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Capitolo 24

Non erano nemmeno le sei del mattino, eppure sia Genesis che io eravamo già in piedi, intente a fissare con estremo scetticismo le divise della Royal Academy che ci erano state consegnate. Lo stampo era decisamente più militaresco e formale delle nostre abituali, sia per la tonalità di verde che per le spalline e gli altri dettagli in rosso e giallo sporco. Non rientravano molto nei miei canoni di abbigliamento, a dir la verità, tutta la scuola non ne faceva parte. Avevo sperato che almeno, essendo nel pieno delle vacanze estive, potessimo ovviare al loro utilizzo e concentrarci solo su quello delle tute e dell'uniforme da gioco, ma sfortunatamente, con estrema sorpresa anche di Sirius, avevamo scoperto che il periodo di pausa dalle lezioni nella loro accademia era anticipato rispetto al nostro e perciò quella settimana avrebbero già ripreso a pieno ritmo. Una parte di me era tentata di lamentarsi, però cercai in tutti i modi possibili di rimanere concentrata solo ed esclusivamente sul motivo del nostro momentaneo trasferimento. Dovevo solo mantenere la calma. Ciò che perlomeno gettò un po' di allegria su quella situazione, era stato il siparietto di Caleb al telefono che decise di dare una marea di raccomandazioni alla figlia. E fin lì non ci avrei visto nulla di male, se non fosse stato che erano solamente guai che poteva combinare e che sarebbero stati epici. Ad un certo punto mi sembrò di sentire il rumore di una padella sbattere sulla sua testa, seguito dalla comparsa di Camelia che ci diede la buonanotte.

<<Dobbiamo farlo per forza?>>

<<Temo di sì e te lo dico controvoglia credimi.- Risposi afferrando la gonna verde e la camicia nera. Saremmo morte di caldo con quella roba addosso, speravo per lo meno che avessero un buon sistema di condizionamento. -Ora è meglio muoverci, zio Jude ha detto di essere davanti casa sua entro le sei e venti se vogliamo un passaggio in auto.>>

<<Che conclusione schifosa di una serata tra ragazze perfetta.>> Appena pronta guardai il mio riflesso nello specchio. Davo più l'idea di essere un soldatino che una studentessa. Feci un ultimo respiro profondo prima di andare a controllare che anche la centrocampista fosse a buon punto. Non pensavo di aver mai visto qualcuno così scuro in volto, nemmeno fosse stata condannata al patibolo, cosa che per la cronaca ero abbastanza certa avrebbe preferito. Raccolte anche le nuove borse, scendemmo al piano di sotto dove trovammo i miei genitori. Papà ci studiò da capo a pieni, per poi esordire con:

<<È una scena a cui non avrei mai creduto di assistere. Vi auguro davvero tutta la fortuna del mondo, soprattutto perché temo vi servirà.>>

<<Incoraggiante, davvero.>>

<<Ops, hai ragione. Vuoi che ci riprovi?>>

<<Lascia perdere. Noi andiamo altrimenti ci toccherà fare un'ora di marcia.>>

<<D'accordo. Genesis è stato un piacere averti qui, spero ricapiti presto. Salutaci i tuoi.>> Disse mia madre venendoci incontro.

<<Grazie a voi per l'ospitalità.>>

<<Buona giornata ad entrambe.>> Ci salutò invece l'uomo. Avanzammo a passo svelto verso villa Sharp tra le chiacchiere più malinconiche possibili. Conoscendo il carattere che mi ero ritrovata, estremamente esuberante, ero abbastanza convinta che non sarei sopravvissuta nemmeno tutta quella giornata. Probabilmente mi avrebbero spedito in qualche miniera ad estrarre carbone o robe simili. Arrivate a destinazione incontrammo Sirius già pronto nel vialetto di casa. Combinato in quel modo faceva quasi impressione, anche perché sembrava essere nato apposta per quel momento e, se fosse possibile, assomigliava persino di più al capofamiglia. Nemmeno il tempo di pensare a lui che comparve sulla soglia del portone d'ingresso.

<<Ci siamo tutti o manca qualcuno?>>

<<Il ritardatario cronico.>> Ethan e gli orari, due esseri distinti e impossibili da congiungere. Conoscendolo era a letto nel mondo dei sogni con Axel che cercava di svegliarlo in tutti i modi immaginabili. In ritiro era stato l'unico a non alzarsi neppure con il frastuono causato da Fabian. Sinceramente non avevo ancora capito se il suo poteva essere considerato un talento vantaggioso o svantaggioso. Contro ogni previsione sentimmo una voce diventare sempre più forte, che veniva nella nostra direzione.

<<Eccomi ci sono!>> Il regista scoppiò a ridere.

<<Preparate le sciarpe e i guanti oggi nevica. Fammi capire tu sei riuscito ad arrivare in tempo per la prima volta in tutta la tua vita?>>

<<Hey, no. L'ho fatto anche all'inizio dell'anno, perciò, sono due.>> Il moro si diede una manata sulla fronte. A volte eravamo in grado di montare i teatrini più esilaranti della storia, o forse eravamo solamente talmente idioti che ci venivano naturalmente.

<<Le chiacchiere le rimanderei a quando saremo partiti, su salite tutti in auto.>>

Il tragitto era stato molto più silenzioso del previsto, nonostante i tentativi del biondo di sdrammatizzare quella situazione, che, una volta avvistato l'edificio scolastico, diventò a dir poco funebre. Sentivo già la mancanza della Raimon, così colorata e spensierata, e ringraziavo che la nostra permanenza sarebbe durata solo una settimana. La vettura si fermò all'interno di un sotterraneo senza finestre, la cui unica luce era prodotta dall'illuminazione artificiale perfettamente studiata. L'adulto del gruppo ci fece segno di seguirlo senza fiatare e ovviamente neppure Gen si sognò di disubbidire. Attraversammo prima un lungo corridoio, per poi prendere l'ascensore, che dava l'idea di essere l'unica via percorribile, oltre ovviamente al tornare indietro. Quando le sue porte si chiusero alle nostre spalle e aspettato che passassimo un piano, il figlio prese coraggio e domandò:

<<Che dobbiamo fare a questo punto?>> Senza girarsi nemmeno nella sua direzione rispose:

<<Voi scenderete tra due fermate, all'ingresso principale, dove troverete qualcuno che vi darà ogni indicazione. Io proseguirò nel mio ufficio con le mie mansioni giornaliere invece.- Aveva un tono freddo e distaccato, diverso da quello che, perlomeno nei miei riguardi, gli avevo sempre sentito utilizzare. Non potemmo fare altro che annuire, senza aggiungere nulla. -Un'ultima cosa, qui sono il Comandante, non papà o zio, sono stato chiaro.>> Nuovamente mostrammo un segno veloce di assenso. Già odiavo stare lì. Nel momento in cui raggiungemmo la nostra meta, finalmente avemmo l'occasione di guardarci intorno e studiare un po' l'ambiente. Era tremendamente scuro, nuovamente non c'era traccia della benché minima finestra. Neppure la porta lasciava passare nulla, quasi come se non si volesse dare ai ragazzi la possibilità di capire che ora del giorno fosse all'esterno. Tutto sembrava così freddo e austero con le sue pareti uguali e monocromatiche. L'area dove eravamo stati condotti era quella adibita agli armadietti dove si cambiavano le scarpe. Tra di essi, in una delle file centrali, scorgemmo Aiden e Derek, anch'essi vestiti per l'occasione. A dir la verità l'aspetto dell'attaccante non era mutato più di tanto, in quanto la giacca che spesso portava nel tempo libero era stata creata proprio sul modello di quella uniforme. Chiedemmo loro informazioni sulla persona che stavamo aspettando, ma nemmeno loro avevano notizie. Chiunque non facesse parte del club di calcio inoltre sarebbe arrivato tra molto più di un'ora; perciò, intorno a noi non sembrava esserci neppure un'anima. Quando stavamo per perdere le speranze e riaddormentarci su una delle panche, Preston Princeton ci avvertì della sua presenza con un finto colpo di tosse. Sirius e Samford erano stati gli unici ad alzarsi immediatamente in piedi, mentre noi lo fissavamo da seduti in attesa che dicesse qualcosa. Solo dopo aver ricevuto la terza occhiataccia domandai:

<<Abbiamo fatto qualcosa di male?>> Venne in nostro "soccorso" il più grande dei due, che essendo cresciuto con il loro viceallenatore conosceva anche il regolamento e i loro usi.

<<Quando si parla, si viene convocati, oppure ci si relaziona con il Comandante o uno dei suoi aiuti bisogna mettersi in riga e attendere istruzioni.>> Ero abbastanza certa che la ragazza al mio fianco stesse per aggiungere qualcosa di poco adeguato, quindi le mollai una gomitata.

<<Ci scusi, siamo abituati a cose meno formali.>> Tra il malumore generale eseguimmo l'ordine che ci era appena stato dato.

<<Bene. So che per voi della Raimon non sarà facile questa settimana, ma dovrete impegnarvi al massimo e seguire alla lettera i nostri protocolli. La Royal Academy ha un codice di comportamento estremamente rigido e severo, ogni violazione di esso comporta, in particolar modo per i giocatori, una punizione scelta in base alla situazione dalla carica più alta nella scala gerarchica e credo non ci sia bisogno di specificarvi la sua identità.- Schioccò le dita e un manager comparve alle sue spalle con sei volumi in mano. -Questo è il regolamento, leggetelo, memorizzatelo e fatelo vostro.>> Quattrocento pagine? Eravamo finiti in manicomio.

<<Viceallenatore, credo sia questo il termine corretto o almeno spero, staremo qui solo per sette giorni di cui due solo per il training, non pensa che questo sia un po' eccessivo?>>

<<Altra regola molto importante, non è concesso parlare se non interpellati, se si ha qualcosa da dire si fa un cenno e si aspetta che il superiore vi dia il permesso. Ad ogni modo no, per imparare tutto il necessario per le prossime partite al meglio dovrete per forza integrarvi, altrimenti non riuscirete mai nel vostro intento. Ora seguitemi, vi porto nella sala riunioni.>> Ci diede in realtà il tempo necessario ad indossare le calzature da interno, per poi condurci verso l'ennesimo corridoio che dava l'idea di farci essere in un misto tra un film fantascientifico e un horror. Svoltammo non so quante volte, immersi in un silenzio assordante e bramosi di un po' di luce solare. Aggiungere qualche finestra per lo meno al piano terra era forse chiedere troppo? Quando il nostro accompagnatore si arrestò senza preavviso rischiammo un bel effetto domino; infatti, i due più pratici riuscirono a fermarsi in tempo, mentre noi altri finimmo uno addosso all'altro, restando in piedi solo per il rotto della cuffia.

<<Perché ci siamo fermati?>> Mi sussurrò Ethan confuso. Alzai le spalle, cosa potevo saperne io di come funzionava la vita lì? La risposta non tardò in un certo senso ad arrivare dallo stesso apri fila.

<<Ricordatevi questo codice, dovrete digitarlo per l'accesso alla sala e poi inserire le vostre tessere.>> Dopo averlo osservato, feci un leggero gesto con la mano per far capire che avevo una domanda da porre:

<<Sì, Evans?>>

<<Le nostre card, essendo di giocatori della Raimon, non dovrebbero funzionare, nel momento in cui parliamo di strutture scolastiche, solo nella nostra scuola?>>

<<Saranno abilitate per tutto il vostro periodo di permanenza qui, almeno non dovremmo stamparne altre per un lasso così breve.>>

<<Ok.>>

La stanza che ci trovammo davanti mi ricordava molto un teatro di struttura classica. Era suddiviso in tre raggi, separati da due aree che consentivano un comodo passaggio. Nelle ultime file erano seduti alcuni dei numerosi membri della seconda squadra, mentre nelle prime due c'erano i titolari. Non appena si accorsero della presenza di Preston, come piccole marionette eseguirono all'unisono uno strano gesto di saluto, che secondo la mia modesta opinione era davvero inquietante. Il viceallenatore ci fece segno di posizionarci dietro a quella dove spiccava il capitano. Osservai l'adulto continuare il suo percorso salendo su una specie di palco. Al centro di esso si aprì una botola, che permise ad un trono/sedia di risalire in superfice, facendo fare la sua comparsa anche a zio Jude, o forse avrei dovuto dire al Comandante. Notai Genesis, qualche poltrona più in là, cercare di trattenersi dallo scoppiare a ridere, infatti aveva le guance gonfie per l'eccessiva presenza di aria. Passarono alcuni minuti prima che qualcuno prendesse la parola, finché, per grazia divina, Sharp non lo fece:

<<Come già sapete avremo sei giocatori della Raimon all'interno del nostro team per aiutarli nella preparazione alla fase nazionale del torneo. Mi aspetto la massima serietà e collaborazione da ognuno di voi.>>

<<Sì, signore.>> Risposero tutti insieme nemmeno fossero soldati.

<<Passiamo alle consegne delle maglie. D'Este a te il compito.>> Durante la partita del giorno precedente non avevo avuto l'occasione di guardarlo bene; quindi, solo in quel momento riuscii ad averne una descrizione più precisa. Aveva i capelli castano scuri, che gli arrivavano fino a metà del collo, e gli occhi di un verde acceso. Era davvero molto bello, questo era innegabile, forse anche grazie allo sguardo estremamente intenso. Di statura all'incirca dava l'impressione di essere poco più alto di Sirius, ma meno del nostro numero dieci, e con un fisico scolpito. Un manager gli si avvicinò porgendogli la prima uniforme, che essendo nera con le bordature arancioni presumevo appartenere al secondo portiere.

<<Gabriella Evans. Eccola a te insieme alla fascia inazuma.>> Effettivamente non avevo pensato al fatto che avrei dovuto togliermi la nostra, oramai era quasi una parte integrante di me e l'idea di separarmene non era invitante. Per forse la ventesima volta in quella giornata ripensai al motivo per il quale eravamo lì e dissi cercando di sorridere:

<<Grazie.>> Mentre gli altri ricevevano le loro, rimasi qualche minuto a fissare ciò che il ragazzo mi aveva dato, non avrei mai immaginato che mi sarei ritrovata in quella situazione. Sospirai e sganciai il mio bracciale, per poi allacciare l'altro. Dovevo solo capire come, ma sarei riuscita a superare anche quella sfida.

Fatemi sapere se volete che realizzi un disegno sui personaggi della Royal Academy o solo su qualcuno di loro nello specifico

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