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Capitolo 27

Non pensavo di essere mai stata così felice il lunedì, ma finalmente, avendo di nuovo addosso la divisa scolastica della Raimon, tutto sembrava più bello. Quella settimana avremmo inoltre disputato il primo incontro della fase nazionale della Scalata dell'Olimpo; quindi, la nostra sfida avrebbe avuto definitivamente il suo inizio. Secondo il programma il sabato invece ci saremmo dovuti sorbire la cerimonia inaugurale, che a mio parere assomigliava maggiormente ad un tentativo di farti sopraggiungere i crampi alle gambe per le ore in cui dovevi restare in piedi, rispetto ad avere una vera e propria funzione. Raggiunta la sede del club venimmo letteralmente sommersi dalle domande sulla nostra esperienza, in particolare Naomi ci chiese se avessimo combinato qualche guaio. Effettivamente era strano che nessun professore si fosse preso un infarto per uno dei disastri, che ci tenevo a dire fossero stati tutti involontari, causati dal nostro comportamento troppo esuberante e certamente inadatto alla Royal Academy. Avevo perso il conto di quante volte Genesis fosse stata allontanata dalla classe perché replicava con i docenti, mentre il suo ragazzo rischiò di farsi mettere in punizione a vita per una lite con uno snob dalla puzza sotto il naso, il quale non aveva fatto altro che provocarlo. Io, da brava regina dell'impulsività, stavo per chiamare il Comandante zio Jude ogni dieci minuti circa, ma per fortuna riuscivo sempre a fermarmi in tempo. Non era stato altrettanto accorto Ethan, che, in quanto sovrano indiscusso delle gaffe, lo fece un giorno durante un allenamento. Ricordavo perfettamente il gelo che si era riversato in quel campo, tutti davano l'impressione di essere pietrificati, finché l'appena nominato non prese parola, informando l'attaccante che avrebbe dovuto provare un nuovo modulo di training quel pomeriggio. Inutile dire che quando rivedemmo il giovane Blaze aveva più lividi che pelle e il fiato nei suoi polmoni era completamente sloggiato. Sirius e Derek, infine, grazie soprattutto all'educazione a tratti militaresca con la quale erano stati allevati, erano gli unici a non aver combinato il minimo danno, anzi cercavano di aiutare noi a risolvere i nostri. Concluso il racconto ci domandarono del metodo speciale che avevamo dovuto affrontare. Per il momento nessuno mostrava segni effettivi della riuscita dell'esperimento, però ero abbastanza convinta che avremmo dovuto aspettare la partita per avere una risposta certa. Dal canto mio mi sentivo decisamente più forte e agile nei movimenti; perciò, in ogni caso qualche progresso si era verificato. Ad essere completamente sincera, quell'esperienza era stata istruttiva anche da un altro punto di vista, per la prima volta in tutta la mia vita credevo di riuscire a capire cosa succedesse nella testa del regista e perché reagisse in un certo modo difronte ad un tipo particolare di situazioni. Tutto finalmente sembrava avere un senso ed ora mi sentivo persino più vicino a lui di quanto non fossi mai stata. Era strano dirlo, ma il tornare a tutta quell'informalità nei modi di fare mi confondeva un po'; avevo iniziato a pensarci sempre due volte prima di muovermi perché non ero certa di dove mi trovassi. Ritrovare il mio amato banco, ma soprattutto la finestra al suo fianco, era stato davvero un toccasana per la mia stabilità mentale. Finalmente avrei potuto ricominciare a fantasticare su nuove supertecniche ammirando un bel panorama e non un muro scuro. Avevo proprio bisogno di un po' d'ispirazione in quel momento, infatti la nostra prossima avversaria la Mary Times Memorial, negli ultimi anni si era guadagnata la fama di essere un'ottima squadra e la nostra missione mi imponeva di essere certa di poter parare più tiri possibili. Non potevo assolutamente permettermi di subire due reti come nello scorso incontro, commettere errori era inaccettabile. Scarabocchiai sul tablet per ogni idea che mi compariva nella mente fino alla fine delle lezioni, nella speranza che una mi convincesse a pieno. Era così quando ero concentrata su qualcosa, dovevo portare a termini il compito che mi ero prestabilita prima di potermi dedicare a qualunque altra cosa. Dedicai l'intero allenamento a fissare un pallone, nella speranza che mi sussurrasse la risposta all'enigma che mi ero creata. La lampadina, però, mi si accese in un modo a dir poco particolare, degno dell'eredità genetica che mi portavo dietro, ovvero quando Melany sbagliò un passaggio e venni colpita in pieno sulla nuca. Tutti mi corsero in contro preoccupati, con la rossa che continuava a scusarsi senza sosta. Mi passai una mano dove avevo preso la botta, ma mi rialzai tranquilla.

<<Ve lo ricordate che sono un portiere e ho questo genere di incidenti circa quattro volte alla settimana? Temo non sarà neppure l'ultima volta.- Proprio allora ricevetti l'illuminazione. Presi immediatamente il volto dell'attaccante tra le mani allegra. -Grazie, sei un genio. Te l'ho mai detto che ti adoro?>> Mi diressi correndo verso le scalette che conducevano fuori dal campo con gli occhi di tutti puntati addosso.

<<DOVE VAI?>> Mi urlò dietro Lea abbastanza confusa come la maggior parte delle persone.

<<A FARE UNA COSA!>> Sentii di sfuggita Sirius ed Ethan confabulare.

<<Nuova parata?>>

<<Assolutamente sì.>>

Senza fermarmi un attimo raggiunsi la mia amata torre, avevo un piano, anche se forse era leggermente contorto e complicato. Infondo però se fosse stato semplice chiunque sarebbe stato in grado di inventare nuove tattiche tutti i giorni. Mi sistemai in uno dei punti con più alberi, i quali consentivano di avere maggiori possibilità d'appoggio. Con la mia solita forza di volontà forse eccessiva, iniziai ad attaccare su cinque rami distinti altrettante corde agganciate a copertoni. Mentre cercavo di capire come muoverli da sola, la mia fascia inazuma suonò. Il giocatore dalla maglia numero dieci mi stava informando che lui e altri quattro mi stavano raggiungendo, a quanto pare papà li aveva inviati per aiutarmi e controllare che non mi ammazzassi. Non ci volle molto prima di notare la chioma color rosa scuro venire nella mia direzione, con quella capigliatura avrei riconosciuto Azariel anche a venti chilometri di distanza. Gli altri tre poveracci, costretti alla scampagnata in collina erano invece Derek, Emma e l'immancabile regista. Posate le borse a terra il più grande della compagnia mi domandò immediatamente:

<<Capitano come possiamo renderci utili?>>

<<Ok, il piano è il seguente. Io mi metto al centro bendata, mentre a turno lasciate andare gli pneumatici. Il mio compito sarà quello di capire quale si è mosso e bloccarlo esattamente come se fossimo in una partita e quello fosse l'attacco avversario che sta impostando l'azione.>>

<<Non vorrei fare il melodrammatico o l'apprensivo, anche perché non è assolutamente da me, però credo sia leggermente pericoloso sia in primis per la tua persona che la squadra, ci tengo a ricordarti che sei il nostro unico portiere e se ti facessi male sarebbe un gigantesco problema.>> Il cugino gli si avvicinò, mettendogli una mano sulla spalla sospirò.

<<È inutile che ci provi. Ti posso dire per certo che non le farai cambiare idea qualunque cosa accada. Perciò possiamo aiutarla o lasciare che trovi un modo persino più rischioso.>>

<<Ma che caz...>>

<<Lascia perdere, in anni ho imparato che provare a ragionare con lei quando si parla di allenamenti assurdi è letteralmente impossibile.>>

<<Lo sapete che vi sento, vero?>>

<<Perché questo cambia il risultato della conversazione?>> Chiese fiducioso Samford, probabilmente nella speranza di scoprire che io non fossi del tutto pazza. Ovviamente la risposta che sarebbe arrivata non lo avrebbe soddisfatto.

<<Assolutamente no. Mettiamoci a lavoro, comunque, altrimenti sono pronta a stare qui anche tutta la notte.>>

<<COSA!>> Urlarono come un coro preoccupati. A quanto pare loro non avevano il mio stesso livello di fanatismo verso il calcio. Come preannunciato il training risultò molto faticoso, sia per loro che fecero un sollevamento pesi degno della più lunga sessione in palestra, che per la sottoscritta, la quale finì varie volte tramortita e con un muovo livido o bernoccolo da aggiungere alla collezione già abbastanza ampia. Nel frattempo, si era fatta sera come previsto. Visti i risultati manchevoli Kane propose di tornare a casa e riprendere il giorno seguente, cosicché avremmo potuto essere riposati e nel pieno delle forze. Insistetti, però, per fare un ultimo tentativo, ero certa che qualcosa stesse succedendo e sapevo anche che mancava pochissimo. Utilizzando il mio solito tono coinvolgente, riuscii alla fine nel mio intento. Privata della vista, dovevo concentrarmi solamente sull'udito. Sarebbe stato proprio il fruscio del vento, mosso dal copertone durante il suo spostamento a farmi capire da che parte arrivasse la minaccia. Mi concentrai a pieno, canalizzando le mie energie in quell'unico movimento. D'un tratto sentii intorno a me una specie di aura e, senza nemmeno toccarlo, ciò che mi avrebbe travolta si arrestò. Tolsi di scatto la benda e guardai in giro.

<<Direi proprio che ci sei riuscita.>> Convenne l'italiana.

<<Cos'è successo?>>

<<Vediamo, come posso descriverlo?- Si massaggiò il mento, cercando di mettere insieme i suoi pensieri. -Vari fasci di luce grigiastra sono comparsi davanti a te, creando una specie di barriera impenetrabile, la quale una volta colpita a fermato il tentativo di invasione.>>

<<Mica male. Ora mi serve solo un nome.>> Il difensore prese immediatamente la parola.

<<Che ne dici di "Scudo lunare"?>> Riflettei un attimo sulla proposta, effettivamente era molto carino e anche un pizzico misterioso.

<<Sì, mi sembra perfetto. Grazie a tutti per l'aiuto, siete stati essenziali oggi. Visto che il tramonto è passato già da un po' credo sia giunto il momento di ricongiungerci con le rispettive famiglie. Meglio sbrigarci prima che siano costretti a venire a cercarci.>> Con un pizzico di euforia in più presi sottobraccio i miei migliori amici, pronti ad avviarci verso casa.

Pov. Esterno

Una donna guardava dalla vetrata del suo ufficio lo skyline della città, oramai solamente illuminata dalle luci artificiali. Era uno spettacolo meraviglioso, che la faceva sentire viva. Già alta, i tacchi a spillo che portava slanciavano ancora di più la sua figura snella e sensuale, stretta in un tubino rosso. I capelli un tempo riccissimi, ma sempre neri come la pece, erano sistemati in un semi-raccolto, il quale permetteva di mettere in evidenza sia i suoi magnetici occhi azzurri che gli orecchini di rubino. Sul viso aveva un'espressione tanto ammaliante quanto manipolatrice, che non lasciava scampo a chiunque avesse provato ad intromettersi sulla sua strada. Il suo flusso di pensieri venne ben presto interrotto dall'arrivo di un uomo di circa dieci anni in meno.

<<Norris, finalmente. Ti aspettavo da un po'.>>

<<Perdonatemi, il controllo delle ultime informazioni ha richiesto la mia attenzione più del previsto.>> La sua voce era bassa e profonda, resa forse anche più rigida dalla posizione estremamente composta che il suo possessore aveva assunto.

<<Perciò qual è il responso?>>

<<Mia signora, è tutto pronto. Sabato la nostra missione potrà avere inizio.>> Le labbra della corvina si incresparono in un sorrisetto malefico, che il vetro verso il quale era rivolta non faceva altro che riflettere e accentuare nella sua spettralità. 

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