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La condanna

Ronald Weasley non è mai stato un ragazzo particolarmente sveglio. Coraggioso, ma poco intuitivo e perciò non fu difficile per Harry Potter ed Hermione Granger nascondergli l'esistenza del nuovo ordine e soprattutto i suoi componenti.

All'ennesima assenza dei suoi due migliori amici però il rosso iniziava ad insospettirsi. Un giorno in particolare intravide per caso Harry ed Hermione appena fuori dalla stanza delle necessità comportarsi in modo strano, come se si guardassero le spalle.
Quando li vide, il rosso non potè non negare una fitta di gelosia all'altezza del petto che lo lacerò dall'interno.

Ronald Weasley era da sempre innamorato di quella saputella, pensava talmente tanto a lei da non capire più quando la sognasse o la vedesse realmente di fronte a se.  Vederla quindi in intimità con Harry lo fece arrabbiare, anche se Ron sapeva che il suo migliore amico non gli avrebbe mai fatto una cosa simile, non avrebbe mai cospirato alle sue spalle per soffiargli la ragazza di cui era innamorato. Impossibile.

Per togliersi ogni dubbio quella sera, si disse, avrebbe assolutamente parlato con i suoi due migliori amici. Voleva vederci chiaro in tutta questa faccenda. Sentiva in cuor suo che quei due gli nascondevano qualcosa; e lui era determinato a scoprire cosa.


***



Pansy Parkinson era civettuola e insopportabile, ma certamente non stupida, aveva un' astuzia ammirevole oltre che un intuito canino per i segreti; ed era certa che Blaise Zabini le nascondesse qualcosa. Erano buoni amici loro due, per quanto si potesse essere amici tra serpeverde. Il ragazzo era l'unico di cui lei si fidasse abbastanza per raccontargli qualcosa di se, mantenendo ovviamente sempre una certa maschera.

Ultimamente però era strano, lo vedeva sparire subito dopo le lezioni e ritornare ore più tardi stanco morto. Solitamente in pochi minuti si addormentava seduto sulla poltrona della sala comune e così lei dovette più volte svegliarlo e riportarlo in camera.

Non fatevi strane idee Pansy Parkinson aveva occhi solo per un certo biondo, ma provava una tenerezza quasi fraterna nei confronti di Blaise e sapeva in cuor suo che avrebbe ucciso chiunque lo avesse fatto soffrire. Ovviamente di nascosto, nessuno doveva sapere.

La ragazza alzò lo sguardo guardandosi nello specchio del suo bagno. La solita espressione minacciosa campeggiava sul suo viso, quella maschera di meschina indifferenza verso tutti che era riuscita così bene a costruire, ma che ora le sembrava caricarla di qualche anno in più.

Pansy sapeva di apparire come la smorfiosa figlia di papà, che vuole i soldi e il nome di Malfoy solo per convenienza, ma in cuor suo sapeva che non era così.

Il battito le accelerava ogni volta che il bel biondo le era vicino, sapeva però di non avere nessuna possibilità, vedeva come lui la respingeva; ma mai si sarebbe arresa.

Sapeva inoltre che nella stanza delle necessità ogni pomeriggio succedeva qualcosa. Aveva visto Blaise entrarci qualche tempo prima, ma quando ne aveva parlato con lui il ragazzo si era subito chiuso a riccio senza dirle nulla.

Pansy era più decisa che mai a fare chiarezza in tutta quella storia e come si suol dire, a mali estremi... estremi rimedi.


***


Blaise Zabini stava camminando nella parte nord del castello diretto alle serre per la lezione di erbologia.
Era da solo, visto che Pansy ci metteva secoli a prepararsi le aveva urlato senza troppe cerimonie che si sarebbe avviato.

Odiava non poterle dire dove trascorresse tutti i suoi pomeriggi. Pansy era insopportabile, ma non per questo Blaise non le voleva bene; anzi era l'unica serpeverde che potesse considerare amica.
L'ordine stava occupando tutti i suoi doposcuola e Blaise si rese conto di non avere quasi più una vita sociale; fortunatamente Draco partecipava insieme a lui, un amico in quel covo di matti gli serviva proprio.

Inevitabilmente il pensiero di Zabini si spostò verso una certa biondina... durante le lezioni dell'ordine lei aveva provato più volte a parlargli cercando di conversare, ma lui si era ritratto in modo piuttosto sgarbato e Luna non ci aveva più riprovato.

Il serpeverde non capiva perché quella minuta ragazzina gli importasse tanto. Il suo sguardo, si rese conto con orrore, non faceva che tornare su di lei ogni volta che ne aveva la possibilità.

Troppo preso a combattere i suoi pensieri il ragazzo non si accorse di essere andato a sbattere contro qualcosa, o meglio qualcuno.

Luna Lovegood era difronte a lui con i suoi grandi occhi grigi puntati dritti nei suoi.

-Oh ciao Blaise- con voce sognante ed un radioso sorriso la ragazza lo salutò.

Il serpeverde rimase imbambolato per qualche minuto, immerso negli occhi grigi della biondina, non si era mai accorto di quanto fossero belle quelle pagliuzze azzurrine che le illuminavano lo sguardo e il suo sorriso lo abbagliò per un tempo quasi infinito.

-Blaise mi sembri sovrappensiero- Luna lo guardava con un moderato interesse, sempre velata dal suo solito svampimento.

Zabini si riscosse all'istante.

'Per Salazar! Cosa mi succede?'

-Lunatica, cosa vuoi?- lo disse con voce fredda e di scherno; ma una piccola puntura alla'altezza del petto al suono delle parole che aveva appena detto, sorprese non poco il moro.

Sul viso della corvonero balenò un'espressione ferita, ma com'era comparsa sparì all'istante.

-Nulla, osservavo dei nargilli e mi sono distratta, così ci siamo scontrati- un dolce sorriso apparve sul suo volto, ma infondo al suo sguardo la scintilla di tristezza non accennava a spegnersi.

Blaise Zabini non era un ragazzo stupido, sapeva di averla ferita. Il problema era che non si sentiva bene a farlo. Il serpeverde per quanto si sforzasse non riusciva a dare un senso a tutti i sentimenti contrastanti che si scontravano come un mare in tempesta dentro di lui;  e come per confermarlo si ritrovò di nuovo a fissare intensamente il sorriso che nacque sulle labbra della Corvonero; incapace di distogliere lo sguardo.

***

Quando Blaise Zabini le era finito contro, il cuore della corvonero aveva fatto un piccolo balzo; lo spavento si disse.

Lo aveva salutato tranquillamente, in modo gentile, non sapeva perchè lui avesse reagito così male. Doveva aspettarselo, si disse, agli incontri dell'ordine Luna aveva provato più volte a conversare con lui; ma il moro non faceva altro che risponderle male. 'Lunatica' un soprannome che le avevano dato da ormai il primo anno di scuola. Veniva chiamata solo così e poche persone facevano eccezione.

La ragazza fece uno sforzo enorme per mascherare quanto quelle parole la ferissero. Nessuno comprendeva come ci si sentisse a vedere un mondo che non poteva condividere con gli altri perchè altrimenti sei 'Lunatica'. Luna vedeva perfettamente le espressioni delle persone a cui raccontava degli animaletti che infestavano il castello. La guardavano come se fosse pazza e in procinto di essere ricoverata al San Mungo. Blaise Zabini non faceva eccezione.

Inaspettatamente la piccola maschera che aveva costruito così duramente per tutti quegli anni, vacillò. Luna si ritrovò ferita dalla freddezza di quella voce profonda; cercò tuttavia di riacquistare l'autocontrollo in fretta, sapeva che se la tristezza avesse raggiunto i suoi occhi grigi sarebbe stata palese.

'Lunatica, cosa vuoi?'

Una frase semplice. Un insulto ricorrente. Eppure detto da lui sembrava ancora più brutto. Luna sapeva che arrabbiarsi sarebbe stato inutile. Ci si arrabbia con qualcuno solo quando a lui importa di te; così lei sorrise.

'Un sorriso guarisce ogni ferita, piccola mia'

Sua madre era solita dirglielo da piccola, ogni volta che un nargillo la infastidiva. Le diceva sempre di sorridere, non c'era cura migliore per la cattiveria.

E quindi al bel ragazzo che aveva davanti gli fece il sorriso più vero che riuscì a far comparire sulle sue labbra, sperando che lui ci credesse e non notasse la tristezza che le invadeva il cuore. Vedendo che il moro non accennava a parlare, Luna lo salutò.

-Beh ciao Blaise, io vado- così dicendo la minuta ragazza iniziò ad avviarsi lungo il corridoio. Fece pochi passi quando fu bloccata da una forte presa che la fece girare di nuovo.

Blaise Zabini era di fronte a lei, la mano serrata sul suo polso. Luna sentì la sua pelle bruciare dove lui la teneva stretta. Il moro aveva gli occhi sbarrati, come se quello che avesse appena fatto lo spaventasse a morte e forse capì Luna, era proprio così. Erano abbastanza vicini perchè lei potesse sentire l'alito caldo del serpeverde sfiorarle le labbra. Il suo cuore accellerò. Sembrava che tutto in quel momento fosse rallentato e il mondo intorno a loro scomparso. C'erano solo lei, Blaise e la sua mano che le infiammava la pelle.

Luna non capiva, tutte quelle emozioni erano troppo nuove, troppo forti. Non era in grado di gestirle. Non sapeva come fare. Sentiva che, a minuti, il cuore le sarebbe uscito dal petto e non si sarebbe sorpresa di vedere la sua pelle diventare rossa, lì dove lui la teneva stretta.

-Blaise- sussurrò con una nota di sorpresa.

Tutto si sarebbe aspettata, anche altri insulti; ma mai avrebbe pensato che lui potesse reagire così. La maggior parte delle persone cercavano di evitare di toccarla o di avvicinarsi così tanto a lei come lo era il serpeverde in quel momento.

Zabini aveva puntato i suoi occhi blu mare in quelli grigi di lei e Luna temeva che se non si fosse sottratta al suo sguardo, sarebbe potuta annegare in quelle due pozze.

-Luna io...- iniziò il moro.

Ma Luna non avrebbe mai saputo cosa Blaise Zabini avesse voluto dirle perchè in quell'esatto momento arrivò Pansy Parkinson.

-Oh Blaise eccoti finalmente, ti ho cercato...- la serpeverde si bloccò un momento mentre cercava di metabolizzare la vista dei due ragazzi che aveva di fronte.
-aspettate che succede?-

Il moro lasciò immediatamente il polso della biondina e si spostò ad una velocità tale che Luna non riuscì a vederlo muoversi.

-Niente Parkinson, stavo solo dicendo a Lunatica di levarsi dai piedi- dalla bocca del moro uscirono acide parole accompagnate da uno sguardo velato di tristezza che riuscì a camuffare come disgusto.

Pansy Parkinson rise spostando il suo sguardo sulla corvonero.

-Lunatica adesso ti metti ad infastidire anche i ragazzi più grandi con le tue fesserie?- la cattiveria e l'ironia nella voce di Pansy non sfuggì a Luna.

La bionda con gli occhi che le pizzicavano per le imminenti lacrime, si fece forza. Zabini era cambiato da un momento all'altro. Luna capì che lui si vergognava a farsi vedere con lei, se non quando la insultava. E come biasimarlo?.

'...stavo solo dicendo a Lunatica di levarsi dai piedi'

La voce del moro non faceva che rimbombare nella testa della corvonero.

'Sono stata stupida a pensare che potesse essere gentile' pensò.

Con l'ultimo briciolo di buona volontà rimasta; Luna Lovegood si armò del suo più dolce sorriso e spiazzando il bel serpeverde dagli occhi color mare, rispose alla Parkinson.

-No, infatti stavo proprio andando a cercare le scarpe che i nargilli mi hanno nascosto- Così dicendo, con ancora il sorriso ad incorniciargli il volto, se ne andò lasciando le due serpi da sole.

Blaise Zabini rimase imbambolato a guardare la piccola Luna sparire dietro l'angolo del corridoio.

Dopo che la Corvonero se ne fu andata, Zabini si sentì come svuotato. Come se qualcuno gli avesse nascosto una parte di lui e non volesse rivelargli dove trovarla. Era sconcertante.

L'immagine della piccola Luna e del suo sorriso, così dolce in un momento in cui avrebbe dovuto arrabbiarsi; non faceva che insinuarsi nella mente del moro. Non riusciva più a toglierselo dalla testa.

Invece che rispondere alle provocazioni di Pansy, arrabbiandosi, strillando ed offendendosi, Luna aveva sorriso. Nella sua semplicità Luna Lovegood aveva spiazzato il moro. Badate bene che non è facile zittire il serpeverde o addirittura stupirlo. Per questo Blaise rimase sconvolto nel vedere le sue stesse reazioni. Doveva darsi una calmata e subito.

'Meglio che se ne sia andata; ognuno ha il suo posto' pensò Zabini a malincuore.

-Blaise ooh tutto bene?? - Pansy Parkinson stava fissando il suo amico con aria scettica agitandogli una mano davanti agli occhi.

-Si, si Pansy sto bene, andiamo- con la sua solita aria indifferente il serpeverde iniziò ad incamminarsi davanti alla ragazza; come se nulla fosse successo.

Pansy lo guardò per un lungo attimo. Qualcosa turbava Blaise, non era più lo stesso e la serpeverde avrebbe scoperto che cosa; ad ogni costo.


***


In infermeria Harry Potter stava di fianco a Madama Chips. Nel letto davanti a lui era adagiata Ginevra Weasley addormentata e febbricitante.

-Signor Potter vorrei chiederle un favore- La vecchia infermiera preoccupata alzò i suoi occhi sul volto del ragazzo dai capelli neri.

-Mi dica Madama Chips-

-Questo è il periodo delle influenze e come puoi vedere sono un po' piena. Vorrei chiederti di non lasciare sola la signorina Weasley. Ha preso l'influenza, una forma abbastanza grave. La stiamo curando in tempo ma avrà bisogno di qualcuno che le stia vicino.-

Harry sapeva che Ginny stava male, ma non sospettava fosse così ammalata.

-Ma come avrà fatto?- La preoccupazione deformava la voce del moro che guardava la piccola di casa Weasley, era così fragile arrotolata nelle coperte del letto. Gli si strinse il cuore.

-Molto probabilmente ha passato molto tempo al freddo e poco vestita- Madama Chips guardava la rossa con occhio critico.

-Capisco- fu l'unica cosa che Harry Potter seppe dire.

-Bene vi lascio soli- così dicendo l'anziana donna andò ad occuparsi degli altri pazienti ed Harry si accomodò nella sedia di fianco al letto della rossa.

-Ginny ma cosa hai combinato?- Il moro si rese conto di star parlando da solo, magari qualcuno lo avrebbe trovato anche buffo.

Harry la guardò, le guance della ragazza erano soffuse del rossore tipico della febbre e i suoi capelli fuoco le incorniciavano il viso rendendola ancora più bella di quanto già non fosse. Il moro la fissò intensamente, mentre le prese la mano, era bollente, ma questo non gli impedì di racchiuderla tra le sue.

Prese un bel respiro, sentiva di dover dire qualcosa, dire quello che si sentiva dentro. tanto non lo avrebbe mai saputo no? Lei dormiva ed era così bella e tranquilla. Magari se lo avesse fatto, quel peso che sentiva sul suo cuore si sarebbe alleggerito un poco.

Facendosi forza Harry parlò.

-Ginny che cosa hai combinato eh? Perché stai così?. Sai, Hermione finita la lezione di pozioni mi ha praticamente trascinato via senza darmi spiegazioni; forse non ha voluto dirmi nulla perchè sapeva che mi sarei preoccupato troppo. E aveva ragione. In questo momento, mentre sono qui con la tua mano tra le mie non riesco a non pensare a quanto vorrei poterlo fare sempre, liberamente, senza preoccuparmi di nessuno. Vederti su questo letto in questo stato... mi fa male. Vorrei poterti togliere tutto il dolore. Qualcosa ti turba Ginny e vorrei poterti aiutare.-

Finito di parlare Harry si sentì leggermente meglio; ma il peso che si sentiva sul cuore rimaneva fermo lì. Forse avrebbe dovuto trovare il coraggio di dirglielo mentre la guardava negli occhi, ma sapeva di non poterlo fare, non doveva metterla nella condizione di dover scegliere, non era giusto.

Un piccolo movimento tra le sue mani lo distrasse dai suoi pensieri, abbassando lo sguardo vide gli occhi azzurri di Ginevra Weasley squadrarlo stupiti.

-Harry- Ginny cercò di alzarsi, ma subito un capogiro da paura la travolse costringendola a sdraiarsi di nuovo sul letto con una mano premuta sulla fronte e un'espressione di dolore dipinta in volto.

-Ginny, hey tranquilla, niente movimenti bruschi. Hai la febbre alta, Madama Chips dice che sei stata troppo tempo al freddo-

La rossa puntò i suoi occhi sul ragazzo che aveva di fronte. Ci mise due buoni minuti a riprendersi dal mal di testa che le stava tamburellando le tempie. Alla fine riuscì anche a formulare una frase di senso compiuto, superato lo shock di vedere il moro al suo capezzale.

-Harry cosa ci fai qui?-

- Si da il caso che ti abbia portato io in infermeria-  il moro fece un sorriso, uno di quelli più radiosi che Ginny avesse mai visto.

'Maledetto Potter così non mi aiuti!' Pensò la rossa che rimase incantata a guardare il ragazzo di fronte a se. Quel sorriso era uno dei punti deboli di Ginny.

Improvvisamente a Ginevra tornarono in mente le immagini delle ultime ore.  Hermione che la svegliava; lei che quasi cadeva per terra cercando di alzarsi; Harry che la prendeva in braccio, il suo contatto, il calore del suo corpo, la sua delicatezza.
Le guance della ragazza iniziarono a colorarsi dello stesso tono dei suoi capelli; non era mai stata così vicino ad Harry. Solo in quel momento Ginny Weasley ed Harry Potter sembrarono accorgersi di essere ancora mano nella mano.

Si guardarono; il verde smeraldo contro l'azzurro cielo. La timidezza contro la passione. Due cuori destinati che hanno paura di trovarsi.

I due erano talmente concentrati l'uno sull'altro che non notarono la figura che era in piedi alle spalle di Harry; finchè non parlò.

-Scusate, disturbo?- Dean Thomas era irto dietro ad Harry, un sopracciglio sollevato ed un'espressione interrogativa gli incorniciava il volto mentre i suoi occhi andavano a posarsi sulla sua fidanzata.

Ginny fu svelta nel ritirare la mano, come se il contatto con la pelle del moro l'avesse scottata. Dean non parve accorgersi dell'intimità tra i due. Il bambino che è sopravvissuto capendo di essere di troppo si congedò all'istante. Non avrebbe sopportato la vista delle smancerie tra Dean e la rossa.

-Beh io qui sono di troppo, vado, stammi bene Ginny. Dean- e con un cenno del capo il moro uscì.


***

Appena fuori dall'infermeria il ragazzo si appoggiò pesantemente alla parete.
Staccarsi da Ginny Weasley fu la cosa più difficile che Harry Potter dovette fare; ma era necessario. L'arrivo di Dean aveva interrotto un momento che lui aveva sperato, molto allungo, arrivasse.

La rabbia stava iniziando a sgorgargli nelle vene. Dov'era Dean quando Ginny stava male? Perchè non si era presentato subito? Le parole di Hermione non facevano che rimbombare nella testa del moro facendolo infuriare ancora di più.

'Ho avvisato anche Dean, ma mi ha detto che aveva da fare'

'Aveva da fare? Aveva da fare?? Cosa c'era di più importante che portare la propria ragazza che stava male in infermeria??' pensò Harry furiosamente.

Il moro aveva ancora il calore della piccola mano della rossa sulla pelle. Sentiva ancora quello sguardo dolce su di lui. Quello sguardo che gli faceva battere il cuore più forte. Poi era arrivato Dean e tutto era andato in fumo, Ginny si era ritratta da lui come se fosse infetto; non lo aveva più guardato in faccia ed Harry aveva sentito il cuore creparsi un poco.

Il moro si mise le mani nei capelli stringendo forte. Forse facendo così avrebbe smesso di sentire quel dolore che gli era comparso nel petto quando Ginny si era ritratta da lui. Forse avrebbe smesso di pensare per un solo secondo a quella piccola rossa che lo stava lentamente facendo uscire di senno.


***


Draco Malfoy era seduto sul letto della sua camera, si era separato da Hermione per consentirle di mettersi in pari con lo studio e già sentiva di volerla rivedere. Le aveva chiesto di essere la sua ragazza e ne era felice, tanto sarebbe stato inutile negare che si era innamorato di lei. D'Altro canto non voleva correre troppo, lui non sapeva nulla dell'amore, non sapeva nulla di come ci si comportava in una relazione; inoltre se suo padre fosse mai venuto a conoscenza che a lui piaceva una 'sanguesporco'... sicuramente sarebbe successo qualcosa di brutto. E se c'era una cosa di cui era certo era che voleva Hermione al sicuro.

La cosa migliore sarebbe stata evitare tutta questa storia e continuare ad essere la maschera che si era costruito; ma la riccia lo aveva attratto a se come una calamita senza lasciargli nessuna via di fuga e prima che se ne rendesse conto era rimasto già troppo coinvolto. La situazione lo spaventava a morte, lui non era un Grifondoro dal valoroso coraggio o un Serpeverde dalla grande furbizia nè un Corvonero con la loro innata intelligenza e nemmeno un Tassorosso dal buon cuore; lui non apparteneva a nulla di tutto ciò. Era tutto sbagliato. Lui era sbagliato.

Sospirò, il cervello gli andava così a mille che se lo sentiva scoppiare.

Un picchiettare insistente lo distrasse dai suoi pensieri, il ragazzo si girò notando un gufo reale che se ne stava fuori dalla finestra con una lettera legata alla zampetta. Il biondo si alzò andando ad aprire al rapace che subito si infilò nella stanza andando a posarsi sulla sua spalla.

-Allora cosa mi porti piccoletto?- dando due carezze all'uccello Draco Malfoy prese la lettera. Diede infine due pezzi di biscotti all'animale che emettendo un verso di apprezzamento riprese il volo uscendo dalla stanza.

Draco rimase a fissare la lettera inorridito, la grafia la conosceva fin troppo bene e aveva sperato che non arrivasse mai questo momento. Il terrore iniziò a divampargli nel cuore, propagandogli all'altezza dello stomaco un gelo sempre più  freddo che minacciava di ghiacciargli il sangue nelle vene. Respirò parecchie volte, prima di riprendere il controllo; infine con mano tremante iniziò ad aprire la lettera.

'Caro Draco,

Il periodo natalizio è vicino e io desidero che tu faccia la scelta più giusta, sai di cosa parlo. In caso contrario sai quali sarebbero le conseguenze. Il Signore Oscuro ci sta dando una grande opportunità per riportare alla vecchia gloria l'onore dei Malfoy. Non ci deludere.

Lucius Abraxas Malfoy.'

Poche parole, concise e crudeli, come l'uomo che gli aveva inviato la lettera.

Draco lesse e rilesse più volte le stesse cinque righe, ad un certo punto dovette costringersi a fermarsi altrimenti, temeva, sarebbe diventato ceco. Sentì il sangue defluirgli dal viso parola dopo parola. Alla fine il momento era arrivato. Il cuore prese a martellargli così forte che non riusciva più a sentire il rumore dei suoi pensieri. Le sue mani si strinsero inevitabilmente sulla carta della lettera raggrinzendola.

-MALEDIZIONE! MALEDIZIONE!- Draco Malfoy si sentiva la testa scoppiare, mentre la rabbia si riversava nelle sue vene come una cascata facendogli perdere anche il suo ultimo briciolo di razionalità.

-NON SI È NEMMENO DEGNATO DI FIRMARSI COME MIO PADRE!- il ragazzo continuava a delirare urlando come un pazzo. In preda alla furia iniziò a ribaltare qualsiasi cosa gli capitasse sotto tiro; in quel particolare momento la sedia si procurò un potente calcio che la spaccò in due.

-MALEDIZIONE!- la stessa sorte toccò ai libri impilati sulla scrivania, al letto e ai cuscini che finirono stracciati su tutto il pavimento.

Draco non ci vedeva più dalla rabbia, aveva gli occhi fuori dalle orbite, mentre si strattonava con forza i capelli, cercando di trattenere le lacrime. Era fatta. Era deciso, e lui non avrebbe potuto impedirlo in nessun modo.

Durante le vacanze di Natale, sarebbe diventato un mangiamorte.

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