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1. Il Marchio

Essere a conoscenza del proprio destino per tutta una vita e non poter fare altro che aspettare è davvero orribile.

Anni interi trascorsi cercando di tenere a bada i propri poteri, sapendo che la magia non autorizzata usata dai minori di diciotto anni non sarebbe mai stata vista di buon occhio. Non poteva fare nulla, nemmeno far spuntare un rivolo d'acqua dal palmo della sua mano per innaffiare le piante del terrazzo.

E tutto quello era devastante.

Vivere ogni giorno della sua vita aspettando con ansia la notte del suo diciottesimo compleanno era devastante.

Sapere di non poter sfruttare quel potere che era in lei era devastante, soprattutto conoscendo la sua natura frizzante e osservando i suoi genitori prodigarsi quotidianamente con la loro magia.

Si sentiva esclusa da quel mondo che in realtà era sempre stato suo, ma che non poteva ancora godere fino in fondo.

Eppure, quella notte del quindici settembre, si sentì finalmente viva, finalmente se stessa. Aveva la sua vita in pugno, adesso, e nessuno più l'avrebbe fermata.

«Buon compleanno, Sofia» mormorò non appena scoccò la mezzanotte, infagottata fra le coperte. Le spostò leggermente per permettere alla mano di uscire dal calduccio in cui si era riparata fino a quel momento, poi la aprì e la diresse verso la flebile luce che proveniva dalla finestra aperta.

Si concentrò e lasciò che un rivolo d'acqua fuoriuscisse dal suo palmo e proseguisse lungo il braccio, fino ad arrivare al gomito e gocciolare sul copriletto.

Le sue labbra si incurvarono in un sorriso ricco di gioia.

Da poche ore a quella parte avrebbe potuto usare i suoi poteri in maniera decisamente più potente, in un luogo sicuro e senza ricorrere in provvedimenti gravi.

Avrebbe sicuramente conosciuto ogni più piccolo segreto del Mondo Speculare e probabilmente si sarebbe fatta degli amici.

Amicizia: una grande parola per descrivere un sentimento immenso che, purtroppo però, non aveva mai conosciuto prima.

Ma era inutile rimuginarci in quel momento, perché quello era il suo momento, la sua possibilità di riscattarsi, di avere la vita che desiderava, di essere la vera sè, la Sofia capace di controllare l'acqua in ogni sua forma. Questo voleva essere.

E fu per questo che, presa dall'agitazione, quella notte non chiuse occhio.

La mattina dopo la sveglia suonò presto, così si alzò, carica di adrenalina, e si preparò. Aveva già la valigia pronta. Tutti i libri richiesti dalla scuola erano stati comprati e impilati ordinatamente all'interno, insieme ai vestiti e al necessario per sopravvivere almeno fino a Natale.

Caricò un piccolo zainetto sulla spalla e si fermò per un secondo.

Lanciò un'ultima occhiata alla stanza che l'aveva ospitata fino ad allora, le pareti azzurre, il pavimento blu, i mobili creati a forma di onde o di conchiglie. Tutto, in quel posto, le ricordava da dove veniva, le ricordava chi era.

Sorrise di nuovo scorgendo gli uccellini cantare sugli alberi fuori la finestra.

In fondo stava partendo per un viaggio di sola andata, perché una volta entrata nel Mondo Speculare non torni più indietro, ma per lei era perfetto così. Un nuovo mondo da cui trarre ispirazione era ciò che le serviva.

Creò una piccola onda d'acqua, la solidificò trasformandola in ghiaccio e lasciò che scivolasse su dei piccoli getti d'acqua che fuoriuscivano dal pavimento e trasportasse quel pesante bagaglio fino all'auto.

Una volta in viaggio guardò Napoli scorrere velocemente fuori dal finestrino. Vedeva le piazze principali svanire una ad una sotto ai suoi occhi. Vedeva le strade dileguarsi al loro passaggio. Vedeva gli Umani correre da una parte all'altra per adempiere ai loro doveri quotidiani. E poi c'era lei, in fibrillazione per quello che sarebbe accaduto di lì a poco.

Una volta arrivati in Piazza Plebiscito, sua madre prese a muovere le mani in una strana maniera, come faceva sempre prima di aprire un portale.

Un varco verde smeraldo si aprì nel bel mezzo della piazza: era grande e luminoso. Non si riusciva a vedere nulla dell'altro lato, soltanto una grande poltiglia di colore, completamente invisibile agli occhi degli Umani.

«Sofia, adesso devi mettere la paura da parte e pensare a qualcosa di bello, altrimenti non riuscirai a oltrepassare il portale» la avvertì.

Sofia annuì e posò gli occhi su quell'enorme sfera verde. Non aveva mai attraversato un portale prima, non si era mai diretta a Incantium perché non ne aveva mai avuto bisogno, ma ora stava cambiando tutto.

Tenne a freno la paura, cercando di inondare la mente di pensieri felici.

Doveva farcela. Poteva farcela.

Pensò a quanto fosse felice di veder finalmente il suo sogno realizzato, a quanto desiderasse entrare in quella scuola di magia e al fatto che finalmente ci fosse riuscita.

E poi si incamminò verso la meta e, quando la luce sprigionata da quel portale divenne troppo forte a causa della sua vicinanza, chiuse gli occhi e saltò.

Nel momento in cui li riaprì, era dall'altra parte.

Era nel suo mondo, nel mondo dove gli Elementi convivevano con creature magiche inimmaginabili, fantastiche, eroiche. Vampiri, licantropi, streghe, fantasmi, Fae erano solo alcune delle miriadi di specie che si potessero incontrare.

Guardava uomini e donne attraversare le strade, distingueva gli Elementi grazie al Marchio sul proprio braccio che indicava la Famiglia di appartenenza. Lei ancora non lo aveva.

Si guardò intorno, la piazza napoletana era stata sostituita da uno slargo conosciuto soltanto agli Speculari, un piazzale importante; il principale, dalle loro parti.

Da Fireplatz, infatti, si potevano raggiungere anche le stradine più impervie e nascoste della città; era il centro del loro mondo, il centro di Incantium; così si chiamava il loro regno, uno dei tanti appartenenti al mondo magico.

Ed era proprio lì, al centro di quello spiazzo, che centinaia di carrozze aspettavano di partire per Incantia, la Scuola Speculare più famosa nel territorio italiano.

Aveva lo stomaco in subbuglio, ma per la prima volta da molto tempo era felice.

Non si voltò indietro, ma percepiva i suoi genitori camminare alle sue spalle, così proseguì. Si avvicinò alle carrozze e si sofferò ad ammirarle. Erano completamente in legno, ognuna di colore diverso, adornate con tanti piccoli ghirigori che somigliavano a dei fiorellini. Erano bellissime. Quei cocchi erano il mio primo passo verso una nuova vita. La sua nuova vita.

Suo padre la raggiunse e la strinse forte a sé con gli occhi lucidi per la commozione. Stava crescendo, e questo rendeva i suoi genitori fieri ma anche tristi e spaventati. Il loro non era un mondo facile, ma lei lo amava così com'era, con tutte le sue imperfezioni e i pericoli che comportava.

«Mi raccomando, Sof, scrivici spesso. Mandaci tanti messaggi e raccontaci del tuo primo anno a Incantia, okay?»

Sentiva gli occhi pizzicare, ma non poteva permettersi nemmeno una lacrima. Avrebbe soltanto complicato le cose.

«Te lo prometto, papà. Ti scriverò ogni volta che posso.»

La madre, invece, era commossa ma raggiante. Sapeva quanto ci tenesse a frequentare quella scuola e, di conseguenza, era felice per lei.

«Scrivici per qualsiasi cosa, ma sono sicura che starai bene. Incantia è un luogo eccezionale.»

Lo so, avrebbe voluto dirle, perché in cuor suo sapeva che quella scuola era il posto perfetto per una come lei, ma non ne ebbe il tempo, perché il grande orologio al centro della piazza aveva emesso un lungo e tonante rintocco, segno che mancavano pochi minuti alla partenza delle carrozze.

«Ah, Sofia!» la richiamò poi. «Spero che sia il miglior compleanno della tua vita.»

Le sorrise da lontano, diretta già verso le carrozze, pronta a scovare la sua.

Doveva muoversi se non voleva perdere il suo passaggio.

Lasciò la valigia all'addetto e cercò la carrozza con il numero che era scritto sul suo biglietto. Ognuno di loro aveva un ticket che permetteva il trasporto a Incantia e su ognuno c'era un numero che corrispondeva a quello di una carrozza.

Quando la trovò si voltò per salutare i suoi genitori, con le mani alzate in segno di saluto e, nel frattempo, nella sua testa rimbombò un buon compleanno, figlia mia.

Era la voce di papà. Lo guardò, poi osservò sua mamma che le fece un occhiolino. Lo aveva sentito anche lei.

Telepatia, pensò. Sperava di riuscire ad esercitarla anche lei, un giorno.

Dopodiché si voltò, salì su quella carrozza con un peso in meno sul cuore e non si guardò più indietro.

L'abitacolo non era certo piccolo quanto sembrasse dall'esterno. Di fronte all'entrata c'erano quattro sedili in pelle nera, mentre alla sua destra c'era un vero e proprio banchetto, solo per i quattro ospiti di quello spazio.

Improvvisamente, senza nemmeno un avvertimento, la carrozza si alzò in volo e per un attimo temette di cadere.

«Attenta!»

A parlare era stato un ragazzo dagli occhi azzurri come il ghiaccio, i capelli più neri della pece e un ciuffo non troppo lungo alzato sicuramente con del gel. Le labbra rosee erano incastonate perfettamente sul suo volto, sotto il naso dritto, il volto pallido, troppo pallido per essere umano.

Vampiro, le urlava ogni suo senso.

Il torace era fasciato da una maglia nera aderente che permetteva di scorgere i muscoli contrarsi a ogni movimento.

E Dio, se era bello.

«Ti sei fatta male?» chiese, mostrandole un timido sorriso.

«No, grazie. È tutto okay.»

Il suo sorriso si allargò ancora di più.

«Bene, ne sono felice. Io sono Gabriele. Tu sei?»

«Sofia, piacere» esclamò.

Erano decisamente partiti con il piede giusto. Stava già facendo conoscenza con qualcuno e dentro di lei sentiva di potermi fidare.

«Loro, invece, sono Eva e Federico. Li ho conosciuti poco fa.»

Si avvicinò a loro e osservò quanto fossero simili. Gli stessi capelli corvini, gli stessi occhi chiari, la stessa fisionomia, le stesse orecchie a punta.

Fae. Erano Fae.

La sua vocina interiore gridava un sono gemelli così acuto che stava per scoppiare a ridere davanti tutti loro, ma non lo fece. Sarebbe potuto sembrare scortese.

«Piacere» ripetè lei. «Io sono Sofia.»

Loro le sorrisero come se fosse un angelo sceso dal cielo, cosa piuttosto improbabile date le sue doti distruttive applicabili a qualsiasi cosa lei toccasse.

«Sei di Incantium?» le domandò Gabriele, mentre si avvicinava al banchetto. Tutto quel cibo la incuriosiva eccome!

«No. Ho sempre vissuto a Napoli, i miei hanno preferito nascondersi tra gli Umani anziché vivere allo scoperto tra i loro simili.»

La maggior parte degli Speculari abitavano nelle loro città d'origine, ma pochi risiedevano anche nelle città Umane, nella convinzione di essere più al sicuro che nel Mondo Speculare. La sua famiglia era una di quelle poche.

«Io ho vissuto a Bridgewall, la Città Speculare di New York, per anni. Poi però mi sono trasferito qui. Avevamo bisogno di una pausa da tutto quel caos americano; e quindi eccomi qui, diretto a Incantia» spiegò Gabriele, addentando un pancake ricoperto di sciroppo alle fragole.

«Io non mi sono mai spostata da Napoli e raramente ho visitato Incantium, per cui non so molto di questo Mondo» rivelò rattristandosi un po'. In quello stesso istante la carrozza si bloccò all'improvviso, facendoli sbalzare in avanti. I quattro aprirono la finestra e si presero qualche minuto per osservare l'esterno.

Una distesa d'acqua scintillante troneggiava sotto di loro, così limpida che si riusciva persino a scorgere il riflesso della carrozza. Intorno soltanto una foresta immensa. Era uno scorcio d'azzurro in una distesa di verde, niente di più. In lontananza si poteva ammirare una montagna altissima, con della neve sul picco. Poco più in là c'era un piccolo corso d'acqua, che scorreve pacificamente nel bel mezzo della foresta. Inutile dire quanto quella vista riappacificasse l'animo.

«Quello è il Lago delle Nevi!» esclamò Eva, con gli occhi che luccicavano dall'emozione. «Nostro padre ce ne ha parlato tantissimo!»

Sulle rive del lago c'era un'unica piccola casetta in mattoni, ma del proprietario non ce n'era traccia. Probabilmente era all'interno.

Volarono di nuovo sopra il ponte che attraversava il Fiume della Pace, così si chiamava a detta di Gabriele, e poi, una volta oltrepassato un piccolo groviglio di casette, giunsero finalmente a destinazione, atterrando ai piedi della scuola.

Una volta fuori, alzarono gli occhi al cielo per osservare l'immensa bellezza che si stagliava dinnanzi a loro.

Una nave da crociera gigantesca sfoggiava la sua architettura in tutto il suo splendore, con i balconi che battevano perimetralmente la struttura. Era un posto enorme, ad occhio e croce poteva contare una ventina di piani. Il bianco era il colore che la caratterizzava, spezzato soltanto dal vetro degli obló e dal legno dei corrimano dei piani superiori. Avrebbero dovuto passare lì dentro cinque anni della loro vita. I cinque anni più belli, ne era sicura.

Guardò i suoi compagni di viaggio, li passò in rassegna uno ad uno. Sentiva di potersi fidare e il suo istinto difficilmente sbagliava.

Pian piano si stavano radunando intorno a loro tutti i novellini. Il nervosismo cominciava nuovamente a farsi sentire e lo stomaco non voleva smettere di dolere.

«Buongiorno a tutti e benvenuti alla Scuola Speculare di Incantia!»

Una donna dai capelli lunghi e rossi si era materializzata dinnanzi a loro. Aveva qualche ruga a contornarle gli scuri occhi marroni, ma sembrava più giovane di quello che pensasse. Indossava una maglietta azzurra e aveva dei jeans blu a fasciarle le gambe, non era per niente grassa, anzi. Era magra, forse anche troppo.

«Io sono la professoressa Giuliana Ghirandelli, insegno agli Elementi e adesso vi scorterò sulla nave, dove riceverete il vostro Marchio. Vi prego di mantenere la calma e di seguirmi.»

E così detto si voltò e li accompagnò all'interno, dove, tutti emozionati, non poterono far altro se non chiudersi in un silenzio tombale.

I suoi genitori le avevano spiegato che quella nave era stata creata appositamente per gli Speculari da alcuni di loro che, mescolandosi agli Umani, erano riusciti ad entrare nel girone delle navi da crociera italiane e avevano studiato a lungo il loro modello per riproporne uno uguale. Il fumaiolo che troneggiava in alto, infatti, era completamente blu e richiamava il simbolo della compagnia MSC, mentre a poppa era ben impressa la scritta MSC Fantasia. E dire che avevano fatto davvero un buon lavoro! Era perfettamente identica all'originale!

Alla cerimonia di iniziazione erano presenti quasi tutti i professori dell'istituto, ma la più importante era la Preside, Doralice Moriconi.

«Buongiorno a tutti, ragazzi. Mi presento, sono Doralice Moriconi, la Preside di quest'istituto. Sono qui, insieme alla mia assistente, nonché la più saggia ninfa del mondo magico, Fiore Tebaldini. A breve inizierà a chiamarvi uno ad uno in modo che possiate ricevere il vostro Marchio.»

Un brusio di sottofondo percorse la sala in cui erano rintanati, quella che in una normale nave doveva essere il buffet, mentre Flora faceva un piccolo inchino alle parole della Preside.

«Una volta Marchiati, raggiungerete i vostri compagni. Vi ricordiamo che il Marchio serve soltanto per identificarvi, darvi un'identità da questo momento in poi, ma non vi lega in alcun modo a persone della vostra stessa specie. Gli amici vanno scelti con cura, ricordatelo sempre. Bene... Flora, vogliamo cominciare?»

Venne chiamata una lunga lista di nomi, ma lei e i suoi nuovi amici rimasero per ultimi.

Di loro quattro, Gabriele si avvicinò alla donna per primo e si posizionò di fronte a loro. Strinse i pugni lungo il corpo, chiuse gli occhi e quando li riaprì, le sue iridi erano diventate completamente rosse. Chiuse gli occhi e li riaprì di nuovo, rivelando di nuovo quegli occhi chiari che l'avevano colpita in carrozza, mentre le dita della ninfa si muovevano abilmente sul suo braccio lasciando un segno rosso.

«Un vampiro, ottimo» sentenziò Flora e come per magia apparve un tatuaggio rosso di un paio di canini sul suo avambraccio.

Federico fu il seguente. Raggiunse il centro della sala e fissò negli occhi la ninfa. Sofia non seppe dire esattamente cosa successe in quei pochi secondi in cui si fissarono, cercò di immaginare i pensieri del ragazzo: che trovasse la ninfa attraente? Poi lei passò le dita sul suo avambraccio e apparì una piccola stella blu. Che fosse un Fae della notte? La ninfa gli sorrise e Federico tornò accanto a noi.

Eva fu la successiva. Raggiunse il punto esatto in cui si era trovato il fratello poco prima, poi si voltò a guardare Sofia. Lei immaginò che voleva la rassicurasse e così le mostrò il suo sorriso migliore.

Sul suo avambraccio apparve un sole con dei piccoli raggi. Fae del giorno, l'opposto del fratello.

Eva abbandonò la pedana e corse verso Federico.

Toccava a lei. Era rimasta soltanto lei.

Raggiunse anche Sofia il centro della sala, che aveva già ospitato i suoi nuovi compagni di avventura. Vi salì sopra e chiuse gli occhi. Ricordò il motivo per cui era lì, anche se in realtà una ragione ben precisa non c'era.

Voleva semplicemente imparare a dominare i suoi poteri e utilizzarli al meglio. E se non ci fosse riuscita? Se i suoi sforzi non fossero stati abbastanza?

Aprì gli occhi e si pietrificò all'istante sul posto. Non riuscì a muoversi in nessun modo, aveva gli occhi di tutti puntati su di lei. Si voltò verso i tavoli e cercò Gabriele. Non sapeva perché, ma sapeva che era la cosa giusta da fare. Lui le fece un occhiolino e Sofia si sentì rassicurata, brividi le attraversarono il corpo al solo guardarlo. Distolse le iridi dalle sue. Poteva farcela, poteva superare l'ansia..

Abbassò nuovamente le palpebre, richiamò a sé ogni singola briciola di concentrazione, cercando di calmare i battiti accelerati, poi riaprì gli occhi e li concentrò su quelli della ninfa.

«Un Elemento d'acqua! Molto interessante, se ne vedono sempre meno in giro» esclamò la Tebaldini sorridendole e muovendo in una dolce danza le dita sul suo avambraccio. Quei movimenti le provicarono solletico, poco dopo un'onda più azzurra dello stesso mare era disegnata lì dove era stata toccata dalla Tebaldini.

Un'onda. L'acqua.

Era ufficialmente un membro del Mondo Speculare.

La sala scoppiò in un concitato mormorio, mentre lei, al settimo cielo, raggiunse i suoi amici e fissò il Marchio appena apparso sulla sua pelle. Si sentiva come mai prima, felice, ma soprattutto parte di qualcosa, qualcosa di grande. Si sentiva viva.

Terminata la cerimonia, la professoressa Ghirandelli li radunò e li accompagnò ai loro dormitori, smistati tra l'ottavo e il dodicesimo ponte. Lei e i suoi amici ci erano ritrovati tutti sull'ultimo, il dodicesimo.

«Allora, ragazzi. Una volta qui, dovrete mostrare semplicemente il vostro Marchio alla porta della vostra stanza. Lei saprà esattamente chi siete perché, sebbene i vostri Marchi siano tutti simili, ognuno ha un dettaglio diverso. Le porte li conoscono tutti, per cui non abbiate paura» spiegò la professoressa. «Potrete far entrare qualcuno nella vostra stanza soltanto se sarete voi a volerlo, altrimenti non entrerà nessun altro.»

Un mormorio estasiato si innalzò nella grande sala in cui ci trovavamo.

«I dormitori dei ragazzi sono a destra, quelli delle ragazze a sinistra» spiegò la professoressa. «Per oggi avrete la giornata libera. Nelle vostre stanze ci sono le divise da indossare, già ognuna nel proprio armadio. Mi raccomando! Per qualsiasi cosa potete trovarmi nel mio ufficio al ponte quattro. Buona giornata, ragazzi.»

Così si dileguò, lasciandoci finalmente soli.

Eva e Federico sembravano scomparsi tra la folla di ragazzi. Gabriele, invece, era ancora accanto a lei.

«Wow, questo posto è folle!»

Gabriele sembrava estasiato da tutto quello e lei non era di certo da meno.

«Ma tu ti rendi conto? Siamo a Incantia!»

Il suo sorriso, nonostante la notizia appena ricevuta, non smetteva di ampliarsi.

«Cavoli se me ne rendo conto! È il sogno di una vita!»

Rise, ne aveva bisogno. Ne aveva davvero bisogno.

Al diavolo il compleanno, al diavolo tutto. Era nell'unica scuola dove avrebbe mai voluto vivere ed era nel suo posto, a casa sua.

Diede un'altra occhiata intorno, finalmente felice.

Era a Incantia e non avrebbe potuto chiedere di meglio.

Credo siano passati mesi, se non addirittura un anno da quando ho sospeso "Incantia".

Mi dispiace avervi fatto aspettare così tanto, ma ero andata in crisi e avevo bisogno di mettere a posto le idee che frullavano nella mia testa.

Sono arrivata a un compromesso, ho cambiato dei dettagli e ora mi sento ufficialmente pronta per riprendere questo progetto.

Andrà un po' a rilento, perché ho altre due storie in corso che per me hanno la priorità, ma cercherò di portarvi il più possibile nel minor tempo possibile. Questo posso promettervelo.

Detto questo, fatemi sapere cosa pensate di questa nuova versione di "Incantia" nei commenti.

Ci risentiamo presto con il secondo capitolo.

Love u all!

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