Capitolo 36
Non riuscivo a vedere nulla, troppi erano i flash che mi accecavano da ogni direzione. Mi aspettavo che ci fosse più gente del solito, pronta a raccogliere lo scoop dell'anno, però non così tanta. Le urla sembravano volermi far scoppiare i timpani, accumulandosi una dopo l'altra al loro interno. Sarei voluta scappare. Allontanarmi il più in fretta possibile e nascondermi sotto la vecchia copertina che papà mi aveva regalato tanti anni fa, ma non potevo farlo. Indossai il mio sorriso migliore, quello che veniva chiamato dai fan alla Evans, cercando di sembrare il più naturale possibile. Odiavo quando le persone cercavano di intromettersi nella mia sfera privata. C'era un motivo se era considerata tale. Era sempre stato così, nascere come figlia di una leggenda vivente aveva questo prezzo. Se un tempo era lui però a dover rispondere alle domande inopportune, nel momento stesso in cui avevo deciso di giocare a calcio era diventato un problema mio. Non avevo mai capito cosa le persone ci trovassero d'interessante nell'essere informate su quel tipo di notizie. Insomma, non avevano hobby più divertenti del ficcanasare nelle vite altrui? Ero così persa nei miei pensieri, quasi fossi in una trans, che prima che la mano di Sirius mi si posasse sulla spalla, non mi ero accorta nemmeno di tutta la confusione che c'era intorno a noi. Un'immensità di voci si sovrapponevano, fondendosi in una sola. Poche erano le parole che riuscivo a distinguere, anche se forse avrei preferito non fosse così.
<<Le ha messo la mano sulla spalla, lo avete visto tutti!>> Contai minimo altri venti scatti in quel frangente.
<<Evans, Sharp giratevi di qua!>> Altri dieci.
<<Datevi un bacio qui davanti a tutti!>> Trenta.
<<Che carini!>> In quei pochi istanti eravamo stati immortalati in sessanta fotografie, almeno per quello che fossi riuscita a vedere. Sfortunatamente temevo di aver fatto una stima troppo bassa della situazione, ma solo nei giorni successivi ne ricevetti la conferma.
<<Che cazzo Sharp, proprio con la più fica dovevi metterti. La volevo io.>> Cosa diamine ero un oggetto? Dovevo rimanere calma ed evitare qualunque movimento indiscreto. Sussultai quando mi resi conto che la sicurezza riusciva a stento a trattenerli, non avrei retto anche quella pressione e la maschera sarebbe caduta in fretta. Ad ogni passo la mia fermezza vacillava sempre di più e la paura aumentava. Quanto era lunga ancora la strada? Con tutta quella luce non vedevo quasi nulla.
<<Ci siamo quasi. Mancano circa tre metri.>> Ethan mi sussurrò avvicinandosi. Aveva superato il regista mettendomisi accanto. Lo ringraziai mentalmente, quella sì che era una notizia di cui avevo bisogno in quel momento. Per fortuna aveva ragione e riuscii ad intravedere il tornello qualche secondo più tardi. Lo puntai immediatamente con lo sguardo, cercando di evitare tutti quei sussurri che ci circondavano. Proprio mentre stavo per strisciare il badge, però, un altro di essi giunse al mio orecchio:
<<Era ora che si scegliesse un ragazzo, è quello che dovrebbe fare una della sua età. Altro che una donna che gioca a calcio.>> Incassai il colpo senza fermarmi. Volevo andarmene da lì il più velocemente possibile. Non potevo lasciarmi andare, ero il capitano dopo tutto. Un mio sconforto avrebbe potuto condizionare tutta la squadra, nessuno escluso e soprattutto Sir, l'unico tra noi in grado di utilizzare le ali. Dovevo continuare a sorridere e sembrare spensierata come sempre. Era il mio dovere.
Finalmente accomodata sul treno sospirai. Tirai la testa indietro fino ad appoggiarla al finestrino dietro lo schienale del sedile. Sarebbe andato tutto bene dovevo solo stare tranquilla. Era quella la frase che continuavo a ripetermi nella testa, ma in realtà tenevo gli occhi chiusi perché li sentivo lucidi. Dovevo mantenere il controllo di me stessa a tutti i costi. Non potevo dare a quelle persone la soddisfazione di farmi crollare, ma ancor più importante non dovevo minare la forza della squadra per una mia debolezza. Nessuno doveva aspettarsi quello dal proprio capitano, soprattutto si era conosciuti come quello leggendario. Nel momento stesso in cui la fascia ti era consegnata, diventavi a tutti gli effetti il punto focale, il pilastro e persino l'essenza stessa del tuo team. Se chi ricopriva quel ruolo si permetteva solamente di vacillare per un'istante, ogni cosa sarebbe caduta come un castello di carte al vento. Sentii qualcuno sedersi al mio fianco.
<<Ella, stai bene? Non sembri molto informa. Da fuori la gente può non accorgersene, ma io lo so quando fingi.>> Eccolo lì, di nuovo in mio soccorso nel giro di pochi minuti. Era sempre stato fin da piccoli il mio difensore, una muraglia impenetrabile pronta a mettersi in mezzo e sfidare chiunque per me.
<<È solo una giornata complicata, Eth. Puoi stare sereno.>>
<<Come preferisci, però sappi che se hai bisogno ci sono.>> Passò il pollice sotto il mio occhio destro. Sembrava volesse cancellare con quel semplice gesto ogni traccia di quelle lacrime che avrei solamente voluto poter piangere. A volte mi domandavo perché non mostrasse quel suo lato dolce a chiunque e non solo all'interno del nostro gruppo. In tanti, soprattutto nelle altre scuole, lo vedevano come un tipo presuntuoso e pieno di sé spinto dalla sua popolarità, con più ego che abitanti su questo pianeta. Se in più ci aggiungevi che desse l'impressione di essere un divo del cinema, be' il gioco era fatto. In poche parole, il sogno di ogni teenager e l'incubo della maggior parte degli altri ragazzi. Non dissi una parola in risposta, appoggiai solamente per alcuni istanti la testa sulla sua spalla. Mi destai da quella posizione non appena notai entrare nell'altra parte dello scompartimento, divisa da un vetro, la squadra avversaria. Avevamo già affrontato una volta la Ninjaz Training Academy, ma all'epoca si trattava solo di un amichevole ed io non ero ancora titolare. Allora ricordavo fosse stata una bella partita, uno scontro leale che si era concluso con la nostra vittoria con un 5-3. Venivano da una scuola maschile, perciò da un punto di vista meramente fisico, a totalità di forza, partivano sicuramente avvantaggiati. A livello di tecnica però noi eravamo su un altro livello, o almeno lo eravamo prima che si unissero all'organizzazione. Chissà quanto potevano essere migliorati. Le informazioni raccolte da Fabian erano sicuramente insufficienti in tal senso. Prepararsi ad un eventuale incontro era sempre più complicato ogni settimana che passava. Di punto in bianco però accadde una cosa che mi fece scattare in piedi, permettendomi per un istante di dimenticare il resto.
<<Non ci credo. Quell'imbecille non solo è diventato titolare, ma lo hanno fatto anche capitano?>> Nobushige Sanada aveva appena fatto il suo ingresso dalla porta del treno con la fascia gialla che gli spuntava dal borsone. Non era cambiato molto nel corso dell'anno trascorso, solo i capelli neri come la pece, in parte raccolti sulla parte alta in un codino, erano diventati più lunghi e quelli sciolti gli arrivavano oramai al di sotto delle spalle. Il suo stile personale, un misto tra un ninja e un punk/gotico, era perfettamente riconoscibile persino con la tuta della squadra addosso. Il guanto destro, il collarino e il polsino a rete spuntavano in bella vista, mentre sul suo volto si faceva strada un ghigno furbo e arrogante. Ci eravamo conosciuti durante quella partita e come era facile intuire, tra noi due non scorreva buon sangue. Avevamo non solo un modo diverso di vedere il nostro sport, bensì ogni aspetto della vita in generale. Per lui era il puro egoismo a muovere il tutto, la sua semplice ambizione personale. Non gli interessavano gli altri, ma solo che lui fosse il primo, quello al centro della scena. Ricordavo quanto si fosse lamentato per essere rimasto in panchina durante quell'amichevole. Già allora si considerava il più grande giocatore mai esistito, mentre gli altri erano semplici comparse la cui unica funzione era, con la loro nullità, farlo risplendere ancora di più. Ci impiegò poco a notarmi a sua volta e senza troppe cerimonie prese il posto esattamente di fronte a me. Lanciandomi uno sguardo che voleva dire solamente una cosa: sarebbe stata guerra aperta.
Trovate il disegno di Nobushige Sanada su Instagram nel profilo astrastellablack. Scrivetemi qui i personaggi che vi piacerebbe disegnassi e a cui non ho ancora dato un volto
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