VII
Se qualcuno avesse bussato a casa Savoie quel pomeriggio, avrebbe trovato la povera Bridget seduta in angolino, con il viso rigato dalle lacrime. Sapeva che doveva alzarsi e asciugarsi gli occhi, ma non ci riusciva.
Victoria era senza parole quanto l'amica, dall'altra parte della cornetta. Come aveva potuto, quel ragazzino, spezzare il cuore alla sua amica? Lei lo aveva seguito per tutti quei mesi – otto! Come ci teneva a rimarcare la poveretta – e lui la ripagava così.
Iniziò a sospettare che ci fosse qualcosa sotto, qualcosa di molto puzzolente, come ad esempio un'altra ragazza. Ma Bridget era sicura: lo aveva spiato per settimane e settimane, e mai aveva notato comportamenti sospetti. E non c'era da dimenticarsi l'atteggiamento che aveva assunto dopo la loro prima conversazione.
Cogliendo l'attimo e sorprendendo l'amica, Victoria si presentò con una proposta del tutto inaspettata: conosceva qualcuno da presentarle. Un bravissimo ragazzo, di ottima compagnia e tanto gentile, perfetto per lei. Bridget tentennò parecchio, e fu anche infastidita da una simile idea: insomma, nemmeno il tempo di lasciarle vivere il lutto in pace!
Il giorno dopo Bridget si presentò a scuola con lo sguardo fiero, non osando abbassare il mento per non dimostrare debolezza. Lei aveva avuto il coraggio di farsi sentire, lui no, non serviva aggiungere altro.
Quella volta si comportò come se non esistesse affatto il corridoio della sezione B, non voltò mai la testa nella sua direzione e non si tolse mai l'espressione altezzosa dal viso. Lui però la fissava da lontano, seguiva ogni suo movimento, l'aveva visto. La senior non era mai stata tanto furibonda. La cafonata di inizio anno, quando lui aveva palesemente ignorato il suo compleanno, in confronto era una piccola scaramuccia insignificante.
Se fosse stata in un cartone animato, la sua pelle sarebbe diventata rosso fuoco e dalle sue orecchie sarebbe fuoriuscito un bollente vapore grigiastro. Non aveva nemmeno le parole per manifestare tutta la sua furia, e ogni qual volta ripensava al pomeriggio prima sentiva le mani formicolarle fastidiosamente. Forse avrebbe potuto attendere un momento in cui si sarebbe trovato solo per dargliene di santa ragione – d'altronde, se nessuno vede, nessuno può sapere.
Solo l'ultimo giorno di scuola si riconcesse di guardarlo – dopotutto non l'avrebbe più rivisto, e anche se era ancora nera di rabbia per lui, sentiva di volersi imprimere la sua immagine nella mente. Si scambiarono diversi sguardi come ai vecchi tempi, e mai prima d'ora fu più sicura che lui non avesse qualche inciucio con altre ragazze. Povera innamorata.
A riprova di ciò, lo beccò mentre parlava con un suo amico, e quest'ultimo si girava a guardarla.
All'ultima ora di quel triste giorno si voltò verso di lui, ma il ragazzino al posto di ricambiarlo, continuava ad evitare lo sguardo di lei. Rivolgeva il capo al pavimento, quasi fosse in difficoltà.
La povera Bridget brancolava nel buio, senza comprendere cosa stesse accadendo.
Victoria iniziò ad essere insopportabile talmente la assillava con la sua proposta d'oro che, nonostante la paura della senior di apparire in una folla, disperata, ricerca di un ragazzo, finì per accettare. In fin dei conti lo era sul serio.
Al ballo scolastico, due giorni dopo, Edmund non era nemmeno presente. Aveva preferito assistere ad un raduno di auto sportive, piuttosto che vederla un'ultima volta. Solo questo avrebbe dovuto tirarle uno schiaffo in viso e farla rinsavire.
Bridget sentiva la sua vita andare in pezzi. Gli esami erano dietro l'angolo, armati con una mazza da baseball, pronti a tirargliela in faccia, e lei a malapena aveva studiato. Non dormiva bene, passava ore e ore a rigirarsi nel letto prima di cadere tra le braccia di Morfeo – talvolta versando ancora qualche lacrima per il suo innamorato.
Quella sera, circondata da gente felice che danzava e da nuove coppie che sbocciavano, la senior si sentì piccola e inutile, un fallimento. Si era fatta scappare la sua occasione, e sapeva che mai si sarebbe ripresentata alla sua porta. Aveva la sensazione che difficilmente sarebbe stata così serena in un prossimo futuro; riconosceva di aver provato emozioni più forti per qualcun altro, come per la sua cotta numero due, ma si sentiva ugualmente persa. Forse, quella storia era più dolorosa per il suo orgoglio, che per il suo cuore, e ciò non faceva altro che rendere il tutto ben più peggiore.
La sua boria era stata presa a cazzotti già diverse volte nel tempo - come ad esempio quando quando aveva finito per cedere e scrivergli lei per prima, o come quando l'aveva fatto una seconda volta - e adesso quest'ultima aveva iniziato e protestare rumorosamente.
Lui era stato glaciale nell'ultima conversazione, e sarebbe stato da folli ritentare un approccio. Lei sapeva di piacergli, perchè mai aveva dovuto reagire così? Perchè, tra l'altro, negarle addirittura un contatto con gli altri ragazzi della sua classe? Non poteva dirle solo che non ne aveva idea e di informarsi lei stessa?
L'umore della ragazza era tre metri sotto terra, ricoperto da tonnellate di terriccio e ghiaia, con una boccetta piena d'acqua in cima e un giglio, il suo fiore preferito. Era passato tutto così velocemente da non capacitarsi cosa ci facesse, a giugno, ancora dietro a quel ragazzino. Gli aveva messo gli occhi addosso, aveva sbattuto le palpebre, e si era improvvisamente ritrovata in quella deprimente situazione. Forse se l'era un po' andata a cercare, aveva pensato mentre reggeva un bicchiere pieno di punch corretto e osservava gli altri studenti ballare sulle note del dj. Aveva approfittato di una momentanea assenza di David al bagno per sedersi in un angolino e riflettere, finendo per aggiungere altra terra sul mucchietto che seppelliva il suo umore.
Un paio di occhi grigi intenti a fissarla le attraversarono la mente, seguiti da un sorriso appena accennato del ragazzo.
Ecco, adesso aveva anche dato dei colpetti con la pala alla sua opera.
Le era sembrato tutto uno scherzo quando, verso novembre, aveva capito di essere finita nella trappola per davvero, e ora si ritrovava a pregare che non finisse mai. Si dice che il gioco è bello quando dura poco, ma nel caso di Bridget era tutto il contrario.
Mettersi di impegno e studiare fu un'impresa ardua, che rasentava l'impossibilità. La scuola era finita, la relazione con Edmund non sarebbe mai nata, e come se non bastasse aveva appena scoperto che l'amico di Victoria si chiamava Edmund anche lui. Almeno, se fosse scoppiato l'amore e fossero finiti a letto insieme, non avrebbe mai sbagliato nome nel bel mezzo del rapporto sessuale, aveva constato amaramente lei. Sempre che nell'emozione del momento non avrebbe finito per chiamarlo per cognome, in tal caso non ci sarebbe stata scusa che tenga.
Per distinguerli, decise di chiamare il piccolo quindicenne Edmund#1, e l'altro Edmund#2.
Edmund#2 era un ex alunno della Forthbay, di quindici mesi più grande di lei, che si era aggirato per il suo stesso androne per ben tre anni, e che ogni tanto era addirittura passato a salutare Victoria; peccato che Bridget a malapena poteva contare le volte che si ricordava di averlo visto sulle dita di una mano. Non si erano mai minimamente considerati, e lui apparteneva a quella cerchia di tipi conosciuti con cui lei non aveva mai avuto l'onore di parlare; nei periodi di sconforto non poteva non vederli come particolari negativi.
C'erano due possibilità per quella nuova conoscenza: o sarebbe stata un'ulteriore perdita di tempo, o – come in un film – si sarebbero amati alla follia.
Giugno2011, inizio dei famigerati esami.
La sera prima della tragedia, la ragazza aveva ricevuto una pessima notizia.
Tutto era cominciato quando aveva deciso di sbirciare sulla pagina facebook di Edmund#1, e si era ritrovata sotto agli occhi una data, un cuore, e un'iniziale: una "E". Ci doveva essere una spiegazione logica, non poteva essere davvero ciò che pensava. Magari gli era nato un cuginetto o una cuginetta, magari riguardava qualcos'altro, ma dopo un paio di minuti passati a fissare lo schermo del suo cellulare decise che era inutile prendersi in giro: Victoria ci aveva visto lungo.
Non sapeva chi diavolo fosse quella maledetta "E", ma era più intenzionata che mai a scoprirlo. Non si trattava della "racchia", nemmeno di una sua amica che trovava in stazione, tanto meno di quella ragazza con i capelli rossi o della piccola giornalista. Nessuna di loro aveva il nome che iniziava con "E".
Non ebbe il tempo di investigare la sera stessa, l'indomani sarebbe stata una giornata impegnativa. Ma certamente si trattava di una questione importante, che andava affrontata quanto prima possibile – ossia il pomeriggio dopo l'esame. Rovistò tra tutti i contatti del ragazzino, e si scrisse i nomi di tutte le ragazze il cui nome aveva l'iniziale corretta – rifiutandosi categoricamente di credere che anche quella volta avesse perso contro un altro maschio. Spiò i profili di ognuna di loro, fino a quando finì sulla pagina di una certa Emma Powell, primo anno, cagnolino della rossa.
Ultimo aggiornamento di stato già tristemente noto: stessa data, un cuore, una "E".
Non le ci volle molto per capire che, in quel caso, la "E" stava per "Edmund".
Bridget sapeva di non essere la più bella della sua classe, ma sapeva anche di essere pur sempre meglio di quella "banale troietta", come l'aveva chiamata in un impulso di rabbia. Emma Powell aveva la ricrescita in bella mostra, il viso squadrato, il petto di un ragazzino di tredici anni denutrito, e soli quattordici anni. Era una poco-più-che-bambina. Più guardava le sue foto, più si convinceva che si trattava di un uomo che aveva subito una riassegnazione di sesso eseguita con i piedi. "Miss piattezza" fu il secondo soprannome che le venne appioppato. Bridget aveva molti più pregi di lei, era molto più femminile e bella; aveva l'intelligenza, la capacità di farsi apprezzare da tutti, e tanto amore da dare. Peccato che lei, Emma Powell, era entrata in possesso dell'unica cosa che la senior non era riuscita a conquistarsi: la completa attenzione di Edmund#1. Bridget era furiosa: non solo si domandava da quanto durasse quella ridicola storiella – visto che ricordava perfettamente di non averli mai visti parlarsi o salutarsi per i corridoi – ma anche cosa ci trovasse lui in lei. Era stata superata, aveva perso la sua gara e, soprattutto, era stata sostituita alla velocità della luce.
Oh, ora che ci pensava era stato tutto fin troppo repentino per i suoi gusti. Erano passati otto mesi (« Otto! » si ripeteva collerica nella mente) e si rifiutava di credere che nel giro di venti giorni scarsi si potesse gettare tutto nel cestino. Edmund doveva aver tenuto il piede in due scarpe, era l'unica spiegazione plausibile a tutto. Ecco perchè non lasciava trasparire troppo le sue emozioni, o perchè non voleva far vedere a tutti di conoscerla, o perchè non c'era stato un vero e proprio tentativo da parte sua di andarla a prendere. Tornava tutto.
Si era semplicemente seduto in cima ad una collina, divertendosi a guardare le due cretine che si affannavano per raggiungerlo. Aveva aspettato che una delle due lo raggiungesse e, vedendo che Bridget tardava a fare una seconda mossa, aveva semplicemente deciso di donarsi a quel cesso a pedali di Emma.
Bridget non sapeva se inviperirsi di più per aver perso la competizione, o per la consapevolezza di essere solo stata una pedina di un gioco al quale non sapeva nemmeno di partecipare.
La feriva pensare che non sarebbe stata lei la prima a baciare quelle labbra, a guardarlo negli occhi sotto la luce di un lampione sulle rive del fiume Ottawa; il suo primo "ti amo" non sarebbe stato rivolto a lei, né sarebbe stata la prima ragazza a stringere teneramente tra le braccia, mentre una fresca brezza li accarezzava. Lui non amava quella ragazza, lo sapeva perfettamente.
Sarebbe andato a letto con quella insulsa sciacquetta, la sua prima volta non sarebbe stata assieme a lei.
Probabilmente non si sarebbe nemmeno mai ricordato il suo nome, ora che la sua mente era tutta per quella poco-più-che-bambina. Bridget doveva accettare che non sarebbe stata lei la prima, né tanto meno la seconda. Santo cielo, lei era una senior, aveva lei la precedenza!
Ora che leggeva una di quelle frasi fatte prese dal primo sito internet dedicato agli innamorati, era più consapevole del fatto che i sentimenti di lui non erano veri. Tuttavia provava invidia per la ragazzina, lei avrebbe attraversato a nuoto un lago di lava pur di sentirsi dire una di quelle romanticherie fatte con i comandi "copia e incolla". Avrebbe scalato una montagna per poter fare una tenera foto insieme a lui come faceva Emma Powell. Quella bambina le aveva rubato il principe azzurro, e lei oltre ad essere rimasta a piedi, si era ritrovata a dover raccogliere tutti i cocci del suo cuore. La odiava, forse ancora più di Edmund, il vero responsabile di quella situazione.
Non le rimaneva che sperare in Edmund#2, che era fisicamente l'esatto opposto di Edmund#1: non esageratamente alto, morbido, moro e con gli occhi scuri. Volendo proprio vedere rispecchiava più lui i suoi canoni, ma ora lei voleva il suo quindicenne. Si sentiva offesa se pensava che lui aveva scelto quell'altra.
Bridget aveva tutto quello che si poteva desiderare: intelligenza, simpatia, empatia e grazia. Non poteva chiedere di meglio.
Solo una richiesta non poteva venir avanzata: Edmund Sullivan, secondo anno, bello e dannato.
***
Come promesso, questo capitolo è arrivato a tempo record. Sarà perchè non vedevo l'ora di arrivare alla fine della storia solo per poter postare l'epilogo, sarà perchè mi sono immedesimata molto in Bridget.
Sono sicura che nessuno di voi si aspettava un finale simile. Probabilmente molti credeva che Bridget e Edmund#1 sarebbero finiti insieme. Spero però di non avervi fatto dispiacere troppo, ma allo stesso tempo mi auguro di sì, perchè vorrebbe dire che vi ho colpiti.
Purtroppo ho dovuto rinunciare a non fare spoiler, perchè come potete vedere, per evitare ciò, avrei dovuto trascinare questa storia per chissà quanto ancora. Se la storia vi è piaciuta andate a leggere la principale, per leggere un secondo punto di vista (ricordate che ogni moneta ha due facce).
Ringrazio coloro che l'hanno seguita fino a qui, a giorni posterò anche l'epilogo. E' già stato scritto e revisionato, quindi non manca nulla al completamento di "In un battito di ciglia".
Vi aspetto per il finale, e magari anche su "Write about us"!
Un bacione,
la vostra Lily :*
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