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10|Regole

Ryad 12 gennaio

Il primo pensiero di Pablo appena tornato dall'allenamento è andare da Siria. Quando il mister dà ai giocatori il via libera per riposarsi prima della partita, sa già di non trovarla nella sua camera. Probabilmente è corsa via per non farsi scoprire dal fratello e per quanto si renda conto del rischio che corre a farsi vedere fuori dalla struttura che ospita il Real, la voglia di vederla e baciarla di nuovo lo spinge fino a lì.

Non è difficile per lui convincere la receptionist a rivelargli qual è la camera che ospita la giovane argentina e per l'impazienza decide di prendere le scale, arrivando al piano che gli è stato indicato con una fortissima adrenalina in corpo. Un'adrenalina che però si spegne di colpo nel momento in cui davanti ai suoi occhi vede Siria in compagnia dell'ultima persona che si sarebbe aspettato.

Marco Asensio la costringe ad attaccarsi alla porta e si trova incredibilmente vicino al suo viso, con Siria che non sembra fare niente per allontanarsi, al contrario, alla fine entrano in camera e si chiudono la porta alle spalle.

Gli si irrigidiscono tutti i muscoli del corpo e improvvisamente sente i nervi così tesi che gli sembra si possano spezzare da un momento all'altro. Proprio nel momento in cui pareva avesse ottenuto l'accesso al cuore di Siria dopo tanta fatica, non capisce per quale motivo lei debba rivedere il suo ex.

Ha la vista annebbiata, completamente fuorviata dalle ipotesi che la sua mente sta già partorendo. E nessuna sembra portare a buone conclusioni. Si accorge troppo tardi di essersi conficcato le unghie nella pelle, con i pugni serrati, quando oramai sta già sanguinando. Vorrebbe entrare in quella stanza e spaccare tutto, ma l'unica cosa che riesce a fare è tornare indietro come una furia per farsi riportare al suo hotel.

Non riesce a stare fermo per tutto il viaggio in taxi, si morde le unghie e muove la gamba su e giù, buttando pesantemente l'aria fuori dal naso, come se potesse fumare da un momento all'altro. Quando arriva nella struttura, alcuni dei suoi compagni di squadra stanno ridendo e scherzando nella hall, Pedri lo chiama per invitarlo ad unirsi a loro, ma lui li ignora e fila dritto nella sua stanza, sbattendo rumorosamente la porta e gettandosi sul letto con la testa tra le mani.

Sente la rabbia ribollirgli nelle vene, se non si dà una calmata subito rischia di incendiare tutto ciò che si ritrova davanti anche solo con lo sguardo.

Prima che possa esplodere in uno scatto d'ira avventata, qualcuno bussa alla porta della sua camera. Prende un respiro profondo e si precipita ad aprire, quasi spaventato da chi potrebbe trovarsi davanti.

Quando nel suo raggio visivo compare Pedri un po' si rilassa, ma rientra all'interno della camera, sbuffando e camminando su e giù con un atteggiamento a dir poco furioso. Non credeva di poter accumulare tanta rabbia in corpo e in quel momento anche quelle mura così grandi gli sembrano asfissianti.

«Calmati» esordisce il canario, mettendo le mani avanti quasi come se il sivigliano potesse utilizzare lui per sfogarsi.

Non crede di averlo mai visto così nervoso da quando si conoscono. Riesce a percepire la sua rabbia anche a metri di distanza e un po' la comprende, ma deve necessariamente aiutarlo a ritornare in sé, prima che possa fare qualcosa di cui potrebbe pentirsi, perché lo conosce e sa che è talmente impulsivo da agire ancor prima che possa pensare. Un po' come ha fatto con Siria ed anche se alla fine ha ottenuto ciò che voleva, dal momento che sa essere molto determinato, ha rischiato più volte di rovinare tutto con la sua avventatezza.

Pablo lo guarda confuso, chiedendosi come faccia a sapere che qualcosa lo agita a tal punto. Di sicuro traspare nervosismo dal suo corpo, ma è come se lui già sapesse il motivo.

«Come?» gli chiede, fermandosi per un istante e aggrottando la fronte, mentre si morde un'unghia.  «Che ne sai perché sono arrabbiato?»

Pedri sospira ed estrae il telefono dalla tasca della felpa, scrivendo velocemente sullo schermo e girandolo verso di lui per mostrargli la pagina web, aperta su un articolo di un sito gossip che descrive l'incontro di Siria e Marco, avvenuto una mezz'oretta prima. La notizia è di pochi minuti fa e addirittura riporta una foto sgranata, scattata da un'angolazione del corridoio opposta a quella dove si trovava Pablo quando li ha visti. Non ha notato nessuno in quel momento, ma chiunque sia stato a catturare quell'immagine deve essere stato davvero bravo, perché anche i diretti interessati non sembrano essersi accorti di niente.

E adesso si ritrovano entrambi su tutte le pagine di gossip, di ogni social, di nuovo. Un incubo in cui sicuramente Siria non sarebbe voluta finire, ma il sivigliano non può fare a meno di esserne compiaciuto e pensare che è la punizione che si merita.

«Sono due idioti» afferma, emettendo una leggera risata nervosa. Non può pensare ai suoi occhi e a come Siria lo abbia preso in giro dopo la notte che hanno trascorso insieme. «Ed io più di loro per averle creduto.»

Lo irrita ancora di più pensare a tutte le accuse di immaturità che lei gli ha mosso, quando la sera precedente era tra le sue braccia a consumare la loro passione e il giorno dopo a fare chissà cosa con il suo ex che ha lasciato senza alcun motivo apparente. È accecato dalla rabbia, non può fare a meno di pensare e vedere tutto nero.

«Magari non è come credi» tenta di rassicurarlo Pedri, in totale buona fede. È convinto che ci sia qualcosa dietro quella storia, qualcosa che non riescono a vedere.

Nelle poche occasioni in cui ha avuto modo di conoscere Siria, gli è sembrata una persona in grado di calcolare anche i minimi dettagli, oltre che una che vuole gestire i propri sentimenti in modo chiaro e serio e non può immaginare che tenga il piede in due scarpe o che stia giocando con ciò che prova Pablo, perché con lui è stata diretta sin dall'inizio.

«Guarda quella foto, subito dopo sono entrati in camera. Tu cosa pensi sia successo?» lo contraddice Pablo, allargando le braccia con eccessiva drammaticità. Se dovesse continuare ad andare avanti e indietro per la stanza, potrebbe essere capace di scavare una fossa con i suoi stessi piedi e finire al piano di sotto.

Pedri sospira, già stanco delle paranoie e dei pensieri negativi che affollano la mente del suo compagno di squadra in quel momento. Capisce il suo stato d'animo, ma allo stesso tempo è convinto che stia esagerando, fosse in lui, prima di infuriarsi in quel modo, chiederebbe spiegazioni dettagliate.

«Pablo, forse hanno solo parlato» ribatte con aria scocciata, sminuendo la faccenda con una semplicità che aumenta solo l'irritazione del sivigliano.

«Perché in camera?» sbotta il più piccolo, non riuscendo a vedere la situazione diversamente da come la immagina il suo cervello.

Prima che il canario possa esporre il suo punto di vista, il telefono di Pablo comincia a squillare e lui osserva lo schermo con la fronte aggrottata e l'espressione confusa, a tratti schifata.

«Che succede?» gli chiede immediatamente Pedri, con aria interrogativa sul volto.

«Mi sta chiamando» risponde il sivigliano, continuando a fissare lo schermo, fermo e immobile, come se muoversi in quel momento potesse cambiare le sorti del suo destino.

«Rispondile!» lo esorta il canario. «Metti il vivavoce.»

Pablo non se lo fa ripetere di nuovo e subito fa scorrere il dito sullo schermo, premendo sul tasto dell'altoparlante, per permettere anche al suo migliore amico di ascoltare la conversazione e dargli un parere. Non la lascia nemmeno parlare, non vuole sentire ragioni, si sente solo di dover attaccare in quel momento.

«A che gioco stai giocando?» le chiede provocatorio, impedendole anche solo di salutare. «La notte nel mio letto e il giorno con il tuo ex?»

Non gli interessa la troppa durezza con cui sputa quelle parole e non può vedere l'espressione contrariata di Siria, che lo ha chiamato appena ha appreso della notizia, ancor prima di disperarsi per essere finita di nuovo sulla bocca di tutti. Dopo quella risposta, l'argentina si dà della stupida per aver pensato prima a lui che al suo benessere e si ripromette che quella sarà l'ultima volta, confermando tutto ciò che ha sempre pensato di lui.

«Stai dicendo sul serio?» gli chiede con un tono fastidiosamente calmo, un muro impenetrabile che non fa altro che aumentare il nervosismo del sivigliano.

«Si, Siria, sono serio» afferma, infatti, non nascondendo nemmeno un briciolo della sua rabbia. Gli dà estremamente fastidio il modo in cui lei tenda a sminuire la faccenda, come se fosse una cosa normale e lui non dovesse irritarsi.

L'argentina sospira e sbuffa rumorosamente, per far trasparire quanto sia seccata da quelle parole. Non è arrabbiata, piuttosto la scoccia non essere rimasta ferma sulla sua posizione dal primo momento e aver ceduto al corteggiamento di Pablo.

«Avrei dovuto seguire il mio istinto e non cedere, la colpa è mia, non tua» afferma, dando voce ai suoi pensieri con un tono piatto e scocciato.

«Ma di che stai parlando?» le chiede lui, corrugando la fronte con un'espressione confusa.

Rivolge uno sguardo in cerca di aiuto a Pedri, che in realtà ha già capito dove lei voglia arrivare a colpirlo, ma scrolla le spalle per evitare di infierire, perché sa che Siria sa essere estremamente velenosa quando si sente attaccata, lo ha sperimentato sulla sua pelle.

L'argentina sospira così forte da farsi sentire attraverso il telefono. Al contrario di Pablo, non è arrabbiata per le accuse infondate che lui le sta muovendo, né per il fatto che lui non si fidi e le dia la colpa a prescindere senza provare a capire, ma ce l'ha più con sé stessa per aver pensato che le cose tra loro potessero realmente funzionare. Non è colpa sua se i suoi diciassette anni lo fanno ragionare in un determinato modo, è consapevole che a ventiquattro alcune situazioni possano apparire diverse e cambia anche il modo di affrontarle. Non può avere colpe dell'esperienza che gli manca a causa della sua giovane età e lei non può pretendere di trovarla. Avrebbe dovuto immaginarlo sin dall'inizio, ancor prima di cadere tra le sue braccia.

«Sei un bambino Pablo e forse è giusto così» afferma con una punta di delusione nella voce. «Credi che io mi comporterei come una ragazzina della tua età e non ti viene in mente che avessimo solo bisogno di parlare, perché abbiamo condiviso sei anni della nostra vita.»

Non pensa di dovergli alcuna spiegazione, ma comunque accenna alla questione, gettandogli quelle poche parole che installano i dubbi nella sua mente. Non pretende che lui capisca, ma quanto meno prova a farlo ragionare su quanto siano stati avventati i suoi ragionamenti.

«E di cosa avevate bisogno di parlare nella tua camera?» continua ad infierire Pablo, accecato dalla sua stessa rabbia, che gli impedisce di vedere come stanno realmente le cose.

Siria a quel punto innalza il suo solito muro, indossando la maschera che le impedisce di far fuoriuscire qualsiasi emozione che possa renderla minimamente vulnerabile. Si sente improvvisamente una stupida per essersi lasciata andare così in fretta e così facilmente con una persona che probabilmente non lo meritava.

«Non sono cose che ti riguardano» risponde con un tono durissimo, glaciale. «Ti sei divertito a portarmi a letto? Obiettivo raggiunto, ora dimentica tutto.»

Non aspetta neanche che lui le risponda, aggancia la chiamata e chiude lì quella conversazione. Aumentando la frustrazione di Pablo, che scaglia il cellulare sul letto ed emette un urlo di frustrazione. Pedri lo guarda con fare apprensivo e preoccupato, la sua mente vola alla partita che dovranno affrontare quella sera e se quelle sono le premesse, teme proprio che succederà qualcosa che non dovrebbe succedere.

Quando le due squadre scendono in campo, Siria non riesce a stare ferma sugli spalti. Muove nervosamente le gambe su e giù, allontanandosi il più possibile dalla transenna che le separa dagli altri settori, per evitare di essere inquadrata dalle telecamere. Si è chiusa in camera per tutto il pomeriggio, evitando persino suo fratello che le chiedeva insistentemente spiegazioni e rispondendo solo ai messaggi rassicuranti di Marco, che ha preso la decisione di smentire la notizia sui suoi social il giorno successivo.

La chiamata con Pablo l'ha snervata a tal punto da impedirle anche di mettere qualcosa sotto i denti e il suo organismo comincia a risentirne proprio in quel momento. Quando Carlotta l'ha avvertita della notizia, il suo primo pensiero non è stato nemmeno preservare sé stessa, ma chiamare il sivigliano per rassicurarlo. Trovarsi di fronte alla sua ottusità e alla sua rabbia eccessiva, le ha fatto passare la voglia di fare qualsiasi cosa, persino assistere ad una delle partite più importanti della stagione.

L'unica cosa che la riporta con l'attenzione allo stadio è vedere che sia Marco che Pablo partono titolari nelle rispettive squadre e questo la preoccupa più del dovuto, non per quanto riguarda il maiorchino, ma più per l'attitudine irascibile del giovane giocatore del Barcellona. Comincia a pregare in quel momento che non succeda nulla di strano in una partita già eccessivamente tesa. È così agitata da non riuscire nemmeno a rimanerci male quando realizza a dieci minuti dall'inizio che suo fratello non è in campo.

Come tutte le edizioni del Clásico, non è possibile capire se ci sia più nervosismo tra i tifosi o tra i giocatori in campo, ma Siria riesce già a percepire il gioco eccessivamente sporco di Pablo di quella sera. E Marco non sembra essere da meno, sbaglia numerosi passaggi ed è protagonista di qualche contrasto di troppo. Ogni volta che i due si avvicinano, Siria trema, consapevole che orami entrambi giocano a carte scoperte e all'oscuro della possibile reazione che potrebbero provocarsi a vicenda.

Carlotta nota tutta quell'apprensione e vorrebbe darle conforto, ma non saprebbe proprio cosa dire senza peggiorare la situazione, consapevole che basterebbe un nulla per farla esplodere.

Il primo tempo termina con un pareggio e qualche cartellino e mentre i giocatori sono negli spogliatoi, l'argentina comincia a camminare su e giù dentro al salottino per scaricare la tensione. Il tempo sembra non passare mai e quando vede rientrare le due squadre in campo si precipita di nuovo fuori con una brutta sensazione in corpo.

Il cuore le martella nel petto e sente lo stomaco contorcersi su sé stesso mentre il gioco avanza. E a pochi minuti dalla ripresa avviene un brutto contrasto, che vede protagonisti proprio Asensio e Gavi, il primo atterrato dal secondo con un'entrata alquanto pericolosa.

L'arbitro si avvicina per accertarsi delle condizioni del giocatore maiorchino, ma ancor prima che possa arrivare, Marco con un impeto nervoso si rimette in piedi e si prepara ad affrontare il sivigliano a muso duro, consapevole che quel contrasto non è così innocente e casuale come sembra.

«Nervoso oggi?» lo provoca Marco, avvicinandosi a lui con aria strafottente.

Pedri, entrato da pochi minuti, si precipita subito verso di lui, tentando di tirarlo fuori da quella situazione prima che possa fare qualcosa di sciocco, mentre i compagni di squadra di Marco cercano di placare gli animi tra i due.

«Forse sei tu quello nervoso» risponde Pablo con un tono spavaldo, avvicinandosi a lui con la chiara intenzione di discutere e nonostante il giocatore dei blancos lo superi di gran lunga con la sua stazza, sembra non avere paura ad affrontarlo, accecato anche dal nervosismo accumulato nel pomeriggio.

Il canario lo tira indietro, capendo già che lui non ha alcuna intenzione di evitare lo scontro, ma Pablo si libera bruscamente, avvicinandosi al maiorchino a muso duro.

«Perché dovrei?» ribatte Marco, ridendogli nervosamente in faccia, con la palla sotto al braccio, che il sivigliano gli fa immediatamente scivolare via.

«Perché la tua ex preferisce scoparsi me piuttosto che te» gli sussurra Pablo a denti stretti, fronte contro fronte, facendo scattare la molla nel giocatore del Real Madrid, che gli rifila uno spintone che lo fa cadere all'indietro.

Siria osserva la scena dagli spalti, protendo solo immaginare cosa si stiano dicendo e ringraziando che suo fratello sia ancora in panchina ad osservare la scena come tutti gli spettatori. Prima che i due possano dare via ad una rissa, l'arbitro assegna ad entrambi un cartellino giallo, mentre i giocatori delle due squadre li allontanano.

Gli animi sono così nervosi che ci vuole qualche minuto per riprendere il gioco e Siria rischia quasi di avere un infarto dalle tribune, preferendo rientrare per qualche minuto per darsi una sistemata e sciacquarsi il volto nei bagni, mentre il suo cuore ritrova un battito costante. Quella situazione è appena cominciata e già sente di non poterla sostenere, non da parte sua, ma a causa della mina vagante di cui si sta innamorando.

Rientra verso l'ottantesimo minuto, con Carlotta che subito si preoccupa delle sue condizioni. La rassicura fingendo di stare bene e si tranquillizza quando vede che Marco e Pablo sono stati entrambi sostituiti e suo fratello sta entrando in quel momento. Probabilmente alla fine della partita vorrà sapere dal suo migliore amico cosa è successo e lei spera che il maiorchino sappia mantenere il segreto oppure Rodrigo potrebbe precipitarsi negli spogliatoi avversari a strozzare il sivigliano.

Il risultato è fermo sul due a due e la partita sembra essere destinata a terminare ai supplementari, ma proprio allo scadere del tempo la rete decisiva viene segnata dal giovane Rivero, che festeggia esultando verso gli spalti e dedicando il gol a sua sorella. In quel momento Siria riesce a non pensare alla tragedia appena sfiorata e salta come una scheggia impazzita, fiera di suo fratello.

Il Barcellona viene beffato all'ultimo dal Real Madrid, che gli nega l'accesso alla finale e trascina i tifosi accorsi a Riyad nella festa che vale quasi più della vittoria del trofeo stesso.

Mentre lo stadio inizia a svuotarsi, Siria si lascia cadere sul seggiolino e butta fuori l'aria dai polmoni, scaricando la tensione. Il suo primo pensiero è parlare con Marco per assicurarsi che non dica nulla a Rodrigo, sperando che non lo abbia già fatto. Per questo si scusa con Carlotta e le chiede di rivedersi fuori, mentre lei si dirige verso l'area riservata ai giocatori, prima degli spogliatoi. Un addetto alla sicurezza la riconosce e non le dice niente, mentre lei attende passeggiando nell'area che precede l'ingresso allo spazio in cui si trovano le due squadre, da dove si sentono le grida del Real che festeggia la vittoria.

Siria si muove avanti e indietro impazientemente, mentre attende di poter parlare con Marco, ma improvvisamente viene trascinata all'interno di un corridoio e subito dopo in uno stanzino. Le braccia che la avvolgono e la mano che le tappa la bocca, impendendole di urlare, non fa fatica a riconoscerle, ma ha la conferma che si tratta di Pablo, ancora sudato e senza maglietta, appena si volta a guardarlo.

Ha i capelli scompigliati e un'aria distrutta, per non parlare dell'odore che emana dopo il match. Appena lo vede Siria ha l'istinto di colpirlo, ma si costringe a serrare i pugni per non fare nulla di avventato.

«Ti dovrei veramente cominciare a denunciare!» esordisce, strozzando le sue stesse urla e tirandogli un debole pugno sul petto. Non è solita mostrarsi così nervosa, ma in quel momento ha talmente tanta adrenalina ed emozioni contrastanti in corpo che a stento riesce a mantenere la calma. «Non ti avevo detto di dimenticare tutto?»

Pablo capisce tutta quella rabbia, si pente improvvisamente del suo atteggiamento. La sconfitta e le parole di quel pomeriggio lo hanno portato a riflettere e a pensare che forse tra Siria e Marco davvero non è successo nulla. Forse è troppo tardi, ma vuole provare comunque a scusarsi con lei a rimediare al suo atteggiamento, anche se è consapevole che difficilmente gli perdonerà quello che è successo in campo, specie se dovesse venire a scoprire le sue parole.

«Io non dimentico niente, non mi basta portarti a letto» afferma, avvicinandosi con passo sicuro e afferrandola per i fianchi.

Siria vorrebbe ribellarsi e liberarsi da quella presa, ma è bloccata tra il suo corpo, che la sovrasta di qualche centimetro e la porta, oltre la quale sente la voce familiare di suo fratello, che sta passando di lì in quel momento e se dovesse scoprirli potrebbe non rispondere delle sue azioni. Si irrigidisce all'istante e aspetta di non sentirlo più per ribattere alla frase di Pablo, che la osserva con un insolito fuoco nello sguardo.

«Ti rendi conto di quello che hai fatto in campo» lo rimprovera, con un tono duro e minaccioso.

Pablo sorride spavaldo, facendo aumentare l'irritazione sul volto di Siria. È consapevole di aver sbagliato, ma non per questo abbasserà la testa, dandogliela vinta, anche se ne avrebbe tutto il diritto.

«Chi ti dice che sia colpa tua?» la provoca, avvicinandosi di qualche altro centimetro al suo viso.

Siria sospira e lo allontana bruscamente, posandogli le mani sul petto. Si sgranchisce la schiena e alza lo sguardo al cielo, passeggiando in quello spazio angusto, mentre lui la osserva con una gamba e la schiena poggiate alla porta e le braccia incrociate al petto.

«Pablo, vedi che non siamo compatibili? Non abbiamo le stesse esigenze» esordisce lei, dopo qualche minuto di silenzio, smuovendosi i capelli con una mano e sbuffando sonoramente, con un'aria stanca e frustrata.

Pablo rotea lo sguardo e con uno scatto felino, si dà lo slancio per raggiungerla nuovamente e afferrarla di nuovo per i fianchi, costringendola a guardarlo dritto negli occhi.

«Esigo che tu ascolti quello che ho da dirti, per favore» afferma con convinzione e un tono implorante. Vuole davvero dimostrargli quanto è dispiaciuto per tutto ciò che ha fatto, non ha alcuna intenzione di rovinare quello che hanno costruito con fatica. «Non lo dico mai a nessuno, ma volevo chiederti scusa

Siria rimane per un attimo senza parole. Sa perfettamente che lui non è un tipo da scuse e rimane sorpresa dalla semplicità con cui lui ammette di aver sbagliato, leggendo nei suoi occhi del serio pentimento. Eppure qualcosa dentro di sé le urla di non cascarci di nuovo, di non credere a quello sguardo tenero e innocente. 

Di fronte al suo silenzio e ai suoi occhi che mostrano il conflitto che sta provando in quel momento, Pablo capisce di dover essere più convincente e farle capire quanto realmente ci tenga ad essere migliore per lei.

«L'ho capito che per te non è facile aprire il tuo cuore, ma io non voglio giocare con te, non mi sforzerei così tanto per una stupidaggine» le sussurra, prendendole il viso tra le mani.

In quelle parole c'è una maturità sorprendente, che Siria non aveva mai visto prima in lui. Sembra realmente determinato a farla stare bene e ad adattarsi alle sue esigenze, ma la sua diffidenza le impone di non credere totalmente a quello che le dice, perché la bocca della gente è in grado di partorire le bugie più dolci, lo ha sperimentato sulla sua pelle.

«Se vuoi che tra noi possa funzionare, devi fidarti e lasciarmi libera» afferma, sospirando per la facilità con cui cede a quello sguardo. Non vorrebbe, ma non può farne a meno. Quando lui è così vicino risveglia in lei delle strane sensazioni, un'irrazionalità di cui non è mai stata vittima. «Odio chi vuole il controllo.»

Pablo sorride di fronte a quelle parole. Lo immaginava che non fosse un tipo da costrizioni, ma vedere un'apertura da parte sua gli fa sperare che non sia già tutto finito sul nascere e gli fa tirare un sospiro di sollievo.

«Ci lavorerò, te lo prometto» afferma con un'improvvisa esaltazione, allargando le sue labbra in un sorriso soddisfatto. «Possiamo lavorarci insieme, magari stanotte» aggiunge con un'aria ammiccante, che fa alzare gli occhi al cielo a Siria.

Averlo perdonato così in fretta non è una cosa da lei, ma preferisce dargli un'ultima possibilità prima di poter passare l'intera sessione d'esami ad innervosirsi per le stupidaggini che lui combina quando ha la vista annebbiata dalla rabbia. Ora che ha messo in chiaro le cose e gli ha detto chiaramente cosa vuole da una relazione, non ha più scuse per commettere errori.

«Credo che tu debba prendere un aereo, mi sembra che la tua squadra non abbia ottenuto l'accesso alla finale» lo schernisce, colpendolo nel nervo scoperto della ferita freschissima che si è appena guadagnato perdendo la semifinale.

Pablo, nonostante sia estremamente deluso, non si lascia abbattere e sfrutta la situazione a suo vantaggio, emettendo un verso addolorato e arricciando le labbra in un'espressione per impietosirla.

«E per questo sono molto triste» afferma, fingendosi estremamente ferito. «Ho bisogno di qualcuno che mi consoli e ho saputo che c'è una ragazza che, a causa degli esami, deve tornare a Madrid prima della finale.»

Ha seguito attentamente i suoi profili social, in cui Siria stessa comunicava in risposta ad una domanda che non avrebbe assistito alla finale in caso di vittoria dei Balncos, proprio per i suoi impegni universitari. E quella situazione potrebbe pendere totalmente a loro favore con Rodrigo a chilometri di distanza.

«Si?» si finge sorpresa l'argentina, reggendo il suo gioco. «Mi sembra di ricordare che però tu debba tornare a Barcellona.»

Rigirare il dito nella piaga è una delle sue specialità e Pablo sembra eccessivamente facile da colpire, ma lui non si lascia abbattere e sorride divertito per quella provocazione, cogliendo la palla al balzo.

«Madrid e Barcellona non distano così tanto» le fa notare, con un'espressione sicura di sé e un tono che sottolinea l'ovvietà della sua affermazione.

«Lo pensa anche Pedri?» lo prende ancora in giro Siria, alludendo al giorno in cui il canario l'ha accompagnato fino a casa sua, dal momento che il sivigliano non può ancora prendere la patente.

Pablo emette una leggera risata divertita, consapevole che quella volta non può proprio ribattere niente e che probabilmente il suo migliore amico lo ucciderà davvero quando lui gli chiederà di accompagnarlo nuovamente nella capitale spagnola, ma sono problemi di cui si occuperà in seguito. In quel momento pensa solo a sfiorare i fianchi e il collo di Siria con le sue mani, lasciandole una scia di brividi sulla pelle scoperta.

«Tu non preoccuparti» risponde. «Stai attenta al citofono» aggiunge rivolgendole un occhiolino.

Siria scuote la testa e alza gli occhi al cielo, accogliendo le sue labbra e ricambiando quel bacio lento e ricercato. Le loro bocche si muovono a ritmo dei loro cuori, trovandosi dopo una giornata piena di tensione, desiderose più che mai di unirsi come è successo circa ventiquattro ore prima.

Non sa quanto le costerà lasciarsi andare senza pensare alle conseguenze, ma in quel momento le sensazioni che quel bacio le provoca, le fanno dimenticare il senso logico che ricerca dietro ogni cosa.

Quando si separano, si guardano intensamente negli occhi, posando la fronte uno contro l'altra. C'è una sensazione di pace che li circonda, come se la guerra che ha preceduto quelle ore non fosse affar loro.

«Dobbiamo stabilire delle regole» esordisce Siria, facendosi improvvisamente seria. È consapevole che la facilità con cui quella situazione possa sfuggirle di mano è troppo alta e se non vuole far scoppiare uno scandalo prima del previsto deve muoversi a stabilire dei paletti.

«Sembra eccitante» afferma lui, provocandola.

«Pablo» lo richiama lei con un tono fermo, fulminandolo con lo sguardo.

Il sivigliano però non vuole affrontare il discorso in quel momento e preferisce sgusciare via da quella situazione, tirando giù la maniglia della porta. Si volta a guardarla un'ultima volta però prima di lasciarla lì e le rivolge un sorriso spavaldo.

«Ci vediamo nel tuo letto, non vedo l'ora di vedere com'è la casa di Rodrigo.»

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