Le difficoltà dei comuni mortali
Lo shock, unito al mal di testa non era certo un tocca sana. In più, il preside lo stava letteralmente fissando in attesa di una risposta che, Draco, preferiva di gran lunga non dare.
-Ma... ma ha visto con chi sta parlando? Io non... mon ce la farei!- Draco continuava ad incespicare con le parole, sentiva il sudore freddo colargli giù per la nuca. Nervosismo e paura erano un susseguirsi. Pensieri sconnessi di quello che aveva appena visto e sentito andavano rincorrendosi creando un uragano di confusione nella sua testa.
Continuava a pensare a suo padre che avvisava Voldemort della seconda profezia. Pensava all'attacco di Nagini e al Signore Oscuro che lo voleva morto. Pensava a quando gli era stato inflitto il marchio nero, a come era stato costretto con le torture. Pensava alla seconda profezia, alle parole del preside.
"-Sa che senza di lui non puoi vincerlo-
-...dovrai ucciderlo insieme al Signor Malfoy-"
Queste erano le frasi che gli si erano stampate a fuoco nella mente. Quelle su cui continuava a rimuginare.
'Io devo uccidere il Signore Oscuro' solo il pensiero lo terrorizzava, gli sembrava tutto uno scherzo, un brutto scherzo del destino.
-Signore io...- ma le parole gli morirono in gola. Si mise le mani nei capelli cercando di fare un po' di ordine nella sua mente, ma l'unico risultato che ottenne fu l'intensificarsi del suo mal di testa.
-Draco, se sono i tuoi genitori a preoccuparti noi li proteggeremo, l'ordine lo farà-
Il ragazzo lo guardò, sempre più pallido.
"...dovrai ucciderlo insieme al Signor Malfoy"
"Non posso"
"Non ce la faccio"
"Non sono un eroe"
-Lei non capisce! Se lo faccio, se arriverò a questo punto, lui se ne accorgerà e gli ucciderà prima!- la disperazione traspariva da ogni singola sillaba.
-Draco lascia che vi aiuti- la voce del preside era quasi dolce.
-Io... non posso decidere ora-
Il preside annuì comprensivo.
-Ritengo che dovresti parlarne con Harry. So che quello che hai scoperto è una grossa responsabilità, confrontarti con lui ti aiuterà a capirla appieno. Puoi pensarci Signor Malfoy, ma ricorda, più aspetti, più Voldemort avrà potere su di te.-
Draco iniziò a scuotere la testa.
-Signore senta, io non sono come Harry Potter. Io sono un vigliacco, lo sa tutta la scuola e...- fece una pausa deglutendo -...lo so anche io- concluse sconfortato, al limite dell'esasperazione.
-Io credo che il coraggio si veda dai piccoli gesti. Venendo qui stasera, mettendo a repentaglio la tua vita, hai dimostrato di possedere tutto il valore che ti serve.- il preside fece una piccola pausa, per poi riprendere -Ora però è tardi, rimangono poche ore prima dell'alba, va a dormire. La notte ti porterà consiglio- così dicendo lo congedò.
Draco alzò subito la testa e guardò il vecchio uomo che gli stava di fronte. Aveva spalancato gli occhi sinceramente stupito. Ma Silente aveva lo sguardo fermo e determinato, non un dubbio nella sua espressione.
Il ragazzo continuò a fissare il vecchio per svariati minuti, prima di capire che lo aveva gentilmente congedato. Troppo sbalordito per controbattere, Draco si alzò, per poi uscire dall'ufficio con ancora le parole del preside in testa.
***
Il giorno dopo si svegliò intontito e stanco. Aveva dormito si e no due ore e la testa gli martellava terribilmente. Come un fiume in piena, i ricordi della nottata gli invasero la mente, facendo aumentare il dolore.
Si alzò dal letto e scoprì solo in quel
momento di aver dormito con i vestiti addosso. Fece una smorfia quando i piedi entrarono a contatto con il pavimento freddo, poi trainandosi con una forza, che era certo, non gli appartenesse; Draco si mise davanti allo specchio attaccato all'armadio.
Era un totale disastro. I capelli erano annodati e sparati in ogni direzione, la maglia era completamente stropicciata e bagnata di sudore. Sentiva il corpo dolergli ovunque. La testa poi, non accennava a migliorare. Mezzelune scure campeggiavano come occhiaie sotto i suoi occhi color tempesta.
Avrebbe tanto voluto tornare sul letto e dormire tutto il giorno; ma aveva delle cose da fare, promesse che doveva mantenere; compiti da svolgere.
Si vestì di malavoglia, cambiandosi i vestiti stropicciati, e infilandosi i soliti pantaloni neri e camicia, con sopra la sua divisa.
Era pronto dopo pochi minuti. Pronto per recitare la sua parte. Pronto per ingannare di nuovo tutti. Proto per affrontare un'altra giornata infernale.
Guardandosi allo specchio, Draco quasi non si riconobbe. Le dita gli formicolarono dalla voglia di tirare un pugno al suo riflesso. Il marchio se ne stava lì, comodo e tranquillo sul suo avambraccio sinistro, ricoperto di bende striate di rosso.
Bende che la Mezzosangue gli aveva messo. Ripensare a lei era come pensare ad una persona che non avevi mai visto, ma ti sembra terribilmente famigliare; come famigliare era l'odore di vaniglia che lo aveva travolto quando lei lo aveva baciato. Lo aveva baciato! Dannazione e lui non l'aveva respinta... anzi.
Era la prima volta che ripensava all'accaduto, la notte era stata troppo turbolenta per riflettere. Gli sembrava di essere capitato su delle montagne russe, prima era solo e poi sbucava la Mezzosangue. Un attimo prima credeva che lo avrebbe arrostito con la bacchetta e quello dopo lo curava. Credeva che lo avrebbe denunciato e invece lo aveva baciato.
Sentiva dentro di se come una sensazione di averla tenuta stretta fra le braccia già tante volte... eppure lui non ne ricordava una. Le sue labbra poi lo avevano mandato in cortocircuito. Era stato come ricevere una secchiata di benzina addosso, dandogli poi fuoco; talmente travolgente da annientarlo.
Doveva smetterla! Non capiva perché lei si comportasse così, ma non poteva certo lasciarsi andare al suo istinto. Sarebbe stato meglio dimenticare tutta quella storia. Dimenticare quel bacio e tutto quello che riguardava la Mezzosangue.
Con questa determinazione e convinzione, e dopo aver controllato di nuovo il suo riflesso nello specchio, Draco uscì dalla stanza.
***
La giornata si prospettò più pesante del previsto. Aveva dovuto sostenere tre ore di pozioni e due di difesa contro le arti oscure. Il tutto con il mal di testa e la stanchezza. Ogni tanto tirava occhiate furtive alla Mezzosangue, che lo ignorava più che bene.
Hermione non aveva chiuso occhio quella notte, dopo che era tornata in camera. Continuava a rimuginare su quello che aveva fatto, al perché lo avesse fatto e aveva preso una decisione. Era chiaro che Draco nascondeva qualcosa, e avrebbe scoperto cosa. Però non ci avrebbe più parlato, né lo avrebbe più guardato. Più lontana stava da Malfoy e meglio era per lei. Aveva notato le occhiate del biondo e accuratamente le aveva ignorate. Non poteva più permettersi di stare male per lui. Hermione Granger non si fa mettere sotto da nessuno.
Mentre si stava incamminando verso la sua camera, Draco continuava ad avere immagini del bacio con la Grifondoro e della conversazione con Silente e di quello che dopo aveva scoperto. Ancora non riusciva a crederci. Non voleva condannare il preside e non voleva essere lui ad ucciderlo; eppure Silente gli aveva semplicemente detto di continuare il piano di Voldemort. Perché voleva che recitasse la sua parte? Perché non impedire il piano e basta?.
Arrivato al ritratto della Signora Grassa, bisbigliò la parola d'ordine ed entrò. La prima cosa che notò fu Harry, che se ne stava seduto su una poltrona davanti al camino, sembrava arrabbiato e aveva un brutto livido all'altezza dello zigomo destro.
Ma senza tante cerimonie e con una certa urgenza, Draco lo arpionò per il polso trascinandolo ai dormitori.
-Malfoy che diamine fai?!- chiese l'altro irritato.
Draco non rispose, si limitò ad appurare che fossero soli per poi chiudere la porta a chiave.
-Insomma! Che vuoi? Perché mi hai trascinato qui!?- chiese di nuovo il moro.
Draco lo guardò.
-Cosa ti è successo?-
Lo sguardo scettico del moro era quasi più tagliente della lama di un coltello.
-Mi hai chiuso qui, solo per sapere cosa mi è successo?- finì la frase acido e Malfoy gli scoccò un'occhiata per niente gentile. Harry sospirò per poi riprendere -Ho avuto problemi con Dean Thomas tutto qui.- concluse alzando le spalle.
Vedendo che Draco non accennava a parlare, Harry si spazientì.
-Allora? Mi vuoi dire perché sono qui?! Altrimenti torno di sotto-
Draco puntò lo sguardo su di lui.
-So tutto- disse, senza tanti giri di parole.
Harry allargò impercettibilmente gli occhi.
-A cosa ti riferisci? Non capisco-
-È inutile che fai la commedia Potter. Silente mi ha mostrato tutto.- il biondo fece una pausa per riprendere fiato -Io so... so cosa dovremmo fare-
Dire che Harry Potter rimase sbigottito sarebbe stato un eufemismo, ma per evitare di mettere a disagio Malfoy, che già sembrava volesse scappare a gambe levate, cercò di riprendersi.
-Sai tutto? Anche della seconda profezia?-
Draco annuì leggermente. Le parole sembravano non volergli dare man forte, proprio ora che gli servivano.
-Capirò se non vorrai- era sempre Harry a parlare, occhi smeraldo puntati su di lui. Tranquilli e sinceri.
Draco rise amaramente.
-Sei ottimista Potter. Parti dal presupposto che io abbia scelta-
-Tutti abbiamo una scelta- gli rispose l'altro. Le mani chiuse a pugno lungo i fianchi.
-No...- sussurrò il biondo -Non tutti-
-Di chi stai parlando Draco?- gli chiese il moro. Erano a pochi metri di distanza e si guardavano.
Ad Harry parve di percepire una certa disperazione nella voce di Malfoy, una cupa agonia ed urgenza che lo spaventò.
-Parlo di me. So tutto e il preside mi ha chiesto se sia in grado di fare una cosa. Ma io non posso...- a quel punto la voce gli si spezzò. Il pensiero dei suoi genitori morenti per colpa sua tornò a tormentarlo.
Il biondo iniziò a sentire il respiro farsi più affannoso, il senso di oppressione che man mano lo schiacciava sempre di più. Le parole del preside che continuavano a vorticargli in testa.
"-Sa che senza di lui non puoi vincerlo-
- ...dovrai ucciderlo insieme al SignorMalfoy-"
Il mal di testa era sempre più forte.
-Draco! Cosa ti succede?- Harry si precipitò verso di lui nell'esatto istante in cui il biondo perse la stabilità sulle gambe. Le rivelazioni del preside lo avevano scioccato più del previsto.
-Ok, piano, sediamoci- così dicendo i due ragazzi si sederono a terra le schiene appoggiate al letto.
Harry guardò Malfoy, che accanto a lui, espirava ed inspirava pesantemente; le mani serrate nei capelli i cui palmi coprivano anche gli occhi stanchi.
-È troppo Harry lo capisci?-
-Lo so- rispose il moro; e Draco sapeva che capiva davvero; che se c'era qualcuno in grado di comprendere la sua situazione quello era proprio Harry Potter.
-Che devo fare?- chiese il biondo più a se stesso che al compagno.
Harry giro la testa, adesso Draco stava fissando il soffitto; gli occhi spenti, le mani lasciate libere lungo i fianchi.
-Non so cosa ti affligga o cosa tu nasconda. Se me ne vorrai parlare ti ascolterò.- il moro fece una pausa, per poi riprendere - Ma Draco, non pensare mai che non hai una scelta diversa. Le condizioni ti metteranno davanti a delle sfide, non devi arrenderti, questo è il segreto. Io non posso dirti cosa fare, ma di una cosa sono certo, tu non sei cattivo Draco Malfoy-
Adesso il biondo lo stava fissando con stupore.
-Qualunque cosa Voldemort ti abbia obbligato a fare, tu puoi sempre decidere di non farla. Il punto è se poi sei disposto ad accettare le conseguenze. Vale la pena rischiare?- concluse Harry guardandolo fisso negli occhi.
Si era creato uno strano legame tra loro due, niente di romantico, ma c'era qualcosa di più grande ed etereo che li univa. Erano come destinati. Si capivano senza bisogno di parlare, erano più simili di quanto si aspettassero. Erano i due ragazzi che non avevano avuto scelta, eppure scelsero comunque. Quella sera in quella stanza da letto, affiancato dal grande Harry Potter, che altri non era che un semplice ragazzo della sua età, Draco scelse cosa fare.
Harry gli aveva chiesto se valeva la pena di rischiare. La posta in gioco era molto alta, ma il moro questo non lo sapeva.
Da un lato c'erano Hogwarts e i suoi studenti, Blaise, l'ordine, lei...
dall'altro i suoi genitori. Draco si ritrovò a pensare che in un modo o nell'altro quella guerra, perché tanto sarebbe stata inevitabile, avrebbe causato solo distruzione. Lui sarebbe stato pronto a sopportare l'idea di essere stato uno degli artefici?.
Si chiese se sarebbe stato in grado di rimanere fermo a guardare; ma la risposta arrivò forte e chiara pochi secondi dopo. No, anche in quel momento seduto di fianco ad Harry, si rendeva conto che no, non avrebbe potuto. Forse sarebbe morto, forse sarebbero morti tutti, ma almeno avrebbero combattuto fino all'ultima goccia di sangue. Insieme.
-Harry- disse il biondo, prendendo un bel respiro. Il moro lo guardò.
-Lo farò. Ucciderò Voldemort insieme a te.-
***
Nel frattempo un certo rosso stava camminando per i corridoi. Aveva voglia di starsene per i fatti suoi, senza avere nessuno attorno.
Stava uscendo dal castello per raggiungere il suo posto. Una roccia al limitare della foresta, nascosta dai cespugli. Ci si sedeva sempre quando qualcosa lo turbava, li in mezzo alla pace data dalla natura, riusciva a pensare tranquillamente. E di cose su cui riflettere ne aveva parecchie. Innanzitutto a quello che aveva fatto nel bagno di Mirtilla. Era passata una settimana, ma nemmeno l'odio verso Malfoy riusciva a giustificare quello che aveva fatto. L'incantesimo lo aveva quasi ucciso e Ron non riusciva a perdonarsi. Poi non la smetteva di pensare a quegli occhi neri che vedeva ogni notte. Quindi si ritrovò, inaspettatamente, a pensare a Pansy, a come fosse stato pronto ad aiutarla anche se si odiavano. Pensare alla Serpeverde gli provocò un brivido, ma lui lo attribuì al freddo venticello.
Il rosso si rese conto, che invece non stava più pensando ad Hermione; dopo quello che era successo lei non lo avrebbe più perdonato. Però lui non sentiva più quel bisogno di averla sempre vicino, non sentiva più di amarla completamente, era confuso. Aveva capito però, piuttosto palesemente, che lei non lo avrebbe mai ricambiato, ora sentiva solo un vuoto; un enorme vuoto al centro del petto, e non capiva il perché.
Era quasi arrivato, quando la vide. Era seduta sulla sua roccia con le
ginocchia raccolte al petto e il mento appoggiato alle braccia incrociate. I capelli neri le volavano dappertutto, colpa del leggero venticello che si era alzato. Il viso era rivolto alla parte di panorama che comprendeva il Lago Nero. Sembrava totalmente assorta nella contemplazione della natura che la sovrastava, rendendola piccola e indifesa. Ma lui sapeva che in realtà di indifeso in quella creatura, non si nascondeva nulla. Sembrava così bella... ma appena formulato quell'apprrezzamento, il
rosso scosse la testa; non poteva averlo
pensato davvero!.
Aveva quasi deciso di tornare indietro; ma poi cambiò idea. Dopotutto quella era la sua roccia, e poi aveva fatto tanta strada per arrivarci, non se ne sarebbe certamente andato subito. Si avvicinò, quindi, cauto e in allerta.
Si sedette senza proferire parola. La ragazza non parve nemmeno farci caso, talmente sembrava assorta.
-Weasley, che ci fai qui?- chiese, e inaspettatamente la sua voce non aveva nessuna nota aspra. Gli aveva fatto una semplice ed innocua domanda.
-Io...- disse il rosso, ragionandoci un secondo -...questa è la mia roccia, vengo qui per pensare-
Pansy rise, una risata cristallina e priva di ogni sfumatura ironica o cattiva. Ron la guardò spalancando gli occhi stupito. Era la prima volta che la sentiva ridere e quella risata lo aveva completamente stregato.
-Dovresti ridere più spesso- le disse senza pensarci.
La Serpeverde continuava a guardare avanti a se.
-Non avrei mai pensato di sentirti dire queste cose Weasley; a me poi...- fece una pausa, per poi riprendere. - comunque, questa è anche la mia roccia. Vengo qui quando ho voglia di stare sola.-
Ron si rese conto in quel preciso istante, che davanti a lui c'era Pansy. Non la Parkinson. Non la Serpeverde viziata. Non la ragazzina presuntuosa e snob. Era solo Pansy e questo gli piaceva più del previsto.
-Possiamo pensare insieme se ti va- disse lui un pochino titubante.
Lei annuì.
Passarono un'oretta così, immersi nel
silenzio a guardare le rive del Lago Nero, dove l'acqua colpiva la costa per poi ritirarsi di nuovo verso il centro.
In quel momento Ron si sentiva bene, come non era mai stato. Come se ogni problema fosse semplicemente scivolato via lungo il silenzio e la pace che si erano creati intorno. Non si erano ne toccati ne guardati. E anche se non lo avrebbero mai ammesso; la
presenza l'uno dell'altro li dava un certo senso di conforto.
-Sai per quando mi... mi hai aiutata...- Pansy stava incespicando con le parole. Si capiva che non era abituata a ringraziare.
-Va bene così, tranquilla- l'aveva anticipata il rosso. La Serpeverde gliene fu grata.
- Sai Weasley- riprese dopo qualche minuto la mora -di tutte le persone che mi avrebbero potuto aiutare, non immaginavo certo che ci saresti stato tu- concluse ridendo.
-Nemmeno io, il fato è strano a volte- le confermò il rosso contagiato dalle risa di lei.
Stavano ridendo come matti, dell'assurda situazione in cui si trovavano. Da quando una Serpeverde e un Grifondoro andavano d'accordo? Da quando quella Serpeverde e quel Grifondoro andavano d'accordo? Il mondo stava girando proprio al contrario.
Quando smisero Ron puntò il suo sguardo su di lei, esattamente nello stesso istante in cui Pansy guardò lui.
I loro occhi si incatenarono, il marrone si perse nel nero; in quel pozzo senza fondo dove era impossibile fuggire.
Ron era completamente spiazzato, i suoi occhi si spalancarono, mentre ancora fissava le iridi pece di lei. Quegli occhi... quel nero così brillante e travolgente... era certo, e si sarebbe gettato anche nel fuoco se avesse sbagliato, ma quelli erano gli occhi che aveva sognato. Le due pozze nere che lo
stavano guardando con lo stupore dipinto sul viso; erano le stesse che lo stavano ossessionando da più di un mese.
Pansy dal canto suo sussultò, non riusciva a staccare lo sguardo dagli occhi corteccia che aveva davanti. Non ci poteva credere... erano quegli gli occhi che notte dopo notte vedeva nei suoi sogni. Che la tormentavano togliendole il sonno. Rimase sbigottita, incapace di proferire parola.
La distanza che li separava era minima; i nasi quasi si sfiorarono, mentre l'alito caldo di lei gli raggiungeva la guancia risvegliandolo dal torpore in cui era caduto, dall'abisso in cui era precipitato.
-È un errore- disse il rosso. -È tutto un errore- ripeté ancora.
-Cosa?!- gli rispose la mora allontanandosi bruscamente. Ogni traccia della tranquillità di poco prima era svanita, sostituita dal solito tono di cupa freddezza che caratterizzava la sua voce. L'unica differenza era la piccola crepa che si era creata nella sua corazza impenetrabile.
-È tutto un errore- ripeté ancora Ron, scuotendo la testa. L'improvviso cambiamento della mora lo aveva messo a disagio.
Non sapeva perché fosse così arrabbiata, forse lo era talmente tanto da non riuscire nemmeno a frenare la
sua lingua lunga. Aveva una voglia matta di ribaltarlo e ucciderlo a mani nude. Aveva voglia di picchiarlo fino a che non le avesse chiesto di smettere e di strangolarlo fino a che la faccia non gli fosse diventata viola.
-Io posso essere qualsiasi cosa Ronald Weasley! Ma mai... e dico MAI UN ERRORE!- finì urlando la ragazza. Era stata una sciocca, si era scoperta di nuovo davanti a lui; eppure pareva che Ron avesse la capacità di farla sentire a suo agio e a metterla a nudo. Ingenuamente Pansy pensava che lui fosse troppo stupido per farle del male. Che poi... come aveva fatto a farle male? Non ci poteva credere! Aveva permesso a quel rosso di conoscerla un pochino per quella che era e non per quella che voleva mostrare senza nemmeno accorgersene. Doveva andarsene e subito.
La ragazza si alzò in un turbinio di capelli neri e furia. Ron che la stava fissando rimase sbigottito per i primi due secondi. Dopo, la sensazione di non volerla lasciar andare lo invase con una tale violenza da farlo muovere. Le afferrò il polso, e subito iniziò a sentire il calore irradiarsi in ogni parte del corpo.
La fece girare ritrovandosela a pochi centimetri dal viso. Sentiva il suo profumo e la sua rabbia e la cosa lo inebriava completamente. Non gli pareva nemmeno di essere nel suo corpo, né di essere proprio lui a fare quello che stava facendo.
Lei lo guardava con un misto di assoluta sorpresa e furia. Poi senza darle nemmeno il tempo di pensare o di articolare uno dei suoi soliti insulti; la baciò.
Non sapeva se fosse stato lui a sporgersi o qualche forza invisibile lo avesse spinto; fatto sta che la stava baciando e che lei, contro ogni logica terrena, lo stava ricambiando.
Ron si accese come fuoco, mentre un calore ardente come lava gli scorreva nelle vene. Teneva stretta la Serpeverde come se l'avesse sempre fatto. Lei dal canto suo era stata travolta con una tale forza, che l'unica cosa che riuscì a fare fu seguirlo nella sua pazzia. Perché era una cosa totalmente folle quella che stava succedendo.
Loro due, il Grifondoro e la Serpeverde. Diversi come l'acqua e il fuoco, come il giorno e la notte. Si erano uniti in un connubio fatto di fiamme, che Ron era certo lo avrebbe portato all'inferno, ma di cui non gliene importava nulla. Lei era tra le sue braccia ed era fuoco vivo, era rabbia pura. Nessuna innocenza, Pansy Parkinson era un tornado travolgente; nulla a che fare con Hermione, e Ron si ritrovò a pensare che non avrebbe voluto nessun'altra se non la letale Serpeverde che stringeva a se.
Pansy aveva portato le mani nei capelli rossi di lui, un gesto che le sembrò terribilmente famigliare, mentre le loro lingue danzavano a ritmo di una melodia inventata. Si sentiva bene, come se nessun problema la toccasse; eppure un problema c'era eccome; si stava baciando Weasley!.
Solo che non riusciva a staccarsi, anzi la cosa peggiore era che non voleva. Ci si può sentire a casa tra le braccia di qualcuno? Pansy credeva di no, eppure...
Basta!.
La Serpeverde si staccò, guardando il rosso incredula. La sua lingua tagliente non ne voleva sapere di aiutarla e inoltre temeva di avere le guance tutte rosse, colpa del calore che le mani di lui le trasmettevano. Ron le stava restituendo lo sguardo, con lo stesso moto di confusione e sorpresa che sentiva lei. Gli occhi erano fissi sui suoi, ancora una volta il ricordo dei sogni la tormentò. Purtroppo non c'erano alternative, quelle iridi le avrebbe riconosciute ovunque.
Si stava perdendo di nuovo nel buco nero che erano gli occhi di lei. Così scuri eppure così pieni di luce da tramortirlo.
Pansy, a sua volta, stava per annegare nel castano.
All'improvviso però, tutto quello che era successo le piombò addosso come un macigno; si riscosse e spaventata a morte da quello che aveva provato, scappò, correndo il più veloce possibile verso il castello.
***
A Ron ci vollero circa 30 secondi per riprendersi, e altri 10 per far muovere i piedi e correre dietro alla Serpeverde. Pansy era già rientrata a scuola ed era appoggiata ad una parete con le mani che le coprivano il viso.
Ron la trovò assurdamente bella.
La ragazza espirava ed inspirava pesantemente. Davanti agli occhi aveva ancora la scena del bacio. Il calore inaspettato sulle sue labbra e poi l'incendio che le era divampato dentro il suo corpo traditore. Non poteva crederci.
Ron aveva ancora il fiatone quando si avvicinò a lei. Non gli importava più di nulla, né che lei fosse una Serpeverde ne che lui fosse un Grifondoro. Ora capiva Hermione, capiva come facesse a piacergli qualcuno che aveva sempre odiato. Ora capiva perché quando aveva toccato Hermione, quando lei l'aveva baciato sulla guancia, lui aveva subito pensato a Pansy.
Perché era completamente sbagliato, ma quella ragazza dai capelli neri lo aveva stregato. Quella irritante vipera lo aveva conquistato, solo pronunciando il suo nome. Ed era tutto così folle da avere un senso. Il vuoto che sentiva nel petto, era finalmente colmo.
-Pansy- sussurrò per paura che lei potesse scappare.
Lei lo guardò fissandolo.
-Weasley mi hai... tu hai...- stava balbettando tanto era stupita; così chiuse la bocca smettendo di sembrare ridicola davanti a lui.
Il rosso la stava guardando con due occhi così luminosi, che il pensiero che potessero essere due stelle sfiorò la mente della Serpeverde.
Ron si avvicinò cauto.
-NO! NON TI AVVICINARE- urlò la ragazza. Non voleva essere toccata di nuovo da lui; avrebbe perso la testa proprio come poco tempo prima.
-Non... non urlare. Per favore-
-Perché lo hai fatto?- gli chiese. Gli occhi spalancati. Il cuore che iniziava a battere furioso.
-Non lo so- le rispose lui sincero.
La ragazza fece per andarsene -Non lo so- disse ancora.
-ma lo rifarei- Pansy si bloccò, dando le spalle al rosso.
-altre mille volte, perché...- Ron fece un passo.
-non ho mai desiderato...- un altro passo.
-...nulla come te in questo momento- disse azzerando la distanza tra di loro. Facendo voltare la ragazza e bloccandola tra il suo corpo e la parete. Pansy lo stava guardando senza osare emettere un rumore. Sentiva solo il rumore del battito del suo cuore che accelerava sempre di più.
Ron teneva le mani appoggiate ai lati della testa della Serpeverde. Aveva la voce roca e il respiro pesante. Il profumo di lei gli stava invadendo le
narici, fiori di campo e giglio.
-Non so che incantesimo tu mi abbia fatto...- continuò il rosso, avvicinando il viso al suo.
A Pansy corse un brivido giù per la schiena, ma ancora non osava parlare per paura di spezzare la magia che si era creata tra di loro.
-Ma non intendo lasciarti scappare- poi la baciò di nuovo e furono fuoco vivo.
***
Erano quasi le 23 e stavano camminando lungo i corridoi bui. Draco era riuscito abilmente a sfuggire ad uno degli interminabili interrogatori di Blaise, con la sola promessa di raccontargli tutto per filo e per segno il giorno seguente. Harry invece riuscì ad evitare Hermione, troppo presa a leggere uno dei suoi libri per badare a lui che se ne usciva quatto quatto dalla sala comune.
-Maledetta Hermione! Ha il mio mantello dell'invisibilità-
Al nome della ragazza Draco sussultò leggermente per poi zittire il moro.
-Sssh- gli disse indicando un angolo del corridoio.
Gazza e la sua gatta lo avevano appena girato. I due ragazzi schiacciati contro la parete continuarono ad avanzare. Il gargoyle di guardia alle scale dell'ufficio del preside era ormai vicino.
Quando ci arrivarono davanti sussurrarono la parola d'ordine, appena il mostro di pietra si spostò, corsero a perdifiato su per i gradini. Pochi secondi dopo che il gargoyle si fu richiuso, sentirono la voce di Gazza chiedere se ci fosse qualcuno nel corridoio ed inveire perché non aveva beccato ancora nessuno da punire.
-Per un pelo- sospirò Harry riprendendo fiato.
Draco intanto aveva già bussato alla porta.
-Avanti- disse la voce profonda e tranquilla del preside.
-Draco, Harry, ma che piacevole sorpresa. Non vi sembra un po' tardi per le visite-
-Si, ma si trattava di una cosa troppo urgente Signore- disse Harry.
-Si- confermò il biondo - ho preso la mia decisione-
***
-Sicuro Draco?- la voce del preside riportò il giovane Malfoy alla realtà. Si era perso nella sua mente, mentre Harry e il professore stavano ancora discutendo.
Harry ora sapeva, aveva visto il marchio di Draco e come prevedibile aveva sussultato. Poi Silente aveva raccontato il piano di Voldemort risparmiando a Draco di ripeterlo una seconda volta. Che avesse capito il dolore che gli procurava o che semplicemente preferisse spiegarlo lui, questo non lo sapeva; però gliene era grato.
Nel frattempo lui continuava a pensare a lei. Nonostante non centrasse nulla. Lei e il bacio che si erano scambiati, lei che poi non lo degnava di uno sguardo. Perché lo aveva aiutato, lo aveva baciato e non lo aveva denunciato? Continuava a chiederselo, ma ancora non trovò nessuna risposta sensata.
- Si sono certo- rispose, allontanando i pensieri sulla Mezzosangue.
-Molto bene, allora continuate pure come se non me lo aveste mai detto-
-COSA?!- gridò il moro. Draco che lo sapeva già rimase in silenzio.
-Dovremmo lasciarla morire?- chiese ora Harry sconvolto.
-È esattamente quello che vi sto chiedendo-
-Ma... ma... perché?- la voce del moro tremava. Harry era, ovviamente, più attaccato al preside di quanto lo fosse Draco. La sua perdita, rifletté il biondo, lo avrebbe sicuramente distrutto.
- Questo lo capirete. Dovete fidarvi di me. Credete di poterlo fare?-
I due annuirono. Harry teneva lo sguardo basso. Le mani serrate in grembo.
Il preside sorrise.
-Bene, ora passerei ad un argomento di gran lunga più importante. Ovvero il ricordo che Harry ha recuperato da Lumacorno-
Draco guardò il preside confuso.
-Cosa c'entra Lumacorno, Signore?-
-Ti sarà tutto più chiaro dopo che avrai visto il ricordo Signor Malfoy. Ora, venite.-
Così dicendo il preside si alzò avvicinandosi alla stessa bacinella che Draco aveva visto l'ultima volta che era stato li. Rivederla gli evocò i ricordi di quella serata. Scrollò la testa cercando di non pensarci.
Dietro di lui Harry gli mise una mano sulla spalla.
-Vedrai che andrà tutto bene- sembrava volesse rassicurare più se stesso che lui.
Draco pensò, che da quel momento ben poco sarebbe andato bene. Anzi, forse sarebbe stato l'inizio della fine.
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