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Capitolo 35

Pov. Sirius

La trovai seduta al suo solito sedile, mentre guardava fuori dal finestrino del bus. Era pensierosa, lo si poteva notare dalla mano che le sosteneva il mento con l'indice che scorreva avanti ed indietro lungo la guancia fino alla mascella. Sorrisi, era davvero bellissima. Bloccato nella mia trance, venni ripreso da Morgan perché occupavo l'ingresso, impedendo a tutti gli altri di salire. Se fosse stato un giorno come tanti sarei corso al suo fianco, prendendo quello che per una vita era sempre stato il mio posto. Sfortunatamente però quella non era una giornata normale. Non avrei mai pensato che sarebbe potuto uscire un articolo che avrebbe potuto raffreddare o mutare il nostro rapporto. Lei avrebbe fatto di tutto per evitare le voci ed io non mi sarei opposto in alcun modo alla sua scelta di allontanarmi. Non avevo bisogno di chiederglielo, sapevo lo avrebbe fatto, era quello che faceva sempre. Se io scappavo appena si provava a tornare sull'argomento, lei diventava fredda immediatamente e si isolava rispetto a quelle persone. Dolorosamente, ma lo avrei accettato. La superai con passo svelto, puntando Derek, che si era sistemato all'esatto apposto rispetto alla mora.

<<Dove vai?- Mi arrestai di scatto. Quella voce era così serena e dolce, però allo stesso tempo carica della solita energia ed entusiasmo. La guardai confuso. Per un'istante mi domandai se per caso non avesse letto quei post, ma poi la sentii aggiungere: -Dovremmo parlare non credi? In più ti siedi sempre qui prima degli incontri, perché cambiare oggi. Ovviamente se ti va.>> Cercai lo sguardo di Ethan, che ci fissava accomodatosi accanto ad Alexander. Dalle espressioni strane e dai micro-gesti con il capo intuii che mi stava consigliando di darmi una mossa. Procedetti senza fiatare raggiungendola. Rimasi fermo come una statua al mio posto, per diverso tempo. Avevo bisogno di raccogliere tutto il coraggio a mia disposizione. Possibile che fossi in grado di combattere una battaglia con un'organizzazione del genere, eppure non riuscissi a reggere una conversazione con Ella?

<<All...>>

<<Perché ti sei messo gli occhialini? È per quello che ha scritto quello stupido giornalista? Hai paura che gli altri vedano come ti senti, o forse che lo veda io?>> Mi guardai un po' intorno, affrontare un tema del genere con la possibilità che qualcuno ci ascoltasse, soprattutto zio Mark, non era l'ideale, o per lo meno il mio. Per fortuna, forse per la situazione, intorno a noi si era creato quasi un vuoto. Persino i due allenatori si erano posizionati lontano. In un certo senso ero in trappola.

<<Possibile che tu mi conosca così bene?>> La sentii sospirare, per poi rivolgermi un leggero sorriso.

<<Sei la mia persona, so come sei fatto.- Si morse il labbro inferiore. -Mi dispiace.>>

<<Di cosa?>>

<<Se fossi andata con voi allo stadio e non per conto mio, nulla di tutto questo sarebbe successo. È stata colpa mia. So quello che provi nei miei confronti, Gen me lo ha detto, e posso solamente immaginare quanto tu possa stare male per quell'articolo. Perché non me ne hai parlato invece di scappare ogni volta che facevo domande?>>

<<Tu ti isoli, io scappo quando le emozioni prendono il sopravvento. Sai che non mi piace perdere il controllo e la razionalità. Innamorarmi direi che non rientrava nel piano.- Vidi la sua bocca aprirsi e poi richiudersi velocemente, come se avesse ripensato alla risposta che stava per dare. -Non c'è bisogno che tu aggiunga nulla, davvero. So cosa pensi di questo tipo di argomenti.>> Abbassai la testa. Non sarei riuscito a rimanere composto guardandola negli occhi.

<<Ti sbagli, o almeno lo fai in parte. Ho una grande confusione in testa in questo periodo. Dire che provo lo stesso sarebbe errato, ma anche che non nutro alcun sentimento. Attualmente non ci capisco nulla. È come se improvvisamente fosse cambiato qualcosa nel mio modo di vivere e di pormi, in generale intendo, ma non sono ancora in grado di razionalizzarlo. Credo di aver bisogno di altro tempo, ma quando lo saprò sarai il primo a saperlo.>> Mi stupirono molto quelle parole. Mai in vita mia avrei immaginato che un giorno lei avrebbe potuto dare a qualcuno quella risposta su un tema del genere. Un sorriso mi comparse autonomamente sul viso, era davvero unica.

<<Siamo quasi arrivati. L'ingresso sarà assediato dalla stampa, come ci muoviamo?>>

<<Non sei tu il regista qui? Cosa prevede la tua sceneggiatura?>>

<<Sai vero che se fosse per me costringerei il signor Anthony a cambiare destinazione? Per il resto, per una volta mi trovi totalmente impreparato.>> Sembrò pensarci su per qualche istante, poi constatò:

<<Assolutamente nulla.>>

<<Come?>>

<<Quello che dobbiamo fare. Essere noi stessi, concentrarci solamente su di noi e sull'importanza dell'incontro che dobbiamo giocare. Attualmente conta solo quello. Miriamo ai tornelli d'ingresso e non lasciamoci distrarre da nulla.>> A quanto pareva per una volta era lei quella razionale della coppia.

Pov. Ella

L'autobus si fermò davanti all'ingresso per i giocatori della stazione ferroviaria. Quel giorno era gremito di giornalisti in ogni dove, trattenuti a stento dalla sicurezza. Avevo fatto un bel discorso a Sirius, ero apparsa così calma e tranquilla, incurante del pensiero e delle azioni di quella gente, ma in realtà ero terrorizzata. Non avrei mai immaginato che sarei finita su un articolo del genere. A dire il vero fino all'inizio dell'anno i ragazzi nella mia graduatoria personale non avevano mai superato la classificazione di amici, mentre in quel momento c'era solo tanta confusione. L'idea di avere gli occhi di tutti puntati addosso per qualcosa che non riguardava il calcio mi metteva terribilmente in soggezione. Quanto avrei voluto diventare sempre più piccola fino a scomparire. Eppure, non potevo rischiare di mostrare questa mia debolezza agli altri, il Capitano leggendario non poteva permettersi assolutamente di vacillare. Ero Gabriella Evans, la figlia di Mark Evans, e ad ogni difficoltà avrei risposto con un grande sorriso e forza di determinazione. Non doveva essere diversamente. Derek, Aiden ed Alexander scesero per primi, come nel tentativo di formare una muraglia impercettibile per noi altri in quanto più grandi. Fabian, Emma e le altre manager li seguirono a breve distanza, mentre gli altri attendevano un mio movimento, soprattutto Ethan che aveva lo sguardo fisso su di me. Stavo per fare il primo passo, quando papà mi si accostò:

<<Non devi farlo per forza. O comunque puoi nasconderti dietro di me proprio come quand'eri piccola.>> Il suo tono era dolce e gentile. Non era mai cambiato, da quando avevo memoria era sempre stato quello che gli avevo sentito utilizzare nei miei confronti. Era sicuramente quello che in psicologia viene definito come un genitore affettivo, al contrario di Zio Jude, uno di tipo normativo, lui non alzava mai la voce o dava imposizioni. Mi aveva cresciuta dandomi valori forti e giusti, facendomi sviluppare un comportamento adatto senza obbligarmi con le regole. Probabilmente era il sogno di qualunque bambino come padre, sicuramente mio fratello avrebbe ringraziato la dea del calcio non appena se ne fosse accorto. Avrei davvero voluto accettare la sua proposta, fiondarmi tra le sue braccia e non uscirne più. Avrei dato qualunque cosa per poterlo fare. Avrei solo voluto avere veramente una scelta.

<<Tralasciando che sono il nostro unico portiere, sto bene tranquillo. Meglio sbrigarci, la Ninjaz Training Academy ci aspetta. Non vorremo mica perdere il treno?>> Tirai sul viso il sorriso più autentico che il mio repertorio era in grado di permettersi e senza pensarci troppo percorsi anche l'ultimo gradino che mi divideva dalla fossa dei leoni.

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