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Il segreto di pulcinella

Harry Potter stava guardando fuori dalla finestra, incantato dalle stelle luminose che, con l'oscurità che circondava la tana, erano ancora più brillanti.

Il suo pensiero correva a Ron ed Hermione che erano rimasti ad Hogwarts; non ne capiva bene il motivo, ma poco importava in realtà. I regali per entrambi li aveva spediti e lui si era ritrovato due pacchi regalo sopra il letto la mattina di Natale. Non poteva negare che gli mancassero e non poco; ma sicuramente Hermione avrà avuto i suoi buoni motivi per non tornare e Ron... beh Ron voleva stare con lei, questo Harry lo aveva capito.

La mano corse istintivamente al nuovo braccialetto, un gesto che negli ultimi giorni faceva spesso. Adorava stare dai Weasley, ma senza Ron si sentiva un po' fuori posto.
Rigirava in continuazione il braccialetto d'acciaio con al centro una targhetta con inciso una frase che Harry doveva ammettere, fosse fatta apposta per lui, almeno nella prima parte.

"Sopravvivere e combattere l'orrore, rende il cuore nobile."

Sopravvivere e combattere... già Harry lo stava facendo da ben sei anni. Da quando era un pupillo. Era stanco di dover sopravvivere e combattere, senza mai vivere davvero. Poter assaporare la gioia della spensieratezza giovanile; gli anni in cui il problema più grosso dovrebbe essere quello di conquistare una ragazza, non cercare di non morire ogni due minuti. Una fanciulezza che gli era stata portata via.

Continuava a rigirare il braccialetto, un tick nervoso che sembrava tranquillizzarlo apparentemente. Curioso, se si considera che non sapeva nemmeno di chi fosse. Lo aveva trovato sul comodino; un piccolo pacchettino con dentro il bracciale d'acciaio che brillava alla luce del sole. Era semplice e bellissimo. Harry se n'era innamorato subito e lo aveva indossato. Aveva chiesto a tutti i Weasley se fosse stata opera loro, ma tutti gli avevano detto la stessa cosa, non era da parte loro.

E allora da chi arrivava?. Draco no, il suo regalo lo aveva già ricevuto e poi sembrava un dono così intimo. Hermione e Ron nemmeno. Harry continuava a chiederselo da quando lo aveva aperto, ma ancora niente.

Mentre era ancora concentrato a capire chi glielo avesse donato; il flusso dei suoi pensieri fu improvvisamente interrotto da una voce dolce e gentile, che Harry conosceva fin troppo bene.

-Belle le stelle non trovi?-

Ginevra.

Era di fianco a lui sorridente con indosso una tuta e una maglia a maniche corte; i capelli acconciati in uno chignon sfatto e anche così, Harry dovette ammettere, che era maledettamente sexy.

Senza dargli il tempo di rispondere la rossa gli si sedette accanto e insieme iniziarono a guardare le stelle; in un silenzio che non era imbarazzato, ma trasmetteva pace. Ogni volta che era affianco a lei Harry si sentiva bene, nonostante il cuore che batteva furioso.

Le loro mani erano a poca distanza ad Harry sarebbe bastato allungarle un poco per poterla afferrare. Proprio in quel momento Ginevra si girò verso di lui, il suo sguardo si fissò insistente negli occhi smeraldo del moro.

La sentivano entrambi quell'attrazione che li portava l'uno verso l'altro, i loro cuori che piano piano smettevano di battere per conto loro e si allineavano creando una melodia. In un impeto di coraggio Harry prese la mano di Ginny, che dal canto suo rimase immobile, inebriandosi del tocco di lui.

Harry era così vicino da poter sentire l'odore della pelle di lei, un tocco di primavera in mezzo a tutta quell'aria gelida.
Le loro labbra si stavano quasi per sfiorare; quando un lampo di luce rosso attraversò la radura, spezzando la
magia che li legava.

Ginny si staccò immediatamente, guardò prima fuori, poi Harry e con un'occhiata dispiaciuta iniziò a correre giù per le scale. Nella mano destra era apparsa la sua bacchetta.
Dopo aver mentalmente imprecato e insultato ogni mago esistente sulla faccia del pianeta, Harry la seguì.

Arrivati al piano di sotto si precipitarono fuori. Arthur Weasley insieme a Thonks e Lupin erano già lì, mentre Molly e i gemelli cercavano di proteggere la tana.

Ginny arrivò per prima, davanti a lei alte lingue di fuoco ardevano e bruciavano. Una vocina ricorrente continuava a cantilenare.

-Io ho ucciso Sirius Black-

E poi rideva in un modo così insopportabile che Ginny agì senza pensare, puntò la bacchetta verso le fiamme e, dopo aver gridato l'incantesimo, si fiondò verso il varco che aveva aperto, sparendo in mezzo al grano.

Harry dietro di lei fece appena in tempo a seguirla tra le fiamme, prima che queste si richiusero con prepotenza alle sue spalle, nessuno lo poteva seguire.  Sembrava che le fiamme fossero state indebolite apposta per farli passare; e poi rafforzate per isolarli.

Con il cuore in gola Harry iniziò a correre, sentiva l'insopportabile vocina di Bellatrix Lestrange ovunque e questo non faceva che farlo infuriare; ma il suo pensiero fisso era Ginny, doveva trovarla, prima che loro trovassero lei.


***


Aveva sentito come da lontano il suo nome che veniva urlato da suo padre, poi più nulla.

Ginevra stava correndo tra il grano, incurante che le piante le graffiassero il viso. Si sentiva così arrabbiata, come osava quell'arpia prendere in giro Harry per la morte del suo padrino? E poi aveva appena attaccato i suoi famigliari e questo proprio non poteva sopportarlo.

Stava continuando a correre finché non si ritrovò nel mezzo di un piccolo spiazzo infangato. Si fermò iniziando a guardarsi intorno, le orecchie in allerta, la bacchetta alzata. Forti brividi le correvano per tutta la schiena e per le braccia. La tensione o forse il freddo.

Il primo lampo di luce, rosso come il sangue, squarciò l'aria; Ginny prontamente si protesse. I lampi provenivano da più direzioni. Sempre più violenti in un turbinio di colori letali. Gli incontri con l'ordine l'avevano formata abbastanza da permetterle di resistere. Ma temeva che  presto o tardi non ce l'avrebbe più fatta.

Dopo una decina di minuti buoni, forse di più, Ginny iniziava ad essere stanca, i lampi arrivavano da più direzioni, Bellatrix non era sola. Contrastarli diventava sempre più difficile e stordita la rossa iniziò a mancare qualche colpo, un incantesimo la colpì di striscio provocandole un taglio sulla spalla. Iniziava a bruciare.

Stanca ed indolenzita Ginny intravide un lampo di luce verde arrivare dal lato sinistro; fece per voltarsi, ma subito la consapevolezza che non sarebbe riuscita a pararlo in tempo si fece strada dentro di lei, che senza sapere a quale forza stava facendo ricorso, rimase comunque in piedi. Era convinta che l'avrebbe colpita; quello sarebbe stato il luogo della sua morte. E invece...

-PROTEGO!-

Harry Potter ansimante e stralunato arrivò giusto in tempo per lanciare l'incantesimo di protezione in direzione della rossa.

Gli occhi dei due ragazzi si fissarono per un attimo, forse il più lungo della loro vita, prima di ritornare alla realtà. Harry velocemente annullò la distanza che lo separava da Ginny; ora i due ragazzi erano schiena contro schiena che combattevano, respingendo incantesimi da ogni direzione.

La mano di Harry corse subito, istintivamente, ad afferrare quella di Ginny. Se fosse dovuto morire, sarebbe stata una morte lieta se avesse avuto lei affianco.
Ginny dal canto suo ricambiò la stretta. Sapeva che affezionarsi ad Harry Potter sarebbe stato rischioso, ma questo non le aveva impedito di amarlo ogni giorno di più.

Improvvisamente i lampi cessarono e due nuvole di fumo nero come la pece si alzarono dal grano e volarono via; accompagnate dalla stridula risata di Bellatrix.

I due ragazzi rimasero immobili, ancora mano nella mano. Poi un boato squarciò il silenzio della notte. Si girarono di scatto appena in tempo per vedere il rosso stagliarsi verso il cielo dal punto in cui erano partiti.

-La tana- sussurrò Ginny ad occhi spalancati.

Harry capì al volo e ancora uniti iniziarono a correre verso la casa; insieme.

Lo spettacolo che gli si presentò davanti una volta arrivati fu spaventoso. Lingue di fuoco avvolgevano tutta la tana; bruciando le fondamenta su cui era costruita. Tutti i componenti della famiglia e non erano riuniti fuori. Harry e Ginny si fermarono mentre quest'ultima vedeva le ceneri della sua casa, della sua infanzia volare via e morire insieme ad una parte del suo cuore.

Ginevra tremava come una foglia; sentiva il suo essere sgretolarsi a poco a poco e scivolare via dalle sue mani, come la cenere di casa sua volava via trasportata dal vento. Aveva bisogno di un appiglio, la sua roccia era il moro di fianco a lei, si aggrappò a lui consapevole che da sola non si sarebbe retta in piedi e strinse ancora di più la mano di Harry per trovarvi conforto, prima di nascondere il viso nell'incavo del suo collo e iniziare a piangere.


***


Hermione si alzò ancora intontita dalla sera prima, sentiva tutta la stanchezza addosso. Era stanca di provare quello che provava, stanca di pensare a lui e stanca di pensare a Ron e a perché fosse così strano.

Sospirando mise le mani sulle tempie cercando di distendere i nervi. Amava la sua intelligenza e il modo razionale con cui il suo cervello selezionava e ragionava su ogni singola cosa, ma questa volta era troppo. Puoi ragionare quanto vuoi su qualcosa che è irrazionale e non capirne mai il senso; la cosa più sconfortante era che Hermione ne era consapevole, ma non poteva farne a meno.

Si sentiva sbagliata, sempre diversa, per il suo stato di sangue prima e la sua intelligenza poi.

Ricordò come fosse a disagio quando il capello parlante esternò i suoi dubbi su dove collocarla. Fiera e orgogliosa di aver ereditato l'intelligenza della madre e il buon animo del padre, ma terribilmente diversa da tutti gli altri che erano stati smistati senza dubbi.

Corvonero o Grifondoro.

Intelletto o coraggio. Scelte che Hermione aveva iniziato a prendere già dalla tenera età. Scelte che avrebbero decretato il tipo di donna che voleva essere. Le sarebbe tanto piaciuto per una volta non dover pensare minuziosamente a tutte le conseguenze delle sue azioni. Ma le affrontava ogni giorno, tutt'ora affrontava la terribile conseguenza di amare il suo peggior nemico. Un amore che lentamente la stava uccidendo dall'interno, succhiandogli via tutta la linfa vitale.

Si sentiva stanca Hermione, mentre apriva la porta del bagno per farsi una doccia ristoratrice. Era talmente stanca da non accorgersi nemmeno del volatile che era planato in camera dalla finestra aperta.

Uscì dal bagno dopo una buona mezz'ora, vestita solo da un asciugamano che le fasciava il corpo; andò verso l'armadio e dopo essersi rivestita ed aver fissato i capelli bagnati in una crocchia disordinata, Hermione si diresse verso il letto e per poco non urlò.

Cercò di calmarsi facendo respiri lenti e regolari, guardando con occhi di fuoco il volatile che era bellamente appollaiato sul suo letto.

-Mi hai spaventata- gli inveì contro; ma quest'ultimo impassibile allungò la zampina per darle il pacchetto che doveva recapitare.

Hermione lo prese e diede qualche briciola all'animale, che appagato uscì dalla stanza.
Rimasta sola la ragazza studiò attentamente il pacchetto. Era piccolo e avvolto in una carta color oro, un piccolo fiocco rosso adornava la parte superiore. Nessun biglietto. Nessun mittente.

Hermione lo studiò per un po', spaventata. Non sapeva se aprirlo o no, ne di chi fosse; ma la sua curiosità vinse la sua prudenza, così si mise ad aprirlo. Delicatamente e con cura.

Il pacchettino nascosto sotto la carta era di colore verde. Hermione iniziava ad intuire, ma non voleva trarre conclusioni affrettate per poi rimanere delusa.
Aprì il pacchettino e scoprì un bigliettino piegato sopra un piccolo panno di stoffa. Lo aprì e lo lesse.

"Ama quel cuor che per te si strugge. Non t'ama chi amor ti dice ma t'ama chi guarda e tace."

Hermione pensava che fossero stati i capelli a bagnarle le guance e invece no. Non si accorse delle lacrime che scendevano dai suoi occhi, finché il loro sapore salato non arrivò alle sue labbra schiuse. Non voleva nemmeno asciugarle, le lasciò libere di scorrere e di alleviarla un po' dalla pressione che sentiva nel petto. Rilasciò un brusco respiro, continuando silenziosamente a piangere.

-Maledetto furetto- disse tra se sorridendo.

Aveva pensato che lui si fosse dimenticato di lei, divorato magari dal senso di colpa per aver intrapreso una relazione con una 'sporca mezzosangue'. Aveva avuto paura, in quei giorni, di essere caduta nelle sue spire, lei così dotata eppure così ingenua; si era fatta trascinare in tutto quel turbinio di misteri che era Draco Malfoy. Non sapeva cosa lui volesse dirle con quel biglietto, il fatto che conoscesse la citazione la sorprese e non poco. Hermione si permise di avere una piccola luce di speranza accesa nel suo cuore; nonostante tutto sperava che lui potesse amarla.

Ancora con il viso bagnato Hermione tolse con cura il piccolo panno che copriva il dono che le aveva fatto Draco. Ciò che vi trovò la lasciò senza parole.

Un'elegante e fine collana in oro bianco con al centro un piccolo ciondolo a forma di leonessa, riposava sul velluto della scatolina.

Hermione la fissò allungo, sbalordita. Era magnifico.


***


Pansy stava camminando per i corridoi, quelli erano gli ultimi giorni di vacanza e lei, ovviamente, gli avrebbe passati allenandosi con quel pel di carota irritante e rabbioso.

Aveva avuto una nottata movimentata e si era svegliata con l'immagine di due occhi marroni come la corteccia di un albero, così normali eppure...
Non sapeva a chi appartenessero e il dubbio la stava divorando. Perché li aveva sognati?

Immersa nei suoi pensieri, la ragazza non si accorse di essere già arrivata all'aula e di averla anche sorpassata. Scrollando la testa tornò sui suoi passi imponendosi di rimanere concentrata. Per nessun motivo doveva farsi vedere debole.

Piton non sarebbe venuto e aveva lasciato loro degli incantesimi su cui esercitarsi. Bene sarebbe anche dovuta rimanere da sola con Weasley. Fantastico.

Entrò nella stanza e constatò che era sola. Quello stupido non era ancora arrivato. Si mise così a sistemare la metà dell'aula in attesa dell'arrivo del suo compagno. Con la bacchetta spostò i banchi e si mise a ripulire il disastro che avevano lasciato la sera precedente, c'erano bruciature dappertutto, le pareti erano crepate, pezzi di sedie di legno erano sparsi ovunque accompagnati dai libri.

In un angolo della stanza giaceva dimenticato un manichino per esercitarsi e alla lavagna il professore aveva lasciato le istruzioni per allenarsi.

Pansy le stava studiando attentamente, quando la porta si aprì e si richiuse alle sue spalle. La ragazza si girò notando subito la zazzera di capelli rossi e il loro proprietario.

Ronald Weasley era appena entrato nell'aula, aveva poca voglia di allenarsi e soprattutto di vedere Pansy; era rimasto ad Hogwarts per stare con Hermione e in quella settimana non l'aveva praticamente vista. Aveva dormito male e si era rigirato tutta la notte, aveva sognato due occhi neri come la pece che lo torturavano con il loro perfido sguardo. Occhi che sembravano appartenere al male. Si era sentito terribilmente a disagio quando l'essere che aveva sognato lo aveva guardato; e per quanto ci provasse non riusciva a ricordare chi fosse.

-Parkinson- disse il ragazzo glaciale. Pansy non rispose, non subito; era troppo concentrata su un certo dettaglio che prima non aveva visto. Si era rigirata verso la lavagna e stava studiando lo schema, fissava insistentemente l'ultimo punto della lista. Ron allarmato iniziò ad avvicinarsi cominciando anche lui a leggere l'elenco.

I suoi occhi come quelli di Pansy si soffermarono alla fine.

'• Allenamento mattina e pomeriggio con esercizi di fiducia.' Così diceva l'ultimo punto, con un esplicito incitamento da parte del prof a farlo seriamente o avrebbero ricevuto una bella punizione.

-Fantastico!- commentò la mora esasperata - Non ci credo, non solo mi tocca sopportarti tutto il giorno... ma devo anche fare degli stupidi esercizi di fiducia??- buttando le braccia al cielo Pansy si lasciò cadere in mezzo ai detriti dell'aula.

-Zitta! Credi che a me faccia piacere stare qui con te? Niente lagne Parkinson, piuttosto riordiniamo questo casino- con queste parole Ron si mise a sistemare la sua metà di aula in silenzio.

Dopo una buona ora i due erano riusciti a sistemarla e a farla tornare quasi come nuova; mancava giusto qualche cosuccia...

-Uff, sono sfinita-

- Ma sai solo lamentarti?-

La Serpeverde si girò di scatto fulminando Ron in un attimo.

-Qeasley vedi di farti i fatti tuoi-

Ron iniziava a sentire il calore affluirgli al viso, le orecchie iniziavano ad imporporarsi mentre la rabbia distruttiva che sentiva dentro cominciava a pervadergli tutto il corpo. Era incredibile come Pansy riuscisse ad accenderlo come fuoco vivo, a farlo bruciare con una sola frase, una sola parola. Lo irritava talmente tanto da farlo letteralmente impazzire.

Pansy si trovava vicino ad un muro intenta a sistemare l'ultimo quadro in bilico. Quando si girò trattenne a stento il grido di sorpresa che le era salito dalla gola.

Ron accecato iniziò a diminuire la distanza tra di loro. Quando la raggiunse spinse la mora contro il muro poco gentilmente, ma senza farle male, bloccandole le mani per impedirle di raggiungere la bacchetta.

Per un attimo i loro occhi si incontrarono e rimasero a guardarsi il marrone e il nero che si stavano iniziando a fondere in un unico colore; e Ron era certo che quel nero così torbido lo avesse già visto da qualche altra parte ma proprio non ricordava dove ed era certo che se avesse continuato a guardarlo lo avrebbe inghiottito nelle sue spire. Doveva riscuotersi all'istante.

Avvicinò le sue labbra all'orecchio di lei, Pansy sentiva la presenza del grifondoro addosso, sentiva fin troppo la sua presenza; in un modo in cui non avrebbe dovuto. Attribuì il tutto alla sorpresa di trovarselo così vicino. Sembrava furioso.

-Il mio cognome è Weasley- la voce gli uscì in un sussurro minaccioso, a Pansy corse un brivido gelido giù per la colonna vertebrale.

-Levati lenticchia- disse a denti stretti, cercava in tutti i modi di toglierselo di dosso, ma lui era più alto, più muscoloso e decisamente più forte.

Ma Ron senza ascoltarla riprese a parlare -Ascoltami molto bene Parkinson, se dovremmo continuare ad allenarci insieme, ti conviene tenere quella tua lingua lunga da serpe a bada- lo disse soffiandoglielo nell'orecchio, sussurrando con lo stesso tono di prima, fermo e autoritario, molto poco in stile Ron.

Pansy si rese conto di avere il respiro rotto che irregolare si adattava al battito furioso del suo cuore. Aveva un po' di paura doveva ammetterlo, il pel di carota sembrava davvero minaccioso e la sua voce così vicina le fece correre un secondo brivido glaciale per tutta la schiena.

Ron ora la stava guardando di nuovo negli occhi, sembrava che avesse corso una maratona per il ritmo dei suoi respiri. Il contatto con la pelle di lei fredda come il ghiaccio lo metteva a disagio.

La ragazza riprese immediatamente il controllo di se e lo scrutò con sguardo lampeggiante. Si stava arrabbiando sul serio. Il problema è che tutti e due erano bombe atomiche pronte per essere innescate e recare danni permanenti e molto estesi.

Pansy avvicinò le sue labbra a quelle di Ron fermandosi solo ad un mignolo di distanza. Con tutta la cattiveria di cui era capace, incurante del disagio che provasse nel stargli così vicino, parlò.

- Levati. di. torno. Qeasley.- disse, marcando l'ultima parola come se fosse un insulto.

Ron strinse la presa sui polsi della ragazza, che trattenne una smorfia di dolore, prima di allontanarsi in un attimo facendo finta che nulla fosse accaduto.

'Irritante, smorfiosa, egocentrica, insopportabile megera!' Pensò Ron rabbioso, prima di tornare a sistemare le ultime cose della sua metà aula ignorando completamente la serpeverde.


***


Blaise Zabini e Draco Malfoy stavano correndo come due forsennati.

-Non ci posso credere- stava dicendo ancora il biondo - non ci posso credere! Sei riuscito a farmi fare tardi!-

Per tutta risposta il moro sbuffò sonoramente ignorando l'amico, mentre continuavano a correre per raggiungere il binario 9 e 3/4. Smaterializzarsi era impossibile ormai erano in stazione e c'erano decisamente troppi babbani intorno a loro.

Il treno sarebbe partito tra due minuti e loro avevano appena trovato la strada giusta, con uno slancio si fiondarono verso il muro che separava il binario 9 dal 10. La solita pressione al petto li accolse quando passarono la barriera e finirono dall'altro lato. L'Espresso stava emettendo l'ultimo fischio così i due si precipitarono nella prima porta aperta ringraziando Merlino per aver fatto in tempo.

Era il primo treno per Hagwarts anche se le vacanze non erano ancora terminate mancavano due giorni alla fine. I due ragazzi avevano deciso di tornare in anticipo e l'Oscuro Signore ne fu ben felice così che Draco iniziasse subito ad agire.

Non doveva pensarci.
Non doveva pensarci.
Non doveva pensarci.

Troppo tardi, inconsciamente il braccio iniziò a dargli fastidio. La sensazione era sempre la stessa quando pensava a 'tu sai chi'.

-Merda per un pelo-

Il biondo alzò gli occhi sul suo migliore amico sospirando divertito.

-Sempre la solita finezza Blaise complimenti-

- Come sei puntiglioso Malfoy, sempre a mettere i puntini sulle i- lo prese in giro il moro.

Draco si limitò a tirargli un'occhiata truce.

-Sei sempre il solito idiota-

-Se non lo fossi Malfoy, non mi vorresti bene-

Draco ghignò. -Se ne sei convinto-

Blaise lo fulminò con lo sguardo ma non replicò.


***


Erano in viaggio da ore ormai e Blaise si era addormentato nel sedile di fronte a lui. Draco invece non riusciva a darsi pace. Il marchio non voleva smettere di irritargli la pelle con un lieve bruciore; ma il problema più grande erano i suoi pensieri. Non faceva che pensare a lei, che tra poco l'avrebbe rivista, avrebbe guardato i suoi occhi e con che coraggio avrebbe risposto alle sue domande? Ai suoi dubbi sul suo comportamento?Con che coraggio le avrebbe detto del marchio nero? Del suo compito? No, non poteva. A breve sarebbe arrivato ad Hogwarts e solo l'idea di rivederla lo agitava.

-Amico pensi a lei vero?-

Blaise si era svegliato e ora stava guardando Draco che con le mani strette nei capelli e la testa bassa cercava di tranquillizzarsi o di pensare ad altro.

-Penso sempre a lei, Blaise- disse glaciale il biondo per poi tornare trincerarsi nel silenzio. Il moro, sospirando, lo lasciò nei suoi pensieri, dedicandosi anche lui ai propri.

Hermione... con i suoi occhi da cerbiatta e il viso ancora da bambina; ma dentro, Draco lo sapeva, si nascondeva una leonessa pronta a tirare fuori gli artigli.
L'amava ora lo aveva capito, l'amava con tutto il cuore, se quello era l'amore e non avrebbe mai permesso che le facessero del male.
Se l'amore voleva dire avere tanta paura per lei da infischiarsene della propria vita, allora l'amava.

Ancora poche ore e l'avrebbe rivista; Draco si sentiva il cuore in gola, sapeva cosa doveva fare, solo che era troppo egoista per farlo. Il sentimento lo logorava dentro senza lasciargli nessuna via d'uscita. Lo avrebbe distrutto pezzo per pezzo finché di lui non ci sarebbe rimasto solo che polvere. Era sbagliato e lo sapeva. Aveva quel dannato marchio inciso sul braccio a ricordargli quanto fosse sbagliato e diverso da tutti gli altri, quanto non meritasse niente da nessuno, tantomeno da Hermione.

-Io credo... di amarla Blaise- sussurrò il
biondo tutto d'un fiato, talmente piano
che Blaise temette di non aver sentito.

Il moro sospirò rumorosamente, sapeva che d'ora in avanti le cose non sarebbero state per niente facili.

-Beh amico, questo si che è un bel casino-



***


Dopo una lunga lotta con se stessa Hermione decise di indossare il ciondolo regalatole dal suo (ex?)ragazzo. Dio non lo sapeva nemmeno lei!

La collana era stupenda, le cadeva morbida sul collo, era di media lunghezza e il ciondolo era adagiato poco sopra il seno. Portò una mano al gioiello ancora incantata.

Aveva deciso di rimanere per poter pensare in pace cercando di dare un senso agli ultimi avvenimenti... l'ordine, Draco... tutte cose successe così in fretta che Hermione non se n'era nemmeno accorta.
In cuor suo sapeva di non voler arrendersi, ma c'è qualcosa per cui lottare quando sei sola a farlo?

Non una lettera da parte di quel furetto. Nulla, né in risposta alla sua, ne scritta di sua iniziativa. L'aveva ignorata e questo lacerava il cuore di Hermione ogni giorno di più, eppure la testarda grifondoro non voleva darsi per vinta. I due mesi passati insieme non potevano essere stati solo bugie, non lo avrebbe sopportato. Era forte ma il suo cuore si sarebbe spezzato lo stesso; a rafforzare poi la sua teoria c'era il dono che le aveva fatto, se non gli importava di lei perché le aveva fatto un regalo?

Decise che appena lo avesse rivisto gliene avrebbe dette quattro in stile Granger, e quando Hermione è arrabbiata non è mai troppo piacevole.
Non capiva e lei odiava non capire. Doveva assolutamente scoprire che cosa c'era che non andava in Draco. Aveva cambiato comportamento troppo in fretta, doveva essere successo qualcosa che lo aveva portato a fare quello che aveva fatto.
Hermione ne era sempre più convinta sperando di non sbagliarsi.

Decise di andare in biblioteca per rilassarsi un po' dai suoi pensieri, cercando magari un buon libro con cui distrarsi. Iniziò ad asciugarsi i capelli e una volta pronta si avviò. Passando nella sala comune si guardò un po' intorno per vedere se ci fosse Ron, ma di lui nessuna traccia. Erano quasi due giorni ormai che non lo vedeva e anche lui era strano. Ancor prima di sapere dell'ordine; ma ora era arrabbiato con lei e questo ad Hermione dispiaceva; avrebbe voluto parlargliene prima, ma Silente si era raccomandato di mantenere il silenzio e lei aveva ubbidito. L'idea che Ron ne fosse all'oscuro la metteva a disagio e più volte aveva pensato di dirgli tutto, ma si era sempre trattenuta; anche se mentire non le piaceva affatto. Lui era arrabbiato e infatti le aveva nascosto il fatto che si allenasse con la Parkinson e questo la preoccupava; conosceva abbastanza Ron da sapere che odiava con tutto il cuore la Serpeverde; Hermione aveva paura che il
suo amico potesse fare qualcosa di stupido. Aveva fiducia in Ron, ma ogni tanto era bene prevenire. Un giorno forse smetterà di essere arrabbiato e capirà appieno perché non ha potuto dirgli nulla; fino a quel giorno Hermione decise di aspettare e provare a parlargli appena ne avesse l'occasione.

Hermione sbuffò, doveva fare chiarezza in tutta quella confusione che era diventata la sua vita e doveva farlo subito o i dubbi l'avrebbero divorata.



***


Durante il pranzo Ron aveva accuratamente evitato Hermione, era ancora troppo arrabbiato con lei per poterla vedere. Si stava avviando per fare allenamento. Di nuovo. Se solo ci pensava le gambe gli diventavano improvvisamente pesanti. La voglia di andare in sala comune o in camera o di fare qualsiasi altra cosa era enorme e Pansy non rendeva certo le cose più facili.

Arrivato nell'aula si mise a sedere su un banco in attesa che arrivasse la serpeverde.
Dieci minuti più tardi Pansy varcò la soglia sbuffando.

-Weasley-

-Parkinson-

La tensione era palpabile a chilometri di distanza. Rimasero in silenzio a guardarsi e per un attimo dimenticarono di essere insieme, di esse la serpeverde e il grifondoro si guardarono solo un attimo in un silenzio che era pesante e minacciava di schiacciarli.

Pansy fu la prima a riscuotersi e senza alcuna delicatezza parlò.

-Avanti iniziamo con questi stupidi esercizi di fiducia-

Ron riportato alla realtà dalla voce della ragazza annuì senza proferire parola.

Pansy sbuffò di nuovo.

-Hai deciso di fare il mimo? No perché non ne ho proprio voglia oggi. Non è giornata Queasley.-

-Sono Weasley, quante volte lo dovrò ripetere perché in quel tuo cervello da gallina ci entri?-

Pansy assottigliò lo sguardo. Stava per dirgliene quattro quando...

-Buon pomeriggio ragazzi- la voce era calda e tranquilla. Silente era appena entrato nella stanza. - Non credo che il suo tono Signor Weasley sia adatto ad una signorina- Pansy annui soddisfatta - ma credo Signorina Parkinson che nemmeno non ricordarsi il nome del proprio compagno di allenamenti sia molto carino- e Ron la guardò con un malcelato compiacimento dipinto in volto. - comunque non sono venuto per sgridarvi, bensì per vedere a che punto siete, se voleste mostrarmi qualcosa. Tipo quegli esercizi di fiducia lasciati dal professore-

Ron e Pansy si scambiarono un'occhiata. Non li avevano ancora fatti e se c'era una cosa di cui fossero certi era che non si fidavano per niente l'uno dell'altra.

-Ma signore...- tentò Ron di protestare.

-Vorrei vedere un solo esercizio, mi basterà- disse il preside senza lasciare altro spazio a repliche.

I due ragazzi si guardarono di nuovo interdetti.

-Su, su- gli incoraggiò il preside sorridente; sembrava che stesse assistendo ad uno spettacolo e che gli piacesse quello che stava guardando.

Pansy riluttante iniziò ad avvicinarsi a Ron.

-Giuro che se non mi afferri Weasley, il preside sarà l'ultimo dei tuoi problemi- sussurrò la serpeverde così che sentisse solo lui.

Ron ghignò, un ghigno che di affidabile non aveva proprio nulla.

-Lo terrò a mente Parkinson-

A Pansy quel ghigno non piacque per niente; ma si posizionò comunque di schiena davanti al rosso. Ron l'avrebbe dovuta prendere prima che lei cadesse a terra. La ragazza chiuse gli occhi e provò a lasciarsi andare, ma subito presa dal terrore di poter cadere gli riaprì e spostò un piede per tornare in equilibrio.

-Signorina Parkinson deve lasciarsi andare non può fermarsi- ribadì il preside tranquillo.

La ragazza guardò di nuovo Ron che continuava a ghignare divertito. Non la rassicurò per nulla.

'Va bene, ora respira Pansy respira' Cercò di tranquillizzarsi; ignorando la vocina dentro alla sua testa che le inveiva contro, Pansy richiuse gli occhi e si lasciò cadere.

Il cuore le batteva forte in gola e non sapeva da dove, ma la consapevolezza che fosse quasi arrivata al pavimento la colpì forte facendola terrorizzare all'idea di schiantarsi sulla superficie fredda. Stava giusto già pensando ad un modo per vendicarsi sul rosso, quando due forti braccia la fermarono a mezz'aria. Pansy riaprì subito gli occhi ritrovandosi Ron piegato su di lei che la sosteneva e la rimetteva delicatamente in piedi. L'aveva afferrata! La serpeverde era senza parole e il grifondoro non era da meno. Aveva deciso di lasciarla cadere per darle una lezione, ma all'ultimo si era fiondato verso di lei come una furia afferrandola appena in tempo. Sicuramente per non prendere una punizione dal preside, si... sicuramente è stato per quello.

Pansy dal canto suo ringraziò mentalmente la presenza di Silente, che sicuramente aveva contribuito a non farle sfracellare la testa sul pavimento.

-Bene grazie ragazzi. Mi basta, continuate pure l'allenamento- così dicendo il preside uscì lasciando i due esterrefatti.



***



Appena Silente uscì dalla stanza Pansy si girò verso il grifondoro con gli occhi spalancati dalla sorpresa e dal sospetto.

-Mi hai presa...-

-Non farti strane idee, ti ho presa solo perché c'era Silente, altrimenti mi sarei divertito a vederti spiaccicata per terra- la derise Ron.

Pansy strinse gli occhi in due fessure; ma una risposta del genere se l'aspettava.

-Idiota- sputò con rabbia.

Ron non seppe da dove trovò la forza di non schiantarla; si limitò ad ignorarla senza degnarla di una reazione.
La mora incattivita si mise a sistemare i banchi per creare una specie di pedana da duello.
-Che fai?- gli chiese sinceramente curioso il rosso.

-Una pedana da duello non vedi? - gli disse di rimando Pansy ; poi continuò senza degnarlo di ulteriori attenzioni.

Quando ebbe quasi finito la ragazza salì sopra la pedana improvvisata per testarne la stabilità, iniziò a sbatterci i piedi e a saltarci piano sopra. Doveva scaricare un po' di frustrazione e se lo avesse fatto sul grifondoro sarebbero di nuovo finiti in punizione e solo un giorno insieme a lui bastava e avanzava.

-Andrà a finire che ti farai male- disse Ron guardandola annoiato.

Pansy lo ignorò.

-Smettila va a finire che ti farai male- disse di nuovo il grifondoro leggermente alterato.

Pansy lo ignorò di nuovo, sbattendo i piedi più forte.

-Piantala Parkinson non voglio portarti in infermeria perché sei così stupida da camminare sui banchi! - ormai Ron aveva alzato la voce.

Pansy si girò di scatto le lampeggiavano gli occhi dalla rabbia. Sembrava una bomba pronta ad esplodere.

-Ascoltami bene Weasley...- iniziò minacciosa la ragazza girandosi con tanta foga che uno dei banchi che non aveva ancora fissato con la magia si spostò. Pansy inciampò non riuscendo a riprendere l'equilibrio e cadde.

Ron non ci pensò un secondo di più, si mosse quasi senza rendersene conto e si fiondò verso la ragazza poco lontana da lui, afferrandola prima che cadesse per terra facendosi male.

Pansy si aggrappò al collo di lui mentre Ron la teneva in braccio stringendola forte a se.

Successe tutto in un attimo. Quello prima era sopra la pedana, quello dopo era tra le braccia di Ron e nemmeno lei sapeva come ci fosse arrivata. Lo guardò sorpresa, riprendendo fiato.

-Avevi... avevi detto che ti saresti divertito a vedermi spiaccicata a terra-


***


Era ormai sera ed Hermione decise che aveva letto fin troppo e poi, in realtà, la biblioteca stava chiudendo e l'avrebbero cacciata da un momento all'altro. Si incamminò per i corridoi per tornare alla torre grifondoro. Aveva deciso di scrivere un'altra lettera a Draco e di vedere se le avrebbe risposto. Camminava assorbita nei suoi pensieri e quando alzò lo sguardo per vedere dove stava andando rimase di sasso.

Draco Malfoy in tutta la sua bellezza era in piedi poco di stante da lei, a fianco aveva l'inseparabile amico Blaise Zabini. Sembravano un po' trafelati come se avessero corso per arrivare fin li. Erano vicini all'entrata, ma era ormai tardi per entrare la cena iniziava di lì a poco ed Hermione aveva deciso di non andarci.

Rimase immobile nel corridoio senza dire nulla, Blaise e Draco erano poco distanti girati di schiena, così la Grifondoro si nascose cercando di captare quanto più possibile del loro dialogo.

-Non ci credo! Mi hai fatto fare tardi anche arrivati ad Hogwarts! Sei incredibile Blaise-

-Lo so Malfoy sono incredibilmente bello, intelligente, talentuoso...-

-Oh ma piantala!- disse il grifondoro scocciato. Blaise ghignò.

-Allora Malfoy cosa pensi di fare quando rivedrai la tua bella?-

Hermione represse un sussulto e tese ancora di più l'orecchio.

-Non lo so Blaise, ma sicuramente non le dirò nulla di quello che mi è successo. Non deve sapere-
Draco aveva le spalle rigide e si passava ritmicamente una mano tra i capelli scompigliandoli.

-Ma perché no? Capirebbe, lo sai. Non è una ragazza comune, fa parte del
Golden trio ne avrà viste con quei due sciocchi che si porta sempre appresso!- provò a farlo ragionare Zabini ma senza alcun risultato.

-No, non capirebbe; questo è... diverso e io non posso perderla- a Hermione sembrò che Draco fosse rassegnato. Ma rassegnato a cosa?

Blaise alzò le spalle - Come vuoi amico, sarà meglio andare, la cena è già iniziata e qualcuno dovrà pur mantenere questo fisico da urlo!-

Draco sospirò tirando un'occhiata truce al suo amico poi iniziarono ad avanzare nel corridoio sparendo dalla vista di Hermione.

La grifondoro uscì cautamente dal suo nascondiglio. Il cuore le era accelerato furiosamente; lo sentiva battere come se fosse un uccellino intrappolato.

'Cosa mi nascondi Draco?' Pensò Hermione. Era turbata da quello che aveva sentito; adesso aveva la certezza che qualcosa non andasse e che il costante brutto presentimento che l'aveva accompagnata in quei giorni fosse reale.

Mille domande le vorticavano nella mente, tutte senza risposta. Tanto per cominciare perché non le aveva scritto? Poi cosa gli era successo di così grave da non parlargliene? Perché l'aveva ignorata in quei giorni? Ma soprattutto, cosa non capirebbe?.

Hermione era più determinata che mai a scoprire che cosa affliggeva Draco Malfoy e perché non gliene voleva parlare. Voleva aiutarlo e ci sarebbe riuscita, quanto è vero che si chiamava Hermione Jean Granger.

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