Menzogne
Harry e Ginny sedevano uno di fronte all'altro nel vagone del treno diretto ad Hogwarts, erano in silenzio e nessuno dei due aveva più parlato con l'altro dopo l'attacco alla tana.
"Ginny si stava asciugando le lacrime, mentre fissava la tana che davanti a lei continuava a bruciare. Tolse la mano da quella di Harry e senza dire una parola si avvicinò alla carcassa che era una volta casa sua.
Spense alcune fiamme con la magia, si accorse appena che dietro di lei i suoi famigliari stavano facendo lo stesso. Quando il fuoco si fu estinto del tutto, Ginny camminò sulle braci che una volta erano state la sua casa e la sua infanzia. Le lacrime non scendevano più. Ora c'era solo rabbia a pervadergli tutto il corpo; quasi come se anche lei stesse per bruciare."
Ginny guardava fuori dalla finestra mentre ricordava. Casa sua non c'era più. Tutto di lei era andato distrutto, vestiti, libri, la sua camera. Ogni cosa era stata spazzata via così facilmente, da farle credere che potesse succedere anche a lei. Tutto ciò che ricordava, ora non c'era più. Tutto ciò che lei era stata, ora, non esisteva più; era volato via insieme alle ceneri della tana.
-Tutto bene Ginny?-
Era Harry che con la sua voce dolce le stava chiedendo come stesse. Come stava? Ginny era entrata in una specie di limbo in cui non provava più nulla, una staticità che la stava schiacciando sotto il suo peso. La voce le uscì fredda alle sue stesse orecchie.
-Sto bene-
-Non è vero- ribatté subito il moro con una punta di ostinazione.
Ginny lo guardò rassegnata, come succedeva sempre, gli occhi di Harry la tranquillizzarono.
-Mi sento solo un po'... persa; c'erano tutti i miei ricordi. Tutto quello che ero e che sono in quella casa-
Harry si sporse verso di lei, delicatamente le prese una mano, mentre i suoi occhi si illuminavano; come succedeva sempre quando guardava la rossa.
-Sono le persone che ci amano a costruire i nostri ricordi Ginny. Sono loro a fare di te quella che eri e che sei; finché ci saranno, ci saremo, sarai sempre a casa-
Ginny sorrise, e quando lo fece illuminò tutto il piccolo spazio dello scompartimento. Prese ad accarezzare lievemente le mani di Harry, che si sforzò di rimanere concentrato.
-Quando sei diventato così saggio Harry Potter?-
Il moro stava per rispondere, ma proprio in quel momento lo scompartimento si aprì. I due si staccarono subito tornando a sedersi uno di fronte all'altro; non si erano nemmeno accorti di essersi spostati.
Dean Thomas era appena apparso sull'uscio e, appena intravide Ginny, le scoccò uno dei suoi sorrisi bianchissimi, che faceva contrasto con la sua pelle bruna.
-Ginny! Ti ho cercata ovunque... Disturbo?- chiese rivolgendosi ad Harry. Un ghigno era stampato in faccia e nella domanda non c'era nessun'ombra di scuse.
-No, non disturbi- rispose Ginny tranquilla, come se il momento che aveva avuto con Harry poco fa, non fosse mai esistito.
Dean prese posto di fianco alla rossa, arpionandole subito una mano in una stretta ferrea. Ginny si morse il labbro, ma non tolse la mano.
-Potter, passate delle belle vacanze?- nel suo tono non c'era niente di cordiale. Pura ostilità.
-Si Thomas, i genitori di Ginny sono stati molto accoglienti, come sempre- Harry ghignò di rimando. Forse, pensò, quel 'morettino tutto sorrisi' si era scordato che lui doveva essere smistato in serpeverde.
Ginny trasalì impercettibilmente. Dean si incupì all'istante, girandosi verso la
sua fidanzata.
-Non mi avevi detto che ci sarebbe stato anche lui-
Ginny lo squadrò con un fastidio malcelato.
-Viene sempre da noi per le feste, non c'era nessun bisogno di dirtelo, visto che avresti dovuto saperlo!- la ragazza stava assumendo il colore dei suoi capelli a partire dalle guance.
Dean digrignò i denti.
-Ginny...- disse a mo di avvertimento, con un tono di voce che non si addiceva per niente ad una conversazione pacifica. Le stava stringendo così forte la mano che Ginny iniziava a non sentirsela più.
-Lasciala!-
Era stato Harry a parlare, con gran sorpresa di tutti. Dean lo guardò come se volesse ucciderlo.
Si alzarono contemporaneamente. Ora erano faccia a faccia che si fronteggiavano.
-Altrimenti Potter?- ringhiò Dean in risposta.
-Altrimenti, dovrai guardarti le spalle spesso, Thomas-
-ADESSO BASTA!- era stata Ginny ad urlare. Il petto che si alzava e abbassava, mentre si metteva di fianco a loro; le mani, appoggiate sui petti di entrambi, che cercavano di separarli.
-Primo, io non ho bisogno di una guardia del corpo- e guardò Harry puntandogli un dito contro; quest'ultimo spalancò gli occhi sorpreso. -Secondo, tu non ti devi permettere di farmi male e di dubitare di me! Sono stata chiara?- disse indicando Dean che spalancò la bocca per controbattere, ma si zittì all'istante appena vide l'occhiata assassina della sua fidanzata.
I due ragazzi la guardarono basiti e annuirono in silenzio.
Ginny sbuffò. -Bene. Ora se volete scusarmi, vado a farmi un giro; mentre voi calmate i vostri bollenti spiriti!- così dicendo con le guance ormai in fiamme, Ginevra scostò i due ragazzi uscendo di gran carriera dallo scompartimento.
***
Ginny procedeva a passo spedito cercando un altro scompartimento in cui sedersi. Quei due l'avevano decisamente fatta alterare. Non era una bambina! Sapeva perfettamente cavarsela da sola. Non aveva bisogno che qualcuno la difendesse come se lei non fosse stata in grado di farlo.
Dopo aver superato cinque scompartimenti Ginny iniziava a perderci le speranze. Erano tutti pieni. Arrivata al sesto, si accorse che dentro c'era una ragazza con lunghi capelli biondi che guardava sognante il paesaggio esterno. Di fronte a lei c'erano altre due ragazzine che sembravano più piccole. Ridevano e sghignazzavano indicando la bionda, cercando di starle il più lontano possibile.
Ginny non ci vide più. Entrò nello scompartimento, il viso ancora più rosso di quanto non fosse già e puntò gli occhi addosso alle due ragazze; in viso un'espressione che ricordava terribilmente mamma Weasley nei giorni peggiori.
-Voi due- sibilò -Fuori da qui. Ora.-
Le ragazze alzarono lo sguardo pronte a ribattere; ma la faccia di Ginny doveva essere così spaventosa, che le due spalancarono gli occhi uscendo di corsa spaventate.
-Ci sono abituata-
Era stata una voce lieve a parlare, un po' trasognante. Ginny la riconobbe subito e sorrise.
-Lo so, ma non per questo devono farlo-
Luna adesso la stava guardando, gli occhi grigi puntati su di lei.
-Ti turba qualcosa Ginny?-
Come faceva a capire sempre lo stato d'animo in cui si trovava? Era sorprendente.
-A cosa servirebbe mentirti?-
La Corvonero le sorrise amabilmente, come le sorriderebbe una sorella.
-A nulla Ginny, lo sento-
La rossa sorrise, non faceva altro quando era con Luna. Era capace di stare ore con lei a parlare. Luna era saggia per avere l'età che aveva e dispensava sempre ottimi consigli, e poi le voleva bene; e non sopportava chi la prendeva in giro.
- Si tratta di Harry e Dean-
- Lo immaginavo, avanti racconta-
Ginny sospirò e si mise a raccontare tutto, ogni particolare dal primo all'ultimo. Raccontò di come
Harry l'avesse tranquillizzata, tenendole le mani; di come Dean li avesse interrotti entrando con la sua solita aria da strafottente; di come i due si fossero tirati frecciatine e di come alla fine si fossero fronteggiati come se lei non esistesse o non fosse in grado di difendersi da sola. Alla fine del racconto Ginny aveva il fiatone, ripensarci le aveva fatto ribollire il
sangue nelle vene.
Luna la guardò attentamente per tutto il racconto, l'ascoltò senza mai interromperla e anche quando finì di parlare rimase in silenzio, pensando alla risposta da darle.
Ginny, che era la tensione fatta a persona in quel momento, non riuscì più a trattenersi.
-Di qualcosa Luna!-
La ragazza la guardò. I suoi grandi occhi grigi che non mentivano mai. Se c'era una cosa che Ginevra apprezzava in lei era la pura sincerità con il quale parlava e, forse, proprio per questo era diversa.
-È innamorato-
-Chi è innamorato?- chiese Ginny confusa.
Luna stava per rispondere quando...
-Ah ecco dov'eri! Ti ho cercata per... scusarmi, sai, per prima.- disse Harry comparso sulla porta dello scompartimento - Ciao Luna- disse poi rivolgendosi alla bionda che ricambiò sventolando una mano.
Harry aveva le guance arrossate, un po' per aver cercato Ginny ovunque e un po' per lo scontro che aveva avuto con Dean dopo che lei se n'era andata. Con la mano si grattava la testa imbarazzato , e l'espressione del suo viso ricordava tanto a Ginny un cucciolo bastonato.
-Scuse accettate, per quanto mi faccia piacere quando fai il fratello protettivo, me la so cavare da sola-
Ginny era rassegnata, sapeva che Harry la proteggeva perché era come una sorella per lui. Anche se, alla tana c'era stato un momento in cui, forse, aveva creduto che lui potesse ricambiarla... ma erano solo fantasticherie, brutti scherzi giocati dal suo cuore.
Harry si rabbuiò, un fratello? Quindi era così che lo vedeva Ginny?
-Certo, grazie. Posso sedermi qui con voi?-
-Certo che puoi-
-Grazie Luna- così dicendo il ragazzo si sedette di fianco a lei, cercando di guardare tutto tranne Ginny che gli sedeva di fronte.
Luna seduta vicina alla finestra accennò un sorriso, quei due si evitavano perché entrambi pensavano di non piacere all'altro.
'Ci arriveranno' si disse continuando a guardare il paesaggio davanti a lei; e non poté non pensare che fosse mutevole come i cuori delle persone.
***
Draco Malfoy si era alzato intontito e sentiva la stanchezza penetrargli nelle ossa facendogli quasi male. Ricordava poco o nulla della sera prima, sapeva di aver visto Blaise ma non si ricordava precisamente quando, e sapeva anche di aver passato molto tempo nella stanza delle necessità, ma non riusciva a collegare i due eventi. Inoltre sentiva una specie di vuoto che non riusciva a colmare; e questo dovette ammetterlo lo mise ancor più di malumore.
Dopo essersi preparato, si stampò in faccia il suo solito ghigno e di gran carriera si avviò verso la sala grande. La testa gli martellava terribilmente, si mise le mani sulle tempie cercando di massaggiarle, ma il dolore sembrava aumentare.
-Hey Malfoy ben svegliato!-
Draco riconobbe immediatamente quella voce.
-Sembri di buon umore-
-Tu no- osservò il moro guardandolo con occhio critico.
-Sto bene Blaise, ho mal di testa nient'altro- rispose secco il biondino, mentre insieme continuavano a camminare verso il banchetto.
- Tutto bene Draco?- gli chiese Zabini con rinnovato interesse.
Il biondo parve pensarci un po' su, poi scrollò le spalle.
- Sto bene, anche se non ricordo cosa ho fatto ieri sera-
Blaise si mise a sghignazzare, solo se Malfoy avesse avuto un occhio più attento, avrebbe notato di come il moro si stesse sforzando di apparire realistico.
- Forse non ricordi, perché eri un tantino allegro ieri-
Draco lo guardò ad occhi spalancati.
-Abbiamo bevuto?!-
-Si e tu ci hai dato dentro- ora Blaise rideva davvero.
-Sei proprio una serpe!- inveì il biondo, ma Blaise non lo stava ascoltando. Nella sua testa stava calcolando la via migliore per testare il suo amico.
Neanche a chiederlo, poco dopo Hermione Granger in persona passò di fianco ai due ragazzi fulminando Draco con lo sguardo. Fortunatamente non disse nulla.
Blaise guardò attentamente Draco per tutto il tempo. Cercava segni di cedimento, una distrazione, uno sguardo che lo avesse portato a guardare la grifondoro; ma nulla. Malfoy era rimasto impassibile, mentre Hermione continuava la sua marcia verso la sala grande.
-Hey hai visto chi c'è, la Granger-disse Blaise.
Draco si accigliò un attimo, nella sua mente era apparso un flash, come una breve immagine di un ricordo sbiadito; ma quando tentò di afferrarlo gli sfuggì dalle mani, come se avesse provato ad afferrare l'acqua. Scrollando la testa si risvegliò e ghignò.
-La Mezzosangue, senza i suoi tirapiedi appresso, sarebbe una situazione ottimale per uno dei nostri scherzi- disse il biondo malizioso.
Nella testa di Blaise scattò subito un allarme. Se Draco si fosse avvicinato ad Hermione sarebbero stati guai.
-No, stamattina voglio stare tranquillo Malfoy-
Il biondo lo guardò un attimo stranito.
-Come ti pare, rammollito-
Blaise gli tirò un'occhiata assassina; ma non replicò.
Entrati nella sala grande, constatarono che alcuni studenti, come loro, erano rincasati prima dalle vacanze. Nella sala si potevano già sentire i primi chiacchericci.
Blaise e Draco si diressero dritti al tavolo Serpeverde, erano ancora in vacanza, perciò si sedettero uno vicino all'altro con Pansy di fronte che, diversamente dal solito, non si era ancora gettata tra le braccia di Draco. Fissava con sguardo vacuo il piatto che aveva davanti, muovendo pezzi di cibo indefiniti.
Hermione dall'altro lato della sala tirava occhiate di quando in quando al tavolo serpeverde. Lui non l'aveva degnata neanche di uno sguardo. Per la sesta o forse settima volta, la ragazza guardò il biondo che stava tranquillamente mangiando un pancake, chiacchierando con Blaise. Non riusciva a capire, come faceva a non guardarla nemmeno? Prima l'aveva ignorata e questo lo poteva sopportare, o quasi, ma ora sembrava totalmente indifferente; il che fece ancora più male ad Hermione. Preoccupata la ragazza scoccò un'occhiata interrogativa a Blaise.
Il serpeverde l'aveva vista eccome quell'occhiata e accuratamente la ignorò. Facendo del suo meglio per concentrarsi sul cibo e su Draco che parlava. Fortunatamente, pensò, Draco sembrava non accorgersi nemmeno della presenza di Hermione. Aveva temuto che pronunciando il suo cognome fosse potuto andare storto qualcosa, invece lui aveva solo fatto una smorfia e poi aveva risposto esattamente come avrebbe fatto due mesi fa. Prima dell'ordine e prima di Hermione.
Non gli piaceva per niente quella storia e sapeva che prima o poi avrebbe dovuto spiegare, ma per il momento sembrava funzionare. Malfoy sembrava tranquillo, per quanto il marchio nero gli concedesse tranquillità.
-...inoltre ti dicevo che salto sui monti nudo; nel mio tempo libero ovviamente-
-Cosa?!- disse Blaise riscuotendosi.
-Non mi stai ascoltando Blaise- rispose il biondo scoccandogli un'occhiata truce -Cosa c'è?-
Il serpeverde si morse il labbro; forse questo era il momento giusto.
-Draco, ho un problema...-
***
Pansy stava spostando l'ennesimo pezzo di cialda da un estremo all'altro del piatto; ma di mangiarla non se ne parlava. Non aveva fame e non sapeva nemmeno perché fosse andata a colazione. Non si era nemmeno accorta di chi avesse di fronte e, d'altronde, loro non avevano prestato molta attenzione a lei.
Se Pansy avesse sollevato lo sguardo, forse si sarebbe accorta di due occhi che la stavamo fissando. Considerando però quanta poca voglia avesse di mangiare, si alzò dal tavolo senza degnare né Blaise né Draco di alcuna attenzione.
Aveva avuto una nottata infernale, svegliandosi tra incubi e realtà senza sapere bene quale fosse l'una o l'altra. Sognò due occhi che la squadravano inquisitori. Due braccia forti che la sorreggevano, impedendole di cadere in un profondo burrone. Baci leggeri come il vento che le sfioravano la pelle e sparivano nel vuoto. Pansy non riusciva ad avere pace, mentre sia nei sogni che nella realtà la sua testa continuava a funzionare, cercando di capire a chi appartenessero quegli occhi che la stavano tormentando.
Stava camminando a passo lento per i corridoi e come il giorno prima sentì il respiro mozzarsi, appena rivide nella sua mente il color corteccia che la ossessionava. Il respiro le si fece sempre più veloce, mentre faticava a mandare aria ai polmoni. Si sentì soffocare.
-Maledizione!- urlò rabbiosa, appoggiandosi alla parete per controllarsi. Enspirò ed espirò, ma questo non sembrava aiutarla. Stava con le mani poggiate contro il muro e la testa rivolta indietro, gli occhi rigorosamente chiusi. Non dormiva bene da quasi quattro giorni e sentiva la stanchezza fin nelle ossa.
Si sentì mancare ed era certa che sarebbe caduta sul pavimento, se due braccia forti non l'avessero afferrata appena in tempo.
***
L'aveva seguita fuori dalla sala grande, cogliendo l'attimo in cui tutti gli studenti erano raggruppati per la colazione. Sgusciato via abilmente all'interrogatorio di Hermione; Ron stava seguendo Pansy esaminando il suo comportamento, che doveva ammetterlo, era davvero strano.
Non aveva aperto bocca, non aveva insultato nessuno e non aveva nemmeno strangolato Malfoy in uno dei suoi abbracci. C'era decisamente qualcosa che non andava.
Ron si bloccò un momento nel mezzo del corridoio; da quando sapeva cosa facesse la Parkinson?. Scrollò le spalle, pensando che sicuramente tutta la
scuola lo sapeva. Nemmeno lui capiva perché l'avesse fissata così intensamente a colazione, né perché si fosse alzato per seguirla fuori dalla Sala Grande. Forse era la curiosità o forse l'istinto di sopravvivenza a guidarlo, in ogni caso decise di arrivare in fondo alla questione.
Stava ancora camminando, quando poco più avanti intravide la
morettina, che con passo barcollante, procedeva verso i sotterranei. La vide fermarsi e appoggiarsi alla parete; vide il suo petto abbassarsi e alzarsi velocemente. Osservandola meglio,
Ron si accorse delle occhiaie violacee che contornavano gli occhi della ragazza; inconfondibili... insonnia. La conosceva bene Ron, aveva già visto gli stessi segni su Hermione.
La ragazza continuava a respirare velocemente, ma sembrava che niente riuscisse a calmarla. Ron sapeva che non sarebbe riuscita a rimanere in piedi allungo.
Da quando si preoccupava per i
Serpeverde? Quella serpeverde poi!?
Fece per girarsi e tornare sui suoi passi, quando un leggero tonfo lo fece rigirare. Come pensava, Pansy era scivolata un po' giù per la parete appoggiandocisi pesantemente. Appena la vide Ron non pensò più. Come ogni volta quando la vedeva e pensava di fare una cosa, il suo corpo ne faceva un'altra quasi contro la sua volontà. Corse verso la serpeverde, annullando la distanza che li separava e afferrandola prima che cadesse a terra.
-Sta diventando un'abitudine- disse il rosso sorridendo divertito. Era forse, la prima volta che sorrideva davvero alla Parkinson e la cosa lo sorprese e non poco.
Pansy intanto faticava a tenere gli occhi aperti, aveva intravisto la zazzera di capelli rossi e aveva intuito che fosse stato Ron a tenerla in piedi. Quello che non comprendeva però era perché lo avesse fatto.. Ma la risposta le si presentò forte e chiara qualche momento dopo. Era in debito con lui, ed un Serpeverde paga sempre i suoi debiti. L'avrebbe torturata ne era certa. In quel momento avrebbe voluto spingerlo via, allontanarlo da se per non sentire più le sue mani calde su di lei. Ci provò, ma l'unica cosa che riuscì a fare fu dargli una leggera pacca sul petto.
Ron rise, la situazione era davvero esilarante; a parte il fatto che praticamente Pansy non si reggeva in piedi. Ormai l'aveva aiutata, tanto valeva andare fino in fondo.
-Dai ora ti aiuto a camminare, reggiti a me-
La ragazza provò di nuovo a scostarsi, ma la presa di Ron era ferrea.
-Togliti!-
-Smettila di lamentarti Parkinson!- disse il rosso con voce leggermente irritata.
-Va bene, non scaldarti- la mora si rese conto, con orrore, che la sua voce era solo un sussurro. L'avrebbe presa in giro a vita ne era certa.
-Riesci a camminare?-
Lei lo guardò un attimo, poi si concentrò sui suoi piedi. Annuì sperando di riuscirci davvero.
Provò a fare un passo, ma appena mise il peso sul piede, una fitta alla testa la fece barcollare rischiando di mandarla lunga distesa a terra. Ron prontamente l'afferrò.
-Ne deduco che la risposta sia no-
Pansy gli scoccò un'occhiata assassina, quel rosso si stava decisamente divertendo troppo.
-Così non arriveremo mai ai sotterranei...-
Pansy sospirò rassegnata. Forse, pensò, sarebbe potuta rimanere un po' a sedere nel corridoio, per vedere se le passava...
Mentre formulava questo pensiero, la serpeverde venne sollevata da terra. Pansy emise un gridolino di sorpresa, allacciando le braccia al collo di Ron per non cadere.
-Cosa stai facendo Lenticchia?!-
-Fossi in te sarei più gentile Parkinson. Comunque mi pare logico no? Ti porto nei sotterranei. Tanto sono tutti in sala grande e ormai ti ho aiutata. Mi devi un favore serpe- poi Ron ghignò divertito.
Ecco lo sapeva che glielo avrebbe chiesto e non si poteva nemmeno rifiutare, lui l'aveva aiutata e lei doveva ricambiare. La ragazza sbuffò, era in trappola.
Pansy si ritrovò così circondata dalle braccia di Ron, era stato talmente inaspettato che anche il calore che le si irradiava su per tutto il corpo, la colse di sorpresa. Anche se era terribilmente stanca, Pansy sentiva fin troppo le dita che solleticavano i capelli di lui. Si sentiva ardere e constatò, spaventata, che questo accadeva solo quando Ron era nei paraggi.
Ron rimase in silenzio per tutto il viaggio. Pansy era leggera e minuta, più bassa di lui di almeno 10 cm. La osservò mentre era appoggiata con la guancia sul suo petto e sentì il battito cardiaco aumentare. Non sapeva perché, forse per lo sforzo. Sperò solo che lei non se ne accorgesse.
Suo malgrado, però, Ron si ritrovò ad osservare la curva del viso, i capelli neri come la pece che le cadevano come velluto sulle spalle, il respiro irregolare che usciva dalle labbra sottili e poi il calore, il suo corpo lo stava incendiando; sentiva le mani che la sorreggevano bruciare.
Non si era nemmeno reso conto di essere davanti al quadro che custodiva i sotterranei. Pansy sussurrò qualcosa e subito la porta si aprì rivelando la sala comune. Era tutta tappezzata di verde, c'era un divano contornato da altre quattro poltrone e un tavolino in mezzo. Nel camino scoppiettava il fuoco emanando un leggero calore; dall'altro lato della stanza c'era un enorme tavolo su cui capeggiavano fogli sparsi.
-Ora puoi mettermi giù-
Ron guardò un attimo la ragazza che aveva in braccio, gli occhi erano due fessure, ogni tanto la sentiva abbandonarsi contro di lui. Doveva essere davvero esausta se non lo aveva insultato nemmeno una volta.
-Si certo Parkinson, non ti reggi nemmeno in piedi. Su, indicami la
tua stanza-
Controvoglia Pansy gliela indicò. Ron si diresse verso la porta spalancandola con un calcio. Nella camera c'erano altri due letti. La serpeverde gli indicò il suo e lui l'adagiò delicatamente sopra le coperte.
Aveva il sudore che gli imperlava la fronte, Pansy era sdraiata ad occhi chiusi. Ron si sedette sul letto di fianco a lei. Non sapeva perché lo stesse facendo, perché avesse fatto tutto questo sforzo. Continuava a chiederselo, ma non gli veniva in mente nessuna risposta.
-Perché lo hai fatto?- la voce di Pansy lo strappò violentemente dai suoi pensieri. Il ragazzo la guardò, constatando che era lieve e delicata senza la solita ruvidezza e asprezza di sempre.
-Perché ho fatto cosa?-
Pansy sbuffò.
-Sai di cosa parlo Weasley, non fare il finto tonto-
Ron rise davvero, senza ombra di malizia o scherno e Pansy si ritrovò a ridere con lui.
-Non mi sarei mai aspettato di essere nella stanza di Pansy Parkinson e di ridere con lei, parlando civilmente poi!-
-Nemmeno io- sorrise la ragazza- e... grazie Ron-
Il grifone credeva di aver sentito male, si girò per chiederle se avesse davvero detto il suo nome, ma quando lo fece lei dormiva già.
Sembrava così innocua, non la serpe che faceva sempre vedere agli altri. Ron si sorprese a pensare che forse anche Pansy Parkinson poteva avere qualcosa di buono.
-Di niente Pansy- e sorrise lasciandole un delicato bacio sulla guancia. L'ultima cosa che vide prima di andarsene fu il sorriso della serpeverde.
***
-Fammi capire... mi stai dicendo che ti piace la Loovegod?!-
-Potresti non urlare Malfoy. Gradirei che non fosse di dominio pubblico- rispose Blaise stizzito.
Draco stava ridendo da un'ora ormai. Quando aveva saputo cosa tormentava tanto Blaise, e che per di più era solo una cotta, non era più riuscito a trattenere le risate.
-Tu- il ragazzo dovette fermarsi per riprendere fiato-stai così per Lunatica Loovegod??- Draco non accennava a smettere di ridere.
'Non solo questo' pensò Blaise rassegnato. Aveva una voglia matta di tirare un pugno in faccia al suo migliore amico.
-Non chiamarla così!- scattò.
-Dai calma Blaise è solo... strano!- e il biondo rise... ancora.
Il suddetto sbuffò di nuovo, forse non era stata una buona idea parlare di Luna.
-Draco Lucius Malfoy, pensi di piantarla?-
Draco aggrottò la fronte, nelle orecchie gli era rimbombata una voce femminile che lo chiamava per nome completo; ma nessuno lo faceva mai. A parte Blaise e sua madre. Scosse la testa, sicuramente gli aveva ricordato Narcissa.
-Va bene, va bene la smetto. Però non me l'aspettavo-
-Nemmeno io, ma quando l'ho...- e Blaise si interruppe di colpo, il rossore del viso coperto dalla pelle mulatta.
Malfoy lo guardò storto, la bocca già piegata in un sorriso malizioso.
-Quando l'hai...?-
-Nulla- rispose subito Blaise. Stava guardando fisso il piatto davanti a se, maledicendo la sua lingua lunga.
-Zabini sputa il rospo!-
Blaise si prese la testa tra le mani. Che diavolo gli era saltato in testa quando aveva deciso di raccontare tutto a Draco?.
-Quando l'ho... baciata- sussurrò con ancora le mani a coprirgli la bocca; mentre il ricordo gli invadeva la mente, mandandogli brividi per tutta la
schiena.
L'amico lo guardò ad occhi spalancati.
-Tu hai fatto cosa?-
Blaise sospirò.
-L'ho baciata e mi ha ricambiato- la voce gli uscì quasi un sussurro, il colore che gli defluiva dal volto. Ripensarci gli faceva più male di quanto volesse credere.
Draco lo guardò un attimo. Ora si era fatto serio. Non credeva che fosse così grave la situazione.
-Non è solo una cotta vero?-
Blaise parve sinceramente confuso, mentre ricambiava lo sguardo del suo migliore amico.
-Non lo so-
-Perché non ti butti? C'è qualcosa che ti trattiene vero? È perché viene presa in giro da tutti?-
Blaise si fece ancora più pensieroso, non sapeva se dirgli la verità avrebbe, forse, portato ad alcune conseguenze. Aveva paura che dicendogli del marchio, potesse fargli ricordare qualcosa che era meglio dimenticare.
-No Draco, sai che non me ne importa nulla. Il problema è... Il marchio. Voglio proteggerla-
Draco si oscurò un attimo, un piccolo flash gli era passato nella mente, ma proprio come quello precedente, non riuscì ad afferrarlo abbastanza allungo per poter capire di cosa si trattasse.
-Blaise ora vado- la voce gli uscì quasi in autonomia.
-Dove?- chiese il moro; che aggrottò la fronte, confuso dal cambio d'umore improvviso del suo amico.
Draco guardò un attimo Blaise poi rispose.
-Sai dove. Ci vediamo dopo- così dicendo il biondo si alzò per andarsene, ma prontamente la mano di Blaise lo fermò.
-Sai che non devi fare tutto da solo-
Draco guardò il suo amico, la fermezza degli occhi, la mano che si serrava sul suo braccio, il viso distorto in una smorfia di preoccupazione. Gli voleva bene e se non fosse per lui probabilmente si sarebbe già perso.
-Lo so- rispose sorridendo; poi se ne andò.
***
Hermione era già stata ignorata, prima da Draco poi da Ron e questo le faceva male, ma poteva accettarlo, perché comunque voleva dire che a loro importava ancora di lei. Ora però si trovava in una situazione enigmatica e controversa. Aveva rivisto Draco dopo il loro scontro e aveva visto i suoi occhi. Quando si erano posati su di lei l'avevano trasportata indietro di due mesi. Glaciali e freddi come se non l'avesse mai guardata in altro modo. Non l'aveva degnata nemmeno di un'occhiata e lei si era accorta che qualcosa era cambiato. Sembrava totalmente indifferente, insomma dopo la loro discussione anche Draco Malfoy dovrebbe essere un minimo turbato; e invece no. Se ne stava seduto di fianco a Blaise ridendo tranquillo, come se nulla lo toccasse. Hermione era rimasta di sasso. Aveva sentito la crepa netta nel petto, il vuoto che le stava racchiudendo il cuore in una morsa glaciale. Aveva avuto un brutto presentimento, qualcosa non andava, ne era certa.
Non aveva parlato con lui, se voleva chiarire si sarebbe fatto avanti. Lei era orgogliosa e comunque voleva aspettare per vedere come si sarebbero evolute le cose. Portava regolarmente al collo la catenella con la leonessa che Draco le aveva regalato; un simbolo di speranza; portarlo al collo le ricordava che non poteva essere stato tutto un errore. Quel ragazzo che in quei giorni la guardava con tanta indifferenza era anche quello che le aveva donato se stesso. Non poteva essere tutto un inganno o almeno sperava che non lo fosse.
Sospirando e come ogni giorno, Hermione era diretta in biblioteca per stare un po' sola e pensare. Stava leggendo un libro durante il tragitto e, alzando un attimo lo sguardo vide un fulmineo movimento, una testa di capelli biondi che a passo svelto si stava dirigendo al piano superiore. Hermione non ci pensò un attimo, chiuse il libro e seguì il ragazzo.
Era Draco, la ragazza lo avrebbe riconosciuto ovunque. Le spalle erano rigide, la mano destra correva costantemente ai capelli, strattonandoli. Sembrava teso come una corda di violino, qualcosa lo preoccupava, constatò Hermione. Era rigido in tutto quello che faceva.
Lo stava seguendo, nascondendosi di tanto in tanto dietro ad una colonna quando lui si guardava alle spalle.
Arrivarono al settimo piano, Hermione dovette nascondersi in fretta quando Draco si bloccò davanti ad una parete. Si chiese che cosa stesse facendo, perché si fosse fermato; e la risposta non tardò ad arrivare.
Si sporse un po', fuori dalla confortante barriera dei mattoni che la coprivano, e vide il biondo passare davanti alla parete tre volte. Un portone si materializzò davanti a lui che senza perdere tempo entrò.
Hermione uscì dal suo nascondiglio; perché Draco era entrato nella stanza delle necessità? C'era qualcosa in tutta quella storia che non le quadrava proprio.
-Cosa mi nascondi Draco Malfoy?-
***
Harry, Ginny e Luna erano già in una delle carrozze, trainate dai thestral, che portavano ad Hogwarts. Come sempre Harry si sentiva un miscuglio di disagio e tristezza, quegli animali gli ricordavano la morte del suo padrino costantemente. Reprimendo il pensiero tornò a concentrarsi sulle ragazze. Non vedeva l'ora di ritornare tra le famigliari mura del castello. Era ormai sera inoltrata, e nel sentiero illuminato dalle torce, Harry vedeva la tenue luce danzare sul volto di Ginny. Era seduta di fianco a lui e sentiva la sua presenza, il calore del suo corpo e il suo profumo.
Doveva smetterla! Lei lo aveva detto chiaro e tondo, era come un fratello; a malincuore Harry doveva costringersi a non pensarla più.
Arrivati a scuola i ragazzi entrarono e subito il famigliare calore del castello gli avvolse.
-Finalmente a casa- disse Harry a nessuno in particolare. Ginny stava per replicare, ma la voce di Dean la zittì.
-Ginny! Vieni con me!- e senza darle il tempo di fare nulla, le arpionò il braccio trascinandola lungo il corridoio. Non prima di aver tirato un occhiata assassina ad Harry.
Il moro che fino a quel momento aveva il sorriso sulle labbra, si irrigidì, l'espressione furiosa campeggiava sul viso e le mani si chiudevano ritmicamente a pugno.
-Tutto bene Harry?- la voce lieve di Luna lo distrasse dai suoi pensieri cupi. Harry Potter guardò la minuta ragazza e cercando di tranquillizzarsi le rispose.
-Sto bene, è solo che... Dean e Ginny... Oh! Non fa niente!- balbettò esasperato. Quella rossa lo avrebbe fatto impazzire.
Luna sorrise, un sorriso dolce e tranquillo.
-Harry, sei incredibilmente ingenuo- e così dicendo la Corvonero se ne andò, lasciando il grifone, sbigottito e pieno di domande.
***
Luna camminava tranquillamente per i corridoi, stava ancora pensando ad Harry e Ginny, quei due si facevano del male da soli. Si piacevano era ovvio, eppure nessuno dei due sembrava capirlo.
Se avessero continuato, sicuramente sarebbero stati invasi dai gorgosprizzi.
-Hey Luna-
Una voce la distrasse dai suoi pensieri, Luna si girò per vedere chi l'avesse chiamata.
-Neville- la Corvonero era sorpresa, il grifone era un suo caro amico, ma ultimamente si comportava in modo strano. Non ricordava l'ultima volta in cui si erano parlati, e le era parso che lui si vergognasse a farsi vedere in giro con lei.
-Ciao Luna, come stai?- le chiese il grifone affiancandola.
-Sto bene, anche se ho avuto qualche problema con dei folletti durante queste vacanze-
Neville sorrise, le piaceva quando Luna parlava degli animaletti che vedeva solo lei, era un mondo affascinante, poi gli occhi sognanti che aveva, quasi come se stesse rivedendo la scena davanti a lei. Gli piaceva Luna, con le sue stramberie, erano amici; ma nell'ultimo mese si erano parlati poco, ogni volta diventava così rosso, che si vergognava di se stesso e scappava via. Chissà cosa lei pensasse di lui.
-Il mondo che vedi è così affascinante, mi piacerebbe poter guardare le creature che vedi tu-
Luna lo guardò con gli occhi leggermente spalancati dalla sorpresa.
-Davvero?-
Neville sorrise dolcemente e la ragazza dovette constatare che aveva davvero un bel sorriso; ma appena formulò quel pensiero un'altro viso prese forma nella sua mente, rivide due occhi marini che la guardavano; e represse un brivido.
-Si... Luna io... ecco... io...- Neville incespicava con le parole. Voleva dirglielo, voleva che sapesse perché si comportava in modo strano con lei. Allora fece una cosa, che non si sarebbe mai aspettato di poter fare. Non sapeva nemmeno da dove avesse trovato il coraggio. La bloccò in mezzo al corridoio. Luna era di fronte a lui che lo fissava con i suoi grandi occhi grigi e la sua serenità disarmante. Le prese le mani, continuando a guardarla negli occhi.
-Luna...- riprovò, il respiro gli si era accelerato.
Erano vicini, più di quanto non lo siano mai stati. Luna poteva sentire il suo respiro solleticarle la pelle. Era così vicino che poteva vedere le pagliuzze nere negli occhi marroni di lui. Il tocco di Neville era gentile, nulla a che vedere con quello di Blaise, forte, passionale... e lei non doveva pensarci!. Lui l'aveva presa in giro, e sicuramente non voleva avere nulla a che fare con lei.
Neville invece lo conosceva da sempre, era gentile e non si prendeva mai gioco di lei. Certo ultimamente era strano, ma forse gli avrebbe confidato il perché.
Avrebbe voluto dire qualcosa, aiutarlo, ma più ci provava, più le parole non volevano uscire. Non riusciva a spiccicare parola, il tocco di lui la mandava in confusione, c'era una piccola parte di lei che urlava a squarciagola di togliere le mani, di ritrarsi; ma Luna non lo fece.
Neville la stava guardando con una tale intensità, che si sentiva leggermente a disagio.
Come se si fosse riscossa da un lungo letargo, Luna guardò le loro mani intrecciate e adesso la voglia di ritrarsi era maggiore. Si sentiva come nuda agli occhi della persona sbagliata.
Nel frattempo Neville aveva spostato la mano destra a contornare la guancia della Corvonero, che sussultò dalla sorpresa.
-Neville io...- iniziò a dirgli, mordendosi poi il labbro.
Un verso soffocato, che sembrava quasi un lamento echeggiò per le pareti del corridoio. I due ragazzi si staccarono immediatamente, Neville era rosso come un pomodoro; mentre Luna le guance arrossate e gli occhi spalancati, fissava un ragazzo alto, con una massa di capelli riccioli e i pugni chiusi lungo i fianchi; che se ne stava immobile all'inizio del corridoio.
***
Blaise Zabini teneva le braccia lungo i fianchi e le mani ben chiuse in due pugni talmente tesi, da fargli male. Prendeva grossi respiri per calmare l'improvvisa furia che si era impossessata di lui. Aveva visto Neville toccare Luna come lui non avrebbe mai potuto. Aveva visto la sua mano sulla guancia. I suoi occhi su di lei e aveva una disperata voglia di ucciderlo. Alzò lo sguardo, e la prima cosa che vide, furono gli occhi grigi di lei spalancati. Lo scrutavano e come sempre sembrava che gli leggessero l'anima.
-Ma bene... guarda un po', lo sfigato che ci prova con la Lunatica. Siete proprio una bella coppia- non riconobbe nemmeno la sua voce tanto era stata crudele. Gli fece male vedere gli occhi di lei lucidi, la sua espressione delusa.
-Blaise...- sussurrò la ragazza, ma un'altra voce la sovrastò.
-Come ti permetti!?- era stato Neville a parlare, con tanta forza, che ne rimase colpito lui stesso.
Blaise iniziò ad avvicinarsi pericolosamente a lui, in viso un'espressione tutt'altro che amichevole.
-Io chiamo la tua ragazza come mi pare e piace chiaro?-
Neville stava per rispondere per le
rime, non era più il ragazzino sfigato che si faceva mettere i piedi in testa.
-Blaise! Io e lui non stiamo...- provò a farlo ragionare Luna.
-Zitta! Non voglio sentire nulla!- scattò il serpeverde. Si stava vagamente rendendo conto di essersi reso ridicolo; ma aveva così tanta rabbia che proprio non riusciva a frenarsi. Guardò Luna, e le barriere crollarono; quindi da brava serpe qual'era strisciò via; lasciando i due nuovamente soli.
Luna ancora sconvolta da quello che era successo, guardò la schiena di Zabini finché quest'ultimo non sparì alla sua vista. Le pizzicavano gli occhi, tutta quella storia non aveva senso; se non fosse Blaise, avrebbe quasi pensato che fosse una scenata di gelosia. I suoi occhi, quando lo aveva guardato, sembravano pieni di un tormento non esprimibile a parole. L'aveva di nuovo chiamata Lunatica, e stavolta il dolore era arrivato lancinante al cuore della Corvonero.
-Luna, stai bene?- era Neville che con la sua voce gentile le stava parlando; ma Luna era come in un sogno; come se le cose che stesse vedendo non fossero reali. Blaise le aveva fatto male, le era entrato dentro più di quanto si aspettasse e ora, solo ora si rendeva conto di quanto ci tenesse; di quanto avesse sperato fino all'ultimo che lui la iricambiasse davvero. Ma questo era solo un ennesimo sogno.
Sorrise, di un sorriso triste e rassegnato, al ragazzo che la guardava preoccupato.
-Sto bene- disse, e poi se ne andò verso la torre Corvonero.
***
Draco era nella stanza delle necessità da ore, ormai fuori doveva essere buio. Quando la porta si era richiusa alle sue spalle, quella mattina, aveva rilasciato un sospiro di sollievo. Gli era parso che qualcuno lo stesse osservando, ma ogni volta che si era girato per controllare, non c'era nessuno.
Si era messo a camminare tra i cumuli di oggetti dimenticati in cerca del suo. Appena lo aveva trovato, si era fermato a fissarlo. La famigliare sensazione di disagio aveva iniziato a salirgli su per la spina dorsale. Sentiva l'odio in ogni fibra del corpo. Doveva farlo o la sua famiglia sarebbe morta e lui avrebbe assistito.
Draco sospirò, mentre per l'ennesima volta ripensava a tutto quello che gli era successo. Il dolore, la voglia di combattere. Ma non poteva fare nulla di tutto ciò. Lui era solo una marionetta, solo un giocattolo capitato nel momento giusto di cui, presto, si sarebbero stancati.
"Iniziò a recitare l'incantesimo, cercando di riparare quell'enorme aggeggio; ma ogni volta che lo terminava non funzionava. Provò con un altro ma ancora niente. Erano ore che recitava sempre gli stessi incantesimi. La sua mente, ne era consapevole, non era concentrata. Si illudeva di esserlo per cercare di fare ciò che doveva, ma in cuor suo sapeva di non poterlo fare o meglio... di non volerlo fare.
All'improvviso, il ricordo del momento in cui gli era stato dato il compito gli balenò in testa, ricordò anche i tagli e le torture; ma non il motivo per il quale avesse detto di no quando l'Oscuro gli aveva chiesto di unirsi a lui. Non che lui volesse comunque. Come se indovinasse i suoi pensieri, il marchio iniziò a contorcersi e a bruciare. Draco represse un conato di vomito. Gli faceva quell'effetto da quando glielo avevano inferto. Si appoggiò pesantemente ad uno degli alti cumuli della stanza, facendo grossi respiri. Il marchio non ne voleva sapere di lasciarlo in pace e più ci pensava più il mal di testa si faceva forte.
Doveva calmarsi, aveva un compito da portare a termine, altrimenti le conseguenze sarebbero state devastanti. Involontariamente il suo pensiero corse all'ordine, ai suoi membri, quando toccò con la mente la Granger una fitta lancinante gli pervase la testa e il viso di lei era sfuocato, come se una mano avesse mosso uno specchio d'acqua.
Quando la fitta passò il suo pensiero arrivò fino al preside, alle sue parole e a quanta forza e fiducia aveva visto in quegli occhi, tanto da destabilizzarlo. Non voleva portare a termine il compito che gli era stato assegnato; ma doveva."
Ripensare a quello che era successo poche ore prima e all'ordine, lo rendeva ancora più inquieto. Non sapere cosa fare poi, lo rendeva nervoso. Draco si prese la testa tra le mani, sedendosi ai piedi di uno degli enormi cumuli della stanza; si rannicchiò come se volesse sparire. Gli venne voglia di urlare con tutta l'aria che aveva in corpo.
Non sapeva cosa fare, aveva una vera e propria guerra dentro di se; e alla fine temette, che l'unico che ne sarebbe uscito distrutto, sarebbe stato lui.
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