Capitolo 25
⚠ Il capitolo contiene materiale lgbt quindi chi ha dei problemi può pure andare via e magari farsi un esame di coscienza⚠
Right before I close my eyes
The only thing that's on my mind
Been dreaming that you feel it too
I wonder what it's like to be loved by you, yeah
I wonder what it's like
I wonder what it's like to be loved by you
-WONDER- Shawn Mendes
Lo guardai negli occhi e non trovai le risposte che cercavo.
Asher teneva una pistola nelle sue mani e la stava puntando verso di me.
Dopo l'incidente di Sandra era tutto andato a rotoli: Cindy e Chase si erano lasciati, lei aveva quasi cambiato casa, Chase si comportava da depresso e io non sapevo proprio come aiutarli. Il fratello di Cindy e Hope sembravano avere problemi con la relazione a distanza e nemmeno lì potevo essere utile.
L'unica cosa che sembrava andare bene era la mia storia con Asher. Mi sentivo un po' in colpa a vedere perennemente unicorni e cuoricini mentre fuori infuriava l'apocalisse ma era inevitabile quando il tuo ragazzo è assolutamente fantastico. Era come se tutte le mie più grandi fantasie si fossero aggregate e avessero formato una persona. Sospirai sorridendo.
Ero sdraiato sul suo divano mentre indossavo una sua camicia e un paio di boxer, mi incitava con fermezza a vestirmi con le sue cose quando ero a casa sua.
"Mi piace vederti con i miei vestiti addosso", mi diceva sempre con un sorriso.
A me d'altronde non dispiaceva affatto sentire il suo profumo sulla mia pelle anche quando lui non era vicino a me.
Due braccia umide mi circondarono da dietro, sorrisi.
<Sei tutto bagnato, vai ad asciugarti!>, lui ridacchiò strofinando il viso e i capelli fradici sul mio collo provocandomi degli urletti poco virili.
<Smettila Ash!>, mi girai verso di lui e il mio cuore fece un salto nel petto come sempre quando lo vedevo. Credo non mi abituerò mai a quel viso tanto angelico.
Lui sorrise mentre piccole gocce scendevano dai suoi capelli fino al mento e poi scivolavano giù sul petto marmoreo e nudo che splendeva della luce mattutina. Era di una bellezza così mozzafiato e sottile ma al col tempo consistente da mandarmi alla pazzia. Alle volte mi chiedevo come potesse uno come lui stare con me.
<Un giorno mi ucciderai, ne sono sicuro>, gli allacciai le braccia al collo e baciai tutte le piccole gocce d'acqua che gli segnavano la pelle trattenendole tra le mie labbra. Aveva la pelle fredda, ma era piacevole. Chissà se anche le sue labbra erano fresche...
Asher mi precedette facendo combaciare le nostre bocche e notai con un piacere quasi esagerato che erano tiepide, il contrasto tra la sua pelle e le sue labbra mi fece quasi sobbalzare. Approfondii il bacio e lui decise di prendermi in braccio alzandomi dal divano e iniziò a camminare fino alla cucina accarezzandomi le gambe nude. Mi poggiò sul bancone e si staccò, io lo guardai confuso e infastidito dall'interruzione.
<Ho fame>, disse ridendo, la voce roca dal sonno. Sorrisi e gli diedi un altro bacio per poi scendere dal bancone e avviarmi alla cucina accendendo i fornelli. Lui si sedette alle mie spalle e iniziò a guardarmi preparare da magiare come ogni mattina.
<Oggi devi andare al bar?>, chiesi. Sapevo che Asher apprezzava il fatto che non avessi paura di parlare della sua "occupazione".
<Si, devo andarci>, disse rilassato.
Pian piano avevo iniziato ad accettare che lui avesse dei legami quella gang, insomma, non ne ero felice ma non potevo farci nulla più di tanto. Amavo Asher e se quella era una parte della sua vita allora io dovevo cercare di accettarla.
<Posso venire anche io?>, ero curioso di vedere il bar e conoscere il padre di Asher, volevo vedere in che ambiente era cresciuto.
<Sicuro? Guarda che non è nulla di che... devo andare lì solo perché mio padre vuole parlarmi.. starò via una mezzoretta>, posai sul tavolo della cucina i pancake e lo guardai imbronciato, deluso dal fatto che stesse così sulla difensiva.
<Alle volte mi sembra tu mi voglia tenere nascosto o che tu ti vergogni di me, non ho ancora capito quale delle due è vera>, addentai un pezzo di pancake e lo masticai improvvisamente senza appetito.
<Non è così! Credimi! Se potessi urlerei al mondo che noi due stiamo insieme, ma...>, il suo sguardo si incupì.
<Magari in un'altra vita>, mormorai io mettendogli nel piatto anche il mio pancake quasi del tutto intatto.
<Vado a farmi una doccia>, lasciai il salotto e mi infilai nel bagno aprendo il getto della doccia.
Già, tra me ed Asher andava tutto bene ma al mondo in cui vivevamo questo non andava bene.
Uscii dalla doccia e Asher mi disse che comunque mi avrebbe portato con sé a patto che fossi rimasto in macchina e poi saremmo andati ad un appuntamento. La trovai una cosa dolce e apprezzai il fatto che comunque ci tenesse a farmi sentire partecipe della sua vita anche se solo parzialmente.
Eravamo arrivati al bar e il sole era già sceso oltre il profilo degli alberi del bosco, sher mi salutò ed entrò nel locale. Mi iniziavo ad annoiare, mi slacciai la cintura e misi la musica al massimo iniziando a cantare stonatamente le note di "High enough" mentre tenevo il tempo con i piedi e mi muovevo in modo imbarazzante sperando che nessuno mi vedesse.
Un movimento fuori dal finestrino mi fece sobbalzare, mi poggiai la mano al petto e iniziai a respirare pesantemente cercando di rallentare il mio cuore che batteva all'impazzata.
<Deve essere stato un animale>, mormorai sovrappensiero e mi affacciai fuori dalla macchina aprendo il finestrino del tutto così da poter vedere se fosse rimasto il segno.
Una mano mi coprì in un lampo la bocca e mi trascinò fuori dalla macchina.
Asher pov's
Quella mattina mi svegliai tremendamente assonnato: Christian aveva voluto vedere tutto Titanic due volte e ovviamente questa brillante idea gli era venuta alle 2 di mattino, ma non era un problema, lo amavo anche per queste sue stranezze.
Aprii gli occhi e lo vidi, lì sdraiato affianco a me. I suoi capelli scompigliati come sempre, la bocca dischiusa e le ciglia lunghe che gettavano ombre sulla sua pelle. Sorrisi e gli diedi un piccolo bacio sulla fronte, lui mugolò e si strinse a me come un bambino piccolo e indifeso, era così adorabile che per poco non lasciai stare la doccia che avevo in mente per stare con lui nel letto ancora un po', però mi ricordai dove quella sera sarei dovuto andare e procedetti verso il bagno sbuffando.
Uscii dalla doccia con un asciugamano legato in vita e vidi Christian seduto sul divano con addosso una mia camicia e un paio di boxer grigi. Mi piaceva quando indossava le mie cose, ed era strano dato che tutte le donne con cui ero stato che si mettevano qualcosa di mio addosso mi davano un fastidio assurdo. La prima volta che lui si mise un mio vestito fu qualche settimana prima: era mattina ed io non mi ero ancora svegliato, cercai tra le coperte la sua pelle ma Christian non c'era, nonostante avesse già affermato di non voler scappare avevo ancora l'irrazionale paura che un giorno lui sarebbe sparito nel nulla. Mi ricordo che aprii gli occhi all'istante e lo vidi davanti a me che stava portando un vassoio verso il letto, indossava una mia maglietta che gli stava decisamente larga e mi sorrideva dolcemente. "Buongiorno", disse piano e quella visione mi provocò un sentimento che non avevo idea di poter provare. Da quel momento in poi l'obbligai quasi a mettersi la mia cose.
Lo abbracciai da dietro e gli strofinai i capelli bagnati sul collo mentre lui urlava in modo buffo, ci baciammo, lui mi preparò la colazione... tutto come il solito, tutto come un sogno.
<Oggi devi andare al bar?>, chiese.
<Si, devo andarci>, dissi cercando di sembrare rilassato.
Mi piaceva il fatto che parlasse di quell'argomento con tanta leggerezza ma alle volte mi preoccupava vedere il modo in cui si sforzava di non preoccuparsi o di sembrare teso. Avrei voluto essere migliore per lui.
<Posso venire anche io?>, mi irrigidii sulla sedia.
<Sicuro? Guarda che non è nulla di che... devo andare lì solo perché mio padre vuole parlarmi.. starò via una mezzoretta>, posò sul tavolo la colazione e mise il broncio, era deluso.
<Alle volte mi sembra tu mi voglia tenere nascosto o che tu ti vergogni di me, non ho ancora capito quale delle due è vera>, certo che lo volevo tenere nascosto! Non sapeva quanti pericoli poteva correre stando vicino a me.
<Non è così! Credimi! Se potessi urlerei al mondo che noi due stiamo insieme, ma...>, cercai di giustificarmi ma non c'erano giustificazioni. Questa era la realtà.
<Magari in un'altra vita>, mormorò piano, mi alzai in piedi per stringerlo a me ma lui aveva già lasciato il salotto dopo aver detto: <Vado a farmi una doccia>.
Era colpa mia se Christian si sentiva così tagliato fuori dalla mia vita, ma la sola idea di metterlo in pericolo mi terrorizzava come non lo ero mai stato. Quando uscì dalla doccia lo rassicurai e gli proposi di portarlo con me e che se stava in macchina saremmo poi saremmo andati andati a mangiare fuori, lui accettò.
Era sera ormai e mi fermai nel parcheggio del bar, mi girai verso Chris che mi guardava sorridente.
<Mi prometti di restare in macchina?>, lui sorrise e mi diede un bacio che io cercai di approfondirlo ma lui invece terminò il contatto ridacchiando.
<Entra e finisci presto, non vado da nessuna parte>, sorrisi anche io e gli diedi un altro bacio sulla fronte per poi scendere dalla macchina.
Dovrei chiuderlo a chiave? Guardai le mie chiavi dove su un tasto vi era il simbolo del lucchetto. No, meglio di no, nel caso dovesse aprire un attimo la portiera e constatasse che era chiusa si sarebbe arrabbiato da pazzi e avrebbe avuto ragione. Dovevo fidarmi di lui e sperare nella razza umana ancora una volta.
Entrai nel bar e subito notai che tutti si girarono a guardarmi. Non mi facevo sentire dalla morte di mio fratello ignorando tutte le chiamate di mio padre e degli altri quindi era lecito essere così osservato. Tenni la testa alta marciando fino al privé di velluto rosso nell'angolo più remoto del bar. Mio padre stava seduto lì, guardandomi dritto i miei occhi come se avesse già saputo che sarei entrato in quel momento.
<Buonasera, padre>, lui fece segno di sedermi.
<Era ora che ti facessi vivo>, il suo tono era gelido come il suo cuore.
<Ho avuto da fare>, si accigliò.
<Qualcosa di meglio che prenderti le tue responsabilità?>, non risposi.
<Tuo fratello è morto e tu sei il nuovo successore del boss, sai cosa significa questo?>, deglutii e lo guardai negli occhi restando in silenzio.
<Basta con la scuola e tutte le merdate che prima potevi fare, dovrai studiare le basi per diventare capo, dovrai giurare fedeltà a me e alla gang... e soprattutto...>, mi avvicinò una busta facendola scivolare lungo il tavolo che ci separava. La presi tra le mani e l'aprii tirandone fuori il contenuto: foto, foto, foto e foto. Foto di me e Christian: io e lui che andavamo al supermercato, io e Christian a cena insieme che ci tenevamo la mano sul tavolo, io e lui che ci baciavamo fuori casa sua appena prima che lui entrasse dentro, io e Christian che ci avvinghiavamo l'uno all'altro nella mia camera da letto...
Guardai mio padre e per la prima volta in tutta la vita sentii il bisogno impellente di uccidere qualcuno nel modo più crudele e doloroso possibile.
<Lui non c'entra niente con questa storia>, dissi con la voce che mi tremava leggermente dalla rabbia che stavo reprimendo.
<Sei sicuro? A me sembra che sia abbastanza importante nel quadro generale>, fece un piccolo sorrisetto.
<Lascialo fuori da tutto questo>, ripetei con la mascella serrata.
<Certo, ne sarei felice... basta che fai quello che ti dico e lasci stare questa pazzia>, mi alzai in piedi di colpo e camminai fino a lui prendendolo per il colletto della camicia bianca che indossava.
<Lascia Christian fuori da questa storia>, dissi nuovamente scandendo ogni singola parola. Digrignai i denti con le mani che mi prudevano.
<Come pensi ch->, la sua frase fu interrotta dal rumore di bicchieri che cadevano.
Sentii delle urla provenire da fuori il privé, rumori si spari, gente che cade a terra...
Estrassi la pistola dalla tasca dalla cintura dei jeans e mi affacciai sul privé, anche mio padre mi imitò. Ci guardammo negli occhi, tesi come corde di violino.
Spiai oltre la tenda di velluto e riuscii a scorgere cadaveri riversi terra in pozze di sangue che si ingrandivano sempre di più con il passare del tempo, le bottiglie sul bancone distrutte mentre il vino zampillava giù dal tavolo mischiandosi al rosso vermiglio. Chi era stato?
<Dov'è?>, un rumore di pelle contro pelle... uno schiaffo, forse. No riuscivo a vedere che stava succedendo fuori dal mio campo visivo.
<Parla, bastardo!>, un altro colpo, il rumore di qualcuno che ansima in cerca di aria e che viene subito rispedito a terra da un altro colpo.
<A-Andate...a fanculo>, e poi la sua voce. Per poco non corsi fuori dalla tenda sparando alla cieca e probabilmente rimanendo morto sul colpo, per poco non urlai dalla rabbia, per poco non morii dentro e fuori. Christian... avevano Christian. Lo immaginai riverso a terra, la faccia piena di lividi e contrita dal dolore, i vestiti stropicciati e la maglietta sporca di sangue, lacrime e sudore.
Respirai.
Dentro, fuori.
Dentro, fuori.
Finalmente tornai lucido.
Non c'era nulla che collegava il privè con la stanza principale, solo la tendina le separava... nessun posto dove coprirsi una volta usciti... allo scoperto... e poi mi venne una idea.
<Ascoltami>, sussurrai, <Appena usciti di qui ti spaccherò la faccia, ma ora vediamo di rimanere vivi, ok?>, mio padre rimanne fermo e poi emise un piccolo verso di sdegno annuendo.
Buttai una bottiglia a terra e dentro di me pregai che andasse tutto bene.
<Vai a vedere chi è>, disse la voce di prima e sentii dei passi che si avvicinavano.
Un uomo infilò la testa nel privé e si ricevette un proiettile in testa da mio padre, uscimmo dal privé usando il suo corpo come scudo contro i proiettili che iniziavano a danzare nell'aria. Ci tufammo dietro il bancone tenendo le nostre armi vicino al nostro petto. Mi affacciai e sparai un colpo che prese alla spalla un tipo, mio padre sparò ad un altro. Ora potevo vedere che erano in dieci e uno che credevo fosse il capo teneva Christian inginocchiato affianco a sé, non sembrava preoccupato, guardava la scena con occhi stanchi, quasi annoiati. Era un uomo dai capelli corvini, sulla trentina, aveva una camicia rossa e dei jeans neri, era alto e magro, non sembrava un persona minacciosa alla apparenza. Christian era ai suoi piedi, il viso era percorso da un livido violaceo e gonfio, ma niente di più, nei suoi occhi una espressione preoccupata ma dignitosa e fiera, come sempre. Lo avrei salvato e non lo avrei mai più messo in pericolo. Mai più.
I minuti passavano e finalmente gli uomini erano tutti incapaci di sparare ancora, ero stanco, sentivo i muscoli fatti di gelatina e mi girava la testa come una trottola ma dovevo continuare a lottare.
<Credo che basti così>, disse l'uomo con la camicia rossa. Tirò su Christian e lo appoggiò al suo petto puntandogli una pistola alla testa. Il viso del ragazzo era una maschera di ansia ma nonostante ciò teneva lo sguardo puntato davanti a sé senza mostrare debolezze, ma alla fine quello era Christian: un complesso di orgoglio, bontà e forza che nessuno riusciva e riuscirà mai pienamente a capire.
<Siamo qui per mandare un messaggio>, disse sempre l'uomo con la camicia, <Non vogliamo tregue, non vogliamo la pace, noi vogliamo il controllo. Siamo la gang del Diablo e siamo la più forte>, strinse Christian più forte e lo vidi fare una smorfia tra il dolore e il disgusto che mi fece contorcere dall'interno. La gang del Diablo.. l'avevo sentita citare ma avevo capito fosse innocua... ma a quanto pare no.
Non potevo sparare, avrei ferito sicuramente anche Christian.
Guardai il mio ragazzo, lo guardai bene, come se dovessi imprimermi la sua immagine nella mente per tutto il resto della mia vita. Era così bello nonostante il livido sul viso, avrei voluto stringerlo a me e dirgli di non avere paura, avrei voluto baciarlo e piangere di sollievo... invece lui mi guardò eloquente, i suoi occhi viaggiarono fino alla sua spalla e notai in che posizione si trovava: se avessi sparato in quel punto il proiettile avrebbe ferito l'uomo dalla camicia rossa al petto. Avrei sparato a Christian e l'avrei anche ferito. Quell'idea mi faceva tremare come una foglia.
Presi un grande respiro, le mani mi tremavano.
Adesso.
Mi affacciai e la mia testa diventò lucida, priva di pensieri... uno.... due.... tre.... uno sparo.
Uno sparo non mio.
Christian mi guardava scioccato mentre l'uomo con la camicia rossa cadeva a terra con un foro nella testa che zampillava di sangue, Mick dietro di lui con ancora la pistola ancora fumante dopo aver sparato.
Christian si apre in una faccia traboccante di sollievo e le gambe gli cedono di colpo mentre lui cade con le ginocchia nel sangue. Corro verso di lui e lo prendo tra le braccia esaminando il suo corpo pervaso dal sollievo.
<Stai bene?>, gli presi il viso tra le mani e gli accarezzai la guancia violacea con apprensione.
<Si, sto bene, tu?>, gli avevano appena puntato una pistola alla testa e quasi ucciso, eppure lui chiedeva a me se stavo bene... risi, risi di cuore, di sollievo, pieno di gioia.
<Sei impossibile>, lo strinsi a me e finalmente ritornai a respirare.
Mi voltai in cerca di Nick e lo trovai con lo sguardo perso tra il corpo ancora caldo dell'uomo della camicia rossa e il pavimento insanguinato. Mi alzai e gli diedi una pacca sulla spalla, appoggiando la mia fronte contro la sua.
<Grazie, ti sarò per sempre debitore>, lui sorrise piano e annuì.
<Stavo pensando ad una cosa...>, dissi guardandolo di sbieco una volta che mi fui allontanato.
<Cosa?>
<Io non sono un capo e non lo sarò mai, non sono tagliato per un ruolo del genere>, lui sgranò gli occhi, <Ma tu sì, tu sei un leader nato... anche ora, io ho impiegato un sacco di tempo per prendere una decisione e tu invece hai agito con il sangue freddo, è questo quello che serve alla gang>, sorrisi.
<Mi chiedevo se volessi essere tu il nuovo capo della gang al mio posto... Sei l'unico di cui mi fidi abbastanza dargli questo onore>, i suoi occhi si accesero ancora di più e vidi che gli tremava la bocca dalla gioia mentre reprimeva un sorriso.
<S-si, accetto volentieri, fratello>, sorrisi e ci stringemmo le mani ma non riuscii a trattenermi oltre e scoppiai a ridere abbracciandolo.
Christian si era alzato nel frattempo e mio padre e lui si lanciavano occhiate lunghe e diffidenti come due creature selvatiche che si incontrano per caso nella foresta. Appoggiai una mano sulla sua schiena e gli sussurrai:
<Quello è mio padre, te lo presento>, lui annuì e io lo guidai fino all'uomo che appoggiato al bancone ci osservava con volto inespressivo.
<Padre, questo è Christian, il mio compagno>, vidi un guizzo di apprensione nel viso di mio padre quando chiamai Christian in quel modo ma poi tornò ad essere freddo... come sempre.
<è un piacere>, disse Christian offrendo la mano all'altro uomo, mio padre titubò ma poi la strinse.
<Vorrei dire lo stesso ma questa situazione non è per nulla lieta per un incontro>, Christian scoppiò a ridere mettendosi dietro all'orecchio una ciocca di capelli riccioli.
<Ha proprio ragione!>, notò un taglio sulla spalla di mio padre e gli si avvicinò con faccia contrita.
<Deve essere disinfettato, sa?>, si girò verso di me e mi chiese: <Ce lo avete?>, annuii.
Christian portò mio padre nel privé e io gli diedi il disinfettante. Mio padre lo osservava pensieroso mentre gli curava il taglio e ci applicava una benda, sembrava quasi malinconico.
<Ecco qua>, sorrise e si alzò.
<Vi lascio un po' da soli>, uscì dalle tende di velluto e sparì dalla mia visuale.
<Ti ho sentito con Mick>, disse mio padre dopo un po' di silenzio.
<Sì, è un mio diritto poter dare il mio potere a qualcun altro>, affermai subito sulla difensiva.
<è stata la scelta giusta>, spalancai gli occhi attonito.
<Lo sapevo fin da quando eri bambino che non saresti mai stato un capo, eri così dolce, innocente e pieno di bontà. Avevi preso tutto da tua madre ed io con te non centravo niente>, sospirò, <Non sono mai stato il padre che avrei voluto essere per te, mi sarebbe piaciuto essere stato migliore, più gentile e disponibile... invece no, non lo sono stato>.
Ero stupito, mio padre non era il tipo da sentimentalismi... oppure io avevo una concezione sbagliata di lui?
<Capisco perché tu abbia scelto quel ragazzo, sembra davvero una buona persona e finché tu sei felice io cercherò di esserlo per te>, sorrise, anche io lo feci, per la prima volta davanti a mio padre.
<Grazie...papà>, lui sembrò davvero toccato tanto che annuì e si alzò per darmi una pacca sulla spalla.
<Si vede proprio che abbiamo lo stesso sangue>, lo guardai confuso.
<Cosa intendi?>
<Christian ha gli occhi di tua madre>, e detto questo se ne andò.
Uscii dal privé e vidi il sangue, la distruzione, la morte e oltre la fila di cadaveri c'era lui, Christian che mi guardava dolcemente con quei suoi occhi di smeraldo e non potevo non essere grato e felice.
L'amore è un qualcosa che si ripete all'infinito e che si trasmette attraverso le persone. Non sarò mai solo se avrò Christian al mio fianco, non sarò mai triste se ci sarà lui a rischiarare le mie giornate, non sarò mai abbandonato se lui resterà con me per sempre.
E mentre pensavo tutte quelle cose Christian mi si avvicinò e sorridendo sussurrò:
<Andiamo a casa>
<Lo sono già>
.....................................................................
Ciao ragazziiiiiiiiiiii,
eccomi qui con questo nuovissimo capitolo!
Con questo finisco il primo capitolo del mio libro e vi avviso che lavorerò presto alla seconda parte che ahime, credo non avrà mai più questo tipo di capitoli immersivi nella Chrisher però sto già pensando a farne alcuni su altre coppie che ci saranno in seguito.
Vi adoro,
Amneris
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