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Capitolo 22✅

⚠ Il capitolo contiene materiale lgbt quindi chi ha dei problemi può pure andare via e magari farsi un esame di coscienza⚠

Christian aveva sempre odiato la chiave di basso. Fin da giovane i suoi genitori lo avevano convinto a studiare la musica perché a detta loro innalzava il cuore a Dio. Lui sinceramente non si era mai fatto troppe domande su cosa lo rendesse più vicino o lontano al Signore, ma se i suoi genitori volevano così lo avrebbe fatto. Studiò musica per tutta la infanzia e arrivò ad una dimestichezza con il violino che era davvero rara. Però c'era una cosa della musica che Christian odiava: La chiave di basso. Non c'era un vero perché definito ma ogni volta che la suonava sbagliava e non riusciva a riconoscere le note. I suoi professori ormai gli assegnavano solo canzoni verso corde del re in su cercando di non far notare ai suoi genitori la difficoltà del ragazzo. Quella mattina Christian stava ascoltando un esercizio per lui difficilissimo e incentrato sopratutto sulla chiave di basso quindi lui si trovava in difficoltà.

<Guardate chi è arrivato>, disse Micheal.

Erano una fila di quattro, stavano seduti a gambe aperte sopra la panchina del parco davanti all'ultimo liceo che Christian aveva frequentato. Lui li chiamava "la banda dei senza cervello", o meglio, i BDSC che in pratica era l'abbreviazione. Il ragazzo li ignorava come meglio poteva ma certi giorni, e quella mattina di maggio era uno di quelli, non ce la faceva proprio a non reagire.

<Ciao anche a te>, disse freddo Christian con un'occhiata sprezzante verso i BDSC che intanto gongolavano attorno a Micheal.

<Avete visto? La puttana tira fuori gli artigli>, Christian cercò di superarli e entrare a scuola ma venne bloccato dalle spalle possenti di uno dei tirapiedi di Micheal che lo agguantò per un braccio e lo buttò a terra facendogli sbattere la testa contro il cemento duro della panchina.

Christian si tenne la fronte tra le mani e dopo aver esaminato il palmo della sua mano scoprì che perdeva sangue.

<Così finiscono le puttanelle che cercano di comandare, in fondo tu sei questo, no?>, Micheal gli prese il viso nel palmo nella mano ed esaminò con attenzione l'espressione sprezzante di Christian alla ricerca di qualcosa.

C'era una bellezza inafferrabile nel modo in cui il biondino resisteva nel suo orgoglio raccattato dal nulla, inesistente. Quel ragazzino così misero e infimo gli stava occupando fin troppo la mente e Micheal avrebbe trovato ancora più dolce vederlo spezzarsi sotto le sue dita, ne era sicuro. Aspettava solo quello d'altronde: il punto di rottura. Tutti secondo lui ne avevano uno, non importava quanto fosse nascosto, piccolo o insignificante... tutti avevano un tallone d'Achille che li avrebbe uccisi un giorno: per Micheal era sua sorella deceduta di parto alcuni anni prima; Jordy, uno dei suoi amici, era sconvolto dalla separazione dei genitori; Kirlian aveva paura di restare solo; James era terrorizzato dal padre violento... mentre Christian per lui era un mistero. Non riusciva a comprendere che cosa celassero quelle iridi di smeraldo così all'apparenza calme ma che nascondevano migliaia di nuvole temporalesche pronte ad oscurare il cielo. Micheal non sapeva nulla di Christian d'altronde, come avrebbe potuto spezzarlo allora?

Proprio in quel momento un'idea iniziò a formarsi nella mente del ragazzo, come un germoglio, una radice che si instaurava nel suo cervello e da cui piano piano spuntava lo stelo di una pianta che avrebbe portato scompiglio nella vita di Christian e nella sua.

Era un azzardo ma Micheal era annoiato e si sapeva che lui non doveva mai essere annoiato almeno che non si volesse una catastrofe.

Ero appoggiato al bancone del bar quella sera e la mia voglia di vivere era pari a quella di uno zombie. Il bar era deserto e Amanda e gli altri sembravano spariti nel nulla. Insomma, non che mi aspettassi gli auguri di compleanno, dato che non lo avevo detto a nessuno, ma almeno mi aspettavo una bella giornata piena di soddisfazioni invece era stato tutto il contrario. Il lato positivo che tutti fossero in vacanza per Natale mi permetteva di avere tutta la casa libera per me e Janet, infatti io e lei avevamo già organizzato un piccolo pigiama party a base di tequila, popcorn e film in bianco e nero. Controllai l'orario sul mio telefono e con felicità notai che il mio turno era finito. Corsi nello spogliatoio e mi infilai la giacca acchiappando lo zaino dove stavano nascosti il mio portafoglio e il mio telefono. Uscii da lavoro senza dire niente per poi prendere il telefono e chiamare Janet:

<Hey, a che ora facciamo stasera?>, chiesi attraversando la strada e salendo per un soffio sul bus prima che partisse senza di me.

<Non lo so quando riesco a staccare, qui si tira per le lunghe>, disse alzando la voce come per farsi sentire da qualcuno abbastanza vicino cino a lei.

<Ma dove sei?>

<Sono al corso di recupero dell'esame di letteratura>, scossi il capo.

<Ma lo hai passato...>

<Si, infatti sono io quella che sta aiutando a recuperare... No! Rileggi gli appunti e correggi, non vedi? È un brutto errore che in esame ti costerebbe due punti>, sorrisi e giocherellai con i lacci della mia felpa nera.

<Tranquilla, facciamo un'altra sera>.

<Ma è il tuo compleanno! Volevo festeggiare!>

<Tranquilla, ne avrò ancora molti davanti a me! non importa, davvero>la sentii mugugnare qualcosa in segno di assenso e poi spensi la chiamata.

Mi concentrai su quale brano della mia playlist si fosse fermato: Lost my mind di Alice Kristiansen ma subito mi venne in mente un preciso volto, un volto che mi aveva assillato negli ultimi giorni come un fantasma venuto per portarmi alla pazzia.

Due iridi di tempesta, i capelli mori come fili di seta finissima, il solito sguardo strafottente ma dolce in qualche modo a me oscuro.

Scossi il capo cacciando via quella immagine fin troppo vivida e cambiai canzone:

Worst of you di Maisie Peters.

Chiusi gli occhi cercando di rilassarmi ma quando la canzone arrivò al ritornello:

So give me your worst excuses, any reason to stay
Give me your lips that taste of her, I'd kiss them again
I'd rather you walk all over me than walk away
Give me the worst of you
'Cause I want you anyway

Mi ritrovai di nuovo a pensare ad Asher e quindi dovetti chiudere del tutto il telefono e per poco non scaraventai le cuffiette a terra. Tutti gli altri passeggeri mi guardavano confusi ma io avevo già deciso di ignorarli.

Scesi alla mia fermata e iniziai a camminare per la strada di casette a schiera che si perdevano fino a diventare una linea di indefinita nell'oscurità della notte.
Era buio e il freddo mi faceva arrossare le guance e il naso. Nascosi le mani nelle tasche del cappotto e ruminai cercando le chiavi. Mi fermai davanti alla porta di casa sperando di non averle dimenticate a lavoro quando una voce spezzò il silenzio:

<Christian.. >, una voce calda e roca, spezzata e fragile come un sussurro mi fece sobbalzare, mi voltai verso una figura piegata su se stessa nell'oscurità vicino alla porta.

<Asher? Che ci fai tu qui?>, mi chinai verso di lui e allungai le mani, non si ritrasse contro ogni aspettativa e mi prese la mano premendola sul suo viso umido di lacrime.

Ma sta... Piangendo?

<Mio Dio... >, sussurrai e mi allontanai cercando con ancora più ardore le chiavi, appena le trovai aprii la porta afferrando Asher e aiutandolo ad alzarsi. Stava tremando e il suo corpo era letteralmente scosso da profondi brividi e singhiozzi. Sembrava quasi avesse le convulsioni da quanto distrutto e scioccato era.
Ero preoccupato per lui e il mio profondo dolore per quello che stava passando mi spezzava nel profondo ancora più del sentimento spesso.

Lo condussi al divano e lo feci sedere guardandolo apprensivo e cercai di non toccarlo anche se vedere il suo viso segnato dall'angoscia e dalla tristezza mi faceva venire voglia di stringerlo a me così forte da sperare di fargli dimenticare tutto.

<Per quanto hai aspettato fuori al freddo?>, nessuna risposta.

Sbuffai piano e andai verso la cucina per andare a prendergli dell'acqua calda da bere.

<Non... Non andartene>, disse a mezza voce.
Mi sedetti affianco a lui e lo osservai cercando di scoprire qualcosa dalla sua espressione ma non riuscivo a capire.

<Che è successo?>, non mi rispose di nuovo ma si buttò a peso morto tra le mie braccia e io non potei far altro che abbracciarlo e accarezzargli i capelli amorevolmente. Farfugliava frasi sconnesse, interrotto da profondi fremiti e singhiozzi. Per quanto mi sforzassi non capivo quello che stava dicendo.

<Dai, vieni, hai bisogno di dormire>, lo feci appoggiare a me e con fatica riuscii a portarlo in camera mia al piano di sopra e lasciarlo cadere sul letto, gli tolsi le scarpe e lo guardai raggomitolarsi su se stesso e infilarsi sotto le coperte pacatamente. Non sapevo cosa fare.

<Resta>, disse lui e allungò una mano verso di me in cerca di un contatto che io non sapevo se dargli, ma alla fine le mie dita e di conseguenza tutto il mio corpo si congiunsero a lui e anche io mi infilai sotto le coperte.
Asher sapeva di notte invernale e di un profumo ferroso... Come metallo e sale... Ad occhi spalancati scostai subito le coperte e gli slacciai il cappotto, lui mi cercò di respingere e bloccarmi ma riuscii a togliergli il cappotto che portava ancora addosso. La sua maglietta era ricoperta di sangue.
Lo guardai terrorizzato e lui rispose al mio sguardo con uno devastato. Cercai di calmarmi ma appena il mio sguardo si posava sulla sua maglietta mi sentivo mancare.

<Vai a lavarti>, la mia voce era più fredda di quanto avrei voluto fosse ma non riuscivo ad addolcirla, <ti preparo dei vestiti>, mi alzai dal letto e gli girai le spalle.

Sentii il rumore sordo e cigolante del materasso che veniva liberato dal suo peso.

<Christian, io... >, lo interruppi con un segno della mano.

<Vai a lavarti>, detto questo uscii dalla stanza camminando lungo il corridoio senza una meta.

Cosa aveva fatto Asher? Di chi era il sangue sulla sua maglietta? Asher era un assassino?

Dopotutto non sapevo nulla di lui, sarebbe anche potuto essere un maniaco, un ladro, un assassino, un gangster e non lo sapevo.

Mi sedetti sul divano in salotto e mi presi la testa tra le mani.

Che sto facendo?

Camminai su per le scale con la testa vuota e entrai in camera di Josh per prendere in prestito una sua tuta, era l'unico che aveva una taglia simile a quella di Asher. Posai la tuta davanti al bagno e mi allontanai dal rumore dell'acqua della doccia. Mi spogliai e mi misi comodo sul letto aspettando impaziente Asher.

<Hey>, disse lui entrando nella stanza, lo guardai desideroso di risposte e lui sospirò profondamente sedendosi affianco a me. Aveva gli occhi gonfi e rossi, i capelli umidi e scompigliati e un sorriso appena accennato, stanco e rassegnato.

<Il sangue non era mio... Era di mio fratello>, non riuscivo a capire. Lo guardai di traverso confuso.

<Che è successo?>, lui sembrò cedere e riuscii a vedere tutto il dolore che stava cercando di contenere in sé stesso ma non poteva nasconderlo ai miei occhi.

<Mio fratello è stato coinvolto in una sparatoria oggi e... Ed è... Morto>, dalla sua faccia sembrava non riuscire a credere alle sue stesse parole.

<Come?!>

Era passato un anno e mezzo, il mondo per Christian sembrava stesse andando come in un sogno. Lui e Micheal inspiegabilmente erano diventati migliori amici. Stavano tutto il tempo assieme e nessuno ormai riusciva a capire dove iniziasse uno è finisse l'altro. Nel cuore di Christian si era acceso un sentimento del tutto nuovo per Micheal, un sentimento forte, potente, travolgente e spaventoso che lo faceva fremere e tremare dalla punta dei piedi a quella dei capelli. Il giorno del compleanno di Christian Micheal lo invitò a casa sua per festeggiare e studiare per la verifica di algebra che si sarebbe svolta due giorni dopo e per cui nessuno di loro due aveva minimamente studiato. Studiarono per alcune ore e poi stanchi si lasciarono cadere sul letto di Micheal.

<Stanco?>, Christian annuì sfinito aprendo solo un occhio per guardare l'espressione di Micheal, si accorse che era davvero vicinissimo, così tanto che avrebbe potuto baciarlo perfino per sbaglio, un piccolo movimento e le loro labbra si sarebbero incontrate.

<Emh...M-M-Micheal>, si allontanò un pochino cercando di porre spazio tra loro ma il suo migliore amico era di tutt'altro avviso:
Micheal lo strinse a sé e sorrise rassicurante. Si avvicinò a lui con una espressione che avrebbe potuto sciogliere perfino un ghiacciaio, figurarsi il piccolo e ingenuo cuore di Christian.
Il bacio tanto atteso e Christian non sapeva come reagire, avrebbe voluto saperlo. Era preoccupato di star baciando male, di star sbagliando tutto ma il modo in cui Micheal lo stringeva di più a sé gli faceva coraggio lo spingeva a continuare. I baci di Micheal erano rudi e quasi aggressivi, come se odiasse quello che stava facendo ma non riuscisse a smettere. Christian sussurrò piano, quasi impercettibilmente, in un borbottio ebbro di emozioni che aveva cercato di nascondere per molto:
<Ti amo>, ma Micheal lo sentì forte e chiaro come il rombo sordo e stordente prima di un fulmine. Il ragazzo lo allontanò da sé spingendolo così lontano che quasi cadde dal letto.
<Io non sono un frocio come te! Non osare mai più dire quelle parole! Sei malato tu non amerai mai! Sei stato tu a costringermi, mi hai costretto tu a baciarti! È tutta colpa tua!>, un pugno, poi un altro, Micheal che lo trascinava a forza fino all'ingresso e lo buttava fuori di casa, sanguinante e con il cuore in pezzi.

Forse la chiave di basso non era la cosa che Christian odiava di più, almeno non più.

Una pozza di sangue si espandeva come una aureola rossa attorno la sua testa e l'esercizio che dopo tutto quel tempo non era riuscito ancora ad imparare come un ronzio nella sua mente finché non fu solo il buio.

Io odio l'amore.

<Si>, disse secco Asher. Non sapevo proprio come rispondere.

<Mi dispiace, io non... Non ho visto la notizia al giornale, di solito le sparatorie vengono riportate, no?>, lui sospirò e si prese la testa tra le mani.

<Non quelle private tra gang, la polizia non lo viene mai a sapere>, lo guardai ancora più scioccato.

<Gang?>, Asher annuì e si buttò nel racconto della sua famiglia e del gruppo mafioso di cui faceva parte; del padre gangster, della madre deceduta tempo prima e anche del fratello che era rimasto coinvolto in una specie di imboscata. Lo scontro sarebbe dovuto essere solo a suon di scazzottate e calci, ma la gang nemica si era portata anche le pistole, il piccolo gruppo della gang del fratello e di Asher era stato decimato, solo lui e un'altro ragazzo erano scappati salvandosi la vita.

Mi sembrava impossibile tutta quella storia, insomma, ne avevo sentito parlare di gang e cose simili ma l'idea era sempre rimasta una utopia, una realtà a me estranea. Feci segno ad Asher di avvicinarsi e lui un po' diffidente si stese verso di me sul materasso fino a ritrovarci lui con la testa appoggiata sul mio ventre ed io con la mia sul cuscino.

<Mi dispiace per tuo fratello, non se lo meritava>, lui restò in silenzio e poi rispose:

<Se vivi questa vita è normale che tu faccia quella fine>, rabbrividii all'idea che anche lui sarebbe potuto morire quella notte. Tutto d'un tratto ero grato a Dio che lo avesse tenuto ancora lì con me. Sorrisi piano e gli accarezzai I capelli.

<Sono... Sono davvero felice che tu non sia morto>, restammo in silenzio per un altro po' e lui ridacchiò piano.

<Avrebbe fatto differenza per te?>, gli feci girare bruscamente il viso verso il mio, offeso.

<Ma certo! Che domande fai?!>, quella sera in cui eravamo andati al mare con i miei coinquilini noi avevamo cercato di chiarire la nostra relazione ma più che chiarirla avevamo creato solo altri punti interrogativi. Come se non fosse già abbastanza strana la situazione tra noi.

<Non lo so... Vedo che ti interessa ma al col tempo non capisco se sia davvero così. Mi sembra sempre che tu indossi una maschera per celare alle persone quello che davvero pensi e la cosa mi fa impazzire>, arrossii un pochino e non riuscii a non balbettare nel ribattere:

<N-N-non è vero... Io.. Sono solo un po' timido con le persone all'inizio, sopratutto se devo dire quello che provo... Non è perché non ci t-tengo a te, sia chiaro>, Asher sorrise piano.

<Allora mi dai un bacio?>, lo guardai imbarazzato e scossi il capo con furore.

<Per favore>, supplicò lui facendo una faccia da cane bastonato.

<Agh... Va bene, ma solo uno, ok?>, lui annuì felice e chiuse gli occhi aspettando il suo bacio. Mi chinai con un punta di imbarazzo su di lui e feci congiungere le nostra labbra per pochi istanti.

<Ecco fatto!>, dissi sempre rosso in viso.

<Sai che questo non è un bacio>, la sua voce era profonda, gutturale quasi un ringhio animalesco. Mi attirò a sé di nuovo e mi ritrovai con il suo viso accostato al mio. I suoi baci erano dolci e potenti come li ricordavo, il suo profumo così particolare e unico mi invadeva le narici dandomi alla testa e l'idea di averlo di nuovo lì tra le mie braccia mi lasciava stupefatto e estasiato allo stesso tempo. Si staccò da me con il fiato corto e quella luce maliziosa da predatore che aveva sempre negli occhi quando stavamo assieme.

<Ecco, questo è un bacio>, poi la sua faccia cambiò repentinamente ponendo fine a quell'attimo fuggente di intimità ridiventando quella piena angosciata e tristezza di poco prima. Lo abbracciai stretto.

<Cerca di dormire, domani mattina penseremo a cosa fare, ok?>, lui annuì e chiuse gli occhi.

Lo guardai dormire per un po' osservando i suoi lineamenti segnati dal dolore e dalla angoscia su quel viso angelico e ripensai a quel preciso momento della vita: Mi ero innamorato ed ero rimasto ferito, non solo psicologicamente. Non mi si poteva dire di non aver fatto esperienze in amore e di esserne rimasto vittima in tutti i sensi.

Sorrisi nell'oscurità, non sapevo esattamente perché, ma sorrisi e raccattai dal comodino il mio telefono con ancora le cuffiette attaccate. Aprii la mia prima playlist che avevo creato più meno all'ultimo anno di liceo e lasciai partire la musica.

Era un esercizio di violino che stavo studiando proprio in quel periodo e in un secondo tutte le emozioni nuove e travolgenti che avevo provato mi sotterrarono sotto quelle note cadenti e molli come passi striscianti contro il pavimento.

Mi rividi sorridente ed ebbro di quella sensazione di nuovo e magnifico che appena vedevo Micheal mi abbracciava, mi rividi spaventato, impietrito nel mio letto mentre la paura di venire rigettato e disprezzato mi toglieva il fiato, mi rividi tremante tra le sue braccia durante il nostro primo bacio e poi infine mi rividi a terra con il sangue che sgorgava dal mio naso e si espandeva sul cemento grigio.

Aprii gli occhi e vidi che anche Asher era sveglio: mi stava guardando in silenzio, lo sguardo carico di fulmini che però sembravano schivarmi in tutti i secondi interminabili in cui restammo a fissarci, la sua bocca era rilassata e dischiusa, persa nel vuoto come una nave persa nel mare, respirava profondamente come se stesse ancora dormendo ma sapevo perfettamente che non era così. Abbozzai un sorriso caldo, rassicurante e sussurrai dolcemente:

<Torna a dormire>, lui mi guardò per un altro paio di secondi,apatico ma con gli occhi che brillavano e poi li richiuse.

La verità è che l'amore era come un grandissimo spartito: mi sarei sempre ritrovato nella chiave di violino, sicuro, a mio agio, ma ci sarebbero anche state chiavi di basso ad ostacolarmi... o a rendere tutto più intrigante e magnifico in un certo senso. Se l'amore fosse davvero così facile come mi piaceva pensare dove sarebbe stata l'emozione che mi spingeva tra le braccia di Asher?Era normale sentirsi così persi eppure ritrovati davanti al suo volto addormentato?

La musica andava avanti ma io ormai non la ascoltavo più perché finalmente avevo capito di avere la più bella composizione proprio lì davanti a me piena di insidie e bellezza, pronta per essere suonata da me.

Quello è amore.

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Ciao ragazzi,

dato che mi avete chiesto di mettere la persona che secondo me rappresenta Asher ho deciso di farvi questo bel regalino ;)

Ma non ho trovato solo questo gnoccolone!

Vi presento Kim:

EEEEEEEEEE SANDRA!

Spero vi piaccia il mio regalino eheheh

al prossimo capitolo!

Amneris

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