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Rhys

Quei due, così come sono, sono
reciprocamente necessari. E pensò: ecco,
questo modo d'essere è l'amore
– Italo Calvino








«Non guarderò un altro film triste», mi impunto.

«Bambi non è triste!»

«I cacciatori uccidono la sua mamma!»

Rossella solleva gli occhi al cielo. «Ma c'è il lieto fine.»

«Certo, dopo che la foresta è andata a fuoco.»

«Non potevo permettere che la tua esistenza proseguisse senza aver mai visto Bambi

«Gentile da parte tua. Ora ho un trauma.»

Rossella mi colpisce il braccio, ridendo. «Non ho ancora compiuto la mia missione. Hai molti film da recuperare.»

Mi fermo in mezzo al marciapiede. «Non guarderò Titanic, mettiti il cuore in pace.»

La sua espressione corrucciata rischia di farmi vacillare, ma cerco di non lasciarmi scalfire dalle sue smorfie. «Dai!»

«Jack muore. Che senso ha vedere un film di cui conosco già il finale?»

«È cultura generale», insiste, allargando le braccia dinanzi a sé.

Arriviamo davanti al portone di casa, ma lei si frappone tra me e la serratura. Mi pento di averle elencato tutti i film che non ho mai visto.

«Rossella», la richiamo, cercando di spostarla con delicatezza, ma lei è irremovibile. Mi ha sempre accusato di essere infantile, forse perché non ha mai avuto a che fare con se stessa: sa essere cocciuta quanto una bambina. «Che ne dici di entrare?»

Scuote il capo. «Non finché non avrai accettato di guardare Titanic insieme a me.»

Sbuffo. «Quanto dura?»

Sorride con innocenza. «Tre ore.»

«Santo cielo...» do un'occhiata all'ora sul display del mio telefono. «Non credo di avere voglia di andare a dormire alle due del mattino.»

Il suo viso si illumina, ma mantiene un cipiglio guardingo. «Non dobbiamo per forza guardarlo stasera», mormora, con un tono bambinesco.

Incrocio le braccia sul petto. «Quando hai intenzione di sottopormi al supplizio?»

Rossella batte le mani, con un gridolino estatico. «Che ne dici di domenica pomeriggio?»

Sollevo gli occhi al cielo, trattenendo a stento la gioia che mi pervade all'idea di averla resa felice.

Che sarà mai una tragedia di tre ore, in confronto al suo sorriso?

A volte penso che ci siamo incontrati proprio per questo motivo: per camminare l'uno nel cuore dell'altra e illuminare ciò che per troppo aveva abitato nell'oscurità. Per tornare ad essere noi stessi.

«Va bene. Aggiungiamo anche questo film alla mia collezione di traumi.»

«Sei così scemo

«Pedante bambina viziata», la rimbrotto, tirandole una ciocca di capelli.

Infilo la chiave nella serratura ed apro il portone, facendomi da parte affinché lei mi preceda nell'androne.

«Mi dici qualcosa in italiano?» mi domanda mentre accende la luce sulle scale.

«Ti ho già detto che non ho imparato molte cose. Solo le espressioni basilari e qualche termine utile.»

«Però hai sempre saputo quando ti stavo insultando. Hai solo finto di non capire.»

«Apprendere le parole scurrili è fondamentale, quando ci si propone di studiare una lingua.»

«Scemo», ripete e mi fa la linguaccia, al che io le tiro un'altra ciocca di capelli. «Dimmi qualcosa che ricordi.»

Rifletto per qualche istante e, quando arriviamo al pianerottolo, afferro la sua mano. La guido contro la parete, alla quale si appoggia, e con le dita le sollevo il mento per guardarla negli occhi.

«Ho voglia di baciarti

Scuote la testa, sorridendo. «Lo pronunci male.»

Corrugo la fronte, fingendomi offeso. «Dov'è che ho sbagliato, maestrina?»

«Hai detto basciarti. Si dice baciarti

La luce si spegne. L'unica cosa che fende l'oscurità è il fascio arancione proiettato dal lampione, in strada, attraverso il vetro satinato.

«Ripetilo. Non ho capito bene.»

«Ho voglia di baciarti.»

Serro le sue labbra con le mie, torturandole con una delicatezza estenuante che fa perdere il fiato ad entrambi. Le mie mani risalgono il suo corpo e raggiungono il viso. Dev'essere arrossita, perché le sue guance sono calde come tizzoni.

Il suo profumo fruttato mi accarezza le narici. Le sue dita si incastrano tra i miei capelli. Un brivido di piacere mi attraversa il corpo, spingendomi ad approfondire il bacio.

«Rhys», mormora contro le mie labbra, ancora senza fiato. «Avresti dovuto ripetere la frase.»

«Mi hai detto che avevi voglia di baciarmi. Era mio dovere accontentarti.»

Sorride e mi lascia un altro bacio sulle labbra. «Cretino

«Sono d'accordo.»

Con i polpastrelli, percorro la sua mandibola, fino a che le mie mani si incontrano. La avvicino di nuovo a me, per baciarla ancora.

Non riesco a stancarmi. Trascorrerei le mie giornate così, contro le sue labbra, a respirare il suo profumo e ad ascoltare i suoi sospiri. La sua pelle pare incendiarsi ogni volta che la sfioro.

Sono passati pochi giorni dal nostro primo bacio. Da quando le ho confessato i miei sentimenti, abbiamo vissuto un idillio e vorrei con tutto me stesso che durasse per sempre.

La guardo e vedo nei suoi occhi la felicità. Condividere con lei la quotidianità e sapere che tra noi sta nascendo qualcosa di profondo mi riempie il cuore di una gioia sconfinata. Riesce a farmi sorridere senza che io nemmeno me ne accorga.

«Forse è meglio entrare in casa», propone, prima di baciarmi la punta del naso.

Annuisco e la prendo per mano. Non faccio in tempo a girare la chiave nella toppa che uno stridio violento alle nostre spalle ci costringe a voltarci.

«Eccovi!» esclama Shirley, immobile sulla soglia dell'appartamento di Jason. Intravedo lui seduto sul divano, con il pigiama già addosso, e una tazza fumante tra le mani.

«Che cosa sta succedendo?» domando, perplesso e preoccupato al tempo stesso: sono grato ad entrambi per l'aiuto che mi hanno offerto e senza il quale, forse, io e Rossella non avremmo fatto alcun passo avanti, ma devo ammettere che mi incutono una certa dose di terrore.

Si sono dimostrati entusiasti alla notizia che stiamo insieme, e Jason era sollevato all'idea di non dover più ascoltare le mie paranoie. Ora, però, non so che cosa aspettarmi.

Shirley mi indica. «Dobbiamo farti vedere una cosa.»

Guardo Rossella, che però sta sorridendo e non sembra affatto offesa per essere stata esclusa.

«Fingerò che non stiate tramando qualcosa per il mio compleanno», asserisce, aprendo la porta di casa. «Vado a dormire. Buonanotte.»

«Aspetta!» le afferro il polso. Lei si blocca e mi fissa. Abbozzo un sorriso. «Buonanotte.»

Sentendomi osservato con insistenza da Jason e Shirley, le do un bacio leggero sulla fronte. Lei scuote il capo e chiude la porta alle sue spalle, lasciandomi in corridoio.

Entro nell'appartamento di Jason e lui mi fulmina con un'occhiata torva.

«Che c'è?» domando.

«Quello sarebbe un bacio della buonanotte?» chiede senza troppi giri di parole.

Sbuffo, già spazientito. «Ci stavate guardando.»

Jason mi fissa con la stessa espressione che riserverebbe ad una mosca che, pur avendo la finestra aperta per uscire, continua a sbattere contro il vetro.

«Credi forse che abbiamo due anni? Guarda che lo sappiamo che vi stavate divertendo sul pianerottolo.»

Non posso fare a meno di avvampare. «Avete origliato!?» mi giro verso mia cugina. «Shirley!»

Lei scrolla le spalle. «Abbiamo sentito i vostri passi sulle scale.»

«Per la cronaca: ci stavamo solo baciando», specifico, prima che la mente a luci rosse di Jason si diriga proprio nella direzione più imbarazzante del discorso.

Lui posa il tazzone sul tavolo, si china in avanti, appoggia i gomiti sulle ginocchia e intreccia le mani sotto al mento.

Sta per attaccare.

«Volevate fare cose zozze?»

«Jason!» grido.

Shirley, ancora in piedi accanto all'ingresso, soffoca la sua ilarità nel colletto del maglione.

Jason alza le mani. «È una domanda legittima! Spero che almeno avreste aspettato di essere in casa.»

«Va bene, va bene», interviene Shirley, la cui espressione è ancora deformata da una risata. «Ora dobbiamo parlare di cose serie: Jason, finisci la tua camomilla; Rhys, apri bene le orecchie.»

Ho paura.

«Oggi ho avuto un'idea geniale!» esclama con entusiasmo.

Ora ho davvero paura.

Il mio sguardo vaga tra lei e Jason, il quale continua a sorseggiare la camomilla con indifferenza. «Tu sai di che cosa si tratta?» gli chiedo.

«Ovvio. Fidati, è davvero un'idea fantastica.»

Lo squadro, per poi tornare a rivolgere tutta la mia attenzione su Shirley. Mi accomodo su una delle sedie attorno al tavolo. «D'accordo. Ti ascolto.»

Lei sorride e prende la sua borsa, abbandonata in un angolo. Rovista all'interno della tasca più grande, con un'espressione assorta. Quando finalmente incontra quello che stava cercando, lo estrae per mostrarmelo: sono dei fogli di carta, simili a dei coupon, alcuni ripiegati più volte.

«Cosa sono?»

Me li porge. «Guarda tu stesso.»

Li rigiro tra le mani e metto a fuoco le scritte. «Vacanza? Parigi?»

«È il regalo per Rosela», taglia corto Jason. «Una settimana per due persone in un hotel a Parigi. Il volo è compreso, sia l'andata che il ritorno.»

«È una follia», riesco a dire dopo un lungo silenzio, mentre continuo a fissare i biglietti con estrema confusione. «Non capisco. Credevo che saremmo andati da Harrods, domani.»

Jason alza gli occhi al cielo. La sua espressione trasuda tutta l'irritazione che prova di fronte alle mie repliche. «Tu e Rosela andrete insieme a Parigi. È mille volte meglio di un regalo preso da Harrods

«Ma...» non riesco a concludere la mia frase, tanta è la mia perplessità.

«Io e Jason abbiamo partecipato ad un'asta di beneficenza, organizzata dalla casa editrice dell'autore per cui scrive. Tra i premi in palio c'era una settimana a Parigi», Shirley sorride e congiunge le mani, con aria sognante. «Ho pensato: perché no? Perché non provare a vincere quel premio?»

Non appena la mia mente processa il significato della parola beneficenza, strabuzzo gli occhi. «Quanto vi è costato?»

«In realtà, non abbiamo speso tanto», mi rassicura Shirley.

«Quanto vi devo?»

«Bravo», Jason si alza in piedi. «Parliamo di soldi.»

Lo fulmino con un'occhiata in tralice. «Il tuo materialismo è oltremodo romantico.»

Jason mi affianca ed esegue qualche rapido calcolo, per poi allungare la mano davanti al mio viso in attesa che io gli restituisca il denaro.

«Tieni, Zio Paperone», borbotto, dopo aver depositato sul suo palmo le banconote trovate nel portafoglio. «Certo che non perdi tempo.»

Lui sorride di rimando, con una finta innocenza snervante.

«Adesso la finite di comportarvi come una coppia di anziani brontoloni?» ci rimbrotta Shirley che, per quanto abbia le braccia incrociate e una smorfia di rimprovero sul viso, fatica a nascondere il suo divertimento: Jason sta annusando ad una ad una le banconote prima di riporle con cura nel suo portafoglio.

«Mentre Scrooge continua a corteggiare i suoi soldi, posso farti una domanda?» Shirley annuisce. «Le daremo questi biglietti il giorno del suo compleanno, da parte di tutti noi; giusto?»

«Esatto.»

«Perché date per scontato che sarò io ad andare con lei?»

Il rumore di uno schiaffo mi costringe a voltarmi: Jason è ricurvo e ha il viso coperto dal palmo della mano destra, con la quale dev'essersi colpito. Scuote il capo e mormora parole incomprensibili.

«Ma io dov'ero, quando distribuivano gli amici intelligenti?» esala infine, con tono rassegnato. Si strofina le tempie con un'evidente esasperazione. «È ovvio che lei vorrà andare a Parigi con te: state insieme!»

Sentire queste ultime parole mi provoca un piacevole rimescolio: io e Rossella, insieme. Dopo mesi di negazione, accettazione e sogni, le mie speranze hanno trovato il tanto agognato, lieto compimento.

«Non pensate che lo troverà strano? Insomma... ci conosciamo da molto, è vero, ma stiamo insieme da pochi giorni.»

Prima che Jason possa prendere la parola, Shirley afferra lo schienale di una sedia e la trascina vicino a me per fronteggiarmi.

«È una vacanza, non una proposta di matrimonio. E, ad ogni modo», posa la sua mano sulla mia ed esercita una pressione rassicurante, capace di trasmettermi tutto il calore che ha nel cuore, «il viaggio sarà tra quasi due mesi, ad aprile.»

Preme i suoi polpastrelli contro le mie dita, impedendomi di torturarle.

«Forse preferirà andare con te, o con Jason.»

«Per carità!» esclama quest'ultimo, gettando le braccia in alto come un attore nel bel mezzo di una scena drammatica. «Dopo che quell'idiota di Gérard è uscito dalla mia vita, a Parigi non ci metto piede. Non voglio più vedere un solo francese.»

Shirley picchietta sul dorso della mia mano per richiamare la mia attenzione. «Metti a tacere le tue insicurezze, per una volta. Rosela sceglierà te. Ha già scelto te.»

Le sue parole non sono casuali. Ci guardiamo negli occhi, senza fiatare: entrambi sappiamo.

«Posso darti l'indirizzo della boulangerie dove lavora Gérard?» si intromette Jason, soffermandosi sul termine francese e imitando con ironia l'accento parigino.

«Perché dovresti?»

Lui scrolla le spalle. «Potreste criticare i croissants di cui va tanto fiero. Oppure intasare uno dei gabinetti. A voi la scelta.»

«Penso che Rhys e Rossella avranno di meglio da fare», interviene Shirley. Non riesco a capire se sia sconvolta o indifferente per abitudine.

Jason, dal canto suo, non resta deluso a lungo: si gira nella mia direzione e ammicca. «Puoi leggere uno dei miei racconti, se hai bisogno di ispirazione.»

Boccheggio. «Jason!»

«Oh, piantala di arrossire come uno scolaretto! State insieme e siete adulti: prima o poi cederete alla forza incontrastabile dell'eros.»

«Dobbiamo parlarne davanti a Shirley?» borbotto, nascondendomi dietro le mie stesse mani per l'imbarazzo.

«Guarda che mi ha già raccontato la storia dell'apetta e del fiore», gli dà corda lei.

«Non ti ci mettere anche tu.»

Shirley scuote il capo e afferra di nuovo la mia mano. «Jason ha ragione: state insieme ed è naturale che un giorno la vostra relazione si evolverà. È uno degli aspetti dell'amore.»

Abbasso il capo, schiacciato tra la verità degli altri e la mia: come può una donna come Rossella amare me, che non sono un vero uomo?

Non sono mai stato abbastanza in nessun aspetto della vita. Ho sempre creduto di dare il meglio, per poi scoprire che il mio tutto ed oltre il limite era a malapena sufficiente.

Rossella non è come Lauren. Ma io rimango lo stesso individuo patetico.

«Accadrà e sarà bellissimo», mi ridesta Jason, con un tono serio. «Fidati.»

«Magari tra un po' di tempo», continua Shirley. «Voi saprete quando sarà il momento giusto.»

«Ma, nel dubbio, abbi sempre con te un preservativo.»

Fisso Jason di sbieco, ma lui solleva le mani, sulla difensiva.

«Sono ancora troppo giovane per diventare zio!»

• • • • •

Rossella avvicina il volto alla torta, trattenendo i capelli all'indietro. Inspira e soffia sulle fiammelle che danzano sopra i numeri due e cinque.

«Sei vicina ai trenta», commenta Jason, dopo i nostri auguri. «Goditi questi ultimi anni di gioventù.»

Lei replica con una smorfia diabolica. «Spero di invecchiare meglio di te.»

Jason lancia un tovagliolo nella sua direzione, ma lei lo schiva.

Sul volto di Shirley, ormai, si alternano l'ilarità e l'esaurimento nervoso.

Mi avvicino a Rossella, mentre taglia la torta, e le cingo la vita, lasciandole un bacio delicato sul lobo dell'orecchio.

«Auguri», mormoro.

Preme la sua schiena contro il mio petto e sorride. «Devo rivelarti il mio desiderio.»

«Dicono che così non si realizzerà.»

«Ma io ho chiesto...»

La interrompo, posando l'indice sulle sue labbra, per poi baciarla. Ogni volta, sembra implorarmi di non lasciarla andare e mette a tacere tutte le mie insicurezze.

«L'ho appena realizzato?» chiedo, accarezzando il suo collo per sentirla tremare contro la mia pelle.

Non mi capacito dell'effetto che ho su di lei. È stata capace di soggiogarmi, ma non credevo che per lei potesse essere lo stesso. Lo intuisco dagli sguardi che mi lancia, dai brividi che le percorrono la pelle quando la sfioro e dal modo in cui cerca un contatto fisico o visivo.

Lei scuote il capo e ride. «A dire il vero, ho chiesto che guardassi Il Cucciolo con me.»

«Non guarderò un film dove sparano ad un cerbiatto. Mi è bastato Bambi

«È un tassello fondamentale per la tua cultura generale.»

«Vuoi deprimermi a tutti i costi?»

Un colpo di tosse di Jason interrompe il nostro battibecco. «Siete molto carini e io sono felice per voi, ma lo sarei ancora di più se potessi gustare la torta che ho preparato con tanto amore. Mentre voi mi riempite di complimenti, magari.»

Shirley gli assesta una gomitata, fallendo nel suo intento di mantenersi impassibile. «Sei il solito egocentrico.»

«Jason ha ragione: mangiamo, perché non vedo l'ora di scoprire cosa mi avete regalato.»

Rossella pulisce il piatto nel giro di pochi minuti, lanciandoci occhiate impazienti. Per indispettirla, mangio con calma ogni boccone. Le sue smorfie di disappunto sono così poco serie che potrei scoppiare a ridere.

«Sbrigati, Rhys!» mi implora, esasperata.

Infilzo l'ultimo pezzo di torta e lo metto in bocca, al che lei sospira con sollievo. «Forza: sono troppo curiosa!»

Saltella sul posto, con la stessa eccitazione di chi non ha mai celebrato il proprio compleanno. Shirley sparisce nella sua stanza per prendere l'enorme busta rosa che contiene i regali per Rossella, che, non appena la vede, si illumina: i suoi occhi si soffermano sul fiocchetto scarlatto incollato al centro della confezione.

Shirley posa il regalo sul tavolo. «Aprilo!»

Non se lo lascia ripetere due volte: infila le dita tra i lembi della busta e li allontana per rimuovere i punti della pinzatrice. Sbircia il contenuto, per poi intrufolare il braccio nella confezione, concentrata. Ci mostra il primo pacchetto con fierezza. Rimuove l'involucro e spalanca la bocca con sgomento.

«Una polaroid! Mi piacevano un sacco, da ragazzina. Grazie!» esclama, rigirandosi il dono tra le mani.

Shirley alza la mano. «È da parte mia.»

Si abbracciano, dopodiché Rossella torna a frugare nella busta. Libera un altro pacchetto dal suo incarto, ma questa volta la sorpresa lascia posto alla confusione.

«Questi sono da parte mia», dice Jason, indicando gli occhiali da sole che Rossella stringe tra le mani.

Reprimo una risata: guardo Jason e Shirley negli occhi, anche loro in trepidante attesa che apra il vero regalo.

«So che la geografia non è il tuo forte, ma... sei consapevole che non è questa la bandiera italiana?» chiede perplessa, indicando le bande blu, bianca e rossa della montatura.

Jason scrolla le spalle. Fingere gli riesce in un modo così naturale che sembra essere nato per recitare. «Erano rimasti solo quelli con la bandiera francese. Si somigliano un poco, no?»

Rossella apre la bocca, ma non riesce a pronunciare una sola parola. «Forse è meglio che io mi astenga dal replicare a questo affronto.»

Poso la mia mano sulla sua schiena per distrarla. «Ora manca il mio.»

Il suo volto si rasserena. Scarta l'ultimo pacchetto, rivelando una scatolina di cartone. Una volta sollevato il coperchio, fa scivolare fuori il polistirolo. Il suo sorriso si spegne non appena studia con maggiore attenzione il dono.

«Ti piace?»

«Mh.»

«Adoro le boule de neige», mormora Jason, ricevendo un'occhiataccia da parte di Rossella.

«Io speravo che, dopo un anno e un viaggio, aveste capito che fossi Italiana.»

«Lo sappiamo», indico la borsa. «Ma tu dovresti guardare lì dentro.»

«Non c'è più niente!»

«Controlla meglio.»

Sbuffa, tuttavia ascolta il mio consiglio. La sua irritazione muta ben presto: ritrae il braccio e rovescia il contenuto della borsa sul tavolo. Strappa la busta e contempla a bocca aperta i biglietti.

«Siete seri?»

«Parigi ti aspetta», conferma Jason. «Questo è il tuo vero regalo: una vacanza. Gli altri erano degli indizi.»

«Non riesco a crederci...» mormora Rossella, stringendo i biglietti tra le mani. «Andrò a Parigi! Vedrò Montmartre, il Moulin Rouge, l'Opéra... e chissà quante altre cose. Grazie!»

Abbraccia tutti, ad uno ad uno.

«Non andrai da sola», Shirley indica i biglietti. «Il viaggio è per due persone.»

Rossella si volta subito verso di me, ma poi squadra anche Jason e mia cugina. «Vorrei tanto poterci andare insieme a tutti voi.»

«Apprezzo il pensiero, ma io e i Francesi siamo nemici.»

«È una storia più lunga di Titanic», sussurro nell'orecchio di Rossella, che annuisce.

«Allora, andremo io e te?»

Reclina il capo, consentendomi di vedere i suoi occhi illuminarsi. Le sue labbra si piegano in un sorriso così dolce che ogni dubbio si scioglie.

Ora comprendo i cavalieri del passato, che peregrinavano per terre remote in nome della fanciulla che amavano: partirei per lo spazio, per esplorarlo e dare il suo nome ad una galassia, se solo me lo chiedesse.

Annuisco e le accarezzo la spalla. «Non vedo l'ora.» 

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