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Morte

"-Draco qual'è il problema?-

Era Harry a parlare, ma il biondino non lo sentiva nemmeno. Continuava a guardare fisso davanti a se senza una minima espressione. Vuoto. Il moro non sapeva cosa fare.

-Draco ci sei?- all'ennesimo domanda senza risposta Harry Potter decise che era il momento di agire. Senza alcun timore afferrò le spalle di Malfoy e con un movimento deciso si mise a scrollarlo come un bambino.

Draco scattò subito, facendo saettare i suoi occhi di fuoco sul ragazzo che gli sedeva di fianco.

-Harry diamine! Mi hai fatto venire mal di testa- si lamentò il biondo con un tono da bambino capriccioso.

Harry sospirò.

- Non mi stavi ascoltando Malfoy e a mali estremi, estremi rimedi-

Il biondo trattenne un verso di disapprovazione e si limitò a riempire il moro di domande.

-Che giorno è oggi?-

-il 22 dicembre te l'ho già detto-

-Cosa mi è successo?-

- Non lo so, ne Blaise ne Hermione  hanno voluto dirmelo.-

-Che ci faccio qui?-

-Ti ha portato Blaise, eri svenuto e ti sanguinava il braccio così Madama Chips ti ha curato-

Eccoli i ricordi che come uno schiaffo riapparivano ad uno ad uno davanti agli occhi del bel biondino.
La bacchetta puntata alla tempia, il sangue caldo che colava giù per il braccio bruciandogli la pelle, lì dove gli verrà inciso il simbolo della morte. Hermione mentre entrava nella stanza. Hermione che lo guardava preoccupata. Hermione che scappava via da lui. Hermione e Blaise che lo trovavano. Blaise che lo salvava da se stesso. Poi la confessione. Quel Weasley che ci provava con la sua Hermione. La rabbia. Lo shock. La stanchezza. L'amarezza.

Draco risentiva tutto, come se fosse un fuoco incandescente sempre più vivo in lui."

Mentre pensava agli avvenimenti di due giorni fa, Draco Malfoy stava camminando sulla via che lo avrebbe portato davanti al Manor. Aveva uno sguardo cupo e si sentiva svuotato. Non aveva forza nemmeno per provare qualcosa. Ne paura, ne tristezza, ne disgusto.
Il nulla.

Camminava nel freddo invernale, mentre respirava l'aria gelida e cercava di schiarirsi le idee. Si era risvegliato due giorni fa, ed era certo che i suoi genitori non sapessero nulla. Meglio così.

Pochi metri ormai lo separavano dal Manor. Lo separavano dal suo destino; un destino che lui non voleva, ma che doveva accettare.

" -Draco! Sei sveglio!-
Una testa di capelli ricci era appena entrata in infermeria; stravolta dalla testa ai piedi. Le guance erano un po' arrossate, i capelli erano sparsi ovunque e lei respirava a fatica, come se avesse corso molto veloce.

Draco represse l'istinto di alzarsi, dal letto dell'infermeria, e di scostarle i capelli dal viso per lasciarle un bacio.

-Si sono sveglio- invece rispose, freddo e distaccato come solo lui sapeva fare.

La vide allargare impercettibilmente gli occhi sorpresa. A Draco gli si strinse il cuore. Doveva allontanarla da lui. Doveva. Più si allontanava, più era al sicuro.

-Draco stai bene?- chiese lei dolcemente.

'Dio Hermione mi farai impazzire' pensò il biondino. Lo doveva a lei. Lo doveva ad Harry. Se ormai per lui non c'era più speranza,  poteva sicuramente fare qualcosa per proteggere lei.

-Si tutto bene e adesso se non ti dispiace, sono stanco. Voglio dormire- così dicendo si ridistese sul letto, girandosi dalla parte opposta.

Dietro di lui percepiva lo sforzo di Hermione per non piangere. Dentro di lui, lentamente, si sentiva morire. "

Draco non si era nemmeno accorto di essere arrivato davanti a casa sua. Aveva i pugni chiusi e stretti in una morsa. La tensione che si propagava in ogni fibra del suo corpo. Ricordare non gli faceva bene.

Nei due giorni successivi aveva evitato Hermione. Il giorno dopo il risveglio fu abbastanza difficile, visto che era in infermeria, ma era riuscito ad allontanarla con la sua freddezza. Il giorno dopo, quando fu dimesso, fu abbastanza facile. Non scese ai pasti e si rinchiuse in camera fino a che non era arrivato il momento di partire.

"-Io non parto Draco-

Aveva voluto fare uno strappo alla regola che si era imposto. Stare lontano da lei era maledettamente difficile; e lui voleva salutarla prima di andarsene.

-Cosa vuol dire che non parti?-

- Quello che hai capito. Io resto ad Hogwarts... con Ron-

Draco non si mosse, non osò muovere un solo centimetro del suo corpo. Non osò proferire parola. Perché se lo avesse fatto sarebbe sicuramente successo qualcosa di brutto.
Si limitò ad annuire assente; consapevole che era tutta colpa sua. E senza dire più nulla si girò, avviandosi verso l'espresso.

Dietro di lui Hermione piangeva silenziosamente. "

Draco l'aveva sentita singhiozzare, ma non era tornato da lei. Non ce la faceva. Era meglio così. Sapeva di star uccidendo una parte di se, ma se la voleva al sicuro era l'unico modo.

Trascinando il suo baule, Draco entrò nel Manor. Ad accoglierlo il silenzio più totale. Il ragazzo riusciva a sentire ogni battito del suo cuore.
Lasciò il baule all'ingresso, dopodiché si mise alla ricerca di sua madre. Non voleva credere che non ci fosse nessuno.

Si incamminò su per le scale, diretto alla biblioteca, uno dei posti preferiti da sua madre e anche il suo. Ci si rifugiava sempre. Quando aveva un problema che non poteva risolvere; allora arrivavano i libri a salvarlo dalla sua solitudine.

Socchiuse la porta della stanza e cautamente, entrò.

Sua madre era seduta su una delle poltrone accostate vicino alla parete, la testa era china su un libro, era talmente concentrata da non essersi nemmeno resa conto che Draco fosse nella stanza. Era proprio una Corvonero, pensò il biondo divertito.

Si avvicinò lentamente fino a sfiorarle dolcemente una spalla con la mano. La donna sussultò per poi girarsi e appena riconobbe il ragazzo che aveva di fronte, non poté non sorridere.

-Tesoro sei già a casa?-

-Si madre, ho preso il primo espresso-
Il ragazzo sorrise a sua volta. Amava quella donna talmente tanto. Lei che lo aveva sempre protetto dal mondo intero.

Negli occhi di Narcissa Malfoy c'era felicità nel rivedere il figlio, preoccupazione e paura.

-Non dovevi. Potevamo trovare una scusa-

Draco si oscurò.

- No madre, è inevitabile-
Rispose con voce stanca e rassegnata.

Gli occhi della donna si velarono di lacrime, che prontamente ricacciò indietro. I Malfoy non piangono mai, lei compresa.

-Troveremo una soluzione- disse mentre lentamente accarezzava la guancia del suo bambino.

Si, perché per quanto Draco potesse crescere, rimaneva comunque il suo bambino. Quel piccolo mostriciattolo che si divertiva a strappare i suoi fiori dalle aiuole. Solo in seguito Narcissa scoprì che lui lo faceva solo per poterli ripiantare insieme a lei.

Suo figlio era dolce e buono. Non c'entrava nulla con la rigidità dei Malfoy o con i mangiamorte. Ogni giorno Narcissa si odiava un po' di più per avere solo questo da offrirgli. Nessuna spensieratezza, nessuna fanciullezza. Solo disperazione e morte.

Un solo giorno e Draco avrebbe ricevuto il marchio nero. Niente e nessuno poteva impedirlo. Nemmeno lei.

Draco si appoggiò sul palmo della mano di sua madre, abbandonandocisi. Voleva provare quel calore che solo una madre ti può dare.

Narcissa aveva così tanto amore da dargli che aveva compensato il disinteresse e la freddezza del marito. Non passava giorno in cui Draco non si sentisse amato da quella donna.
Mentalmente la ringraziò. Era per lei che non era diventato un vero Malfoy. Freddo, distaccato e sprezzante.

Gli dicevano spesso di assomigliare a sua madre, anche se i connotati erano quelli del padre. Draco non ci credeva. Una persona dolce come sua madre, non aveva nulla a che fare con uno come lui.

Non si accorse nemmeno che ormai non erano più in biblioteca, ma stavano camminando. Narcissa condusse Draco nella sua camera.

-Riposati tesoro- così dicendo uscì, lasciando il figlio ai suoi pensieri.


***


Rimasto solo, il biondo si lasciò cadere pesantemente sul letto. Provava un tale odio verso se stesso, verso quello che di lì a poco sarebbe diventato. Gli avvenimenti degli ultimi mesi erano quasi riusciti a fargli dimenticare il suo destino. Con Hermione al suo fianco e i momenti con l'ordine, per la prima volta si era sentito davvero parte di qualcosa. Poteva sperare o illudersi di non essere un Malfoy e di poter avere una vita normale. Ma quella non era realtà. Non la sua per lo meno.

Hermione... il pensiero di lei lo fece subito incupire. Com'era successo che tenesse così tanto a lei? Quando? Non lo capiva. Era talmente incomprensibile per la sua mente che non riusciva a razionalizzarlo.
Ma forse l'amore o i suoi surrogati non sono razionali.

Amava Hermione? Forse si. Lei lo amava? A questo Draco non sapeva rispondere.

Quando era stato in infermeria aveva sognato la voce di Hermione sussurrargli che lo amava; ma era solo un sogno. Si ritrovò a pensare di essersi fatto troppo coinvolgere, mettendola in pericolo. Doveva rimediare. L'amore, i sentimenti sono una vera e propria trappola.

Draco si sentiva la testa scoppiare; negli ultimi tempi gli succedeva spesso. Un mal di testa insistente che minacciava di farlo impazzire.

Di solito gli sarebbe piaciuto stare solo per poter pensare tranquillamente, ma ora rimanere solo equivaleva a pensare a lei, a come l'aveva tratta e al fatto che fosse da sola a scuola con Weasley. Questo non poteva che farlo infuriare di più.

Si alzò di scatto. Doveva smetterla! Smetterla di pensare a lei! Smetterla di pensare che fosse a scuola senza di lui. Basta.

In quel momento la porta si aprì, rivelando un uomo rigido, sulla cinquantina. Capelli platino lunghi fino alle spalle, portamento fiero ed elegante. In viso la solita espressione di distaccato disinteresse e freddezza.

Suo padre era appena entrato nella stanza. Draco rimase immobile.

-Figliolo- il biondo scorse quasi una punta di... incertezza? Possibile? No. Non da suo padre.

-Padre- disse freddamente. Continuavano a guardarsi negli occhi. Nessuno dei due osava distogliere lo sguardo.

-Sono contento che tu sia qui-

-Sei contento che io sia qui o che domani, finalmente, diventerò come te?-

Draco non riuscì a contenere lo sdegno nella sua voce. Le parole gli uscirono acide e velenose. Suo padre impallidì.

Lucius Malfoy perse, per la prima volta, il controllo delle sue emozioni. Le parole del figlio lo avevano colpito come uno schiaffo in pieno viso. Ora come tutte le altre volte si rendeva conto di quanto gli avesse rovinato la vita. Sapeva di non essere stato un buon padre, aveva sbagliato tanto e ora le conseguenze stavano cadendo su suo figlio.

Ma Draco continuò a parlare, mentre davanti a lui la maschera di Lucius Malfoy si sgretolava.

-Domani l'onore dei Malfoy sarà salvo. Daró la mia vita per questo, non ti dovrai più preoccupare. Sacrificare me sarà un gioco da ragazzi. D'altronde la mia vita non varrà mai tanto quanto quella del Signore Oscuro-
gelide e monotone, sillaba dopo sillaba Draco sputava fuori tutto; stringendo sempre di più i pugni. Sentiva i polmoni bruciare, abbassò lo sguardo cercando di calmarsi.

-Mi dispiace figliolo- la voce non era più regale, ma solo un debole sussurro. Come se avesse paura, e in effetti ne aveva davvero. Temeva che suo figlio non lo avrebbe mai perdonato per tutti gli errori che aveva commesso. E avrebbe avuto ragione.

Draco spalancò gli occhi incredulo, ripuntandoli dritti in quelli del padre.

-Ti... ti dispiace? Ti dispiace??- Draco a stento riusciva a contenere la rabbia che sentiva montare dentro come un mare in tempesta. -È davvero l'unica cosa che hai da dire?-

Non ricordava di aver mai parlato così a suo padre. Mai. Ma ora non era più un bambino e non aveva più paura.

Lucius Malfoy davanti allo sguardo inquisitore del figlio sembrò farsi ancora più piccolo.

-Credimi Draco! Non avrei mai voluto questo per te! Non questa vita.. La mia vita!. Ho fatto tanti errori da giovane. Ero un ragazzo affascinato dal potere ed oscurato dagli insegnamenti di mio padre. Così mi uniì all'Oscuro Signore. Quando mi resi conto di aver sbagliato era ormai troppo tardi.
Ero sotto minaccia, avevo paura non tanto per me, ma per voi. Tu e tua madre. Vi amavo Draco e vi amo ancora-

Draco trattenne bruscamente il fiato. Era la prima volta che suo padre si scomponeva. La prima volta che ammetteva di provare dei sentimenti. La prima volta che diceva di amarli.

Fece per parlare, ma suo padre lo zittì alzando una mano.

-Fammi finire, è... difficile già così-

Draco accennò un assenso con il capo così che suo padre continuasse.

-Come stavo dicendo, ho fatto molti errori. Da giovane non pensavo molto alle conseguenze, ma ora...- Lucius fece una risata amara, poi riprese - ora mi ritrovo invischiato in questa cosa e ci ho trascinato anche te. Comunque, come dicevo ero sotto minaccia. Il Signore Oscuro aveva capito che non poteva contare sulla mia fedeltà e allora ha fatto leva sulle mie debolezze. Voi.
Ogni cosa che ho fatto, era per proteggere voi. Vi avrebbe ucciso Draco, se non avessi eseguito ogni suo ordine.-

Alle ultime parole il biondo sgranò gli occhi sorpreso. Non immaginava che dietro la crudeltà di suo padre, vi fosse un motivo del genere.

-E la lettera che mi hai mandato?- chiese tagliente il figlio -Quella chi ti ha costretto a scriverla?-

Lucius trattenne un verso di sofferenza, mentre sosteneva lo sguardo infuriato di suo figlio.

-Il Signore Oscuro in questi giorni è stato molto presente all'interno del Manor. Mi ha chiesto di scriverti, io l'ho fatto nel modo più freddo che potessi. Si sarebbe potuto insospettire e agire di conseguenza e io non potevo permetterlo-

Draco assimilò ogni singola parola, ragionando su se fosse il caso di credergli o meno; poi una piccola consapevolezza iniziò a fare breccia nella sua mente.

-Cosa vuol dire? C'è di più vero?- la voce minacciava di tremargli, ma prontamente Draco la mantenne ferma.

Suo padre impallidì.

-Si c'è dell'altro e ti verrà rivelato domani durante la cerimonia in cui riceverai il marchio-

Draco iniziò a massaggiarsi le tempie. Era troppo. Era tutto dannatamente troppo per un ragazzo di diciassette anni.

-Perdonami se puoi figliolo- e così dicendo Lucius Malfoy uscì.

Draco era di nuovo solo. Con una marea di pensieri, ma solo. Inevitabilmente pensò a lei, avrebbe tanto voluto averla tra le sue braccia e dimenticare tutto il resto.


***


-Gli ho raccontato quasi tutto Narcissa-

-Come l'ha presa?-

-Non credo mi perdonerà-

Era la prima volta che Narcissa Malfoy vedeva suo marito così sconsolato. Gli mise dolcemente una mano sulla spalla.

-Capirà Lucius, devi dargli tempo-

L'uomo sospirò.

-Temo che non dimenticherà facilmente tutti gli anni in cui non ci sono stato, come mi sono comportato, le cose che ho fatto...-

La donna prese a fare leggeri cerchi circolari sulla spalla del marito per rassicurarlo.

-No, non dimenticherà, ma è un ragazzo buono nostro figlio, vedrai ti perdonerà-

L'uomo si girò sorridendo alla moglie.

-Senza di te mi sarei perso già da tempo, lo sai?-

Narcissa sorrise amabilmente.

-Lo so- disse, posandogli un bacio sulla guancia.


***


Draco non scese a cena quella sera, sua madre gli aveva portato un vassoio in camera. Non lo aveva nemmeno toccato, mangiare era l'ultimo dei suoi problemi.

La tensione per ciò che avrebbe dovuto affrontare il giorno dopo lo tormentava. Ora più che mai avrebbe voluto avere Blaise accanto a lui, sarebbe riuscito a calmarlo almeno un po'.

Draco si mise a letto, senza cenare. Quella notte, fece un incubo dietro l'altro, sognando marchi neri ed occhi rossi.


***


"Caro Draco,

Ti scrivo per dirti che qui va tutto bene, anche se non hai voluto vedermi nei giorni precedenti. Non so perché... "

Era già la sesta volta che Hermione iniziava la lettera e come tutte le altre, la buttava nel cestino che aveva di fianco alla scrivania.

Non sapeva cosa scrivere ne come scriverlo. Non sapeva come dirgli che gli mancava non averlo vicino. Si era comportato in modo così strano gli ultimi due giorni e non ne capiva il motivo.

L'aveva palesemente ignorata. Quando lei gli aveva detto che sarebbe rimasta con Ron a scuola, Draco non aveva fatto nulla, ne detto nulla. Si era limitato ad annuire e ad andarsene.

Hermione si era sentita abbandonata, disperata quasi. Nessuna reazione. Lei lo amava, ma ora sembrava che lui non fosse sicuro.

La Grifona si trovava chiusa in camera sua dalla sera prima, Ron aveva più volte provato a tirarla fuori da lì, ma lei si era categoricamente rifiutata.

Non mangiava da quando Draco era partito e non ne sentiva il bisogno. Aveva una strana sensazione allo stomaco, come se qualcosa di brutto stesse per succedere.

'Hermione concentrati!' Pensò disperatamente la riccia. Non voleva che Malfoy pensasse che stesse succedendo qualcosa tra lei e Ron. Anche perché era impensabile per la riccia. Ron è e resterà solo un amico.

Hermione prese un altro foglio bianco dall'enorme risma che aveva sulla scrivania. E riniziò a scrivere.

"Caro Draco,
Non so se ho fatto bene o male a scriverti..."

'No! No, no, no e no!' Pensò di nuovo Hermione accartocciando il foglio. Quanto avrebbe voluto avere Harry o Ginny a darle una mano.

Fatto un bel respiro, la Grifona cercò di liberare un po' la mente dalle mille domande e teorie che aveva sul comportamento del suo fidanzato.
Accertata che fosse abbastanza tranquilla, si rimise a scrivere.

"Caro Draco,

Come stai? Io non tanto bene. È l'ottava lettera che provo a scriverti, ma le parole sembrano non voler uscire. Non capisco cosa ti succeda, e questo mi preoccupa, lo ammetto. Mi stai escludendo vero? So che stiamo insieme da poco, capisco, se ti sei sbagliato, non ti costringerò a rimanere.
Sai Draco quando ti hanno ricoverato in infermeria, credevo di averti perso. Non so perché tu abbia fatto ciò che hai fatto. Ma ho avuto tanta paura. Li ho scoperto di amarti, stupido di un Malfoy. So che non te l'ho mai detto, non da sveglio almeno, ma ti amo. Qualsiasi sia la tua scelta io l'accetterò.

Sempre tua Hermione"

Una lacrima, seguita poi da una seconda ed una terza andavano incontrollate ad infrangersi sulla superficie dura della scrivania. Hermione sentiva nel petto il suo cuore mentre si crepava e piano piano i pezzi si sgretolavano e volavano via, lasciandola vuota.
Pensava a Draco incessantemente, chiedendosi se stesse bene. Si stava distruggendo e ne era consapevole.

'Basta!' Pensò rabbiosamente, non poteva ridursi così per un ragazzo. Anche se era il primo che avesse mai amato.

Sigillò la lettera, e dopo averla legata alla zampetta del suo barbagianni. La spedí.

Ora non si tornava più indietro.


***


Ron si stava avviando verso la camera di Hermione, come più o meno faceva da tutto il giorno.

-Hermione esci! Andiamo a cena!-

-No Ronald, non vengo-

Questa è stata la risposta per ogni cosa. 'No Ronald, non vengo' . Da quando tutti se ne erano andati si era rinchiusa in camera senza voler uscire. Ron non ne capiva il motivo.

Quando seppe che Hermione sarebbe rimasta ad Hogwarts, aveva deciso di restare. Voleva provare a farsi avanti, ora che il castello donava un po' di pace.
Solo che Hermione era strana, non usciva mai, non mangiava. Stava male. Solo che Ron non sapeva per cosa.
Anche quella sera la riccia non era voluta scendere a cena. Il rosso, sconsolato, si avviò verso la
Sala grande da solo.

All'interno della sala c'erano i quattro tavoli delle casate. Quasi nessuno era rimasto, due o tre Corvonero, nessun Tassorosso; di Grifondoro c'erano solo lui ed Hermione; e di Serpeverde era rimasta soltanto Pansy.

Ron si soffermò un'attimo a guardarla. Senza la schiera di mocciosi adoranti che aveva di solito al seguito; sembrava meno tesa, più rilassata; finché non arrivavi al viso. L'espressione arcigna aveva lasciato il posto ad una pensierosa, talmente tanto da far sparire la tranquillità di poco prima e conferire rigidità a tutto il resto.

Era bella. Ron dovette ammetterlo.
Poi capendo a cosa stava pensando, il rosso scrollò subito la testa. Era una serpeverde, una delle più insopportabili per giunta. Sicuramente era la fame a giocare brutti scherzi.

-Ronald Bilius Weasley-

Sentendo il suo nome il rosso alzò la testa trovandosi davanti Argus Gazza con la sua solita espressione scocciata.

-Si?-

-Sei desiderato nell'ufficio del preside, muoviti- e con la sua solita delicatezza, il custode fece alzare il ragazzo dalla panca.

Sorpreso Ron si fece condurre fino al gargoyle che faceva da ingresso all'ufficio.

Chissà cosa voleva da lui Silente.

-Deve aspettare qui- così dicendo Gazza se ne andò lasciando Ron da solo e più confuso che mai.


***


Una quindicina di minuti più tardi Ron era ancora davanti al gargoyle. Si era stancato di aspettare in piedi così, si era seduto per terra nel corridoio.

Perché doveva aspettare? Questo Ron non lo sapeva, però continuava a chiederselo.

-Ronald Qeasley?-

Una voce femminile lo fece sobbalzare. Era una voce che non conosceva e quando alzò la testa, capì il perché.

-Sono Weasley!- tuonò il rosso alla mora che aveva davanti.

-Si, si tanto è uguale- la ragazza scacciò via le proteste di Ron come se stesse scacciando una zanzara particolarmente fastidiosa.

Ronald stava iniziando a colorarsi di ogni tonalità di rosso; quando il gargoyle prese a muoversi, rivelando le scale.

- Devo andare- disse secco il ragazzo.

-Anche io- rispose per le rime la mora.

Si bloccarono entrambi, guardandosi negli occhi.

-Togliti di mezzo Weasley- sputò la ragazza stringendo i denti.

-Te lo scordi Parkinson-

Si guardarono di nuovo. Gli occhi che saettavano. Ancora pochi minuti e si sarebbero saltati addosso.

-Sono stata convocata dal preside, tu cosa ci fai qui?- suonò più come un'accusa che come una domanda, Ron scrollando le spalle rispose.

-Sono stato convocato anche io da Silente-

La faccia di Pansy Parkinson in quel momento fu impagabile e Ron si gustò appieno il momento. La mora sembrava stravolta dalla rabbia e dall'orrore e questo le conferiva un'aria talmente buffa che Ron non poté non ridere.

-Cos'hai da ridere pel di carota??!- trillò Pansy con la sua vocina stridula.

-La tua faccia!!- disse il rosso tra un singhiozzo e l'altro. Stava piangendo dal ridere.

La Parkinson divenne viola, poi arancione, poi rossa. Sembrava un arcobaleno; ma prima che potesse inveire contro il rosso Argus Gazza li interruppe.

-Voi due! Muovetevi! Il preside vi sta aspettando-

Pansy sembrò riprendersi all'istante e lanciando un'occhiata di disgusto a Ron si avviò su per le scale, seguita a ruota dal rosso.


***


-Prego, avanti sedetevi-

Con sguardo diffidente i due ragazzi si sedettero, esattamente uno di fianco all'altro. Mentre la profonda voce del preside riempiva tutta la stanza.

-Buonasera ragazzi- Disse cordiale Silente.

-Buonasera Signore, mi permette una domanda?- chiese Ron con tranquillità.
Il preside acconsentì con il capo, così riprese - perché lei è qui?-  disse il rosso indicando la Parkinson. Non mancò, ovviamente, un'occhiataccia carica di veleno da parte di quest'ultima, che però rimase zitta, curiosa anche lei di conoscere la risposta.

Il preside sorrise amabilmente, mentre spostava gli occhi dalla mora al rosso. Era sempre più convinto di aver fatto la scelta giusta, l'ordine della fenice aveva bisogno di questi due ultimi componenti. Non a caso erano stati selezionati. C'era un motivo ben preciso dietro la scelta dei membri del nuovo ordine, ma per ora loro non erano tenuti a saperlo.

-Vi ho convocati, cari ragazzi, perché ho una domanda da farvi-

I due non aprirono bocca, ancora stupiti per il fatto che non fosse un caso l'essere stati richiesti insieme dal preside.

-Sto per chiedervi un enorme atto di coraggio e fiducia. Sareste disposti ad assolverlo?-

- Mi scusi signor Preside, ma di cosa si tratta?-

-Ottima domanda Signorina Parkinson. In effetti si tratta di voi due e di un particolare gruppo, di cui discuteremo più tardi. Ora, vi chiedo, sareste disposti a combattere il Signore Oscuro a costo della vostra vita?- il preside era calmo come sempre, quasi stesse chiedendo se gradivano the o caffè per colazione.

Ron ripresosi dal momentaneo shock nel ricevere una domanda così a bruciapelo, rispose sicuro.

-Certo signore- sfoggiando il suo lato grifondoro a tutti gli effetti.

Pansy Parkinson invece trattenne il fiato. Si era quasi dimenticata di respirare, talmente veloce frullavano i suoi pensieri. Non era tornata a casa per sfuggire a 'colui che non deve essere nominato' e ora anche qui non aveva un attimo di pace. Prima suo padre e ora Silente. Tutti volevano che lei scegliesse per forza. Alla fine, si ritrovò a pensare avrebbe dovuto prendere una decisione.

Andare al fianco del Signore Oscuro, voleva dire morte e distruzione e niente libertà. Al fianco di Silente, almeno avrebbe potuto aspirare a quel barlume di speranza che gli offriva.

-Allora signorina Parkinson?-
La voce del preside la riportò alla realtà.

Scelse, non per loro, ma per se stessa. Scelse per il mondo che avrebbe voluto per i suoi figli e per se. Scelse con il cuore, per la prima volta in vita sua.

- Si, Signore- rispose decisa.

L'occhiata da prima scettica di Ron si trasformò in stupore vero e proprio; mentre il preside sorrideva soddisfatto.

-Bene, finite le vacanze di Natale, inizierete l'addestramento, guidato dal professor Piton, per entrare poi a far parte del nuovo ordine della fenice. Vi allenerete insieme. Non siete stati chiamati prima, in quanto ho ritenuto opportuno avvisarvi personalmente e valutare se fosse saggio ammettervi. -

-Insieme??!- chiesero i due ragazzi all'unisono; fulminandosi subito dopo con lo sguardo.

-Si, insieme.-

-Perché proprio lei??- chiese il rosso con una crescente disperazione nella voce.

-Ritengo opportuno, Signor Weasley che lei sia affiancato dalla Signorina Parkinson. Dovete superare alcune barriere prima di entrare a far parte del gruppo-

Eccole, le solite risposte di Silente; diceva tutto e nulla nello stesso momento. Snervante.

- Scusi signore, ma allora chi sono i membri?-chiese Pansy, mentre la sensazione di sapere già la risposta andava espandendosi nel suo petto sempre di più.

- Ragazzi, non pensate che i vostri compagni non ve l'abbiano detto per cattiveria. Capisco che potreste rimanerci male. L'unico motivo per il quale voi due non ne eravate a conoscenza, è che io ho chiesto che non venisse detto. Il motivo ve l'ho spiegato poco prima. Comunque quando sarete pronti, raggiungerete i vostri compagni e amici: Luna Loovegood, Ginevra Weasley, Harry Potter, Hermione Granger, Draco Malfoy e Blaise Zabini-

Pansy trattenne bruscamente il fiato, ora capiva dove Blaise spariva ogni pomeriggio. Capiva anche perché tornava sempre stanco. Si sentiva ferita, per non esserne stata informata e anche stranamente orgogliosa di fare parte di qualcosa. Lei che è sempre stata sola.

Ron dal canto suo sembrava un peperone. Era incavolato nero con Harry, Hermione e Ginny. Ma l'idea di far parte dell'ordine lo eccitava anche se la presenza di Malfoy  e Zabini non lo emozionava. Si era chiesto perché Silente lo avesse tenuto fuori; ma alla fine cedette all'idea che non avrebbe ottenuto mai risposta. Gli dispiaceva; ma alla fine andava bene così.

Comunque avrebbe sicuramente fatto una bella lavata di testa ai suoi amici.

Inoltre l'idea di allenarsi con Pansy Parkinson non l'allettava per niente. Era antipatica, smorfiosa, viziata, egocentrica e terribilmente irritante.

-Ora potete andare, ragazzi miei, credo sia ora di fare una bella dormita. A mente riposata, si pensa meglio- e sorridendo cordiale, il preside li congedò.

Una volta scese le scale i due ragazzi percorsero in religioso silenzio il corridoio; e appena arrivati al bivio che portava nei rispettivi dormitori; si fermarono. Si guardarono negli occhi per una frazione di secondo, per poi proseguire come se nulla fosse. Ron a destra verso la torre grifondoro. Pansy a sinistra verso i sotterranei.

Una scossa attraversò tutto il corpo della Parkinson. Il freddo si disse; e senza voltarsi indietro continuò la sua marcia. Dopo tutto quello che era venuta a sapere una bella dormita le serviva davvero.

Ron represse un'improvviso brivido, i nervi, sicuramente. Aveva talmente tanta rabbia ancora in corpo che dormire sarebbe stato complicato quella notte. Fortunatamente c'era solo lui in camera.

Come avevano potuto, i suoi migliori amici, nascondergli una cosa del genere! Glielo aveva chiesto Silente, e Ron sapeva che quell'uomo se voleva metteva parecchia soggezione, ma insomma, potevano almeno accennarglielo!

Ron si stese nel suo letto. Avvolto al caldo nelle sue grosse coperte, provò a prendere sonno, anche se il nervosismo minacciava di tenerlo sveglio tutta la notte.


***



Il giorno dopo Draco si svegliò con nelle orecchie un insistente picchiettio. Nervoso si alzò dal letto per cercare di capire da dove provenisse.

Si guardava intorno, ma non capiva. Il picchiettio continuava insistente. Draco girò e rigirò la testa, ma non vedeva nulla.

'La finestra forse?' Pensò. Ma chi avrebbe mai potuto scrivergli, Apparte Blaise, si intende. Anche se oggi lo avrebbe visto alla cerimonia.

Qualcuno gli aveva sicuramente scritto visto che il barbagianni stava picchiettando con il becco sul vetro della finestra, Draco aprì al volatile, che in un attimo fu subito sulla sua spalla.

-Hey, che mi porti?- chiese il biondo mentre accarezzava il rapace. Nel frattempo sganciò la piccola lettera che teneva legata alla zampetta e dopo avergli dato le briciole di un biscotto, il barbagianni se ne andò contento.

Draco si girò e rigirò la lettera tra le mani; indeciso se leggerla o no. Nessun emittente era scritto all'esterno. Non sapeva di chi fosse.

Alla fine decise di leggerla. Delicatamente prese ad aprire i bordi, evitando di strapparli. Dentro la busta c'era un piccolo foglio piegato in quattro. Lo prese e lo spiegò, iniziando a leggerlo.

Riga dopo riga, Draco perdeva un po' di colore e un po' della sua forza vitale. La sentiva scivolare via, come il vento scivola sulla pelle.

Lo amava.

'Mi ama'
'Mi ama'
'Mi ama'

Draco continuava a ripeterselo come un disco rotto. Lei lo amava e lui stava per diventare un mangiamorte. Lei lo amava e lui avrebbe dovuto combattere affianco al suo nemico. Lei lo amava e lui avrebbe dovuto ucciderla.

Il biondo iniziò a girare forsennatamente per la stanza.

'Mi ama'

Gli comparve un sorriso sul volto. Lei lo amava! Draco non poteva esserne più felice e triste allo stesso momento. Un mix di emozioni letale, se stai per dare la tua vita alla morte in persona. Aveva cercato di allontanarla per proteggerla. Il fatto che lei lo amasse era una tragedia, ma non poteva non esserne contento.

In quel momento Draco capì. Non poteva stare semplicemente fermo a prendere il marchio nero. No. Avrebbe combattuto, anche se era inevitabile, avrebbe combattuto per lei e per se.

La porta.

-Draco sei pronto? È ora ormai.-

Sua madre apparve nella stanza, una ruga le solcava la fronte. La preoccupazione la stava divorando.

-Si madre, sono pronto-

Sua madre gli si avvicinò e gli mise una mano sulla guancia accarezzandolo.

-Tesoro mio, non sei costretto, potremmo trovare una scusa- disse la donna speranzosa.

Draco scosse la testa.

-Vorrei tanto che non andasse così Madre. Vorrei davvero poter scegliere-

Gli occhi di Narcissa si velarono di lacrime, ma neanche una osò solcare le guance.

-Nemmeno io figliolo- disse sconsolata, per poi passare ad un tono più pratico.
- il Signore Oscuro ti aspetta in biblioteca per discutere con te in privato prima della cerimonia-

Draco annuì. Dopo un'ultima carezza sua madre uscì dalla stanza.


***


Draco stava camminando a passo lento verso la biblioteca. La morte lo stava aspettando.

Indossava un semplice completo nero e dentro alla tasca destra teneva la lettera di Hermione; per ricordarsi che aveva qualcosa per cui lottare.

Era davanti alla porta, non gli restava che entrare. Preso un bel respiro, si fece forza; ed entrò.

Il Signore Oscuro era al centro della stanza girato di schiena. Lo aveva sicuramente sentito, ma non aveva battuto ciglio.

Draco entrò nella stanza semibuia richiudendosi la porta alle spalle.

Si inginocchiò.

-Mio Signore- disse con voce atona.

Solo allora Voldemort si girò, sul volto un sorriso inquietante, che a Draco ricordava un rettile.

- Draco alzati-

Il biondo fece come gli era stato ordinato.  Si ritrovò a guardare due occhi rossi che lo stavano scrutando dalla testa ai piedi. Quegli occhi erano inquietanti, infondevano un terrore più profondo della semplice paura. Ma Draco avrebbe combattuto comunque.

-Vieni avanti ragazzo-

Draco fece come gli era stato detto e lentamente si avvicinò. Distava solo un passo dal Signore Oscuro. Quest'ultimo con un movimento fulmineo gli arpionò il braccio dove ancora vivida risposava la ferita che il biondo si era inferto qualche giorno prima. Draco trattenne una smorfia di dolore, cercando di rimanere impassibile.

-Cosa sarà mai successo qui- la sua voce era talmente sibilata, che a Draco venne l'impulso di tapparsi le orecchie; ma si costrinse a rimanere completamente immobile.

La stretta dell'essere che aveva davanti era ferrea e gelata. Le dita erano di un bianco cadaverico; non avevano più nulla di umano. Niente in quell'essere era umano.

Quando il Signore Oscuro si rivolse nuovamente a lui; Draco venne scosso da un brivido violento.

-Ti unirai a me Draco?- chiese con la sua voce da rettile sorridendo.

Uscirono le parole ancor prima che lui potesse fermarle, uscirono senza controllo, da sole, guidate solo dal suo istinto.

-No- rispose con voce ferma e decisa.

Il sorriso scomparve dal volto dell'Oscuro Signore che serrò ancora di più la presa sul suo braccio, provocandogli un'intensa fitta di dolore.

-No...- ripeté.

Gli occhi erano diventati ancora più rossi e lampeggiavano di rabbia.

-Crucio-

Draco non si accorse nemmeno che Voldemort avesse estratto la bacchetta. Non si accorse neanche di averla puntata al petto finché l'incantesimo non lo colpì.

Cadde mentre sentiva tutte le ossa rigirarsi, i tessuti strapparsi e bruciare. Il cuore battere così forte da sembrare che gli uscisse dal petto. Il dolore lo stava avvolgendo e portando via con se. Non urlò. Si morse forte il labbro, ma non urlò. Non gli avrebbe dato questa soddisfazione.

-Unisciti a me- sibilò di nuovo quell'essere.

Draco rispose tra gli spasmi di dolore, a denti stretti.

-No-

Voldemort fermò la sua mano solo pochi istanti, quelli in cui Draco si rimise faticosamente dritto, ma comunque inginocchiato per terra.
-Ti unirai a me e ucciderai Albus Silente, te lo assicuro, oppure tutte le persone a te care, moriranno.- poi senza dare il tempo al biondo di rispondere lo torturò di nuovo.

-Crucio-

Infine, Voldemort rise.


***


Avevano passato un'ora dentro la libreria. Voldemort lo aveva torturato per tutto il tempo. Alla fine Draco accettò; aveva minacciato di uccidere i suoi genitori; e lui questo non poteva permetterlo. Ora capiva suo padre.

Si diresse con passo lento verso la sala dove si sarebbe tenuta la cerimonia, era pieno di lividi ed erano visibili dei tagli lì dove il completo era stato strappato, conseguenza delle torture. Sentiva tutto il corpo bruciare, ma era nulla in confronto a quando gli aveva lanciato il cruciatus.
Si era sentito contorcere tutto, come se gli organi premessero per uscire dal suo corpo, aveva sentito le ossa rigirarsi come ingranaggi ed aveva seriamente creduto di morire.

Il Signore Oscuro se n'era andato dalla biblioteca prima di lui. Un mangiamorte che non conosceva era poi entrato e adesso lo stava scortando con la bacchetta puntata dritta sulla sua schiena.

Camminava a testa bassa Draco guardando fisso quel taglio sul braccio sinistro che non si era ancora del tutto rimarginato. Tra pochi istanti avrebbe ricevuto il marchio nero sopra quella ferita.

Erano arrivati davanti al portone che conduceva alla sala principale. Draco mise una mano in tasca e strinse il pezzo di carta che aveva custodito al suo interno.

-Muoviti-

Lo canzonò il mangiamorte spingendolo con la bacchetta.
Draco aprì le porte ed entrò.

All'interno erano presenti i suoi famigliari, quelli di Blaise e Pansy, sua zia Bellatrix che lo guardava con occhi assassini e altri venti o trenta mangiamorte che Draco non conosceva.

Avanzò lentamente nella stanza. Vide sua madre trattenere il fiato e suo padre metterle un braccio intorno alla vita attirandola a se, come per proteggerla da quella vista. Blaise era insieme ai suoi genitori e guardava ad occhi sbarrati il suo migliore amico, l'agitazione riconoscibile dal leggero tremito che aveva alle mani. Pansy non c'era. Meglio così.

Draco avanzava a testa alta. Le ferite gli bruciavano ancora, ma lui non se ne preoccupava mentre passo dopo passo si avvicinava a quello che era il suo destino.

Il Signore Oscuro era al centro della stanza. Sul volto il solito sorriso inquietante.

-Questo sia di monito per chiunque osi disubbidirmi-  Il suo sibilo arrivò chiaro e forte nella stanza.
-Un esempio di come tutti i miei nemici si piegheranno davanti a me-

Così dicendo Draco venne trascinato di fronte a quell'essere da due mangiamorte e messo a forza in ginocchio. Uno dei due gli sollevò il capo reggendolo dai capelli. Ora gli occhi del biondino erano puntati dritti nel rosso sangue.

Il Signore Oscuro allungò la sua mano deformata e arpionò il braccio di Draco. Il gelo iniziò a propagarsi nel corpo del ragazzo.

-Sono certo che saprai come farti perdonare-

Detto ciò Voldemort prese la bacchetta premendola sul braccio di Draco. Un dolore lancinante, peggiore di una coltellata iniziò a scuotere tutto il corpo del biondino, mentre il marchio nero prendeva forma. Man a mano che andava avanti il dolore si faceva più forte. Draco impiegò tutto il suo autocontrollo per non urlare, mordendosi forte il labbro, sentì in bocca il sapore salato del suo sangue. Deglutì. Rimase assolutamente immobile, i due mangiamorte di fianco a lui lo tenevano fermo e con la testa rigorosamente alzata, così da poter guardare il Signore Oscuro in faccia.

Quando il marchio fu terminato, una fitta atroce colpì il biondo in pieno petto che si piegò in due. Gli mancava il respiro. I due ceffi lo avevano lasciato andare e Draco ancora inginocchiato appoggiò le mani a terra cercando di riprendere fiato.

Il Signore Oscuro sorrise.

-Benvenuto tra noi giovane Malfoy- così dicendo se ne andò seguito da tutti gli altri mangiamorte.

Nella stanza rimasero soltanto Draco ancora piegato a metà dal dolore; i suoi genitori e Blaise; ma nessuno osò muoversi, qualcosa nella postura di Draco lo impediva.

A Draco il braccio sanguinava e bruciava come se gli avessero dato fuoco. Il marchio nero spiaccava sulla sua pelle diafana come fosse uno squarcio su un prezioso dipinto.
Mentre guardava quello scempio che gli deturpava la pelle, non sentiva più nessuno intorno a lui. Era solo. Qualcosa dentro gli era stato rubato. Gli avevano spezzato il cuore e lasciato i cocci per terra. Si sentiva umiliato e distrutto.

Solo allora Draco Malfoy urlò.

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