Rhys
L'amore è come un albero:
spunta da sé, getta profondamente
le radici in tutto il nostro essere,
e continua a verdeggiare anche
sopra un cuore in rovina
– Victor Hugo
«Devo parlarti.»
Occhiatacce, smorfie di disappunto, grugniti di fastidio: ormai non ho l'ardire di sperare che le mie sedute presso l'autoproclamato dottore in Psicoanalisi Jason Kershaw siano differenti. Dall'alto del suo trono di scrittore, si è incoronato profondo conoscitore delle teorie freudiane e crede di poter scavare nella mia coscienza con professionalità ed esattezza clinica.
«Sentiamo, Romeo.»
«Perché Romeo?»
«Questa è la faccia di un cuore solitario che sospira per la sua amata. Ora capisco cosa provavano Benvolio e Mercuzio», replica con sarcasmo. «Quali tormenti affliggono il tuo animo, Rhys Montecchi?»
Alzo gli occhi al cielo e Jason si fa da parte per lasciarmi passare. Mi accomodo sul divano, mentre lui prende posto sulla sedia di fronte a me.
Cerco di raccogliere i pensieri per esprimerli con coerenza, ma i ricordi di questa notte sono fotogrammi che non cessano di apparire nella mia mente.
Mi sono rigirato nel letto, tentando di concentrarmi su qualunque cosa tranne che su di lei, fallendo; quando mi sono reso conto che distrarmi era impossibile, mi sono scervellato per capire cosa fosse successo.
Qualcosa è cambiato. Tra di noi e dentro di me. Le carte sono state distribuite e, ora, in mano ho le potenzialità per convertire una monotona pièce in un capolavoro straordinario. Non importa la sua natura: che sia una tragedia o una commedia, anelo emozioni forti e sconvolgenti, i sospiri, il batticuore, le speranze, gli sguardi, le dita che si sfiorano.
I suoi sguardi e le sue dita. I suoi respiri sulla mia pelle e la sua risata.
Bramo lei.
La paura è al solito posto, imperiosa e glaciale, dominatrice degli angoli più oscuri delle mie incertezze; tuttavia, questa volta non voglio sottomettermi a lei ed essere spettatore di un disastro. Il desiderio di scrivere un nuovo capitolo della mia vita smania nel mio cuore.
Deve essere diverso. Non posso permettere alla storia di vincere sempre.
Da qualche parte, la luce è filtrata e ha permesso al coraggio di sedimentare e germogliare nel mio petto.
Niente più eclissi. Niente più ombre.
«Prima di domani, grazie», mi sollecita Jason.
«Ecco», mi schiarisco la voce, per prendere tempo. «Diciamo che... sto iniziando a pensare a Rossella in modo diverso.»
Jason aggrotta le sopracciglia. «In che senso?»
«Nel senso che...» abbasso lo sguardo, fissando le fughe tra le piastrelle per reprimere l'immaginazione. «Ha delle belle... curve.»
I miei neuroni, questa notte, hanno cessato di funzionare. Non riesco a pensare ad altro che al suo corpo e alle sue labbra.
Quelle labbra che avrei baciato, assaporato, esplorato, come un'isola deserta e sconosciuta su cui naufragare per darle un nome.
Il suo corpo, che avrei stretto contro il mio, per percorrerlo con le dita e tracciare sentieri proibiti in cui smarrirmi.
Deglutisco.
«Porcellone che non sei altro!» urla Jason, dandomi una pacca vigorosa sulla spalla. «Sei entrato nella pubertà, finalmente.»
Mi massaggio il punto colpito dal mio amico, avvampando come un adolescente. «Ti prego... non rendere il tutto ancora più imbarazzante.»
«Cosa c'è di imbarazzante in una normalissima crisi ormonale? Ti sei reso conto che Rosela è una donna, tu sei un uomo: sai come funziona, no? Te l'hanno raccontata la storia delle api e dei fiori?»
«Jason.»
«Dimmi.»
«Non so che fare.»
«Puoi leggere i miei racconti erotici, così impari una cosetta o due. Non ci sono api e fiori, ti avverto.»
«Non hai capito, razza di idiota. Non so che fare per... insomma... conquistarla, ecco.»
«Quali sono stati i tuoi approcci, ad oggi?»
«Non saprei. Le ho fatto due regali per Natale. E poi...»
«Poi?» mi incalza.
«A volte la notte non riesce a dormire e le preparo del latte. Rimaniamo a parlare per un po', prima di tornare a letto.»
Resta immobile a fissarmi. Prende un respiro profondo. Si strofina il volto con entrambe le mani.
Se l'esasperazione fosse una persona, sarebbe proprio il mio amico che, in questo momento, sta forse combattendo contro il suo thanatos ancestrale. Sulla sua faccia posso leggere con chiarezza il desiderio crescente di tirarmi un qualunque oggetto addosso.
«Dimmi che stai scherzando.»
«No.»
«Queste sarebbero le tue tecniche di conquista?»
«Io...»
«Rhys, voglio sapere se hai tentato approcci veri. Non queste... cose. Non so neanche come definirle», si sporge verso il tavolo per prendere un bicchiere e bere.
«Be'», rifletto qualche istante, dosando le parole per paura che possa lanciarmi il bicchiere in testa in un delirio omicida. «Una volta abbiamo dormito insieme–»
Jason sputa l'acqua che aveva in bocca.
«Cazzo, Jason!» mi alzo in piedi, con i pantaloni zuppi.
Jason tossisce, colpendosi il petto con il pugno. «Cosa avete fatto?!» urla, con voce stridula e strozzata. Gli occhi strabuzzati sembrano sul punto di fuoriuscire dalle orbite.
«Abbiamo dormito insieme!»
«In che senso dormito?! Eravate nudi o vestiti?»
«Vestiti, ovviamente!»
Mi lancia un cuscino in faccia. «Sei un deficiente!»
«Era il caso di lavarmi?!»
«Che sta succedendo? Ho sentito Jason urlare», Shirley fa capolino dalla porta. Il suo sguardo cade sui miei pantaloni bagnati. Sgrana gli occhi, con le labbra che tremano nel vano tentativo di trattenere una risata. «Rhys, ma cosa... cosa hai combinato?»
«Chiedilo a questo genio.»
«Tuo cugino ha dei gossip succosi da condividere con te.»
Lo fulmino con un'occhiataccia.
Shirley si chiude la porta alle spalle e si precipita sul divano. «Di che cosa si tratta?» domanda curiosa.
«Prima potrei asciugarmi, per favore?»
Jason si dirige verso il bagno e torna con una salvietta. «Tieni, idiota. Se avessi formulato la frase in maniera diversa, non avresti una macchia compromettente sul cavallo dei pantaloni.»
«Se tu non mi avessi interrotto, anziché saltare a conclusioni affrettate», puntualizzo.
«Che cos'avrei dovuto pensare? Hai detto che avete dormito insieme; a casa mia significa una cosa ben precisa.»
«Un momento!» tuona Shirley. «Chi ha dormito con chi?»
«Rhys e Rossella», risponde Jason, senza lasciarmi il tempo per spiegare.
Strabuzza gli occhi, incredula. «Avete fatto sesso?!»
«No, erano vestiti», replica, con tono sarcastico.
«Abbiamo solo dormito insieme. Cercate sul vocabolario la definizione del verbo dormire, pervertiti.»
«Quindi», Shirley solleva le mani e chiude gli occhi, «non avete fatto sesso. Giusto?»
«No! Ci siamo addormentati nello stesso letto, nella mia camera, e abbiamo dormito», sottolineo. «Occhi chiusi, vestiti addosso, nessuna carezza bollente. Eravamo abbracciati, tutto qui.»
Shirley annuisce, con un sorriso intenerito, mentre Jason scuote la testa, con sguardo torvo.
«È questo il gossip succoso?» domanda mia cugina, spostando gli occhi da me a lui.
«Oh, no. Ora ti sorbirai tutto quello che per mesi è stata mia esclusiva», Jason si accomoda di nuovo sulla sedia e con un cenno mi invita a tornare sul divano. «Forza, Rhys: deliziaci.»
Mi ritrovo costretto ad obbedire. Shirley mi fissa, incuriosita, mentre il volto di Jason è il ritratto della soddisfazione.
«Devo dirti una cosa, Shirley», mi torturo le mani, misurando le parole per eludere le rimostranze plateali di Jason. «Mi piace Rossella.»
Un breve attimo di silenzio. La bocca di mia cugina si spalanca. La sua mano avviluppa il mio braccio. «Lo sapevo», mi colpisce la gamba. «Lo sapevo!» un altro schiaffo, più forte del precedente.
Mi scanso. «Lasciate in pace il mio corpo?»
«Io me lo sentivo che, prima o poi, sarebbe successo qualcosa tra di voi!» Shirley è in estasi. «Quando è accaduto? Come? Dove?» mi strattona, preda dell'euforia. «Raccontami tutto, nei minimi dettagli!»
«Non c'è molto da dire, in verità» tento di sedare il suo entusiasmo.
Jason tossisce teatralmente. «Smettila di raccontare frottole: venivi a riportarmi anche la sua frequenza respiratoria, tanto sei innamorato.»
«Innamorato?» Shirley si illumina. «Quindi non è solo una cotta.»
«Va in iperventilazione ogni volta che ci parla. Avresti dovuto vedere il suo visibilio, ieri, quando Rossella e sua madre si sono coalizzate contro di lui per prenderlo in giro.»
«Jason, sta' zitto», lo incenerisco.
«No. È giunto il giorno che stavo aspettando.»
«Tu e Rossella sembrate molto affiatati. Temevo che questa convivenza forzata avrebbe causato dei problemi ad entrambi», interviene Shirley.
«All'inizio, infatti, non andavamo d'accordo.»
«Ah, no?»
Scuoto la testa, dinanzi all'evidente perplessità di Shirley. «Mi odiava. Perché la volevo cacciare via», aggiungo, con un certo imbarazzo.
Shirley sottrae il bicchiere dalle mani di Jason. «Tirarglielo in faccia non risolverà il problema.»
«Ma sarebbe soddisfacente», sibila lui, con il volto incollerito. «Vorrei entrare nel tuo cervello e studiarne i meccanismi», prende un lungo respiro. «Per quale assurdo motivo volevi cacciarla?!»
Apro la bocca per replicare, ma non trovo parole da pronunciare.
La verità è che non c'era una ragione sensata dietro alla mia volontà di farmi detestare a tal punto da costringere Rossella a cambiare sistemazione. Ero ferito e affranto; necessitavo un posto dove stare che fosse abbastanza tranquillo da potermi risollevare, senza distrazioni che risvegliassero il mio cuore e lo facessero palpitare di nuovo: era andato in letargo, avvolto dal gelo di un inverno che pareva interminabile.
Rossella l'ha risvegliato. Come un timido raggio di sole a primavera, si è insinuata nelle crepe del mio essere, gettando luce in una fossa di oscurità e timori radicati tanto profondamente che estirparli sembrava impossibile.
D'improvviso, il ghiaccio si è sciolto ed è tornata la speranza. A quel punto, non aveva più senso mandarla via: adesso la voglio al mio fianco, a scaldare i frammenti del mio cuore in rovina.
«Non lo so. Perché sono un idiota, forse.»
«Togli il forse», mi corregge Jason.
«Cos'è cambiato, poi?» mi chiede Shirley.
«Non ne ho idea.»
Il bisogno di respingerla si è affievolito, fino a scomparire del tutto.
Non dovevo volerla, ma ho finito per desiderarla con ogni fibra del mio corpo. Ho perso la guerra contro me stesso e i miei principi – fragili mattoni a difesa del mio cuore – e contro di lei: il nemico a cui ho permesso di invadere ogni territorio per cui prima avrei combattuto fino allo stremo delle mie forze.
«Da quando lavoriamo insieme, ci siamo avvicinati. Abbiamo avuto modo di approfondire la nostra conoscenza superficiale.»
«E lei?» mi incalza Shirley.
«All'inizio mi era ostile, ma ora si fida di me. Tuttavia... non ho idea di cosa provi lei nei miei confronti.»
Mia cugina sorride incoraggiante. «Sono certa che tu abbia buone speranze.»
Jason esplode in una risata fragorosa. «La conquisterà per sfinimento: lei sarà intenerita dalle suoi approcci bizzarri e acconsentirà di buon grado al matrimonio.»
«Approcci bizzarri? Che cos'hai fatto fino ad ora?»
«Il signorino le offre del latte per combattere l'insonnia. Non oso immaginare gli argomenti che toccate durante i vostri simposi notturni.»
«Che cosa dolce», sospira Shirley. «Ti prendi cura di lei. È così... romantico.»
Jason sbuffa, sollevando gli occhi al cielo. «Questa è l'unica cosa che ha fatto fino ad ora.»
«In realtà, a lei piacciono i nostri incontri notturni», mi giustifico.
«Dovrebbero evolversi, questi incontri notturni», puntualizza Jason.
Ignoro la sua insinuazione. «A Natale mi ha parlato della sua infanzia. Anche io le ho raccontato delle cose e... lei mi comprende», mi torturo le mani, mentre una sensazione di calore si diffonde nel mio petto. «Per lei, la mia anima non è imperfetta.»
Shirley stringe la mia mano. «Non lo è mai stata. Hai solo incontrato la persona sbagliata. Ricordi cosa diceva mia madre? Gli altri sono come uno specchio in cui possiamo vedere il nostro riflesso; questo, però, ci viene restituito in maniera diversa a seconda di chi si trova davanti a noi.»
«A volte non siamo noi ad essere distorti», proseguo, rammentando le parole di mia zia. «È lo specchio a deformarci.»
Vengo investito da una valanga di ricordi: i pomeriggi in soffitta, i rivoli di malinconia che mi appannavano lo sguardo e la nostalgia a stringermi la mano, come un'amica fedele che non disertava il proprio posto al mio fianco.
Le parole di mia zia erano la breccia nel muro di solitudine entro cui ero si era dipanata la mia insolita adolescenza. Nel cielo, l'arcobaleno seguitava a non apparire, e le lacrime mai asciugate si erano cristallizzate accanto al mio cuore.
Lauren non lo comprendeva. Non concepiva il senso dei miei sogni. Eravamo talmente antitetici che mi ero ostinato a vedere nella nostra differenza inconciliabile una sintesi assoluta; non notavo i nostri confini discrepanti e la sua natura distruttrice. Per lei, ciò che non le apparteneva era sbagliato. Nulla, di me, avrebbe potuto essere suo: non della donna che si era nascosta dietro alla maschera che mi aveva illuso con promesse di felicità.
«Perdonatemi se oso interrompere questo momento ricco di pathos tra cugini, ma potremmo tornare al lato pratico della faccenda?» domanda Jason, con le braccia incrociate. «Avrei dei racconti da consegnare, e i sospiri di un innamorato imbranato in preda ad una crisi ormonale non sono la fonte d'ispirazione che stavo cercando.»
Shirley strofina le mani. «Esatto: dobbiamo agire.»
«Dobbiamo?» chiedo dubbioso.
«Da solo non hai certo ottenuto risultati di cui andare fiero», mi punzecchia Jason. «Se ti abbandonassimo a te stesso, tra dieci anni sarai ancora in una cucina ad offrirle latte mentre parlate del meteo.»
«Ieri sera mi ha chiesto di andare con lei a vedere Les Misérables.»
Shirley e Jason, come congelati, mi fissano allibiti.
«Cosa aspettavi a dircelo?» chiede quest'ultimo, con le sopracciglia che tremano per l'irritazione. La sua voce, elevatasi di qualche ottava, mi fa rabbrividire.
«Quindi uscirete insieme?» Shirley mi afferra il braccio con veemenza, al limite dell'eccitazione. Annuisco. «Ottimo!» esclama. «È un'occasione perfetta! È una soirée o una matinée?»
«Una matinée, ed è il nostro giorno libero.»
Il sorriso di Shirley si fa quasi malvagio. «Fantastico! Alla fine dello spettacolo, devi portarla da qualche parte.»
«Le piacciono le librerie.»
Mi torna alla mente il suo viso tuffato tra le pagine di un libro per coglierne il profumo. Non mi ero mai soffermato sull'odore della carta: ho sempre dato maggior rilievo alle parole e ai mille significati celati dietro ad esse.
Con lei ho scoperto nuovi universi: la fragranza della poesia, la dolcezza di un broncio, l'intensità di uno scontro e la leggerezza delle lacrime che non osservi con l'impotenza di uno spettatore, ma con la comprensione di chi le può asciugare.
«Portala a Cecil Court», suggerisce Shirley.
«E poi offrile da mangiare», aggiunge Jason.
«Magari della cioccolata calda», continua mia cugina. «Non c'è niente di meglio delle confidenze al tepore di un locale grazioso, mentre si sorseggia una bevanda calda.»
Jason annuisce. «E vedi di parlare. Non fare come tuo solito: una donna non la conquisti, se metti il cibo prima di lei.»
«Comportati da gentiluomo.»
«Va bene, ho capito», li interrompo, prima che il loro entusiasmo sia irrefrenabile. «Spettacolo, shopping a Cecil Court, cioccolata calda. Recepito.»
«Guai a te se le spezzi il cuore», mi mette in guardia Shirley. «Sarai anche mio cugino, ma a quel punto dovrai vedertela con la mia furia.»
«Non è mia intenzione; ha già sofferto abbastanza.»
«Sarà meglio per te. Nessuno può ferire la mia italiana preferita e passarla liscia», mi redarguisce Jason.
Alzo gli occhi al cielo, trattenendo una risata. «Ho capito. Avrò un atteggiamento irreprensibile.»
«Tifo per voi», mi rassicura Shirley. «Rosela è una ragazza straordinaria. Sono certa che saprà amarti come meriti. Siete fatti l'uno per l'altra.»
«Lo spero.»
Shirley stringe la mia mano, infondendomi la sua sicurezza e il suo affetto. Pare aver letto uno spiraglio di paura nel mio sguardo. «Lo so, ma siete anime affini. Avete avuto la fortuna di trovarvi: non sprecare questa opportunità. Certi treni non passano più.»
Reclino il capo, scrutando i suoi occhi pervasi da una consapevolezza che prima non c'era. «Mi sembri diversa.»
Si stringe nelle spalle e sorride timidamente. «Ho avuto modo di riflettere. Rosela ha voluto parlarmi, dopo che ha visto il mio quadro.»
«Le hai raccontato anche di Paul?» chiede Jason.
Lei scuote la testa. «No. Sono stata alquanto vaga. Non mi sento ancora pronta, per quello.»
«Non pensare più a quel lurido, abietto ammasso di sterco», dice Jason.
«Non merita i tuoi pensieri, Shirley. Ti ha già rovinato la vita per troppo tempo.»
«Lo so.»
«Spero che tornerai a dipingere», afferma Jason. «Devi dimostrare a quello spregevole bastardo che non ha più alcun potere su di te.»
Shirley solleva le mani. «State calmi! Ho bisogno di pensarci, prima. Voglio essere sicura della mia scelta.»
«Qualunque essa sia, noi siamo al tuo fianco», la incoraggio.
«Come sempre, per sempre», si aggiunge Jason.
Ci stringiamo le mani, come a suggellare un giuramento. Loro sono l'unità che, nella disgregazione dell'infanzia, ho agognato, chiedendomi perché a me fosse proibita la normalità; allora non potevo capire i contorti meccanismi della vita e i giri immensi che deve tracciare per trovare l'equilibrio.
«Adesso, concentriamoci», è l'invito di Jason. «Il qui presente Mr. Darcy deve dimostrare alla nostra Elizabeth che non è uno spocchioso, altezzoso orso privo di sentimenti e maniere.»
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