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Adesso che Francesca l'ha detto non riesco a smettere di pensarci: sta cercando il ragazzo giusto, quello da aspettare per tutta la vita. E io sono sicuro di esserlo, anche se non la farò mai aspettare, perché la vorrò sempre al mio fianco.
Decido di aggrapparmi a quella frase che lei ha buttato lì, innocentemente. Aggrapparmi, sì, è la parola giusta, perché non ho nient'altro in mano e in questo momento mi sembra l'unica possibilità che ho di avvicinarmi a lei.
- E, senti, come dovrebbe essere questo ragazzo? Oltre che laureato in biologia, ovvio...
Vedo un lampo passare nei suoi occhi, come se qualcosa la rattristasse o la preoccupasse... Avrà capito? La osservo attentamente, ma è stato solo un lampo e ora sorride, anzi ridacchia.
- Ti ho proprio scioccato con questa storia, eh?
- Scioccato?
- Sì, nel senso che ti ha colpito talmente tanto che te la ricordi ancora. Ma io l'avevo detta così, un po' per dire...
- E vabbè, meglio. Adesso però devi rispondermi: ti sto intervistando, no?
Noto che rilassa e spalle e fissa il mare. Sono sicuro che se lo è già immaginato migliaia di volte, che sa perfettamente come dev'essere fatto. Mi fa tenerezza. Ma ho anche una paura folle di quello che dirà.
- Be', dev'essere dolce, tenero, paziente... Cioè io lo aspetterei anche per tutta la vita se non dovesse tornare da una battaglia, ma lui deve saper aspettare la fine della sessione per poterci vedere, che sotto esame non esisto per nessuno. Non pretendo che condivida le mie passioni, ma non mi deve chiedere di rinunciarci. Deve fidarsi di me e io devo potermi fidare di lui. E poi boh... Cosa vuoi che ti dica? Le solite cose... Ah, e deve volere dei figli.
Trattengo il fiato per tutto il tempo che parla. Ora che ha finito sono senza parole. Io sono così? Io potrei essere così? In questo momento vorrei solo baciarla, baciarla fino a non avere più aria nei polmoni, a non capire più niente, se non che è quella giusta per me e io quello giusto per lei. In fondo cos'ha chiesto? Dolce e tenero penso di esserlo. Paziente... Se non è pazienza quella che sto dimostrando in questi giorni... Rendiamoci conto, ancora non ho fatto un singolo vero passo avanti! Poi cos'altro vuole? Rispetto per le sue passioni: mi sembra il minimo in un rapporto sano, no? Poi cos'altro c'era? I figli, giusto. Be', su questo piano non potremmo essere più d'accordo, quindi tutto a posto... Ah, già, la questione della fiducia... Ecco... Se io mi fido ciecamente di lei, non posso dire lo stesso di lei... Non sono per niente sicuro che ieri mi abbia creduto fino in fondo...
Mi riscuote ricominciando a parlare. Non credo che si sia accorta che mi ero distratto perché anche lei sembrava immersa nei suoi pensieri, anche se ora sorride e sembra riemergerne.
- Però ho regole precise sulla tifoseria.
Mi sembra un ottimo modo per distrarmi dai miei pensieri di prima.
- Sarebbero?
- Il massimo ovviamente sarebbe un Genoano o un Romanista. Per il resto possiamo trovare un accordo, ma niente Doriani, Laziali, Napol...tifosi del Napoli, possibilmente niente Interisti e poi... Mi spiace, ma niente Juventini.
- Scusa, ma perché niente Juventini? Non hai detto che simpatizzi per la Juve?
- La Juve, o Giuve, che dir si voglia, - mi sorride, - non è un problema. Il problema è che gli Juventini sono i tifosi più fissati che conosca. E, va bene, mi piace il calcio e mi interessano le partite, ma anche se me ne perdo una non crolla il mondo, anzi, di solito vince la squadra per cui tifo...
Non la seguo più.
- Ma perché quando parli di calcio, non riesco più a capirti?
Lei scoppia a ridere.
- Te l'ho detto, sono strana in questo campo. Comunque la questione è questa: se posso e riesco mi piace seguire la partita, altrimenti fa niente, non ne faccio una tragedia. Invece la maggior parte degli Juventini, o almeno di quelli che conosco io, la fanno eccome. E poi, credo di essere io a portare sfortuna: quando seguo le partite, novantanove volte su cento la squadra per cui tifo perde. Se invece non le seguo, novantanove volte su cento vince.
- Ma dai! Come puoi pensare una cosa del genere?!
Lei sorride. Per una volta ha capito al volo che non sono serio. Sta facendo progressi.
- Si chiama scaramanzia. Sai quella cosa per cui essere superstiziosi è da ignoranti, ma non esserlo porta male?
Scoppio a ridere.
- Sei un genio!
- Non l'ho inventata io, mi sembra sia di Eduardo De Filippo...
Non ho la più pallida idea di chi sia questo tizio, ma dopo la storia di Achille non oso più domandare. Per mia fortuna è lei che mi precede.
- Ma tu non hai un rito scaramantico prima di scendere in campo?
Abbasso istintivamente lo sguardo, come se potesse vedere attraverso i miei occhi quello a cui sto pensando. Perché è vero, amo questa ragazza e non riesco a immaginare altro che non sia passare la mia vita con lei. È vero che con lei mi sono aperto tantissimo, le ho sempre detto tutto quello che mi ha chiesto e anche quello che non voleva chiedermi. Però... Però ci sono cose che non so se sarò mai pronto a dire a qualcuno. Già è difficile conviverci, ma rivelarle le renderebbe... non so, strane, forse. Sì, strane ai miei occhi, come se in realtà non mi appartenessero, ma riguardassero qualcun altro. Oppure le farebbe sembrare più vere di quanto non siano ora. Davvero non lo so di cosa ho paura. Forse semplicemente del giudizio degli altri su di una cosa che per me è...ingiudicabile. È qualcosa che fa parte di me con una mano o un piede e a parlarne mi sembrerebbe di privarmene. Quindi no, anche se la amo, anche se poco fa pensavo di avere figli da lei, non glielo dirò. Non ancora, almeno.
- Be'... In realtà mi faccio pettinare il giorno prima della partita sempre dallo stesso parrucchiere... Per il resto direi di no... Nessun rito scaramantico...
- E poi dicono delle donne! Per fortuna che dovremmo essere noi quelle vanitose e sempre dal parrucchiere!
Ride e quella risata mi riscalda il cuore, mi fa rialzare gli occhi e mi fa capire che è quella giusta. Perché lo so che ha percepito la mia esitazione, lo so che avrebbe potuto insistere, magari pensando a qualche abitudine stupida o, come dicono in Italia, piccante. Ma non l'ha fatto. E questo significa tanto per me. Così tanto che forse un giorno le dirò la verità.
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