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Capitolo 22: Scegline uno

«Blu o verde?» domanda Rebecca accostando le due stoffe scure al petto e rimirandosi nello specchio a figura intera del suo armadio. Essere l'Eroina ha i suoi vantaggi, ma io intendo sfruttare tutti quelli che il ruolo di migliore amica dell'Eroina può darmi, come condividere l'immensa stanza che ha ricevuto. L'idea mi è balenata in mente mentre parlavo con Tommaso e subito gli ho chiesto se fosse attuabile, ci ha riflettuto qualche istante ma alla fine ha convenuto che se Reb avesse acconsentito avrei potuto "trasferirmi" da lei. Inutile dire che quando l'ha saputo, ha subito annuito. Ben non era molto entusiasta dell'idea di dover continuare a sopportare la presenza del corvino, ma Tommaso ha in breve tolto il disturbo. Ammetto di essere rimasta dispiaciuta quando, dopo tutto il discorso che abbiamo avuto, mi ha lasciata con Ben senza fare troppe storie: ha detto che aveva da fare e quindi era contento che passassi sotto la tutela del supervisore dell'Eroina piuttosto che restassi da sola. Prima di andarsene mi ha riconfermato che in caso di necessità mi basta chiamarlo, ma nutro dubbi sull'effettivo funzionamento. In ogni caso, non credo che avrò bisogno di lui tanto presto, al momento sono troppo impegnata a "fare shopping" sotto lo sguardo palesemente scocciato di Ben. «Ora capisco perché ti ha lasciata a me con tanto entusiasmo, voleva saltarsi questa parte» è stato il suo commento dopo un non bene determinato lasso di tempo in cui io e Reb abbiamo confrontato modelli e comparato tessuti.

«Perché non entrambi?» le domando in rimando mentre segno sul catalogo a nome mio anche viola e azzurro. Reb approva la mia proposta e firma con la sua matita accanto ai due codici che poi riporta accanto ai modelli che vuole di quei colori.

Non so da quanto abbiamo iniziato, ma sono sicura che Ben si sia pentito di non averci dato un limite: insomma, non capisco come si aspettasse che dopo aver fatto riempito il gigantesco letto a baldacchino con una quantità spropositata di riviste e stoffe, riuscissimo in pochi istanti a decidere quali prendere. Ha detto che di solito si fa tutti insieme, ma dato che ci siamo svegliate prima abbiamo avuto il vantaggio di prenderci tutto il tempo che vogliamo. Quantomeno non c'è un budget a cui attenersi, quindi nel dubbio possiamo optare per tutto senza dover sprecare ulteriore tempo a ponderare pro e contro. A quanto pare questa scuola richiede una divisa, tuttavia, stando alle parole di Ben, l'intento è "garantire uniformità, promuovere unicità", ossia a tutti i neo ammessi vengono consegnati dei cataloghi per vedere vari modelli tra cui scegliere: i vari pezzi possono essere ricombinati in qualsiasi modo, anche i colori possono variare, dal giallo sgargiante al nero pece, a patto che sia tutto a tinta unita, e gli accessori devono essere al minimo.

Abbiamo preso gonne e pantaloni, camice e maglioncini, insomma quasi tutto nei colori che ci stavano meglio. La parte più interessante di tutto il procedimento però è il modo in cui le "ordinazioni" vengono trasmesse alla segreteria che si occupa di revisionare e poi spedire ai negozi: Ben ha incantato le due matite che ci ha dato, ora brillano di una luce azzurrina e ci basta segnare con quelle ciò che vogliamo, quando l'ordine sarà stato supervisionato i segni da stoffe e pagine spariranno pronte per essere usate da qualcun altro. Ha anche incantato due metri quando si è trattato di prendere le misure: in realtà ce li ha semplicemente porsi e ci ha detto di scrivere i nostri nomi su uno di essi, avrebbero ricordato le nostre misure senza che neanche li poggiassimo sul corpo e chi di dovere avrebbe saputo come trascriverle.

Continuo la mia cernita delle infinite sfumature di colore mentre Reb è di nuovo indecisa tra due tonalità di arancione, che credo proprio alla fine prenderà entrambe, a nostra discolpa va detto che non abbiamo semplicemente voluto tutto, anche se secondo me Ben rimpiange di non aver solo preso le misure e poi comunicato che desideravamo ogni variante. Il mio sguardo si concentra su un tessuto rubino e credo di conoscere qualcuno che lo apprezzerebbe, sto per scriverci il nome sopra ma mi blocco realizzando che per quanto sia un bel colore per una festa lo troverei troppo acceso per tutti i giorni. Mentre la mina è sollevata a pochi centimetri da quella stoffa, altre due ne vengono sbattute sopra.

«Se ti piace il rosso, ma credi che quello sia troppo forte, questi dovrebbero andare» commenta Reb mentre segna, come previsto, entrambi gli arancioni. La ringrazio e studio le nuove opzioni: mattone e bordeaux. Ho già selezionato molti colori, quindi dato che questi non sono proprio i miei preferiti non li vorrei prendere entrambi, così evito di chiedere consiglio a Rebecca perché mi darebbe la mia stessa risposta.

Tengo i due rossi davanti agli occhi e mi giro intorno cercando di capire come cambiano con la luce. Storco il naso, non troppo convinta della scelta. Forse, dopotutto, li lascerò entrambi. Quando li sto per posare, una mano mi sfila il quadrato di stoffa bordeaux e lo accosta al mio viso; con l'altra mano Ben accosta anche una ciocca dei miei capelli: «Secondo me dovresti prendere questo, ti si addice e poi mi piace questo colore» dice con un sorriso e sono tentata di cancellare tutto lo scelto fino ad ora e prendere solo vestiti di questa tonalità. Prova ad accostare il tessuto anche a Reb, ma lei capisce le sue intenzioni e scatta subito indietro: «Non pensarci nemmeno, se posso evito di indossare il rosso» ammette guardando minacciosa il riquadro, neanche possa attaccarla da un momento all'altro. Non riesco a soffocare il risolino che la scena mi suscita e adesso lo sguardo minaccioso si sposta su di me: «Quindi lo trovi divertente? Ti prego, ricordami quante volte ti ho vista vestita di giallo.» Esito fingendo di contare e alla fine rinuncio; Rebecca non nasconde il sorrisetto compiaciuto per aver avuto ragione. Così come lei cerca di spezzare il look indossando il meno possibile lo stesso colore dei suoi capelli, anche a me non piace come mi sta il giallo. Alzo gli occhi al cielo ma anche le mie labbra si incurvano all'insù.

«D'accordo, è giunta l'ora che questo lungo pomeriggio giunga al termine» esclama Ben, probabilmente distrutto dall'ennesimo battibecco femminile «segnate le ultime cose, poi vado a consegnare tutto e torno con la vostra cena così potete andare a letto presto.»

«Grazie mille, papà» risponde Reb contrariata. Ben non le presta attenzione, ma schiocca le dita e tutte le stoffe e i cataloghi si dirigono in volo verso la porta, uscendo così com'erano entrati, dopodiché lui segue chiudendosi il battente alle spalle.

Rebecca sbuffa sonoramente e mi trascina a letto con lei: «Certo che certe volte è così...» non riesce a trovare le parole, ma noto le sue guance imporporarsi «e altre e così...» un ringhio di frustrazione lascia le sue labbra «come pretende che io possa scegliere...» si ammutolisce di colpo, ma questa volta non per mancanza di termini ma perché sembra ricordarsi improvvisamente della mia presenza e cambia immediatamente discorso «ho bisogno di calmare i bollenti spiriti, vado a farmi una doccia e poi ti lascio il bagno» conclude alzandosi e dirigendosi verso la lucida porta a lato. Annuisco più di riflesso, che per veramente dirle qualcosa, dato che è già entrata.

È assurdo, ma al momento l'unica cosa che riesco a pensare è che non avrei mai creduto che Ben fosse tipo da rosso. Non saprei dire perché, ma pensavo che apprezzasse colori più pastellati. A questo punto mi domando quale sia il colore preferito di Tommaso. Nel momento in cui il suo nome si fa largo nei miei pensieri ricordo anche il breve tempo che prima abbiamo passato insieme, anche se non proprio come avevo previsto: aveva promesso di rispondere a qualche mia domanda, ma prima ancora che gliele ponessi è stato in grado di distrarmi e abbiamo passato le due ore successive a fare altro, qualcosa di altrettanto utile e interessante ma comunque altro.

«Prima che tu parta con le tue domande, posso fartene una io? Ti piacerebbe imparare una piccola magia? Sai così da non arrivare impreparata ed evitare una brutta figura se il primo giorno vi chiedessero cosa sapete fare...» Gli ho risposto sì, entusiasta. Anche se adesso so generare una piccola fiammella, devo ricordarmi di non farmi più distogliere così in fretta da un mio fine.

Sento l'acqua scorrere e decido, dato che non ho altro da fare al momento, di esercitarmi un poco. Mi guardo intorno, alla ricerca di qualcosa da bruciare e scorgo sul comodino una scatola di fazzoletti, ne estraggo uno e lo stringo in mano. Mi concentro tenendo gli occhi bene aperti e fissi sul punto che voglio accendere. Le dritte di Tommaso mi risuonano in mente: «Anche se a occhi chiusi è più facile "entrare in contatto con il proprio elemento interiore" o tutti quei consigli spirituali che qualche vecchio mago potrebbe rifilarti, lanciare incantesimi a occhi chiusi, specialmente da inesperti, è un azzardo pericoloso. Capisco che potrebbe essere più difficile concentrarsi i primi tempi, ma è importante assicurasi di avere sempre ben visibile il proprio bersaglio. Inoltre a occhi aperti è anche più facile lanciare incantesimi a distanza senza bisogno del tocco; è come se si trattasse del "livello superiore": di solito prima si impara ad occhi chiusi e poi si aprono, se invece dimostrerai di saperlo già fare sicuramente li impressionerai.»

Cerco di allontanare dalla mente il rumore della doccia e qualsiasi altra distrazione, fino a quando non sento quello che ormai è diventato un familiare sfrigolio. Sorrido soddisfatta vedendo la punta del fazzoletto andare a fuoco, ma mi affretto subito a soffiare per spegnerla ricordando l'ammonimento di Tommaso: «Non generare fiamme che non sei in grado di controllare o spegnere subito in caso di necessità, ti si o te le potrebbero rivoltare contro.» Nel fare l'ultima precisazione i suoi occhi si erano rabbuiati e mi è venuto spontaneo chiedergli se gli fosse mai capitato, pensando solo dopo che se anche fosse di certo non lo sarebbe venuto a dire a me. «Una volta ho fatto una stupidaggine e ne ho pagato le conseguenze.» Non ha aggiunto altro, per quanto fossi curiosa ho compreso il suo stato d'animo e mi sono trattenuta da ulteriori domande indiscrete, dato che già pensavo non avrebbe neanche risposto a questa.

Quando non sento più l'acqua, pondero per un attimo le mie opzioni, il primo istinto è quello di raccontare tutto a Rebecca, ma ho un lampo della conversazione di poco fa, di quando d'un tratto si è fermata, e decido: mi affretto ad appallottolare il fazzoletto in tasca tenendo a mente di sbarazzarmene al più presto.

«Che fai?» domanda Reb uscendo dal bagno con un asciugamano legato intorno al corpo.

«Niente di interessante. Posso usare il bagno ora?»

Annuisce e si scosta dalla porta per lasciarmi passare.

Se lei ha i suoi segreti, non vedo perché non possa averne anche io.


~Prossimo capitolo: La prima lezione~

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