7|Buon non compleanno
Madrid, 2 Gennaio
A volte il destino sa essere davvero ironico.
Quando Siria ha fatto il primo tampone era quasi sicura di essere positiva e invece l'esito è stato negativo. Qualcosa - probabilmente il suo spirito previdente - però l'ha spinta ad isolarsi comunque dalla sua famiglia, specie dai suoi genitori che hanno preso l'aereo di ritorno a Buenos Aires proprio la mattina del primo gennaio e da suo fratello che sarebbe dovuto partire la sera stessa per la trasferta con il Getafe. Sarebbe. Prima che a lei venisse la febbre alta e il suo secondo tampone risultasse positivo.
Quando Rodrigo si è diretto alla Ciudad Deportiva per fare il suo, sapeva già in cuor suo di aver preso il covid da sua sorella e l'esito è stata solo una conferma. È tornato a casa invece di andare in aeroporto e si sono ritrovati loro due da soli in quarantena, con Siria che si è scusata fin troppe volte, sicura di essere stata lei a contrarre il virus.
All'inizio suo fratello l'ha anche giustificata, sostenendo che avrebbe potuto essere lui a portarlo in casa, ma lei sa bene che non è così e Rodrigo ha dovuto sfortunatamente confermare la sua teoria, non essendo entrato a contatto con nessun positivo, nemmeno nella sua squadra.
Sembra essere stato tutto orchestrato per farle passare il compleanno più memorabile della sua vita, chiusa in casa, con la febbre alta, i muscoli intorpiditi e i sensi di colpa. Per fortuna è altamente improbabile che Rodrigo riesca a connettere la positività di Pablo con quella della sorella.
Dal momento in cui Siria ha scritto al giovane Sivigliano di essere negativa, non si sono più sentiti, fino a quella mattina, quando gli ha fatto sapere l'esito del secondo tampone. La freddezza di Pablo sembra essere improvvisamente svanita, per qualche minuto hanno intessuto una breve conversazione, preoccupandosi uno delle condizioni dell'altra. Almeno fino a quando lui ha visualizzato l'ultimo messaggio senza rispondere. L'argentina non ci ha nemmeno pensato quando gli ha scritto: "spero che tu non abbia parlato con nessuno di quella sera". Lui deve essersela presa e da quella mattina non si è fatto vivo.
A pochi minuti dalla mezzanotte si ritrova sul divano avvinghiata nel suo plaid, con i brividi di freddo e Rodrigo di fianco mentre guardano insieme il finale della partita che sta giocando il Real, con il Getafe incredibilmente in vantaggio. Allo scadere del tempo il giocatore argentino spegne la tv, schioccando la lingua contro il palato e sbuffando con evidente frustrazione. Si strofina le mani sul viso e tra i capelli, scuotendo la testa ripetutamente mentre ripensa alla sconfitta appena ottenuta.
Da quando erano bambini, Siria non ha mai saputo gestire le frustrazioni di suo fratello derivate dalle sconfitte della sua squadra. Rodrigo sa essere eccessivamente drammatico e spesso prende le cose un po' troppo sul personale, colpevolizzandosi anche dove non dovrebbe, come quella sera in cui crede che standosene sul divano, malato e impossibilitato a giocare, non abbia contribuito ad aiutare il Real a portare i tre punti a casa.
E in quel caso anche lei si sente responsabile, perché lui ha rinunciato a tanto in quei due anni per tentare di non contagiarsi mai e alla fine è stata Siria a farlo, con una mossa che avrebbe potuto evitare.
«Mi sento così in colpa per averti contagiato, eri stato così attento» esordisce improvvisamente, raggomitolandosi su sé stessa con lo sguardo colpevole perso nel vuoto.
Si sente come se stesse camminando su un campo minato e ad ogni passo rischiasse di saltare in aria. Si ripete che è impossibile collegare lei e Pablo, ma ha il terrore che Rodrigo possa connettere nella sua mente il perché è tornata devastata dalla notte a Barcellona. Se dovesse venire a sapere di quello che è successo tra lei e il calciatore del Barcellona non osa immaginare la sua reazione. Non solo perché Marco è il suo migliore amico, ma per tutto ciò che Siria e Pablo potrebbero significare insieme. Trema al solo pensiero di quello che si potrebbe scatenare e ce l'ha con sé stessa per averlo fatto accadere, ma si odia ancora di più perché tornasse indietro non cancellerebbe nulla. Le vengono i brividi al solo pensiero delle sue mani che la stringono.
È così soprappensiero che quando suo fratello le sfiora il braccio, coperto dal pigiama, sobbalza e rabbrividisce allo stesso tempo, rendendosi conto che non sono le mani alle quali stava pensando e vergognandosi per quello.
«Non preoccuparti, sono cose che capitano» la conforta Rodrigo, tirandola a sé per accarezzarla. «Vorrei solo sapere da chi te lo sei preso se Carlotta è negativa» riflette ad alta voce, peggiorando inconsapevolmente lo stato d'animo di sua sorella, che deglutisce a fatica e diventa bianca in volto, pregando di non tradirsi da sola.
«Potrei averlo preso ovunque» si giustifica, in modo un po' troppo agitato, che fa voltare Rodrigo verso di lei con la fronte corrugata.
L'argentino però non da peso a quell'atteggiamento, anche lui distrutto dai brividi della febbre. Si alza senza dire una parola e si dirige verso il frigo, mentre Siria tira un sospiro di sollievo e distende i muscoli.
«Comunque sia tra pochi secondi è il tuo compleanno, pronta ad avvicinarti ai venticinque?» la prende in giro, aprendo lo sportello con un sorriso furbo, che trama qualcosa. Lei però è troppo occupata a schivare i pensieri che le affollano la mente per notarlo e carpisce solo quelle ultime parole, rivolgendogli un'occhiataccia poco amichevole.
«Sono ventiquattro, idiota!» esclama, marcando l'accento sull'anno in meno. Ed ultimamente le piace sottolinearlo spesso, poi di quanto abbia mai fatto in passato.
Non le è mai importato dell'età, l'ha sempre ritenuta un inutile dato anagrafico che non fa che accelerare ansie immotivate. Da qualche mese però quei numeri sono diventati fin troppo importanti, specialmente dalla notte trascorsa a Barcellona.
«È uguale, sei più vicina ai trenta che ai venti oramai» ribatte suo fratello, avvicinandosi a lei con una torta tra le mani ed una candelina arrangiata, rimasta stipata nel cassetto dall'anno precedente. «Però questa potrebbe addolcire le cose.»
Siria lo guarda sgranando lo sguardo per la sorpresa. Quando lui le mette davanti la torta Rogel della famosissima pasticceria di Buenos Aires, fatica a credere di poterla mangiare proprio nel giorno del suo compleanno, in cui sembra andare tutto a rotoli.
«Rodri!» esclama, quasi senza parole, iniziando a muovere le mani con un'eccitazione insolita, non riesce ad esprimere quanto si senta emozionata per un semplice dolce.
«Come hai fatto ad ordinare la mia torta preferita?»
Rodrigo sorride divertito, è raro che Siria si lasci andare alle emozioni e vederla con gli occhi lucidi, sull'orlo del pianto, così felice per una torta per cui ha smosso tutta la Spagna e l'Argentina, lo ripaga di tutti gli sforzi. Per lei è sempre stato difficile festeggiare il suo compleanno, che oltre a cadere in periodo festivo, da anni spesso coincide con qualche partita o con un periodo di allenamento serrato. Per questo erano settimane che stava organizzando quella piccola sorpresa e guardare i suoi occhi che brillano per un momento gli fa dimenticare tutta la frustrazione della giornata.
«Essere un calciatore del Real ha i suoi vantaggi ed io farei di tutto per mia sorella» risponde soddisfatto, ponendole la torta di fronte, mentre sul suo cellulare scorre il conto alla rovescia per la mezzanotte.
Siria sorride commossa e attende pochi secondi prima che cambi l'ora e scatti ufficialmente il giorno del suo compleanno. Soffia sulla candelina e mette giù la torta sul tavolino, gettandosi su suo fratello per avvolgerlo in un abbraccio breve, ma intenso. Rodrigo la stringe forte, trattenendola ancora un po', mentre sorride per quell'improvviso slancio d'affetto e le augura un buon compleanno. Nel frattempo il telefono di Siria diventa una centralina, illuminandosi di continuo quando arrivano i primi messaggi di auguri. Lei però lo ignora, lasciandolo per un attimo da parte e godendosi quel momento con suo fratello. Lui taglia due fette di torta e le passa il piatto con il suo, sedendosi a gambe incrociate di fronte a sua sorella, che continua a sorridere come una bimba.
Siria quasi si commuove quando addenta il primo boccone e improvvisamente sente i sapori di casa. Riaffiorano tutti i ricordi e le sale persino un po' di malinconia, ma guardando davanti a se si rende conto che tutto ciò che di cui ha bisogno è proprio di fronte a lei.
Buenos Aires o Madrid non importa. Le basta avere suo fratello.
Quel breve momento di intimità fraterna è interrotto dal suo pc, sistemato sul tavolino, che si illumina e mostra una videochiamata in entrata da parte di Carlotta. Siria si volta verso suo fratello per chiedergli implicitamente con lo sguardo se gli dispiace che risponda e Rodrigo le da l'approvazione annuendo senza problemi.
«Tanti auguri futura galeotta!» esordisce la voce squillante dell'italiana, che per l'occasione ha indossato una coroncina con scritto feliz cumpleaños.
Siria si pietrifica davanti all'allusione della sua migliore amica e subito nota lo sguardo confuso di suo fratello, che sicuramente si starà chiedendo a quale guaio sia dovuto quell'appellativo.
«Ciao Carlotta» si intromette improvvisamente, mostrandosi alla webcam, per evitare che le sue orecchie sentano qualcosa a cui non è pronto.
Carlotta arrossisce imbarazzata appena lo vede e deglutisce a fatica, evitando di dire qualsiasi cosa stesse per fuoriuscire dalla sua bocca. Siria tira un sospiro di sollievo e rilassa le spalle, improvvisamente irrigidire, mentre suo fratello sorride e scuote la mano verso il pc.
«Ciao Rodri!» lo saluta calorosamente l'italiana, ritrovando un normale colorito, dopo il pericolo appena scampato. «Galeotta perché è illegale per quanto è bella, che hai capito?» aggiunge, guadagnandosi un'occhiataccia da parte della diretta interessata per la sua giustificazione immotivata.
Rodrigo alza le mani e arriccia le labbra, preferendo non indagare sulla questione. Ha come il sospetto che sia qualcosa che non vuole sapere e non ha intenzione di rovinarsi maggiormente la serata. Si dà lo slancio e si alza dal divano, dirigendosi verso la sua camera.
«Me ne vado, non voglio sentire le vostre storie» esordisce, lasciando un bacio tra i capelli di sua sorella, mentre le dà la buonanotte e le augura ancora una volta un buon compleanno.
Siria sorride teneramente e lo segue con lo sguardo aspettando che vada via e tirando un sospiro di sollievo quando sente la porta della sua camera chiudersi. Per un momento ha temuto il peggio, era già pronta a giustificarsi, ma per fortuna per una volta Carlotta è stata in grado di fermarsi in tempo. Torna con gli occhi sul pc, prestando attenzione alla sua migliore amica, che se ne sta immobile, nell'attesa di poter parlare.
«Si è fatto sentire?» le chiede, non appena capisce di poterlo fare, con aria piuttosto curiosa.
Siria alza gli occhi al cielo, sospirando esasperata e le rivolge un'occhiata scocciata. Oramai Pablo è diventato il centro delle loro conversazioni e questa cosa sta cominciando a snervarla più del dovuto.
«Possiamo non parlare di lui?» chiede in tono disturbato, abbassando la voce per evitare che quel discorso possa arrivare alle orecchie di suo fratello e fargli capire qualcosa.
Carlotta però non desiste e la osserva con un ghigno divertito e un sopracciglio alzato, consapevole che dietro quell'atteggiamento seccato Siria nasconda ben altro. La conosce fin troppo bene per non captare il fastidio nel suo tono ed è certa che non sia dovuto alla domanda. Hanno passato l'intera mattina al telefono ad aggiornarsi sulla situazione e l'italiana aveva già capito dal modo in cui l'Argentina continuava a lamentarsi che quell'aria disinteressata fosse solo una facciata.
«Ma guarda un po' chi ci è rimasta male!» esclama, schernendola con un sorrisetto vispo sul volto.
«Non ci sono rimasta male, non me ne importa niente» ribatte subito Siria, dissimilando qualsiasi sentimento tenti di trasparire dalla sua espressione.
«Menti pure a te stessa, te lo si legge in faccia che sei arrabbiata» le risponde Carlotta, sicura dei suoi sospetti.
Se realmente a Siria non fosse importato di Pablo e del fatto che lui abbia smesso di risponderle, non avrebbe neanche sprecato tempo a parlare di lui e invece quella mattina è stata minuti a ripetere quanto fosse stato ingiusto da parte sua non chiederle neanche come stesse. Il problema è che probabilmente non lo ammetterà mai neanche a sé stessa e se necessario continuerà a negarlo fino a che non dovesse essere davvero evidente.
«Ho il covid al mio compleanno e ho contagiato mio fratello, ti sembra che io possa fare i salti di gioia?» si giustifica, infatti, agguantando la prima scusa che sembra plausibile.
Fortunatamente anche quando si agita è in grado di mantenere la sua facciata impenetrabile, accompagnata da quel tono calmo e tagliente che sarebbe in grado di mettere in soggezione chiunque, ma non Carlotta, che oramai ci ha fatto l'abitudine. E proprio mentre l'italiana sta per ribattere a quel tentativo di sviare l'argomento, sul telefono di Siria arriva il messaggio che dentro di sé probabilmente stava aspettando più di tutti.
Le si ferma il cuore per qualche istante e subito sul suo volto si legge la sorpresa, mista a sconcerto, per il contenuto del testo. L'italiana riesce a notare anche dall'altro lato dello schermo il cambio repentino d'umore e subito ripensa alla settimana prima, quando erano seduta al tavolo del bar e Siria ha ricevuto la notizia della positività di Pablo.
«Che succede? L'ultima volta che hai fatto quella faccia non era niente di buono» chiede con fare incerto, non è sicura al cento per cento di voler sapere il motivo.
«Forse perché il mittente è lo stesso» risponde Siria, con la bocca asciutta, mentre i suoi occhi continuano a scorrere ripetutamente su quelle parole.
A Carlotta si illuminano gli occhi. Batte le mani davanti a sé con fare euforico, nell'attesa di scoprire cosa ci sia di tanto sconcertante in quel messaggio da far rimanere la sua migliore amica senza parole. È difficile lasciarla di stucco e non è la prima volta che Pablo ci riesce, per questo l'italiana attende di sapere, perché finalmente c'è qualcuno in grado di tenerle testa.
«Cosa dice?» chiede impaziente, allungando il collo come se attraverso il pc potesse sbirciare il testo del messaggio.
«Avrei voluto farti un regalo migliore di un virus, ma almeno ti è rimasto qualcosa di quella notte. Tanti auguri, fuggitiva, la prossima volta ti rimarranno solo i lividi sui fianchi, te lo prometto» Siria legge ad alta voce, lasciando cadere il telefono sul divano quando ha finito e gettandosi con la schiena sui cuscini e le mani tra i capelli.
Ciò che più di tutto la disturba non è il messaggio in sé o la sicurezza che emana, ma il fatto che quelle parole risveglino in lei sensazioni che non provava da moltissimo tempo. Carlotta la osserva crogiolandosi nella soddisfazione di assistere a quel tormento che non le da pace. Vedere l'imperturbabile Siria Rivero con lo stomaco stretto dalla morsa dei sentimenti è un evento a cui non molti possono dire di essere stati testimoni.
«Il ragazzino sa come infuocarti!» esclama l'italiana, rigirando il dito nella piaga, infinitamente soddisfatta.
«Il ragazzino vuole prendere fuoco!» ribatte prontamente l'argentina, con un tono esasperato.
«Anche le tue guance» la prende in giro immediatamente Carlotta, indicando sullo schermo il punto in cui la sua migliore amica ha cominciato ad arrossire.
«È la febbre» si giustifica Siria, lanciandole una brutta occhiataccia e stringendo un cuscino sul ventre con fare offeso. Non può credere che quando si tratti di Pablo le sue emozioni comincino a scivolare così facilmente fuori dal suo controllo. Lo trova ingiusto.
«Siria Rivero, contatta il tuo avvocato, perché credo proprio che Pablo abbia fatto centro.»
9 Gennaio, Barcellona
La quarantena di Pablo gli è sembrata durare una vita. Quando ha letto il risultato negativo dell'ultimo tampone gli è venuta voglia di correre per tutta casa, festeggiando la notizia come se avesse appena vinto un mondiale. Ha chiamato per primi i suoi genitori e sua sorella, per poi avvertire tutti i suoi amici.
La mattina del sette Gennaio quasi non gli sembrava vero di poter tornare ad allenarsi insieme ai compagni di squadra e di poter partecipare alla trasferta contro il Granada. Era talmente euforico da essere riuscito a fare innervosire anche i più pazienti e l'unico in grado di sopportarlo è stato Pedri, esattamente come in quell'allenamento al rientro dalla partita che è costata l'espulsione al Sivigliano. Il Canario, che è pronto a ritornare in gruppo dopo l'infortunio, lo trascina dietro di sé mentre svolgono gli esercizi, per evitare che si prenda un richiamo, come farebbe un fratello maggiore.
Durante la sessione aerobica, nella mente di Pablo continua a rimbombare una sola idea fissa. Ci pensa da quando ha scoperto del compleanno di Siria, il messaggio di auguri che le ha mandato era solo un'anteprima. Lo ha ferito quando lei ha deciso di ignorarlo, ma riflettendoci ha capito che probabilmente lei voleva esattamente che lui smettesse di provarci e non sarà quello che farà. Non gliela darà vinta così facilmente.
Si avvicina a Pedri, con un'aria furba sul volto, cercando di non dare nell'occhio mentre si sposta sull'erba del campo. Il Canario quasi sobbalza quando lo sente arrivare, troppo concentrato sulla sua sessione di allenamento.
«Devi aiutarmi» esordisce il sivigliano, sussurrandogli a pochi centimetri dal volto.
Pedri alza gli occhi al cielo e sbuffa esasperato. Non è nemmeno mezzogiorno e già è più stanco del solito. Pablo sarebbe in grado di sfinire persino il Dalai Lama, soprattutto quando gli vengono in mente le sue pessime idee dalle quali è impossibile dissuaderlo. E il canario riconosce all'istante quell'espressione, ne sta pensando sicuramente una delle sue, una di quelle che odierà.
«Che cos'hai intenzione di fare? Tra pochi giorni partiamo per la supercoppa, non mi piace quell'espressione» lo ammonisce, continuando a ripetere i suoi esercizi.
Per qualsiasi calciatore è sempre difficile allenarsi lontano dal gruppo, per Pedri è ancora più frustrante sapendo che Pablo lo trascinerà presto in uno dei suoi guai. Il Sivigliano si mette in pausa i suoi esercizi e prende il canario per le spalle, scuotendolo leggermente e guardandolo fisso negli occhi.
«Devo assolutamente andare a Madrid e darle il mio regalo» esordisce, con la sua solita convinzione che lo contraddistingue quando si prefissa qualcosa in mente. «E farlo possibilmente quando il fratello non è in casa.»
Pedri sospira e si stringe l'attaccatura del naso con il pollice e l'indice, fermandosi anche lui dal fare i suoi esercizi. Era certo che centrasse Siria e il suo compleanno, gli sembrava troppo strano non averne sentito parlare da quando Pablo gli ha mostrato fieramente il messaggio che le ha mandato. Ha tentato diverse volte di dissuaderlo, ma a quanto pare l'argentina è diventata il suo pallino fisso. E a lui non creerebbe nessun problema se non sapesse che una probabile relazione tra i due scatenerebbe una tragedia greca.
«No» afferma, tentando di imporsi sulla mente del giovane sivigliano che sta già viaggiando più del dovuto. «No, Pablo, non guardarmi così, non guiderò fino a Madrid per assecondare i tuoi ormoni.»
Scuote la testa con convinzione, mentre il suo compagno di squadra annuisce mettendo su un'espressione implorante. Già lo sa che alla fine l'avrà vinta, perché in un modo o nell'altro Pedri non riesce mai a dirgli di no. È per questo che ha già la vittoria sul volto e alla fine riesce ad ottenere ciò che vuole.
«Cerca di concludere qualcosa, perché se mi fai fare un viaggio a vuoto ti lascio fuori casa sua e non ti riporto più indietro!» esclama il canario, sbuffando sonoramente.
Pablo salta sul posto come un bambino vittorioso, euforico anche solo all'idea di rivedere Siria. Da quando hanno passato la notte insieme a Barcellona, non riesce a non pensare a lei. Qualsiasi cosa stia facendo, qualsiasi momento lo riporta ai loro corpi intrecciati, alla passione che li ha travolti. Si sente bruciare anche solo a pensarci e vuole a tutti costi sentirlo dire anche a lei, perché sa che è lo stesso.
Appena terminato l'allenamento corre per primo negli spogliatoi, senza neanche dare peso ai suoi compagni che lo prendono in giro. Si fa velocemente la doccia e si cambia, cominciando a fissare Pedri, che invece va più lento, finché non comincia a velocizzarsi. Lo costringe persino a passare per il suo appartamento per recuperare il regalo che con l'aiuto di sua sorella ha preso per Siria e i due partono insieme alla volta di Madrid, addentando qualcosa al volo.
Sull'autostrada Pedri alza il volume della musica e gli fa intendere di non volerlo sentire né di voler parlare. Ha lo sguardo concentrato sulla strada, visibilmente scocciato e in disaccordo con ciò che il sivigliano ha architettato, ma alla fine spera anche lui che quel viaggio possa concludersi al meglio. In un paio d'ore arrivano nella capitale spagnola e si rendono conto che il primo ostacolo è più vicino di quanto sembrasse: non hanno idea di dove abitino i fratelli Rivero e non sanno a chi rivolgersi se non a Carlotta.
Per l'ennesima volta Pablo convince Pedro a mettersi in contatto con l'italiana, che fortunatamente sembra approvare qualsiasi cosa il sivigliano abbia in mente e senza fare troppe domande fornisce le indicazioni per arrivare a casa della sua migliore amica, aggiungendo che si è negativizzata proprio il giorno precedente e che Rodrigo non è in casa.
Una volta arrivati alla villa, a pochi isolati dalla Ciudad Deportiva, il canario spegne il motore e fissa il suo compagno di squadra, nell'attesa che faccia la sua mossa, ma lui sembra non volersi muovere da lì.
«Ok, vado» esordisce Pablo, preso da un'improvvisa agitazione.
Stringe tra le mani la scatolina che ha portato con sé, sospirando profondamente mentre scioglie i muscoli intorpiditi dal viaggio e dall'ansia. Apre lo sportello della macchina e quasi Pedri lo spinge giù, esortandolo ad andare.
Il Sivigliano suona al citofono della villa, sostando davanti alla telecamera e dopo pochi minuti vede il cancello aprirsi, e di seguito Siria spuntare sulla soglia della porta di casa. Ha i capelli raccolti in modo disordinato, gli occhiali da vista e una tuta che porta lo stemma del Real Madrid. Si stringe nella felpa e lo guarda a metà tra lo sgomento e la sorpresa, incerta su cosa debba dirgli.
Quando lo ha visto comparire nello schermo installato dentro casa, ha quasi rischiato di svenire. Per un momento le si è fermato il battito, le si sono irrigiditi tutti i muscoli del suo corpo. Ora che lo osserva camminare a passo spedito e sicuro verso di lei, ha paura di chiedergli per quale motivo si trovi lì.
«Dovrei chiamare la polizia» esordisce Siria, riuscendo finalmente a deglutire, proprio quando lui arriva a pochi centimetri dalla soglia, con il suo tipo sorriso sbruffone sul volto. «Come mi hai trovata e che ci fai a Madrid?» gli chiede sconvolta.
Pablo sorride divertito nel vederla così sorpresa. È riuscito nel suo intento di stupirla ed è sicuro che sia una cosa che in pochi possono vantare. La guarda in silenzio per qualche minuto, ha l'aria più trascurata del solito, eppure ai suoi occhi appare sempre infinitamente bella nella sua semplicità, nella sua sicurezza che la fa apparire splendente in ogni situazione.
Siria ha come un'aura che la circonda, non importa cosa indossa o come si mostri, il suo carattere le dona quel fascino in grado di ammaliare chiunque. È magnetica, è carismatica, è tutto ciò che si è sempre immaginato nella sua testa quando pensava alla sua donna ideale.
«Mi sembrava il minimo finire quello che avevamo iniziato» esordisce, con un ghigno divertito. «Non mi sembra giusto che il Covid sia l'unica cosa ci resta di quella notte.»
Quell'aria spavalda e quella sicurezza la snervano, ma allo stesso tempo la manda in crisi il modo in cui non riesce a rimanere calma dentro di se quando lui la guarda con tutto quel desiderio, soprattutto se pensa che l'ultima volta in cui si sono guardati così intensamente è stata in quella camera.
«Pablo» esordisce Siria, incrociando le braccia al petto con un tono esasperato, ma la sua voce tremante la tradisce, facendo spuntare un ghigno soddisfatto sul volto del sivigliano.
«Siria» la interrompe lui bruscamente, afferrandole il polso e impedendole di parlare, mentre lei non riesce a nascondere il brivido che quel contatto le crea. «Non puoi cancellare ciò che è successo e se è successo significa che anche tu provi qualcosa.»
La sicurezza con cui pronuncia quelle parole e le si avvicina a pochi centimetri dal viso, le fa venire un capogiro ed è costretta ad aggrapparsi a lui, che approfitta della situazione e le cinge la vita. Siria fa fatica persino a respirare e si odia intensamente perché tra quelle braccia ci vuole stare, si sente a casa in un posto che non ha mai conosciuto e che sembra stato creato per accoglierla. Inconsciamente gli posa le mani sul petto e chiude i pugni sperando di poterlo allontanare, ma è oramai troppo tardi per alzare difese che lui sembra aver già abbattuto.
Mai nessuno è stato in grado di travolgerla tanto facilmente e non sa se sia dipeso dalla sua vulnerabilità o da quegli occhi che la guardano con fare rassicurante, come se fosse tutto giusto anche all'inferno. Perché in quel momento sarebbe capace anche di bruciare nelle fiamme mentre le iridi scure di Pablo la gelano, accompagnandola verso il peccato.
Il sivigliano le afferra il polso, approfittando del suo silenzio momentaneo ed estrae dalla scatolina un filo di diamanti, estremamente simile a quello che Siria portava sempre al polso prima che si rompesse nel bagno di Pedri.
L'argentina rimane senza parole mentre lo osserva allacciarglielo al polso e lo lascia fare, incapace di muoversi o dire qualsiasi cosa. Sembra paralizzata dal tocco di Pablo che le sfiora le mani una volta chiuso il bracciale e i suoi occhi dolci che la guardano come se fosse la cosa più bella del mondo, la mandano fuori di testa, improvvisamente è incapace di imporsi su di lui.
«Penso che quello vecchio vada sostituito» esordisce il calciatore del Barcellona, incurvando le sue labbra in un sorriso timido che mostra tutti i suoi diciassette anni e gli fa spuntare quelle fossette che oramai sono il punto debole dell'argentina.
«Le persone non si sostituiscono» riesce a rispondere, deglutendo a fatica e fissandolo negli occhi.
Il suo cuore è spaccato in mille frammenti, travolto dai sentimenti contrastanti che si trascina da quando la sua vita si è incrociata con quella di Pablo, che si è presentato nel bel mezzo del terremoto emotivo che lei stessa ha generato.
«No, si superano» ribatte lui fermamente, insicuro sulla scelta delle sue parole. Ha riflettuto su quanto sia delicato quell'argomento per Siria ed è deciso a non ferirla ancora, convinto che la cautela, per quanto non gli appartenga, sia l'unico modo per arrivare al suo cuore. È un grande atto di maturità per uno come lui che della vita ha poca esperienza. «E i sentimenti si rinnovano.»
Quelle parole toccano le corde della sua anima, era ciò che aveva bisogno di sentirsi dire ed è infinitamente stupita per il fatto che lui sia stato in grado di scegliere proprio quelle giuste. Qualcosa dentro di lei si sblocca improvvisamente.
Per tutta la vita ha provato a vedere la logica dietro qualsiasi cosa e per la prima volta sente il suo cuore urlare e fare rumore, a discapito dei suoi pensieri. Lo sente battere. Lo sente vivo.
«Sei proprio insistente tu» afferma, abbassando lo sguardo, improvvisamente imbarazzata nel farsi vedere così vulnerabile. È come se si fosse appena spogliata ed anche se è già stata nuda tra le sue braccia, quella è la conversazione più intima che abbiano mai avuto.
«Solo quando ne vale davvero la pena» risponde lui sorridendo teneramente e slanciandosi per lasciarle una rapida carezza sul viso.
Siria si sente bruciare di nuovo sotto quel tocco e la snerva non saper controllare la morsa che le avvolge la bocca dello stomaco, come se fosse una ragazzina incapace di controllare le sue emozioni, ma non può fare a meno di provare un torpore nel sentire la vivacità di quelle sensazioni.
«E perché io ne valgo la pena?» gli chiede, incurvando le labbra in un sorriso compiaciuto. Ci tiene a capire cosa lo spinga a lottare così ardentemente per lei, ma la verità è che da una parte le fa piacere, la fa sentire importante per qualcuno. E dopo che ha distrutto l'importanza che era lei per Marco, pensava di non esserne più degna.
«Ti risponderò solo se me ne darai l'occasione» risponde Pablo, con tono spavaldo. La situazione precipita più velocemente di quanto lei potesse immaginare e in pochi secondi sente le labbra del sivigliano terribilmente vicine. E mai ha sentito il suo desiderio farsi così forte dentro di sé. «Sarebbe perfetto se potessi baciarti ora» sussurra lui, con la voce roca e tremante, assaporando il sapore della sua bocca.
«Non pensavo fossi uno che chiede il permesso» lo provoca Siria, squadrandolo con un sopracciglio sollevato, nell'attesa che quel tormento si trasformi in piacere.
E Pablo coglie l'occasione senza farsela scappare, attirandola a sé e baciandola voracemente, come se fosse l'ultima volta. Siria si lascia travolgere da quella passione, aggrappandosi alla sua nuca e liberando la sua mente da qualsiasi pensiero momentaneo. In quell'istante esistono solo le labbra del giovane sivigliano che la stringe come se potesse scivolare via da un momento all'altro.
È estremamente sbagliato quello che stanno facendo, eppure non c'è niente che li faccia sentire più vivi di così. Accetterebbero di morire uno tra le braccia dell'altra, come se avessero vissuto mille vite.
Quando sono costretti a separarsi, ad entrambi manca improvvisamente il fiato, sembra quasi che i loro polmoni possano funzionare solo attraverso il respiro dell'altro, come se non lo avessero mai fatto nel modo corretto e in quel momento avessero improvvisamente imparato a farlo.
«Tra quanto torna tuo fratello?» sussurra Pablo, con un ghigno vispo, a pochi millimetri dal viso imbarazzato di Siria, che si allontana, lasciandosi rincorrere, mentre lui si avvicina e tenta di strapparle altri baci.
«Troppo presto per fare quello a cui stai pensando» lo ferma lei immediatamente, tappandogli la bocca con una mano e notando improvvisamente la mini parcheggiata di fronte casa. «E soprattutto il tuo amico ti sta aspettando.»
«Aspetterà» ribatte prontamente Pablo, sorridendo senza preoccuparsi di altro. Niente potrebbe intaccare la sua felicità in quel momento.
Siria vorrebbe essere in grado di lasciarsi andare totalmente, ma improvvidamente le torna un briciolo di lucidità e capisce che deve preservare quel piccolo momento dalle conseguenze che potrebbero divorarlo. Contro qualsiasi muro si stia andando a schiantare, deve stare attenta a godersi prima la corsa, deve valerne la pena.
«Devi andare, se Rodrigo ti trova qui finisce lui in carcere al posto mio» esordisce, ridendo delle sue stesse parole.
Non si è mai sentita così folle nemmeno quando aveva l'età per essere irresponsabile, è un'adrenalina tutta nuova. Non le piace non avere il controllo, ma le piace sentirsi improvvisamente leggera come non lo è mai stata.
«Quando ci rivediamo?» le chiede lui, arricciando le labbra in un'espressione da cane bastonato, che lo rende più tenero del previsto agli occhi dell'argentina, che sorride divertita e si lascia andare ad un altro bacio, prima che quell'euforia le passi.
«Non ti rendi conto di quanto tutto questo sia complicato» afferma, più come se fosse una constatazione per lei stessa. Le sarebbe piaciuto evitare di arrivare a quel punto, ma oramai quello che è fatto non si può cancellare e sente che in quel viaggio ha il freno a mano rotto, è incapace di mettersi in salvo. Si chiede solo quanto male farà lo schianto contro la realtà.
«Otto mesi e diventerò legale» scherza Pablo, allontanandosi a passo lento e controvoglia, esortato anche dal suono del clacson di Pedri, che in lontananza vede il sole cominciare a calare.
«Spero ne valga la pena rischiare l'arresto» ribatte lei realizzando improvvisamente quanto appena successo. E nonostante la prenda la paura delle conseguenze, non riesce a non provare le famose farfalle nello stomaco, di cui aveva sentito tanto parlare, senza sperimentarle mai. Si odia così tanto, ma ama il modo in cui Pablo la fa sentire desiderata.
«Siria Rivero, sappi che hai appena firmato la tua condanna a morte» la schernisce lui, correndo all'indietro verso la macchina. «Forse avresti fatto meglio a finire in prigione.»
«Ne sono sicura» afferma lei, guardandolo con le braccia incrociate, osservandolo andare via e trascinarsi con sé tutti i problemi che deriveranno da quel momento in avanti. «Adesso sparisci!» gli grida in fine sorridendo, sfiorandosi le labbra con le dita, consapevole che il suo sapore rimarrà prepotentemente lì e le impedirà di ragionare ed evitare il disastro.
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