Per alcune cose vale la pena morire.
Draco stava ancora urlando, piegato in due dal dolore. Sentì come da lontano una mano che si appoggiava sulla sua spalla e due forti braccia che lo aiutavano ad alzarsi.
La sua mano era stretta a pugno, il marchio nero spiccava tirato sulla pelle e bruciava. Bruciava come fuoco vivo sul suo braccio. Bruciava come uno squarcio aperto che gli dilaniava la pelle.
-Avanti Draco-
Conosceva quella voce, era quella di suo padre. Lo stava portando da qualche parte, solo che Draco nel suo stordimento non aveva ancora capito dove.
Camminava senza una meta continuando a tenersi stretto a se il
braccio dolorante.
-Dove andiamo?-
Suo padre lo guardò un lungo momento; poi sospirò sconfortato. Lo sguardo fisso sul marchio del figlio uguale al suo.
-In camera tua figliolo, tua madre deve medicarti il braccio e i tagli-
Ammutolito Draco si fece guidare verso la sua stanza.
Dietro di lui Blaise lo stava seguendo in silenzio. Lo stato del suo migliore amico era pessimo e lui cercava in tutti i modi di trattenere la rabbia. Aveva visto le contusioni sul viso, i tagli e la sua espressione. Tortura. Voldemort lo aveva torturato, ma perché?. Zabini a questo doveva ancora rispondersi.
Arrivati davanti alla camera di Draco suo padre lo fece sedere sul letto prima di uscire dalla stanza.
-Blaise potrei parlarti?-
Il moro rimase sorpreso ma acconsentì con il capo, così Lucius continuò.
-Vedi vorrei chiederti di rimanere con mio figlio stanotte, intendo a dormire. So che siete molto legati e... credo che un amico gli serva adesso- la voce di solito fredda si era colorata di un certo calore, oltre che di incertezza. Zabini non ricordava di aver visto il Signor Malfoy così provato. Quell'uomo sembrava un pezzo di ghiaccio incapace di provare qualsiasi tipo di sentimento o almeno così lo aveva sempre visto Blaise. Ora invece sembrava disorientato, come se non capisse nemmeno lui le emozioni che stesse provando; come se fosse insolito pensare al bene di suo figlio.
-Certo Signore, resterò-
Un po' di colore era tornato sulle guance pallide di Malfoy senior , poi ricomponendosi all'istante annuì regale.
-Bene, ma non abituatevici- e se ne andò lungo il corridoio.
Blaise rimase a guardarlo per un po' scossando lievemente la testa divertito; finché non vide la testa bionda dell'uomo sparire dietro l'angolo.
Pochi minuti dopo entrò nella stanza del suo migliore amico. Malfoy non si era mosso di un centimetro, rimaneva immobile cercando di controllare il suo respiro, accelerato per colpa del
Marchio. Il braccio sanguinava e non accennava a smettere, ma lui non se ne curava. Era consapevole in cuor suo di rimanere vivo solo per le
persone che lo amavano, altrimenti sarebbe già morto. Il marchio lo avrebbe ucciso.
Blaise si pietrificò, la vista del
Marchio lo turbò più di quanto volesse ammettere. La cosa che lo terrorizzava di più è che la stessa sorte era toccata a lui il giorno prima; ma Draco non ne sapeva nulla.
L'unico modo per poter stare vicino a Malfoy era quello di ricevere il marchio nero, altrimenti non avrebbe potuto assistere alla cerimonia, ne avrebbe potuto vedere il suo migliore amico dopo.
"-Blaise Zabini che piacevole sorpresa- la voce era un sibilo sinistro, colui che parlava un essere non propriamente umano.
-Mio Signore-
Blaise era inginocchiato, teneva la testa bassa fissa sul pavimento.
-Giovane Zabini dimmi cosa vuoi da me-
Blaise deglutì prima di rispondere. Aveva paura, ma era necessario.
-Voglio diventare un mangiamorte- la voce uscì fredda e monotona. Non tremava mentre dentro di lui cedeva ogni argine.
Il Signore Oscuro lo scrutò affondo.
-Perché?- chiese in un terribile sibilo vicino all'orecchio del giovane.
- Voglio servire la nobile causa dei purosangue-
E dopo ci fu solo dolore."
Zabini rabbrividì, non doveva pensarci. Lo aveva fatto per Draco, aveva bisogno di lui.
-Hey amico- provò ad attirare l'attenzione il moro.
Il biondino sembrò come risvegliarsi da uno stato di trans, mentre alzava lo sguardo puntandolo negli occhi del suo migliore amico.
-Fa male- disse Draco trattenendosi dal fare l'ennesima smorfia di dolore.
Zabini abbassò lo sguardo.
-Lo so- gli uscì in un sussurro involontario. Sperò vivamente che Draco non avesse sentito.
Speranza vana.
Malfoy scattò subito in piedi come un serpente pronto ad attaccare. Arpionò il braccio dell'amico lì dove non sapeva che giacesse il marchio nero.
Zabini contrasse la mascella. Draco puntò le sue iridi ghiacciate in quelle marine del moro. Il braccio che urlava di dolore.
-Cosa hai fatto Blaise?- chiese con voce glaciale.
Zabini deglutì, ricambiando lo sguardo e con voce ferma rispose.
-Quello che dovevo-
Malfoy si ravviò nervosamente i propri capelli con la mano libera mentre con l'altra saldava ancora di più la presa sull'amico. Zabini cercò di ritrarre il braccio, ma prontamente Draco glielo impedì.
-Cosa. Hai. Fatto. Blaise?- richiese il biondo con una sfumatura minacciosa nella voce.
Draco Malfoy non voleva crederci, non poteva pensare che il suo migliore amico avesse potuto fare quello che sospettava. Sperava che non fosse stato così stupido da farsi abbindolare da tutte quelle fesserie sul sangue puro.
Blaise continuando a guardare gli occhi ghiacciati che lo stavano fulminando, prese l'orlo della manica e lentamente iniziò a tirarla su. Centimetro dopo centimetro andava scoprendosi il marchio che gli deturpava la pelle, ancora nero come se fosse stato appena impresso.
Draco abbassò lo sguardo strabuzzando gli occhi. Aprì la bocca più volte cercando di dire qualcosa, qualsiasi cosa; ma nulla. Non poteva non fissare il marchio nero che deturpava il braccio del suo migliore amico e pensare a quanto fosse sbagliato.
-Sei uno stupido- alla fine la voce aveva deciso di collaborare uscendo dalla sua bocca.
-Come hai potuto fare una cosa così idiota? Hai della segatura al posto del cervello Zabini??- Draco aveva ormai alzato la voce mentre Blaise si stava tirando giù la manica a disagio.
-Io...- provò a parlare Zabini. Ma Draco lo interruppe.
-Zitto! Non voglio sapere!- Malfoy aveva preso a camminare avanti e indietro per tutta la stanza. Gli occhi spiritati saettavano dal suo migliore amico, al marchio che aveva appena ricevuto sul braccio e che ancora sanguinava.
Blaise immobile non osava proferire parola. Quando Draco si comportava così era meglio non farlo alterare o sarebbe davvero impazzito.
-Draco tesoro posso entrare?-
Sua madre. Nel momento sbagliato.
Draco fermò la sua sfrenata corsa avanti e indietro cercando di calmarsi. Espirò ed inspirò più volte prima di rispondere.
-Si madre entrate pure-
Poi fulminando Blaise con un'ultima occhiata si risedette sul letto in attesa che Narcissa gli fasciasse il braccio.
***
-Meglio iniziare subito-
Aveva detto.
-Sarebbe un bene-
Aveva detto.
-Così imparerete a conoscervi meglio-
Aveva detto.
Peccato che Ronald Weasley avesse conosciuto meglio soltanto la durezza del pavimento; conseguenza dei numerosi schiantesimi che senza pietà Pansy gli aveva lanciato durante il loro primo allenamento mattutino.
Avevano anticipato le lezioni, così da iniziare senza essere accavallati all'altro gruppo, sfruttando il fatto che Piton fosse già rincasato dalle vacanze. Così aveva deciso Silente.
Pessima idea.
Massaggiandosi il sedere dolorante Ron stava tornando verso la torre grifondoro, per darsi una sistemata per scendere poi a pranzo.
'Maledetta serpeverde!' Pensò furioso. L'allenamento non era stato che un continuo battibecco; quella smorfiosa era davvero insopportabile. Ron continuava a chiedersi come avrebbe fatto a sopportarla per tutti i futuri incontri.
Esasperato il rosso rientrò in camera e dopo una doccia veloce era già pronto per andare a pranzo. Questi allenamenti mettevano una fame!.
Scese in sala grande, sicuro di dover mangiare nuovamente da solo. Ma quando varcò la soglia della sala rimase piacevolmente sorpreso di vedere Hermione seduta in uno dei posti apparecchiati, intenta a leggere un libro prima del pranzo. Il rosso la raggiunse sedendosi di fronte a lei.
Era dimagrita di questo Ron se ne accorse subito; di come le guance fossero leggermente più scavate e delle brutte occhiaie che le contornavano gli occhi. Per l'ennesima volta si chiese cosa miseriaccia stesse succedendo alla sua amica.
- Ronald smettila di fissarmi- la voce di Hermione arrivò ovattata alle sue orecchie finché non si accorse dello sguardo truce della ragazza su di se.
-Miseriaccia Hermione cosa ti è successo?- disse il rosso sedendosi di fronte a lei.
La riccia spalancò leggermente gli occhi , arrossendo.
-Nulla Ron, dormo male tutto qui.-
-Certo ed è per questo che non esci da due giorni dalla tua stanza- rispose sarcastico Ron.
Hermione abbassò la testa, ancora non era pronta a parlargli di Draco Malfoy. La reazione di Ron già se la immaginava; più catastrofica del Titanic che affonda.
Inoltre non aveva ancora ricevuto nessuna risposta alla lettera che aveva inviato e questo l'innervosiva parecchio. Lui continuava ad ignorarla e perciò la risposta che Hermione cercava era piuttosto chiara, si era pentito, aveva fatto la scelta sbagliata e ora non voleva più stare con lei. Questo era stato il motivo del suo malessere. La riccia si convinse ad uscire dalla stanza solo per non destare ulteriori sospetti a Ron, anche se aveva una voglia matta di correre in camera e rifugiarsi sotto le coperte. Lontana da tutto e tutti per un po'.
Ma no! Lei era una Grifondoro e come tale avrebbe continuato a camminare a testa alta nonostante sentisse il cuore andare in frantumi.
-Non mi sono sentita per nulla bene in questi giorni- in parte era vero. In fondo non gli stava del tutto mentendo, solo aveva deciso di omettere qualche piccolo dettaglio... a patto che Draco Malfoy potesse definirsi "piccolo dettaglio".
Ron la scrutò un attimo con lo sguardo, poi alzando le spalle si mise a mangiare le favolose pietanze che offriva il banchetto di Hogwarts, con enorme sollievo di Hermione.
***
Ron si stava letteralmente abbuffando, Hermione lo stava fissando disgustata da almeno mezz'ora. Come poteva un essere umano con un normale stomaco, mangiare così tanto?.
Accortosi dello sguardo dell'amica su di lui, il rosso smise un attimo di abbuffarsi.
-Cosa c'è?- chiese un po' in imbarazzo
Hermione iniziò a scuotere la testa, incredula.
-Come fai ad ingurgitare così tanto cibo? È disgustoso-
-Ho fame- rispose il rosso tranquillo.
Certo. Ottima spiegazione.
-Qeasley- voce glaciale e stridula.
'No, ti prego, no' pensò Ron.
Ingurgitando l'ultimo boccone il rosso si girò.
-Sono Weasley non Qeasley! Cosa vuoi Parkinson?-
Hermione dietro di lui non parlava, anche se in compenso aveva un cipiglio degno della McGranitt.
-Si, si, è uguale.- la ragazza scacciò via con la mano le proteste di Ron come fossero una sciocchezza -Mi ha mandata Piton, più che altro costretta, ad avvisarti che dopo pranzo dobbiamo allenarci- pronunciò queste parole con disgusto evidente.
Ron impallidì. Fantastico nuovi lividi!
Ancora non ne aveva parlato con Hermione ed insieme a questa consapevolezza si faceva strada dentro lui anche la rabbia.
-Si certo- acconsentì Ron
Sbuffando scocciata, la Parkinson se ne andò.
Ron si rigirò e trovò a scrutarlo due occhi indagatori; quelli di Hermione.
-Tu e la Parkinson?- chiese la riccia ancora accigliata.
La rabbia prese il sopravvento facendo arrossare Ron ancora di più.
-Potrei farti la stessa domanda- disse glaciale il ragazzo.
Hermione sussultò.
-Cosa... cosa vuoi dire?-
-Sai perfettamente cosa voglio dire. Il nuovo ordine Hermione. Mi avete tenuto fuori- la rabbia ben udibile nel suo tono di voce.
Hermione sospirò sconfortata; ma sollevata. Non sapeva nulla di Draco, bene.
-Mi dispiace Ron! Credimi, ma Silente...-
-Si! Lo so, me lo ha detto. Solo mi dispiace che i miei migliori amici avessero un segreto con me- la interruppe il rosso. -Mi passerà Hermione, ora vado ho allenamento- così dicendo, rabbuiato, il rosso si alzò, avviandosi verso il portone della sala Grande.
-Ron!- lo chiamò la riccia alzandosi a sua volta
Il ragazzo si girò appena in tempo, prima di vedere Hermione correre verso di lui, per poi fermarsi di colpo.
-Io...io... mi dispiace, davvero- la ragazza prese a mordersi il labbro nervosa. Non voleva che uno dei suoi migliori amici fosse arrabbiato con lei.
-Si lo so, tranquilla-
Poi Ron fece una cosa che Hermione non si sarebbe mai aspettata. Alzò una mano deciso e le accarezzò la guancia, lentamente, assaporando il momento. Per poi girarsi di nuovo e proseguire; stavolta un sorriso gli incorniciava il viso.
Mentre Ron lasciava la sala grande, Hermione rimase immobile in mezzo al corridoio che divideva il suo tavolo da quello Serpeverde. Dietro di lei Pansy rideva.
La riccia si toccò la guancia, iniziava a pensare che Ron fosse davvero strano; ma lei come stava?. Draco non c'era e lei era sola con Il rosso che ultimamente le dava troppe attenzioni.
-Però mezzosangue hai fatto colpo- stessa voce stridula di prima. Irritante e ironica.
Tirandole una spallata, Pansy Parkinson la sorpassò, lasciando Hermione ancora più confusa di prima.
***
La fasciatura al braccio era quasi completata e sua madre gli aveva medicato anche tutti i tagli. Adesso arrivava la parte in cui facevano più male. Quando l'adrenalina scende e il corpo rimane a gestire le sue conseguenze.
Blaise continuava a stare in silenzio in un angolo della stanza. Il biondo era ancora troppo arrabbiato con lui per degnarlo di attenzione.
-Ecco ho finito- sua madre lo guardò negli occhi, cupa.
Draco non rispose, troppo perso nei suoi pensieri per prestarle attenzione. Narcissa si alzò, il volto era una maschera di dolore; dopo aver rivolto una muta richiesta a Blaise lasciò la stanza.
Piombarono in un silenzio glaciale. Draco non proferiva parola e Blaise dal canto suo era indeciso se dire qualcosa o rimanere muto. Alla fine scelse la seconda opzione sperando che Malfoy non desse in escandescenze.
-Non puoi arrabbiarti così con me-
Draco si girò con gli occhi spalancati, un ghigno andava via via a prendere forma sul suo viso, mentre le parole che gli uscirono di bocca erano cariche di veleno.
-Ah no? E sentiamo perché non dovrei arrabbiarmi con quella serpe che si è fatta incidere il marchio nero sul braccio? E per di più, per sua scelta!- Draco non pensava che potesse sentirsi più arrabbiato di così e invece...
-Malfoy era l'unico modo per starti vicino!- ormai il moro stava urlando.
Draco alzò il viso impassibile.
-In che senso?- chiese con sincera curiosità.
-Mi hanno intimato che se non mi fossi fatto il marchio non ti avrei più potuto vedere, ne assistere alla cerimonia. Io non potevo...- Blaise s'interuppe, incapace di andare avanti distolse lo sguardo a disagio. Solo Malfoy e Luna riuscivano a farlo stare così, ma ora non era il momento di pensare alla bionda. Scuotendo la testa Zabini la rimosse dai suoi pensieri.
-Ho capito- e Zabini comprese che Draco aveva capito davvero.
-Per un attimo ho pensato... ma non importa- sussurrò Malfoy scuotendo la testa; la rabbia ormai scemata. -Sei stato comunque uno stupido- disse ancora.
Blaise lo guardò un lungo istante prima di rispondere.
-Non devi portare tutte le croci da solo-
Malfoy capì che in un modo o nell'altro Zabini non lo avrebbe mai abbandonato, qualsiasi cosa avrebbe fatto, se lo sarebbe sicuramente ritrovato vicino a condividere ogni sua minima sciocchezza e di questo gli era segretamente grato.
Sfinito si lasciò andare sul letto e Blaise lo seguì. Le forze ormai minacciavano di lasciarlo e Malfoy pensò che si poteva concedere un pochino di riposo, dopo tutti gli eventi della mattinata. Ma evidentemente il destino non era d'accordo.
-Draco-
Quella voce. Cantilenante e da bambina. La conosceva bene e avrebbe tanto voluto non doverla sentire.
La donna non aspettò nemmeno di essere invitata ad entrare. Malfoy scattò immediatamente in piedi. Blaise dietro di lui si rimise a sedere spostando lo sguardo da Draco a Bellatrix Lestrange.
-Zia Bella-
-Domani andremo da Borgin & Burke. Tieniti pronto per compiere il tuo dovere- mentre parlava sua Zia gli si avvicinò ancor di più passando un'unghia affilata sulla guancia del biondo, vicino ad uno dei tagli infertogli dal Signore Oscuro. Draco rimase completamente immobile.
-Certo Zia- rispose a denti stretti.
Bellatrix lo scrutò ancora per un minuto, prima di sorridere come una bambina a cui avevano appena regalato un lecca-lecca e uscire dalla stanza.
***
-Stupeficium-
L'incantesimo colpì Ron in pieno petto facendolo sbalzare di parecchi metri per poi cadere a terra come un sacco di patate.
La risata di Pansy Parkinson si levò alta e stridula come la sua voce.
- Veramente ridicolo- Piton poi non faceva che migliorare la situazione.
-Weasley se fossero tutti scarsi come te, le cose sarebbero molto più divertenti- esordì la Parkinson.
'Che voce insopportabile' pensò Ron rialzandosi faticosamente da terra.
Aveva le orecchie completamente rosse. Segno che si stava innervosendo e non poco.
-Bene vedo che qui la Signorina Parkinson ha tutto sotto controllo...- esordì il professore lanciando uno sguardo disgustato al grifone -...perciò continuate pure a fronteggiarvi io torno subito- così dicendo Piton uscì.
Ron e Pansy si fulminarono all'istante.
-A noi Qeasley-
-Sono WEASLEY!-
Ron spianò la bacchetta e senza dare il tempo alla Parkinson di controbattere lanciò l'incantesimo.
Pansy venne sollevata in aria e fatta piroettare un paio di volte prima di cadere scompostamente a terra.
La risata del rosso arrivò chiara e cristallina.
Contenendo a stento la rabbia Pansy attaccò.
Iniziò così un vero e proprio combattimento tra incantesimi di protezione e d'attacco, i due ragazzi avevano ridotto la stanza ad un cumulo di macerie.
Erano sempre più vicini mentre si urlavano un insulto dietro l'altro.
-Megera!-
-Pel di carota!-
-Stupeficium-
-Protego-
Era già il quarto che Pansy gli parava. Ron avanzò sempre più arrabbiato continuando ad attaccare la mora su ogni fronte. La serpeverde dal canto suo iniziava a trovarsi in difficoltà. Non aveva ancora fatto i conti con la rabbia del rosso; che era travolgente e distruttiva.
Era troppo vicino, se l'avesse colpita da quella distanza l'avrebbe tramortita.
-Incarceramus- gridò la ragazza puntando la bacchetta ai piedi di Ron.
Quest'ultimo inciampò trovandosi improvvisamente i piedi legati, andando addosso a Pansy che non riuscì a spostarsi in tempo.
Caddero pesantemente sul pavimento. Ron sopra Pansy le mani ai lati della sua testa per attutire il colpo e per non schiacciarla con il suo peso. La Serpeverde rimase un attimo senza fiato per il colpo; quando riaprì gli occhi si contenne dal non saltare per la sorpresa. Il viso di Ron era a pochi centimetri dal suo. Pansy deglutì. La sua vicinanza la metteva stranamente a disagio.
Ron si era appena ripreso dalla botta e ora stava guardando i grandi occhi neri della ragazza.
Rimasero immobili a fissarsi per un tempo indefinito.
Il rosso non sapeva cosa stesse succedendo. Perché non si alzava? Perché continuava a guardare quelle due pozze nere come la pece?.
Pansy dal canto suo rimase imbambolata. Gli occhi fissi nel marrone di lui. Per un attimo si era quasi dimenticata chi fosse il ragazzo che gli stava sopra. Solo per un attimo.
-Togliti di mezzo Weasley-
Nessuna risposta.
Pansy prese a spingerlo ma Ron non accennava a spostarsi. I visi sempre più vicini. La rabbia che si stava sprigionando da ogni poro dei due ragazzi.
-Cos'è ti piace la situazione pel di carota?- un ghigno comparve sul volto della serpeverde distorcendole i lineamenti.
Ron parve ignorarla, sovvrapensiero parlò.
-Saresti più bella se la smettessi di ghignare come un avvoltoio-
Pansy si zittì all'istante. Ron metabolizzato ciò che aveva detto, sgranò gli occhi togliendosi da sopra la ragazza in un attimo.
-Finitem incantatem- sussurrò poi, i lacci che prima gli legavano le gambe sparirono.
Dopo il momentaneo shock Pansy si alzò elegante come sempre.
-Quello che hai detto...-
-Non so di cosa parli serpe, io non ho detto nulla- rispose brusco Ron per poi prendere le sue cose ed uscire velocemente dalla stanza.
***
Hermione dopo il pranzo si avviò verso la biblioteca per riordinare le idee, quale posto migliore?. Amava rifugiarsi li, contornata dai libri e dalla quiete. Poteva pensare in pace.
Pensare a Malfoy e a Ron e quanto fosse strano ultimamente.
Ancora nessuna risposta dal suo ragazzo. Gli aveva inviato una lettera il giorno prima; ma ancora nulla. Il crescente terrore che Draco avesse avuto dei ripensamenti ora ardeva dentro di lei corrodendole il cuore. Aveva abbassato così tanto le difese con lui, che alla fine si era scottata.
'Maledetto furetto' pensò Hermione furiosa.
Si era fatta troppo coinvolgere ed era stata così stupida a pensare che lui fosse diverso. Si era illusa e ne stava pagando il prezzo. Lui si era solo preso gioco di lei.
Ron invece, era strano. Aveva iniziato a darle più attenzioni di quante non ne chiedesse. Le aveva accarezzato la guancia e poi l'aveva abbracciata in un modo così... insolito. Poi adesso si allenava con Pansy?? Avrebbero
finito con l'uccidersi. Ron le doveva una spiegazione di questo era certa.
Hermione iniziava ad avere dei dubbi. Sentirsi ignorata dalla persona che ami faceva maledettamente male; e lei non sapeva se fosse pronta a sopportarlo.
Rimase in biblioteca per tutto il pomeriggio a pensare; fino all'ora di cena.
Si avviò poi alla torre grifondoro; ed una volta arrivata in camera sua, grazie ad un blocco allo stomaco fin troppo famigliare; decise di non scendere a cena e di andare subito a letto. Prima però prese fuori un piccolo pacchetto verde infiocchettato; sospirando lo legò alla zampetta del suo barbagianni che preso il volo e uscì dalla camera.
Quella sera Ron non cercò, come solito, di tirarla fuori dalla sua stanza.
***
Il professor Piton era appena rientrato e Pansy era quasi riuscita a a vedere una sfumatura di colore sulle sue guance.
Era furioso.
-Meno cinquanta punti sia a Grifondoro che a Serpeverde. Signorina Parkinson avvisi il Signor Weasley che domani vi ritroverete qui a pulire questo disastro oltre che ad allenarvi per conto vostro; e siete fortunati che non vi dia una punizione più severa.-
Detto questo il professore uscì dall'aula lasciando nuovamente Pansy da sola.
'Te la farò pagare Weasley!' Pensò rabbiosa Pansy. Come aveva osato dire certe cose e poi andarsene... ma infondo chi se ne importa? È solo Qeasley o Weasley o come diavolo si chiama! Dice sempre un mucchio di fesserie. Il punto era che l'aveva lasciata da sola a sorbirsi la ramanzina del professore.
'Poi solo noi serpeverde saremmo vigliacchi... tsè'
Certo; il comportamento del pel di carota era strano. Parecchio strano. Da come si era comportato in sala grande era certa che andasse dietro alla Mezzosangue come un cagnolino. Eppure...
Pansy scrollò pesantemente le spalle; doveva smettere di pensare a quello che era successo. Era un Weasley ed un buffone, e poi era disgustoso. Se solo pensava che gli era caduto addosso un brivido le partiva dalla base della schiena espandendosi poi per tutto il corpo. Il ribrezzo si disse.
Raccogliendo le sue cose Pansy uscì dalla stanza. Prese poi dalla borsa un pezzo di carta e ci scarabocchiò sopra un veloce messaggio; dopo averlo incantato e spedito, si avviò verso i sotterranei.
Quella sera Pansy scese a cena leggermente turbata. Alzando la
testa si accorse subito che sia la
Mezzosangue che il rosso mancavano al tavolo dei grifondoro. Un'improvvisa fitta le attraversò il petto; ma attribuendo la colpa alla fame, riportò l'attenzione sul suo piatto mettendosi a mangiare.
Quella notte, invece che i soliti occhi di ghiaccio; ad accompagnarla nei suoi sogni furono due occhi metà marroni come la corteccia d'albero, metà burrascosi come un mare in tempesta. L'uno non poteva esistere insieme all'altro. Alla fine ne sarebbe dovuto rimanere uno solo.
***
Ron stava camminando il più veloce possibile. Ma cosa gli era preso? Aveva appena fatto un complimento ad una serpeverde? A quella serpeverde poi??.
Non ci voleva credere. Ora si che i suoi allenamenti sarebbero stati infernali.
Gli era anche caduto addosso e non si era spostato! Merlino ma cosa gli era passato per la testa!.
Era tardi e ormai sarebbe dovuto andare in camera a prepararsi per la cena, ma con sua grande sorpresa nonostante l'infinito amore che provava per il cibo, non aveva fame.
Si diresse così alla torre e con passo deciso andò in camera. Sperava solo di dimenticare al più presto la giornata e soprattutto la Parkinson.
Stava quasi per addormentarsi quando un pezzetto di carta si posizionò davanti al suo naso svolazzando.
Ron lo prese e lo aprì, in un elegante grafia era scritto un semplice messaggio.
"Domani, dopo pranzo dobbiamo riordinare il disastro che abbiamo combinato. Piton era furioso. Me la pagherai Qeasley"
Nessuna firma, ma Ron sapeva già di chi fosse, ovviamente aveva sbagliato il cognome. Appallottolò il biglietto e lo buttò a terra. Pansy avrebbe sicuramente trovato un modo colorito per accanirsi su di lui, visto che l'aveva lasciata sola ad affrontare Piton, e Ron non era troppo entusiasta di sapere come.
Sconfortato il rosso chiuse gli occhi. L'ultimo pensiero prima di abbandonarsi alle braccia di Morfeo fu per lei.
***
Il giorno dopo Draco si alzò ancora indolenzito. Il braccio continuava a bruciare, in un certo senso gli sembrava che la sua pelle lo rifiutasse e i tagli dovuti alla tortura non contribuivano certo a farlo sentire meglio.
Blaise si era sistemato sul pavimento con un materasso e dormiva ancora beato, russando come un troll.
-Hey bella addormentata- iniziò a sussurrare il biondo all'orecchio del suo amico.
-No... mamma ancora un minuto-
-Mamma? Ma scherziamo?- Malfoy aveva alzato talmente tanto la voce e per di più così vicino all'orecchio di Zabini che quest'ultimo fece uno scatto felino, svegliandosi di colpo.
- Dico, ma volevi farmi diventare sordo Malfoy?-
Draco iniziò a ridere come ormai non faceva da un pezzo. Liberò ogni frustrazione del giorno prima; anche se sapeva che era un'illusione ben costruita, non avrebbe potuto dimenticare nemmeno volendo.
-Mi hai paragonato a tua madre Zabini. Voglio dire... tua madre! Sono molto più attraente andiamo!- disse Draco con voce da finto offeso.
Blaise non riuscì a trattenere una risata e per un attimo, solo un attimo si scordarono del marchio, di Voldemort, dei mangiamorte, della guerra e di Borgin & Burke.
Ma si sa, gli attimi sono sfuggevoli e mutabili, ti imprigionano facendoti credere che tutto vada bene per poi sbatterti in faccia la cruda realtà; una perfetta illusione, talmente breve che non riesci nemmeno ad assaporarla.
Quando l'attimo scadde, le risate lasciarono il posto alle tenebre. La consapevolezza, che lentamente come il sangue scorreva nelle loro vene. I due ragazzi dovettero preparasi. Draco doveva andare da Borgin & Burke e sapeva perfettamente che nulla di buono usciva mai da quel posto.
***
Stavano camminando per le strade di Diagon Alley a passo spedito. Dietro di lei sua sorella continuava ad inveire contro la sua scarsa ubbidienza all'Oscuro con quella sua odiosa vocina.
-Zitta Bella-
-Il Signore Oscuro non vuole che tu sia qui!-
Narcissa si fermò di colpo, tanto che Bellatrix stava quasi per andarle addosso, e la scena sarebbe stata davvero esilarante se non si parlasse di una delle più temute e fuori di testa mangiamorte dell'intero mondo magico.
Narcissa Black in Malfoy poteva accettare tutto, ma che la vita di suo figlio fosse messa a repentaglio no. Questo no.
-Non ti ho chiesto di venire con me Bella- la voce tanto regale quanto glaciale; la donna fulminò la sorella in un istante.
-Come fai a sapere che ti puoi fidare?- chiese la mora cantilenando con quella sua frustrante cadenza.
-Pensi che sia stupida? Non lo farei se non sapessi che posso fidarmi di lui!- e lanciata l'ultima occhiata a Bellatrix, Narcissa continuò la sua marcia, non curandosi più della sorella che intanto dietro di lei continuava ad inveire.
Erano quasi arrivate. Narcissa riconoscendo la casa bussò alla porta.
Era nervosa, sentiva tutti i suoi nervi in tensione. Sperava solo che potesse aiutare davvero suo figlio.
Un uomo basso con il viso simile a quello di un grosso maiale aprì la porta. Narcissa represse un moto di disgusto. Peter Minus. Terribilmente grottesco.
-Signora Malfoy, Signora Lestrange- disse facendo un profondo inchino.
-Avanti non abbiamo molto tempo-
-Ma certo, ma certo Signora Malfoy entrate pure.- e facendo un'altro inchino l'uomo le fece entrare.
Le condusse dentro un salotto piccolo e pieno di scaffali con libri di ogni genere. Il passo dell'uomo era un po' zoppicante e spiccava luminosa la mano metallica donatagli proprio da Voldemort. Inquietante.
Appena entrate, una voce priva di ogni sfumatura le accolse.
-Grazie Codaliscia ora puoi andare- così dicendo con un colpo di bacchetta la porta si richiuse con un tonfo.
-Narcissa, Bellatrix il Signore Oscuro non vorrebbe che voi foste qui-
Bellatrix fece per ribattere ma prontamente la sorella la zittì.
-Lo so Severus, ma solo tu puoi aiutarmi- si impose di tenere ferma la voce. Era una donna forte lei.
Nel frattempo Bellatrix iniziò a girare, sbuffando, curiosando in qua e in là. Sollevando oggetti e rimettendoli poi al loro posto. Proprio come una bambina curiosa.
-Metti giù quel libro Bella, non si toccano le cose che non ci appartengono-
La donna lo fulminò con un'occhiata. Per poi rivolgersi alla sorella.
-Cissy non ti può aiutare, andiamocene-
Narcissa la ignorò riportando la sua attenzione su Piton che ora si era alzato dalla poltrona in cui era seduto, ed era difronte alle due donne.
-Ti prego Severus, Draco è solo un ragazzo! Tu conosci ciò che dovrà affrontare-
-In effetti sono stato informato dall'Oscuro Signore del compito che dovrà sostenere-
Bellatrix girò la testa guardando l'uomo dritto negli occhi. La sua espressione esprimeva a pieno tutta la sua pazzia.
-Tu- disse in un sibilo - Il Signore Oscuro lo ha detto a te-
Severus ricambiò l'occhiata e con tutta la calma possibile rispose.
-Evidentemente mi ritiene degno di fiducia. D'altronde sono riuscito ad ingannare uno dei maghi più potenti di tutti i tempi- Bellatrix fece per controbattere ma subito Piton la zittì -perché Silente è un grande mago, solo uno sciocco non lo riconoscerebbe-
-Per questo mi rivolgo a te Severus, tu puoi aiutare Draco, proteggerlo...-
Piton guardò Narcissa dritta negli occhi, a guidarla si rese conto era solo l'amore; e chi meglio di lui avrebbe potuto capirla?.
-Lo farò- acconsentì Piton dopo un lungo silenzio.
-Voglio stringere un voto infrangibile. Voglio essere certa che lo farai- Narcissa era determinata più che mai a proteggere il figlio.
-Certo- rispose l'uomo sempre tranquillo.
I due si diedero la mano e Bellatrix puntò la bacchetta sulla loro stretta.
-Vuoi tu Severus, vegliare su mio figlio Draco, nel suo tentativo di adempiere i voleri del Signore Oscuro?-
-Lo voglio-
Una lingua sottile di fiamma scivolò dalla bacchetta e si avvolse intorno alla loro stretta come un filo incandescente, bruciava.
-E vuoi tu, al massimo delle tue capacità, proteggerlo da ogni pericolo?-
-Lo voglio-
Una seconda lingua di fiamma scaturì dalla bacchetta e si intrecciò alla prima, formando una sottile catena ardente.
-E, se dovesse rendersi necessario... se Draco dovesse fallire...- sussurrò Narcissa. La mano di Piton scottava, ma lui non si ritrasse -Vuoi tu portare a compimento l'impresa che il Signore Oscuro ha ordinato a Draco di eseguire?-
Ci fu un attimo di silenzio. Bellatrix li guardava in attesa, la bacchetta sopra le loro mani intrecciate, gli occhi spalancati. L'unico rumore erano i loro respiri.
-Lo voglio-
***
Draco era già pronto. Blaise era andato via pochi minuti fa e lui ne aveva approfittato per rileggere la lettera che gli aveva inviato Hermione. Di nuovo tristezza e felicità andavano rincorrendosi nel suo cuore. Lo amava e questo gli stava dando la forza di sopportare la situazione; ma la consapevolezza che doveva starle lontano gli spezzava il cuore.
Un picchiettio alla finestra lo distrasse dal mix di pensieri che gli frullavano in testa. Il barbagianni era lo stesso che gli aveva consegnato la lettera. Hermione.
Draco aprì al rapace che andò subito a posarsi sulla sua spalla. Questa volta il volatile gli aveva portato un piccolo pacchetto verde infiocchettato con nastri oro e rossi.
'Finta serpe' pensò sorridendo il ragazzo 'Intelligente mia piccola leonessa'
-Grazie- disse al barbagianni prima di dargli la sua ricompensa e che quest'ultimo, contento, volasse via.
Draco aprì il pacchetto impaziente di vedere ciò che conteneva. Un piccolo biglietto copriva ciò che c'era sotto.
'Ama chi t'ama non amar chi ti sfugge.'
'Shakespeare' sorrise Draco al pensiero. L'unica cosa che suo padre non era stato in grado di togliergli erano stati i libri e shakespeare era tra quelli. Draco sapeva che era un autore babbano, ma non gli importava. Le sue opere lo affascinavano, come l'autore riuscisse a scrivere poesie d'amore e sembrava conoscere quel sentimento così bene. Quasi lo invidiava per la facilità con cui riusciva a trasmetterglielo parola dopo parola.
Era certo di dover leggere tra le righe di quel messaggio. Se c'era una cosa che aveva imparato nel tempo trascorso con Hermione era che tutto quello che faceva aveva un senso. Niente succedeva per caso. Niente diceva per caso. E niente scriveva per caso.
Aveva come la sensazione che fosse in stretta relazione con il comportamento che aveva adottato negli ultimi tempi. Si rabbuiò, come suo solito da ormai tre giorni. Lo lacerava dall'interno, perché l'idea che lei si allontanasse non riusciva nemmeno a concepirla. Ma doveva. Se a soffrire fosse stato lui sarebbe stato un giusto prezzo, a patto che Hermione fosse al sicuro.
Prese il biglietto e con delicatezza, quasi fosse un diamante prezioso, lo racchiuse dentro la lettera che teneva nella tasca dei pantaloni. Sotto si nascondeva un bracciale di cuoio con un ciondolo... un furetto per essere precisi.
'Me la paghi questa Granger' pensò Malfoy ghignando.
Anche da lontano Hermione riusciva a farlo ridere.
***
Qualche ora più tardi Draco era davanti ad un enorme armadio da Burgin & Burke affiancato da sua madre e suo padre.
Il proprietario del negozio stava parlando; ma Draco lo stava ascoltando
solo a metà. La testa persa in uno dei suoi tanti pensieri.
Mentre gli delineavano quello che avrebbe dovuto fare, la sua mente era altrove. Era con Hermione, con Blaise, Harry e tutti i membri dell'ordine. Con le persone che avevano condiviso l'allenamento e un obbiettivo che gli aveva dato speranza. La speranza che forse la luce avrebbe potuto brillare nell'oscurità che stava incombendo e salvarli tutti.
In quel momento. Mentre il proprietario di Burgin & Burke parlava. Mentre vedeva i suoi genitori di fianco a lui trattenere la tensione. Draco chiuse le mani a pugno talmente forte da conficcarsi le dita nei palmi e quasi cedette. Quasi.
Perché non c'è cuore più forte di quello che dopo aver toccato il fondo, rinasce. Rinasce perché ha qualcosa per cui lottare e per la quale vale la pena morire.
* scusate l'attesa, ma ho avuto un po' di problemi. Comunque ecco il nuovo capitolo.. Che ne pensate? Spero vi piaccia!
Bisoux
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