suo status sociale che mi importa, non lo ha mai fatto.

Prima che mi renda conto di cosa stia succedendo, mi è addosso e mi blocca sul letto con il suo corpo: con una mano ha intrappolato entrambi i miei polsi sopra la testa, l'altra è avvolta dalle fiamme ed è pericolosamente vicina al mio volto, non abbastanza da raggiungermi, ma sufficientemente da farmi sentire il calore. Non riesco a reggere il suo sguardo di brace e serro le palpebre. Subito sento il peso su di me cambiare e alleggerirsi, i miei polsi sono liberi e il calore del fuoco sparisce. Apro gli occhi solo quando sento il materasso piegarsi su un lato: Tommaso è di nuovo seduto sul letto e mi guarda mortificato.

«Scusa, non intendevo farti male o spaventarti, credevo solo che noi... che tu volessi... Non ho pensato a... Ti chiedo di perdonarmi ancora una volta, anche se so di essere stato imperdonabile.»

«No, va bene, tranquillo, non posso... solo perché...» La voce mi muore in gola, credevo di avergli già detto che non intendevo più tornare su questo discorso. Anche se il panico che mi aveva attanagliato la gola qualche secondo fa si dissipa e la mia mente si rischiara. «Comunque, non so cosa tu stessi pensando, ma non volevo niente, a parte farti capire che gradirei non essere esclusa da qualcosa che riguarda me, non la tua vita privata.» Una mezza idea di cosa stesse pensando in realtà la ho, ma non lo ammetterò mai ad alta voce.

«Non pensavo a niente, tranne al fatto che sono felice che quei due siano idioti, e che Benjamin non ti abbia scelta e portata via da me.»

«Anche se questo vuol dire che ora sei costretto a tenere un corso da professore?» Lo guardo di traverso, ma con un sorriso.

«Indubbiamente.» Lo pronuncia seriamente, ma lo scintillio divertito dei suoi occhi lo smaschera di nuovo.

Sì, indubbiamente era questo a cui stava pensando poco fa. Indubbiamente.

E tanti saluti al niente segreti tra di noi.

~  So che sembra ci sia come un buco tra questo capitolo e il precedente, ma ho rimandato alcune spiegazioni al prossimo così da non appesantire troppo questo. Questo in cui il grande segreto di Tommaso è stato svelato... Perché era questo, giusto? Mica potrà nascondere qualcosa di addirittura peggiore? Ma, del resto, mai dire mai...

*Trivia:
-L'idea della scena in cui Tommaso salta addosso a Lara era che Lara stesse al gioco prima di scrollarselo di dosso. Mentre la stavo scrivendo, però, mi sono resa conto che non avrebbe funzionato perché Lara non avrebbe mai potuto scherzare bloccata in quel modo e quindi è stata modificata. (Sì, autrici americane, certi avvenimenti hanno un riscontro psicologico!)

~Prossimo capitolo: (Ancora) una nuova sistemazione~

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