La morte dei giusti
-Cosa aspetti? Seguila!-
La voce non la sentì nemmeno, era rimasto imbambolato a fissare il ritratto della Signora Grassa che si era richiuso dietro le spalle di Hermione; scappata via come una furia.
Ginny sbuffò rumorosamente proferendo coloriti epiteti sugli uomini e la loro stupidità, mentre a passo deciso si avvicinava a Draco Malfoy. Quando gli fu di fronte, lo prese per le spalle scuotendolo come un bambino.
-Dannati uomini- proferì di nuovo schioccandogli le dita davanti al viso. - Malfoy razza di idiota, datti una mossa!-
Draco si girò, apparentemente riscosso dallo stato di trans in cui era caduto. Guardò infuriato la grifondoro che, rossa come un pomodoro, esibiva il suo miglior cipiglio alla mamma Weasley.
Harry si era già allontanato di svariati passi e guardava Malfoy mimandogli un muto avvertimento, 'non farla arrabbiare'. Ecco cosa gli stava chiedendo.
Draco Malfoy respirò rumorosamente, mentre le sue mani si piegavano a pugno. Stava per replicare a tono, quando guardò di nuovo Harry che scossava appena la testa con occhi bassi.
-Oh e va bene!- sbottò il biondo esasperato, accontentandolo. - perché ci tieni così tanto che io parli con lei? Non ho nulla da dirle- concluse poi. Si sentiva teso come una corda di violino. Le parole della Granger ancora limpide gli rimbombavano in testa. A dispetto di come si stava mostrando, sentiva tutto il corpo scosso da un tremito, aveva un tale casino in testa che un incantesimo Confundus avrebbe solo potuto aiutarlo a riordinare le idee. Ma davanti agli altri doveva saper fingere e suo padre aveva ben provveduto ad insegnarglielo.
Ginny se possibile si incupì ancora di più.
Harry dietro di loro guardava la scena inorridito. Se l'idea di Malfoy era quella di non fare arrabbiare la rossa, non ci era riuscito. Per niente.
Ginny sembrava una bomba ad orologeria pronta ad esplodere, stava tremando da capo a piedi; e l'espressione di sufficienza che il biondo aveva dipinta in viso non aiutava la causa.
-Non...non hai...- si fermò per riprendere fiato -Nulla da dirle?!- sbottò la rossa inviperita. Aveva gli occhi fuori dalle orbite, mentre le mani le si chiudevano e riaprivano spasmodicamente.
Malfoy in risposta alzò semplicemente un sopracciglio, mantenendo la sua aria da strafottente.
-No- rispose secco -Nulla-
Harry si portò le mani alle orecchie per evitare una rottura netta dei timpani. Conoscendo Ginny sarebbe esplosa di lì a breve e allora, chiunque si fosse trovato nei paraggi, sarebbe dovuto correre ai ripari per evitare danni permanenti.
Con somma sorpresa del 'Bambino che è sopravvissuto' però la rossa non urlò. Le sue mani continuavano a chiudersi spasmodicamente, ma il suo sguardo di fuoco si era raggelato come l'Antartide in inverno.
Se Draco Malfoy fosse uscito vivo dalla sala comune grifondoro allora gli avrebbe sicuramente rubato il titolo di 'ragazzo sopravvissuto' pensò Harry, sempre pronto ad un'eventuale esplosione nucleare.
-Ah si?- chiese con voce secca - nulla... ne sei sicuro?- parole come acido corrosivo le uscivano dalla bocca velenosa - Tre mesi fa. Stanza delle necessità. Ricordi? So tutto.- concluse gelida.
Il sorriso che solcò il volto rigido di Draco, non aveva nulla di cordiale e contrastava nettamente con gli occhi freddi e turbinanti di lui; che riservarono a Ginevra Weasley un'occhiata di puro odio.
Ricordava uno squarcio in una tela perfettamente immacolata, uno spettacolo brutale e in un qualche modo sbagliato.
Ginny ricambiò con sguardo tagliente. Pronta ad esplodere come un vulcano, avrebbe travolto chiunque avesse provato a fare del male ad Hermione; Malfoy compreso. Sapeva che era necessario, ma almeno doveva una spiegazione alla riccia, altrimenti lei non si sarebbe mai fermata. Anche se iniziava a pensare che non fosse stato saggio lasciare Hermione all'oscuro; probabilmente lei da sola avrebbe potuto salvarli tutti.
Il biondo emise un basso ringhio arrabbiato. Ginevra non si scompose. I due si stavano misurando, gli occhi piantati come spilli ardenti in quelli di lui. Una tacita sfida, che in fondo, sapeva che Malfoy avrebbe accettato.
-Come faccio a trovarla? Non posso girare tutto il castello in piena notte- sputò, senza smettere di guardare la rossa. La voce era gelida, ma dentro... dentro era tutta un'altra storia. Aveva già pensato di correrle dietro, però lo aveva frenato la sua razionalità. Perché non aveva alcun senso, eppure gli sembrava la cosa giusta.
A questo punto temeva che l'unico modo per fare un po' d'ordine sarebbe stato quello di parlare con lei; per un qualche motivo la sua confusione e la Granger dovevano essere collegate.
Harry Potter che fino a quel momento era rimasto muto come un pesce, ancora mezzo sconvolto dalle rivelazioni di Ginevra, si fece avanti con un sorriso timido.
-Io avrei la soluzione-
***
Hermione correva, non poteva credere a quello che si era lasciata sfuggire. Lo aveva ignorato con tutte le sue forze e poi aveva ceduto. Il danno era fatto, gli aveva detto di amarlo.
In risposta gli occhi di lui l'avevano guardata come se avesse appena affermato che il preside si era baciato la McGranitt. Lo stupore più assoluto, ecco che cosa aveva visto in quelle iridi che una volta emanavano un tale calore, mentre la stringeva, da farle temere di scottarsi.
Draco Malfoy il ragazzo di cui non si sarebbe mai dovuta innamorare. I suoi occhi che le restituivano sguardi vuoti, come se nulla fosse mai successo.
Draco Malfoy che piangeva, disperato, nella stanza delle necessità e che la guardava con diffidenza e disprezzo.
Draco Malfoy che la ricambiava nel bacio con stupore e passione, ma Hermione aveva sentito la piccola nota di estraneità che le rimbombava inesorabile nella testa, troppo annebbiata dai sentimenti che aveva provato, per analizzarla.
Draco Malfoy che la insultava con quella stessa voce che, qualche mese prima, le sussurrava tenerezze all'orecchio.
Un'unica lacrima solitaria le stava solcando il viso nel ripensare a lui.
Hermione si fermò in mezzo al corridoio dell'ala ovest; asciugandosi quel piccolo tradimento, che le bagnava la guancia, con forza . Doveva smetterla di torturarsi così. Fece respiri profondi cercando di ritrovare il controllo che aveva perso. Quel dannato biondo aveva una straordinaria predisposizione a farle perdere ogni lume della ragione.
Appena si fu calmata, più o meno al ventesimo respiro, riprese a camminare con una meta ben precisa. Aveva voglia di perdersi nell'oscurità più buia e volare lassù insieme a quei puntini luminosi che costellavano il cielo; quale posto migliore quindi della torre di astronomia?.
Incurante della certa espulsione che sarebbe arrivata inesorabile,se l'avessero scoperta; Hermione salì di corsa gli scalini e si sedette sul bordo che dava sul cielo aperto. Le gambe piegate contro il petto, il mento appoggiato sulle ginocchia. Una volta rilassate le spalle, lasciò che il suo sguardo vagasse per la distesa interminabile che era il manto di stelle. Ad Hogwarts il cielo era più buio che in qualsiasi altra parte e quei piccoli miracoli brillavano con un'intensità tale, da illuderti di poterle raggiungere lassù in quell'etereo panorama di tranquillità e spensieratezza. Si lasciò trascinare lontano, attraverso le radure e i prati bui illuminata solo dalla fievole luce della luna.
Inconsapevolmente portò una mano al collo, le sue dita si chiusero attorno al suo ciondolo. Una leonessa; anche se in quel momento si sentiva più una gazzella impaurita che si rifugiava nella vastità della notte, tetra come il buio in cui cercava riparo.
-Non puoi essere reclamata dalle tenebre-
Hermione si pietrificò. Non osò muovere un solo muscolo, mentre lenta la consapevolezza prendeva piede dentro di lei. Riconobbe subito quella voce, fredda e delicata come la carezza della morte mentre ti strappa via dal mondo. Si alzò cautamente in piedi, ancora girata di spalle, mentre davanti a lei le stelle sembravano ridere splendenti di quel brutto scherzo del destino.
Quando finalmente volse lo sguardo su di lui, Draco Malfoy non si scompose. Gli occhi la stavano squadrando insondabili, due porte chiuse a doppia mandata che Hermione aveva imparato a comprendere, come il suo proprietario.
Per esempio, capiva dalla rigidità delle sue spalle e dalla tensione della mascella, che la fredda calma che ostentava mostrare non era che un'illusione. Il freddo ghiaccio invece altro non era che una maschera, che aveva negli occhi turbinanti come il mare in tempesta.
-Cosa te lo fa pensare?- la voce fu ferma, nonostante sentisse ogni piccolo pezzo del proprio corpo sgretolarsi alla vista di lui. Nella penombra non erano visibili tutti i suoi tratti, ma Hermione avrebbe potuto disegnarli ad occhi chiusi, se solo ne fosse stata capace.
Draco sorrise, una contrazione quasi involontaria.
-La notte reclama solo quelli come me, che non hanno speranza-
Erano a pochi metri di distanza, Draco fece un passo avvicinandosi a lei. Hermione rimase immobile.
-coloro che non hanno l'animo di credere ancora in qualcosa nonostante tutto-
Un altro passo.
-coloro che vendono la propria anima alle tenebre nella mera attesa della pace-
Un altro passo.
-coloro che non hanno più motivo di sperare in nulla-
Un ultimo passo e lui le fu di fronte. Pochi centimetri lo separavano da lei.
-Tu speri ancora in qualcosa vero Granger?-
Sussurrò quella domanda, come fosse un piccolo segreto.
Hermione che fino a quel momento non aveva osato ribattere alzò lo sguardo verso di lui. Riusciva a sentire il suo respiro sfiorarle una guancia e le sue gote andare in fiamme.
-Credo nello spirito delle persone- rispose con un filo di voce fermo e determinato.
Ancora un sorriso si fece strada sul pallido volto di Malfoy, ma stavolta un piccolo accenno di amarezza velava la sua innata ironia.
-Credi anche nello spirito di un mangiamorte?-
Hermione allargò impercettibilmente gli occhi a quella domanda inattesa. Se non avesse conosciuto Draco così bene, avrebbe attribuito un certo compiacimento a come aveva detto la parola 'mangiamorte'; ma proprio perché lo aveva amato sapeva che era profondo disprezzo quello che si trovava davanti; disprezzo per se stesso e nient'altro.
-Solo in quello di chi non si reputa tale-
Malfoy si irrigidì, la mano che istintivamente correva ai capelli scompigliandoli ancora di più.
-Saresti pazza a concederti un tale dubbio- rispose il biondo dopo una pausa che alla ragazza sembrò infinita.
Hermione sentiva il proprio cuore battere come una furia. Erano uno di fronte all'altro, pochi centimetri li separavano ma a lei pareva una voragine senza fondo. Le sembrava di provare a correre verso un punto lontano senza mai muoversi davvero.
La mano le corse istintivamente al ciondolo che, come se avesse riconosciuto la presenza di colui che glielo aveva donato, le ardeva come fuoco all'interno del palmo freddo.
A Draco Malfoy quel gesto non passò inosservato. Seguì la mano di lei posarsi su quel piccolo pezzo di metallo, come fosse un'ancora a cui aggrapparsi. Vide appena in tempo il piccolo ciondolo prima che lei lo coprisse, stringendolo così forte, quasi come se da un momento all'altro potesse scappare via.
In quel preciso istante un flash occupò il campo visivo del ragazzo; che dovette appoggiarsi ad una delle colonne portanti della torre per non cadere a terra.
Hermione gli fu subito accanto.
-Draco stai bene?!- gli chiese, con la voce alterata dalla preoccupazione, la delusione e la rabbia scemate in secondo piano.
Lasciò che il braccio di lui si appoggiasse sulle sue spalle, mentre lei lo circondava con un braccio cercando di trattenerlo.
In quel preciso momento Draco la guardò, gli occhi argentei fusi come metallo liquido si persero completamente in quell'ambra caldo come l'inferno. Erano vicini. Hermione che tentava di sostenerlo e lui che si appoggiava metà a lei metà alla colonna per non gravarle addosso. Le labbra erano a poca distanza, nonostante il mal di testa, Draco pensò che non aveva mai visto qualcosa di così perfetto.
Quando il suo sguardo si posò di nuovo sul ciondolo, che adesso pendeva in avanti verso di lui. Draco vide la leonessa che raffigurava.
-Ama chi t'ama non amar chi ti sfugge- disse solo, continuando a fissare quel piccolo brillante.
Hermione spalancò gli occhi; il biondo la sentì irrigidirsi sotto il suo corpo. Capì cosa volesse fare ancor prima che lei si muovesse. Draco Malfoy fu estremamente veloce ribaltando la posizione in cui si trovavano.
Adesso Hermione era schiacciata contro la parete dura e fresca della colonna, mentre lui, una mano da un lato e l'altra dall'altro, la guardava con fiamme vive in quell'argento ghiacciato.
-Non mi sfuggi- le disse in un sibilo, avrebbe forse dovuto spaventarla, ma conteneva un dolce invito e una sfida, che Hermione non avrebbe mai rifiutato.
-Ama quel cuore che per te si strugge- citò la grifona lentamente; guadagnandosi un'occhiata stupida dal biondo.
-Ti stai forse struggendo il cuore Malfoy?- chiese tagliente.
Le mani di Draco si chiusero a pugno, rigide come tutto il resto del corpo, mentre trafiggeva quella piccola Grifondoro con tutto l'odio, o almeno credeva che fosse tale, di cui era capace.
-Dimmelo- continuò lei. Un caldo invito. Una trappola.
-Non t'ama chi amor ti dice- le rispose ghignando. Un minimo del controllo recuperato, abbastanza per poter mettere su quel suo teatrino di straffotenza.
Hermione gli scoccò un'occhiata assassina, ma lui pareva non voler aggiungere altro. La guardava così intensamente che il luogo in cui si trovavano sfumò come fosse un sogno. Erano loro due e basta. Tutta la sua concentrazione era per lui e per il gioco pericoloso a cui avevano deciso di partecipare.
-Forse non ricordi bene l'ultimo pezzo- rispose lei lentamente, un caldo sorriso le si stava dipingendo in volto.
Silenzio. La tensione palpabile; una frase, l'ultima, da cui non si faceva ritorno. Il pericolo di giocare con i propri sentimenti è quello di rimanere bruciati. Ma a nessuno dei due interessava a condizione che si scottassero insieme.
-ma t'ama chi guarda e tace- citò lei concludendo il verso.
'Maledetta secchiona'
Inveì Malfoy.
Digrignò i denti e stava per sputare una delle sue battute, ma si fermò. Lei lo aveva preso in contropiede, insinuando qualcosa che non voleva credere fosse vero. Ma ciò che lo aveva bloccato non era quello. No. Quello che gli aveva impedito di insultarla era il suo sorriso. Non aveva nulla della pregustata vittoria. Nulla dell'altezzosa Hermione Granger che conosceva. Era un sorriso rassicurante e dolce e in un angolo della sua testa, una vocina gli stava dicendo che quel sorriso lo aveva sempre rivolto solo a lui.
-Perché hai citato quella frase?- chiese la riccia.
-Ho visto questo- e allungò una mano per toccare il ciondolo che ancora pendeva verso di lui -e mi è venuto naturale-
Hermione sorrise, ma l'espressione vacua di lui iniziava a preoccuparla.
-Hai detto di amarmi Granger, perché?- le chiese abbandonando ogni sorta di atteggiamento. Voleva risposte. Voleva solo trovare pace dal vuoto che lo inghiottiva ogni giorno senza lasciargli vie di fuga.
-Non avresti dovuto saperlo. Non avrei dovuto dirlo- gli occhi ambrati si appoggiarono tristi sul viso pallido di lui che la guardava ancora più confuso.
-Che motivo ne avresti? Io e te non abbiamo mai avuto nulla. Io non capisco- le rispose lui, gli occhi un turbinio di emozioni senza senso.
-Come?! Stai scherzando vero?- la voce di Hermione si era alzata di qualche ottava, mentre incredula assimilava ciò che aveva appena sentito. Come poteva dire che non ci fosse mai stato nulla; se erano stati insieme?. Lui la guardava come se fosse la prima volta. La guardava confuso con quei suoi occhi vuoti e inespressivi. Hermione scosse la testa.
-Mi stai prendendo in giro Malfoy?- gli chiese con rabbia.
Lui ricambiò scombussolato, fece cenno di no con il capo, mentre il corpo entrava ancora più in tensione, schiacciando Hermione contro la parete.
Lei lo guardava con lo stupore negli occhi, non poteva credere che lui avesse completamente dimenticato, che fosse andato così avanti, da sembrarle sincero mentre negava un qualsiasi coinvolgimento sentimentale avvenuto tra loro. Hermione si morse il labbro, mentre la sua testa lavorava a velocità folle.
Poi, come un fulmine a ciel sereno, la verità violenta e dolorosa la colpì lasciandole un'ennesima cicatrice.
-Tu non ricordi davvero- mormorò sgranando gli occhi. Draco le restituì uno sguardo interrogativo, Hermione cercò di trovarci qualcosa, qualsiasi straccio di un ricordo che la riguardasse, ma quello che scoprì era solo il vuoto.
Blaise glielo aveva detto. Ricordava le sue parole perfettamente ed era stato sincero.
' -Draco... mi ha chiesto di Obliviarlo, perché non poteva più sopportare...-
-Non poteva più sopportare cosa Zabini?-
- Non riusciva più a sopportare di avere una storia con una 'Lurida Mezzosangue' come te; così mi ha detto- '
Se la ricordava eccome quella scena, l'aveva impressa in un angolo remoto della sua mente dove tentava di tenerla nascosta, perché se l'avesse rivista nulla avrebbe potuto contro le lacrime che le avrebbero innondato gli occhi.
Allontanò quel pensiero violentemente, mentre la consapevolezza la distruggeva piano, dall'interno.
Guardò di nuovo Malfoy, persa nella sua testa, non si era nemmeno accorta che lui si era staccato da lei e che ora teneva la mano destra premuta sull'avambraccio sinistro. Il viso una maschera cerea di dolore.
Draco scoprì il braccio, incurante della presenza della grifondoro che lo guardava ad occhi sbarrati; sotto la stoffa il marchio nero si contorceva sinuoso come una serpe pronta ad attaccare.
L'ora era giunta.
***
Draco Malfoy stava dirigendosi a passo spedito verso la stanza delle necessità. Aveva liquidato la Granger e le sue preoccupazioni con una semplice frase.
'-avvisa Potter-'
Poi se n'era andato come una furia. Non sarebbe stato in grado di sopportare il suo sguardo ambrato su di lui. Quegli occhi inquisitori che gli avrebbero scavato anche l'anima pur di sapere cosa stava succedendo. Se lo sentiva, anche se era ancora confuso, era certo di avere un legame con lei. La Mezzosangue pareva capirlo con una sola occhiata. C'era qualcosa che non gli tornava, ma non era questo il momento di pensarci. Inoltre dopo quello che stava per fare, lei non lo avrebbe nemmeno più degnato di uno sguardo.
Era appena arrivato davanti al muro del corridoio al settimo piano. Si fermò cercando di concentrarsi al meglio e visualizzò la stanza nella sua mente.
Chiedi e ti sarà dato.
Infatti la porta gli apparì davanti al suo terzo passaggio. Draco si guardò le spalle e dopo essersi assicurato che non ci fosse nessuno, entrò nella stanza e senza alcun sforzo trovò l'armadio svanitore. Sentiva in bocca il sapore acido della nausea. Tutto stava iniziando a diventare reale.
Mentre lo progettava insieme a Potter e a Silente, si era quasi illuso che non stesse davvero succedendo a lui; ma poi come avvertendo i suoi pensieri il marchio nero iniziò a bruciargli la pelle, ricordandogli la sua presenza in ogni attimo.
La sua condanna. Ecco cos'era e forse si era illuso convincendosi che aveva una scelta.
Davanti a quell'armadio e all'enormità di quello che stava per fare, Draco Malfoy ostentava una calma quasi innaturale per essere solo un ragazzo. Un mangiamorte; ma pur sempre un ragazzo. Di una cosa era sicuro, non voleva farlo; ma doveva. Guardò di nuovo l'armadio che sembrò lanciargli una sfida. Aveva paura, era certo; ma sapeva gestirla, nonostante sentisse ogni singolo nervo tendersi come una corda di violino.
Una marionetta, questo volevano. Un ingenuo ragazzo che facesse tutto ciò che gli venisse chiesto. La pedina vincente; la mela marcia all'interno dell'imperturbabile Hogwarts. Colui che avrebbe provato la vulnerabilità di uno dei maghi più potenti del mondo. Il viso gli si contrasse in un sorriso vuoto, tirato. Ricordava un capolavoro caduto vittima di un barbaro; bellissimo e terribile.
Non sarebbe mai stato niente di tutto ciò. Avrebbe combattuto, con il coraggio di un grifone e l'astuzia di una serpe. Lo doveva a loro, a lei, ma soprattutto, lo doveva a se stesso.
Prese quindi un bel respiro e scacciando via qualsiasi cosa lo distraesse, si concentrò e iniziò a recitare l'incantesimo.
Davanti a lui, spire di fumo nero come la pece iniziarono ad uscire da ogni pertugio dell'armadio. Una risata acuta e trillante come quella di una bambina isterica irruppe dall'interno del mobile. Lentamente un'anta si aprì e una figura interamente vestita di nero, con ricci capelli mori e selvaggi, come l'espressione che aveva sul volto, entrò nella stanza. Sul viso un compiacimento che tutto aveva di una bambina felice per i dolcetti ricevuti ad Halloween. Gli occhi due orbite scure che mostravano appieno la follia racchiusa in quel corpo snello e tutto spigoli. Prorompendo in un'altra risata la figura si avvicinò minacciosa verso il ragazzo che, immobile, l'ammirava con un misto di fascino e disgusto.
La donna gli si avvicinò accarezzandogli con la punta delle dita la guancia e puntando i suoi grandi occhi pazzi dritti nei suoi.
-È ora - mormorò in tono estremamente serio, per essere canticchiato come una ninna nanna.
Draco Malfoy si impose di non avere nessuna reazione a quel gesto indesiderato, le dita erano fredde contro la sua guancia e sentì la sua mascella contrarsi, come riconoscendo l'estraneità di quel tocco, unico segno del suo nervosismo. Durò un solo attimo, poi il muscolo si distese di nuovo meccanicamente, pronto a recitare la sua parte.
Bellatrix Lestrange sembrava non essersi accorta di nulla.
***
A Hermione scoppiavano letteralmente i polmoni. Non era abituata a correre, eppure aveva fatto più movimento fisico in quella nottata che in tutta la sua vita.
Stava correndo verso i dormitori grifondoro. Doveva avvisare Harry così le aveva chiesto. Una supplica, la prima che le avesse mai fatto. Gli occhi erano una maschera di puro terrore.
Era rimasta ferma immobile, appoggiata a quella colonna sulla torre per qualche altro secondo, poi le gambe avevano agito da se. Sentiva rimbombare nella testa tutto quello che era successo e questo le annebbiava la mente; Hermione cercò di riacquistare un po' del suo controllo. Se quello che aveva dedotto era vero, avrebbe avuto bisogno della sua lucidità mentale.
Quando lui se n'era andato. Scappato da lei come una furia, con ancora il braccio destro che premeva sull'avambraccio sinistro, aveva capito. Qualcosa di terribile stava per accadere.
Si mise quindi a correre più forte, pregando i santi fondatori di arrivare sana e salva fino alla torre Grifondoro.
***
Draco Malfoy era uscito dalla sala comune lasciandoli soli già da un po' e in quel preciso istante era caduto il silenzio. Un cocciuto mutismo fatto di tensione e rancori che serrava la gola ai due grifoni, che continuavano a guardarsi, sempre in silenzio.
Lo smeraldo inchiodato nei zaffiri azzurri di lei. Ginny era in piedi, le mani abbandonate lungo i fianchi, chiuse a pugni; le spalle rigide per la tensione. Harry era abbastanza lontano da lei, la guardò mentre distoglieva lo sguardo e andava ad appoggiarsi sullo schienale di una delle poltrone della sala comune. Aveva le guance scarlatte e gli occhi bassi.
Harry la trovava bellissima. La piccola Ginevra Weasley, quella bambina tutto pepe che aveva una cotta per lui, ora si era trasformata in una meravigliosa donna. Forte e determinata.
La tensione era palpabile, un peso che entrambi avvertivano sulle loro spalle. Troppe cose non dette. Troppi segreti taciuti. Troppi dubbi e gelosie. Rancori e delusioni.
-Quanto hai sentito?-
Silenzio.
-Allora?- chiese ancora lei impaziente.
Harry deglutì.
-Tutto. Dall'inizio alla fine-
Ginny inspirò bruscamente.
-Non avresti dovuto- disse dura. Era arrabbiata. Furiosa con lui perché aveva assistito ad un momento talmente intimo; ad una sua confessione che non avrebbe mai dovuto sapere. Aveva visto la sua debolezza più grande e tutto nascosto dall'oscurità a cui non apparteneva.
Gli occhi di Harry lampeggiarono, era rancore quello che gli stava salendo alla testa. Serrò la mascella, segno inconfondibile del suo nervosismo.
-Perché no? Così avresti potuto evitarmi ancora?!- sbottò irritato.
-Io non ti evito!- ribatté prontamente la rossa che ora era ritta di fronte a lui. Le guance in fiamme e gli occhi pieni di rabbia.
Harry Potter sorrise ironicamente.
-Ma davvero?- gli chiese alzando un sopracciglio.
-Cos'è? Dean non ti ha permesso di vedermi?- continuò tagliente come la lama di un rasoio.
Ginny si incupì. -Questa è l'unica cosa che ti importa?-
Lo sguardo del Bambino che è sopravvissuto, si velò di tristezza.
-Magari lo fosse-
E questa fu la goccia che fece traboccare il vaso. Lui che non aveva avuto la minima attenzione nei suoi confronti per ben cinque anni e mezzo, ora era qui a fare il ragazzo deluso e dispiaciuto. Sentiva la rabbia fluirgli in ogni vena di pari passo con il sangue; se avesse potuto lo avrebbe strangolato; ma nonostante la furia e la rassegnazione che sentiva premerle sul cuore come un macigno quasi troppo pesante da sopportare, Ginny si impose di mantenere lo sguardo puntato su di lui. Non un'incertezza la smuoveva.
-No Harry Potter, non hai il diritto di sentirti così! Non sono io che ti ho sempre evitato. Non sono io che non si è mai accorto che ero innamorata di te. Non sono io che manteneva le distanze per il terrore della reazione di Ron. Non sono io che non ho fatto nulla quando Dean si è fatto avanti. E non sono io quello che dopo il nostro bacio nella stanza delle necessità non si è nemmeno degnato di venirmi a parlare.- disse lei tutto d'un fiato. Stava letteralmente tremando dalla rabbia.
Harry aveva spalancato gli occhi stupito. Colpito da tutte quelle sottili verità che con cura aveva sempre mascherato dietro un sorriso.
-Sei uno stupido, Harry Potter- concluse poi con tono definitivo. Una constatazione di ciò che era un'ovvietà per lei.
Il moro aveva aperto la bocca per risponderle, ma scoprì di non avere argomenti con cui controbattere. Era vero, l'aveva evitata e non considerata per cinque anni; e ora si trovava a dover fare i conti con le sue decisioni sbagliate. Si maledisse per non essere stato più attento, per non averle dato attenzioni; perché ora che lui era pazzo di lei, le posizioni si erano invertite.
Ginny, la focosa e determinata Ginny si stava inesorabilmente allontanando da lui ed Harry non sapeva come fare per trattenerla. La vedeva lontana come se li separassero miglia, invece di pochi metri.
Cercò qualche segno sul suo volto, che gli indicasse che lei lo amava come aveva detto ad Hermione; ma nulla traspariva dal viso teso della grifondoro.
Ginny aveva imparato a sue spese a nascondere le emozioni. Così, nonostante l'immensa tenerezza che stava provando in quel momento nel vedere il 'Grande Harry Potter' che si grattava la testa tristemente, non reagì ne mostrò il minimo cedimento.
-Ginny, io...- iniziò a parlare titubante; ma proprio in quel momento venne bruscamente interrotto da un uragano di capelli ricci, che gli si aggrappò al braccio trascinandolo verso il ritratto della Signora Grassa.
Harry guardò prima Ginny, che fiera ed orgogliosa stava guardando la scena con un vago interesse; quanto avrebbe voluto poter grattare via quell'immobilità dal suo viso che gli spezzava il cuore.
Poi guardò Hermione, che aveva il volto stravolto e il fiatone.
-Hermione aspetta-
Ma lei non pareva starlo a sentire, mentre continuava a trascinarlo verso l'uscita della torre.
Harry puntò i piedi deciso, facendo così fermare la ragazza che lo guardò. Gli occhi erano spalancati, ma vigili; le gote erano rosse e il petto le si abbassava e rialzava irregolarmente. Doveva aver corso, ne dedusse il moro.
-Hermione, vuoi dirmi che succede?-
La ragazza guardò prima la sua mano che stringeva spasmodicamente il braccio del suo migliore amico, poi spostò i suoi occhi in quelli confortanti di Harry. Gli si buttò fra le braccia, bisognosa di ricevere quell'appoggio e affetto, che soltanto il moro sapeva darle. Harry ricambiò stupito e un po' frastornato, aspettando paziente che lei si calmasse.
Non c'era tempo da perdere. Hermione sciolse quell'abbraccio e ripuntò gli occhi in quelli smeraldini di lui.
-Harry, il marchio di Malfoy... mi ha detto di venirti ad avvisare-
Aveva pensato che le sarebbe tramata la voce, invece, contro ogni previsione, l'aveva mantenuta ferma. La prevalenza della parte razionale della sua mente la stava aiutando a superare quella situazione indicibile.
Gli occhi di Harry si incupirono; mentre il suo viso tranquillo si tendeva.
Portò le mani alle spalle della sua migliore amica, chiudendole in una morsa quasi dolorosa.
-Cosa sta succedendo?- le chiese lei al limite dell'esasperazione.
-Stai qui. Chiaro? Hermione, ti prego non uscire da questa torre e tieni Ginny con te. Me lo giuri?-
La grifondoro aveva iniziato a scuotere la testa.
-Ma Harry io voglio...-
-No- rispose lui brusco -Hermione ti prego- la supplicò.
Se fosse stato il tono del ragazzo o la sua fermezza Hermione non avrebbe saputo dirlo, però acconsentì riluttante.
Ginny li stava guardando, ora una profonda ruga di preoccupazione le solcava la fronte. Aveva ovviamente sentito tutto.
Harry guardò prima l'una e poi l'altra donna più importante della sua vita ed uscì di corsa dal ritratto. Lasciando Hermione e Ginny sole.
***
Grifondoro si sa, non è mai stato famoso per dare ascolto. Al contrario era la casa dei più valorosi, coraggiosi ed incoscienti ragazzi di Hogwarts; forse erano state proprio queste caratteristiche a far si che Hermione Granger e Ginevra Weasley uscissero dal ritratto qualche minuto dopo Harry.
Non era proprio da loro rimanere ferme ad aspettare, solo che non sapevano dove andare.
Stavano camminando per i corridoi semibui, con una mano sulla bacchetta attente a non fare rumore.
-Hermione- sussurrò la rossa - esattamente cosa stiamo cercando?-
-Non lo so Ginny, ma c'è qualcosa che non va-
Era intelligente Hermione, qualunque cosa stesse succedendo sapeva per certo che Draco era implicato e anche Harry. Tutto stava nel scoprire cosa.
Ginny stava camminando davanti a lei, la bacchetta ora era spianata e una spiacevole sensazione le serrava lo stomaco. Era preoccupata per Harry e per l'ombra che gli era passata sul viso prima che se ne andasse dalla sala comune.
Fu in quel momento che li vide. Erano in sei, tutti vestiti in nero e stavano passando dietro l'angolo del loro corridoio. Hermione sussultò, le dita che gli si chiudevano intorno alla bacchetta talmente forte da avere le nocche bianche.
-Hermione non ci credo-
La riccia per tutta risposta rimase immobile, gli occhi spalancati dritti su quello che per lei era uno spettacolo orribile.
Il gruppetto si stava dirigendo a spasso spedito verso l'ala ovest. Neri come la morte, neri come gli incubi di ogni nato babbano, neri come la notte, neri come i mangiamorte. E a capo di quell'incubo, c'era lui; l'aspetto di un angelo, il cuore di un diavolo. Al centro di quelle tenebre la testa bionda e la candida pelle di Draco Malfoy contrastavano nettamente con l'oscurità che l'avvolgeva.
Hermione si sentì cedere le ginocchia. Si appoggiò alla parete nel silenzio più assoluto. Mentre una dopo l'altra le lacrime iniziavano a solcarle il viso, amare e corrosive come acido.
Si era sbagliata.
***
Si erano appena materializzati sulla torre di astronomia.
Harry guardava il vecchio preside che ricambiava sorridendo.
-Non è la fine- gli disse con la sua voce profonda e rassicurante.
Il dolore dentro di grifone era sordo e indefinito, gli impediva di rispondere.
-Prendi questo Harry-
Silente gli porse un medaglione della misura di un pugno di un neonato, con piccole rifiniture verdi ed un serpente inciso sul davanti, era freddo al contatto con la pelle. Appena il moro lo toccò sentì un brivido risalirgli tutto il braccio.
-Questo...- riprese il preside -È il medaglione di Salazar Serpeverde, uno degli Horcrux.-
Harry deglutì il groppo amaro che aveva in gola e si constrinse ad annuire.
-Grazie Signore-
Il preside lo guardò con i suoi caldi occhi azzurri, slavati dall'età.
-Non devi essere triste ragazzo mio. Se qualcuno ci ha amato in vita, non si muore mai realmente-
-Io non la dimenticherò mai- sussurrò il ragazzo. Le lacrime che iniziavano a serrargli la gola.
Il preside gli sorrise stringendogli affettuosamente un braccio; per qualche secondo rimasero così, perfettamente consapevoli nel silenzio dell'attesa; poi Silente lo lasciò andare con fermezza.
-Ora va e non fare rumore-
-Ma Signore!- protestò il moro con aria cocciuta.
-Vai Harry- concluse il preside. Una nota definitiva nella voce.
Harry Potter rimase fermo ancora due minuti, guardava il preside che ora gli sorrideva calorosamente. Un fiume di ricordi gli invase la mente, uno dietro l'altro come immagini di un passato non ancora remoto. Mentre ricordava quante volte aveva visto il rassicurante viso di Albus Silente quando ne aveva avuto bisogno. Colui che gli aveva permesso di essere felice e gli aveva ridato quello che Voldemort, sedici anni prima, si era portato via con così tanta crudeltà. Una famiglia.
Le lacrime ora gli bagnavano gli occhi verdi e innocenti. Guardò un'ultima volta il preside, poi lentamente si girò e se ne andò, lasciandolo solo.
***
Erano arrivati in cima alla torre, passo dopo passo si era sentito morire lentamente. Aveva guidato i mangiamorte fino all'entrata, poi era salito da solo per fronteggiarlo.
E ora guardava il preside che era esattamente dove poco prima c'era la Mezzosangue; tranquillo, non batteva ciglio davanti all'inevitabile.
-Draco-
Il biondo sussultò.
-Tu non sei un assassino, ricordalo- era stato Silente a parlare. La voce baritonale calda e rassicurante.
-Signore io...-
Si sentirono dei passi sulle scale, voci e una risata, stridula e crudele.
Teneva la bacchetta davanti a se Draco, spianata, tremante. Doveva riacquistare il controllo di se, prima che arrivassero i mangiamorte.
Guardò di nuovo Silente e una muta disperazione si fece largo nei suoi occhi argentei. Il preside era di fronte a lui, con la bacchetta nella mano destra abbandonata lungo un fianco.
-Non voglio- sussurrò con un filo di voce.
-Draco- disse il preside, come un uomo che accoglie il suo assassino come un amico. -Va tutto bene- e sorrise.
I passi si fecero più vicini e le voci più alte.
-Expelliarmus-
La bacchetta del preside disegnò un perfetto semicerchio fino ad arrivare nella sua mano pallida, come un lampo la nascose sotto la manica della giacca. Pochi secondi dopo dalla scala di fianco a Draco, si riversarono nell'angusto spazio sei figure nere e al centro spiccava come il più letale dei veleni, Bellatrix Lestrange.
-Bellatrix che piacevole sorpresa-
-Piacevole Albus? Per me lo sarà di sicuro- rispose lei con un sorriso sadico a contornargli le labbra.
La donna guardò il nipote e gli si avvicinò con un sorriso così folle da gelargli il sangue nelle vene.
Si era spostata dietro di lui, mentre Draco rigido come un tronco, non osava emettere un respiro in più di quelli che necessitavano per non soffocare. Mentre le dita gelide come ghiaccio di sua zia gli percorrevano le spalle. Bellatrix avvicinò la bocca al suo orecchio e Draco potè sentire il respiro caldo di lei graffiargli la pelle come rovi.
-Bravo Draco-
Il biondo represse un istintivo brivido che gli stava salendo dalla schiena, un misto di disgusto e freddo.
-Ora uccidilo- era un caldo invito, venato da quella sfumatura minacciosa che lasciava intendere che altrimenti saresti stato tu la vittima.
Draco deglutì.
Il preside mosse impercettibilmente la testa in diniego. Gli stava dicendo di non fare nulla.
Draco prese un respiro e sentì i polmoni bruciargli dolorosamente. Era contornato da mangiamorte tre a destra e due a sinistra e sua zia che lo teneva per le spalle conficcandogli le dita nella carne candida.
-Fallo- ripeté con quella sua voce stridula ed infervorata da un ceco credo -Ora!-
La bacchetta gli tremava mentre la puntava dritta al cuore del preside. Deglutì di nuovo, mentre i suoi occhi argentei si posavano sul viso di Silente che era disteso in un'espressione quasi di pace. Il vecchio annuì.
Draco sentiva la presenza di Bellatrix alle sue spalle come una morsa gelata che gli attanagliava i polmoni, impedendogli di respirare. Era consapevole di ogni goccia di sudore freddo che gli colava dalla fronte facendolo rabbrividire, consapevole di ogni unghia conficcata nelle sue spalle e di ogni sguardo puntato su di lui. Sentiva la malvagità sprigionare da ogni raggio di energia emanato da quei corpi intorno a lui.
Stava per pronunciare la formula, quella da cui non si tornava indietro. La peggiore delle tre maledizioni e quella che avrebbe condannato il resto della sua vita ad un'esistenza d'assassino. Quando dal sottotetto si sentì un piccolo rumore; Bellatrix Lestrange aveva già distolto lo sguardo scandagliando l'ambiente in cerca del colpevole, senza lasciare le spalle di Draco. Il ragazzo abbassò lo sguardo ed intravide la figura di Harry che lo stava fissando, bastò un occhiata e il grifone sparì tra le ombre del sottotetto, nascosto agli occhi dei mangiamorte.
Silente che aveva sentito il rumore e seguito lo sguardo di Draco, ora aveva in viso una piccola nota di allarme e preoccupazione, che fece sparire accuratamente così come era apparsa.
Bellatrix stava ancora guardando dietro di se e fece per abbassare gli occhi verso il punto in cui c'era Harry; ma proprio in quel momento si sentì un altro suono che la distolse dalle sue ricerche.
Draco si lasciò sfuggire un leggero sospiro di sollievo, unito al rilascio di un respiro.
-No-
Si sentì forte e deciso. Era stato Severus Piton a parlare; l'uomo stava emergendo dall'ombra e lentamente, quasi scivolando sul pavimento, si mise alla destra di Draco.
-Lo farò io-
Bellatrix Lestrange lo guardava come se fosse un insetto trovato su un pavimento. Gli occhi strabuzzati più del normale e le dita che si conficcarono ancora più affondo nella carne di Draco. Il ragazzo sussultò appena, mentre sentiva le unghie di sua zia pungergli la carne attraverso la leggera stoffa della sua camicia bianca.
-Il Signore Oscuro ha deciso che fosse lui ad ucciderlo!- gridò con la sua voce da bambina viziata.
-Draco non è chiaramente in grado e ciò che il Signore Oscuro chiede gli sarà dato; che sia per mano sua o mia, non importa- rispose Piton atono. Nessuna emozione traspariva dal suo viso immobile. Era una statua di pura indifferenza, mentre posava gli occhi neri sul preside.
Silente non aveva detto nulla, eppure quello sguardo valeva più di mille parole. Era stato capace di trasmettere una vita, la sua vita con quello sguardo.
Piton aveva ora spianato la bacchetta, puntata dritta sul preside.
Un piccolo, innocuo lampo di incertezza fece capolino nel suo sguardo.
-Severus- disse il vecchio intercettandolo -ti prego-
Piton deglutì impercettibilmente.
E poi...
-Avada Kedavra-
Giunse la fine.
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