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Capitolo 31

Amami quando lo merito di meno,
perché sarà quando ne avrò più bisogno
– Gaio Valerio Catullo



Ho sempre pensato che la felicità fosse un filtro: si posa sugli occhi e colora il mondo di rosa, proprio come le lenti di quei buffi occhiali festosi. Non è la realtà, ma il modo in cui essa appare una volta tinta, modificata. Migliorata, forse.

Ho percorso miglia e miglia, in questa vita, alla disperata ricerca di quell'inganno capace di alterare la percezione. Vedere il mondo per quello che è – mi dicevo – non può essere vera felicità: che senso hanno il male, le imperfezioni e le contraddizioni?

Credevo questo, prima di conoscere Rhys Aodhán Monroe.

Ne ero certa, cocciuta e restia ad abbandonare le convinzioni tanto rassicuranti quanto deleterie di un'esistenza condotta all'insegna di una chimera.

Abbattuta l'illusione, ho visto tutta la verità che eludeva il mio sguardo ingenuo: le sfumature di un mondo che non ha bisogno di colori diversi da quelli con cui si è già adornato. Non c'è ombra che abbia motivo di dissolversi, perché imprescindibile dalla luce; non c'è lacrima che debba trattenersi, né ira da soffocare nel silenzio.

Da quando Rhys è al mio fianco, mi guardo alle spalle e vedo me stessa sorridermi, incoraggiante, mentre mi invita a proseguire. Ha negli occhi l'orgoglio di uno spettro del passato che sa di aver raggiunto un porto stabile a cui attraccare.

«Sei silenziosa.»

Mi volto alla mia sinistra, incontrando lo sguardo indagatore di Rhys: ha la testa reclinata e gli occhiali da lettura posati sul naso. Tiene sospeso a mezz'aria un libro con la mano libera; l'altra stringe la mia da prima che decollassimo.

Sono trascorsi due mesi dal nostro primo bacio. Un anno da quando ci siamo incontrati per la prima volta: insofferenti l'uno dell'altra, incapaci di restare nella medesima stanza senza affilare gli artigli – possessivi come gatti, fieri come pavoni. Il tempo è sfuggito dalle mie dita, portandomi in un folle viaggio che non avrei mai ardito d'intraprendere.

Dentro di me, quel bizzarro sentimento che tanto mi spaventava all'inizio ha guadagnato terreno. Forse è presto per dire che lo amo; eppure, il mio cuore è ormai nelle sue mani premurose.

«Pensavo», rispondo evasiva, con un'aria che spero lo incuriosisca.

«A che cosa?»

«A te.»

Le sue guance si imporporano. Posa il libro, con le pagine rivolte contro le ginocchia, e si toglie gli occhiali.

«Devo essere lusingato o preoccupato?»

«Oh, molto preoccupato.»

Aggrotta le sopracciglia. «Ho fatto qualcosa?»

«Sì. E molto grave, oltretutto.»

«Davvero?» annuisco, al che lui si innervosisce. «È per qualcosa che ho detto? Giuro che non intendevo–»

Premo l'indice contro le sue labbra per zittirlo. «Non mi hai dato nemmeno un bacio da quando siamo decollati. Questo è alto tradimento.»

Mi fissa per un lungo momento, senza replicare. «Ti hanno mai detto che sei una donna malvagia?»

«Jason, tempo fa.»

«Non credo che ti meriti un bacio», molla la mia mano e incrocia le braccia sul petto.

«Che fai?!»

«Te la faccio pagare», replica asciutto, scrollando le spalle con indifferenza.

«Ho paura, Rhys. Devi tenermi la mano!»

«Ahimè, il tuo scherzetto ti costerà caro.»

«E se l'aereo precipitasse?»

«Perché dovrebbe?»

«Perché siamo in cielo. Succede. Li leggi i giornali? Gli incidenti aerei non sono una leggenda metropolitana.»

«Be', spero proprio che l'aereo non precipiti», si gira nella mia direzione e insinua le sue dita tra le mie. «Ho voglia di andare a Parigi e di baciarti in ogni angolo della città che riusciremo a visitare», si sporge verso di me. Le sue labbra sono così vicine al lobo del mio orecchio che percepisco il loro calore. «Voglio che anche i muri sappiano che sono pazzo di te, Rossella.»

La mia faccia prende fuoco. «Da quando sei così sfrontato?» balbetto.

Tentenna. «Ti dà fastidio?»

Scuoto il capo, intenerita dalle sue insicurezze: mi fa sentire preziosa, rispettata. «No. Ti dirò che... mi piace.»

Si morde il labbro, con un sorriso timido. «Bene.»

Esercito una leggera pressione sulla sua mandibola, per costringerlo a guardarmi. «Ma tu mi piaci anche quando sei impacciato e soppesi persino i tuoi respiri. Tu sei entrambi: il Rhys disinvolto e il Rhys insicuro.»

«Non credi che io sia troppo insicuro?»

«Forse lo sei perché ci tieni. Non sarò io a cambiarti. Dovrai farlo tu, se lo riterrai necessario.»

Sorride e mi accarezza la guancia con il pollice, soffermandosi a lungo all'angolo delle mie labbra. «Is tú mo ghrá, aingeal milis

«Qualunque cosa tu abbia detto, sono d'accordo.»

«Strano che tu non mi chieda cosa vuol dire.»

«Strano che tu non abbia ancora colto l'occasione per baciarmi.»

«Ai vostri ordini, mia signora.»

• • • • •

Spalancando la porta della stanza, i miei occhi non si soffermano sul colore delle pareti o sullo stile dell'arredamento: scivolano subito su un dettaglio che avevo scordato di considerare.

Il letto.

Un unico letto.

Un letto matrimoniale.

«Rhys?»

«Dimmi.»

Vorrei dar voce ai miei pensieri, ma sembrano così sciocchi e futili.

«Va tutto bene?» mi chiede, posando una mano sulla mia spalla.

Siamo ancora immobili sulla soglia della stanza, con i trolley ingombranti addossati contro le gambe.

«Sì», mento, e Rhys deve accorgersene perché mi rivolge un'occhiata di sbieco.

«Resteremo qui finché non mi avrai detto che succede», incrocia le braccia sul petto. «Abbiamo tutto il tempo.»

Abbasso il capo e con un cenno indico il letto. «È matrimoniale.»

Rhys attende qualche istante prima di parlare. «Ti mette a disagio?»

«No... ho già dormito con te una volta, ricordi?»

«Quando hai tentato di farti denunciare per stalking.»

Avvampo. «Non sono una pazza criminale.»

«Affermazione opinabile, ma va' avanti», Rhys attorciglia una ciocca dei miei capelli attorno al suo indice. «Qual è il problema?» domanda con calma.

Dirgli la verità. È questo che mi ha chiesto fin dal primo momento.

«Ora stiamo insieme. Siamo in vacanza. Ecco... forse tu hai delle aspettative, e io non credo di essere ancora pronta.»

Annuisce e, in silenzio, mi spinge con delicatezza all'interno della stanza. Sposta i bagagli e chiude la porta alle sue spalle per poi raggiungermi. Prende il mio volto tra le mani, donandomi un sorriso che mi fa mancare la terra da sotto i piedi. La fossetta formatasi all'angolo della sua bocca catalizza la mia attenzione. Mi fa sentire come un'adolescente alla sua prima cotta. Per pochi istanti, dimentico il letto, la mia titubanza e qualsiasi altra informazione depositata nel mio cervello.

Mi costringo a deglutire.

Non ho quattordici anni. Ne ho venticinque. Sono una donna adulta.

«Rossella: io non ho aspettative. Finché non sarai pronta al cento per cento, tra noi non succederà niente. Voglio che la nostra prima volta sia perfetta per entrambi, e che ci lasci un ricordo a cui tornare con piacere.»

Appoggio la testa contro il suo petto, rassicurata dalle sue parole. «Sono felice che tu non sia arrabbiato.»

«Perché dovrei, aingeal milis

«Non lo so.»

Ridacchia tra i miei capelli. «Non potrei mai arrabbiarmi per un motivo simile. E poi... devo confessarti una cosa.»

«Ti ascolto.»

«Nemmeno io mi sento pronto. Avevo paura, prima di partire.»

Reclino la testa per poterlo guardare negli occhi. «Abbiamo le stesse paranoie.»

Scoppia a ridere. Mentre lo guardo, capisco di aver sempre avuto la fortuna dinanzi a me, ma di aver guardato oltre per troppo tempo. Ho seppellito il passato, ma non ho mai smesso di nascondere la testa sotto la sabbia per vederlo ed ignorare il presente; ho rischiato di lasciarmi sfuggire la cosa più bella che potesse capitarmi.

Non voglio perderti, Rhys Aodhán Monroe. Per nessun motivo al mondo.

«Andiamo a vedere il panorama?» mi domanda.

Annuisco. Raggiunta la finestra, apriamo le tende e le imposte per uscire sul balcone.

Rimango a bocca aperta, come di fronte ad un dipinto straordinario.

Lunghe ombre percorrono i viali parigini, immergendo i turisti nella frescura del tramonto primaverile. Il sole morente bagna con la sua luce infiammata gli edifici a Levante, come un ultimo saluto del giorno prima che la sera si prenda il proprio posto in scena. Le facciate somigliano a fulgidi focolari che si stagliano contro il cielo già blu a Ponente. Ogni costruzione assume un aspetto etereo e magico. Sui tetti, gli abbaini sorvegliano la città con le loro finestrelle.

Potrei aspettarmi, da un momento all'altro, di veder apparire Baudelaire ad uno dei balconi: si appoggia languidamente alla ringhiera, alla ricerca di ispirazione per dare voce al suo spleen. Scorgo Prévert, con la sigaretta tra le labbra, mentre con lo sguardo insegue le rondini che tornano ai nidi. E poi Simone De Beauvoir, che si alza dopo aver terminato di scrivere una lunga epistola.

Ogni angolo di questa città si è fatto custode del passato e della sua poesia. La si respira nell'aria e la si percepisce scorrere come linfa vitale nella corteccia di un albero.

Parigi è una donna romantica che occhieggia con sensualità ad ogni straniero che si perde tra le sue strade; gli promette ciò che cerca e gli offre più di quanto sperava di trovare. È consapevole che il forestiero, una volta andatosene, vedrà altre città – altre donne suadenti e ricche di doni che ciascun luogo cela per renderli più graditi – ma egli avrà sempre nel cuore la caparbietà di Parigi e quella forza che dilaga silenziosa e che penetra la carne ed il cuore. Perché Parigi indossa i suoi colori più belli; sa di piacere e non nasconde la sua vanità.

«È stupendo», mormoro, già innamorata di ciò che ho di fronte.

«Ti piace più di Londra?»

Rhys insinua le sue dita tra i miei capelli e lentamente lascia scivolare la mano fino alla schiena.

«No. Niente è come Londra.»

Lei ha la mia anima, proprio come il mio mare.

• • • • •

«Stai dormendo?»

La voce di Rhys penetra la mia bolla di elucubrazioni.

«No», rispondo.

«Ti senti a disagio?»

«Forse un pochino.»

Non replica. Siamo immobili e supini, coricati alle due estremità del letto. Non so da quanto tempo siamo qui: forse qualche minuto, magari un'ora. Se mi sbilanciassi, finirei sul pavimento.

«Visto che stiamo insieme», esordisce incerto, «credo che potremmo... avvicinarci.»

«Lo penso anch'io.»

Eppure, nonostante la proposta, non ci muoviamo di un solo millimetro. Ascolto il suo respiro, in attesa di una qualunque reazione che, tuttavia, tarda a manifestarsi.

«Quindi è così che si sentivano le coppie appena sposate, in passato», commento per spezzare il silenzio.

Ridacchia sottovoce, facendo sussultare il materasso. «Questa non è la nostra prima notte di nozze.»

Taccio. La distanza che ci separa mi sembra immensa. In questi due mesi, non abbiamo mai dormito insieme. È un livello di intimità ancora inesplorato, nonostante quella volta in cui ci siamo addormentati nella sua stanza. Allora, però, era diverso: non era stato intenzionale e tra noi non c'era niente.

C'era qualcosa, mi correggo. Solo che preferivi ignorare i segnali.

«Rhys», mi giro incerta verso di lui. «Vorrei che ci avvicinassimo», balbetto.

Anche lui si volta nella mia direzione. Le lenzuola frusciano e la sua mano si posa sulla mia. «Anch'io, Rossella.»

Pian piano, entrambi guadagniamo terreno, fino a che i nostri corpi si scontrano. Avvampo, quando la pelle nuda delle sue braccia sfiora la mia. Nell'oscurità, ci divincoliamo fino a trovare una posizione comoda: appoggio la mia testa sul suo petto e lui mi stringe a sé. Sorrido, ascoltando il suo battito cardiaco: è emozionato tanto quanto me.

L'imbarazzo scompare. Come mille altre cose che ormai abbiamo condiviso, anche questo mi sembra naturale: dormire accoccolati, mentre le sue dita giocano con i miei capelli e le mie sfiorano il suo avambraccio.

Chiudo gli occhi, incapace di lottare contro il sonno che incede senza tregua sulla mia mente. Prima che la stanchezza mi vinca, sento Rhys intonare a bassa voce una melodia dolcissima.

• • • • •

«Potrei esplodere da un momento all'altro.»

Una briciola scivola dalle labbra di Rhys e cade nel caffè fumante che ha di fronte.

«Nessuno ti ha obbligato a mangiare due croissants», lo rimprovero, reprimendo a stento una risata per le smorfie che fa mentre mangia.

«Sono buoni!» esclama, con la bocca ancora piena.

«Più dei tuoi biscotti?»

Smette di masticare e pondera la mia domanda, come se dalla sua risposta dipendesse il progresso della scienza. «Mi dispiace per i Francesi, ma i miei biscotti sono insuperabili.»

Scuoto la testa. «Non cambierai mai.»

Intingo i biscotti nella schiuma del cappuccino. Questa mattina mi sento riposata e carica per affrontare la giornata.

«Cosa ti piacerebbe visitare, oggi?» mi chiede, pulendosi il mento con un tovagliolo.

«Se non è troppo lontana, mi piacerebbe vedere l'Opéra Garnier. Mi accontenterei di ammirare l'esterno.»

«E poi?»

«Be'... la Tour Eiffel, Montmartre, il Moulin Rouge...»

«Per fortuna abbiamo più giorni a nostra disposizione», ridacchia.

Finiamo la colazione e, una volta che ci siamo preparati, usciamo dall'albergo. Le chiome degli alberi in fondo al viale ondeggiano contro il cielo. I rami si sono già rivestiti di foglie fruscianti, che suonano come corde di uno strumento pizzicate dalle dita del vento.

«L'Opéra dovrebbe essere da quella parte», dice Rhys, osservando la mappa che ha impostato sul telefono, mentre con il braccio indica la parte opposta della strada.

Afferro la sua mano, colta da un brivido di entusiasmo. «Ci stiamo andando per davvero?»

Distoglie lo sguardo dallo schermo e sorride. «Sei emozionata?»

«Parigi è la seconda città che sognavo di visitare da bambina. Condividere quest'esperienza con te mi rende felicissima.»

Ricambia la mia stretta, trascinandomi verso di sé. Mi bacia la fronte con tenerezza. «Ti porterei anche su Marte, se me lo chiedessi.»

Scoppio a ridere. «Sai costruire razzi?»

«Ho molte competenze, aingeal milis

Ci incamminiamo lungo i viali, ammirando le vetrine dei negozi e le facciate dei palazzi. Più volte devo impedire a Rhys di farsi investire, spaesato dal diverso senso di marcia delle auto. Altrettante volte lui sopprime una risata quando il mio stomaco risponde con insistenti gorgoglii alla fragranza di dolci appena sfornati che si riversa in strada dalle boulangeries.

«Ricordi la prima volta che siamo usciti insieme? La prima in assoluto», gli chiedo d'un tratto.

Rhys sogghigna. «Eccome. Anche allora il tuo stomaco ha cantato per me la sua dolce melodia.»

Gli rispondo con una smorfia. «Non sei simpatico

«È inutile che parli in italiano. So cosa mi hai detto.»

«Cos'hai pensato la prima volta che mi hai vista?» cambio discorso.

Mi rivolge una rapida occhiata, mentre le sue guance s'imporporano. «Che eri stupenda.»

«Rhys!» lo rimbrotto, compiaciuta e al tempo stesso imbarazzata. «Avevo appena affrontato non so quante ore di viaggio. Dovevo essere orrenda! »

Si ferma per fronteggiarmi. «Ho pensato che somigliassi ad un angelo. È stato un colpo di fulmine, Rossella. Per me sei sempre stata bella. Con gli occhi rossi e gonfi. Assonnata. Con il pigiama. Imbronciata. Arrabbiata...»

«Ho capito», lo interrompo, ridendo. Circondo il suo collo con le mie braccia e, in punta di piedi, raggiungo le sue labbra. «Un uomo che mi trova bella anche in piena notte, spettinata, mentre indosso pigiami imbarazzanti, merita un bacio.»

«Non buttare mai via quei pigiami, ti scongiuro», sussurra, cingendomi la vita.

Rido contro le sue labbra. «Rhys?»

«Mh.»

«Sai che è passato un anno da quando mi sono trasferita a Londra?»

«Davvero?»

«Giorno più, giorno meno.»

La sua mano cerca la mia. Intreccia le nostre dita e inizia a giocare con i polpastrelli. «È strano pensarci.»

«Già. Un anno che ti sopporto.»

Mi fulmina con lo sguardo e tira una ciocca dei miei capelli. «Sei pestifera.»

Cingo i suoi polsi e avvicino il mio viso al suo. I nostri nasi si scontrano e lui serra gli occhi per la sorpresa, mentre il suo cipiglio severo si scioglie in un sorriso.

«Ora andiamo all'Opéra?» lo supplico, con un tono infantile.

Controvoglia, si separa da me e mi offre la sua mano. Attraversiamo diverse strade, finché all'orizzonte intravedo un luccichio. Una scarica di adrenalina ed eccitazione pervade il mio corpo.

«Rhys, ci siamo quasi», lo strattono, indicando la figura che si fa più grande e chiara man mano che ci avviciniamo. «Laggiù c'è la statua d'oro.»

«Abbiamo tutto il giorno, non correre», Rhys stringe le mie dita, trattenendomi dall'accelerare il passo.

Assecondo la sua andatura, con gli occhi fissi sulla statua dell'Armonia. Mentre avanziamo, da dietro gli edifici fa capolino una delle cupole verdi. Per un attimo, ho l'impressione che non sia reale. Che il mio corpo non si trovi a Parigi, in questa strada, ma altrove, e che ogni immagine che si profila dinanzi ai miei occhi sia frutto della mia mente. I rumori del traffico ed il vociare dei turisti si inabissano, mentre emerge un silenzio carico di consapevolezza: mi trovo a pochi passi da un luogo che per anni ho potuto soltanto sognare – tempio delle mie passioni, altare dei miei desideri.

Ad ogni passo che muoviamo, un nuovo dettaglio del teatro si impone alla mia vista; la statua sul tetto, avvolta dai raggi del sole, diventa più nitida; mi chiama a sé, con le sue ali spiegate, come se stesse aspettando di spiccare il volo.

Arrivati all'incrocio, devo aggrapparmi al braccio di Rhys per non iniziare a correre verso il Padiglione d'accesso. Due aquile nere si scrutano a vicenda, dall'alto dei loro piedistalli; sotto di loro, il busto di Charles Garnier accoglie i visitatori, con orgoglio ne studia la meraviglia di fronte al prodotto del suo genio.

«Attraversiamo», mi incita Rhys, senza lasciarmi per un solo istante.

Quando mi trovo a pochi metri dall'Opéra, tutto ciò che prima avevo intorno svanisce.

Capisco il senso di ogni cosa: con un brivido che mi percorre il corpo e l'anima, comprendo la necessità viscerale che ha sempre mosso la mia vita. Si disvelano i meccanismi sepolti dentro di me: forze motrici delle mie scelte, ragioni profonde dei miei passi. Questo edificio raccoglie in sé la spiegazione di tutta la mia esistenza: sono nata – e ciascuna particella nell'universo si è unita ad altre, separata e trasformata – perché io diventassi quello che sono oggi.

Un'attrice. Un'incantatrice. Una narratrice di mondi possibili. Una manipolatrice di realtà architettate dalla fantasia. Una, e al tempo stesso mille altre identità.

Mi scorre nelle vene, questa certezza, mentre lo sguardo si schianta contro la facciata: oltre ad essa, al di là di altre pareti, c'è il palco. Nascosto ai miei occhi, protetto da un involucro maestoso, ma c'è. È lì, il mio mondo potenziale, scrigno di infiniti universi.

La forza secolare di questo luogo si irradia in me. Vite, amori, rivalità, sogni, vendette e passioni si sono consumati proprio qui, in questo luogo, sulla scena e tra le poltrone della platea, tra i corridoi e le immense sale. Reali o fittizi, la loro energia è ancora tangibile, come un'aura che avvolge lo spazio attorno al teatro.

Hanno ragione i poeti. Lo so – è in me, accanto al cuore, solida come una verità ineluttabile che non puoi sradicare dalla mente; un'idea che non puoi combattere, né sostituire, né uccidere. L'Arte ti si avvicina e non ha bisogno di convincerti. Non vuole convertirti, perché chi le è fedele non crede, ma intende, e va a fondo, oltre gli strati d'apparenza, fino a raggiungere le vette di quel sentimento assoluto che la ragione non può avvicinare. Ha vissuto in me fin dal primo istante, in attesa che io la scovassi, che l'amassi e mi offrissi a lei.

«Rossella, hai gli occhi lucidi.»

Le dita di Rhys mi sfiorano la guancia, forse per asciugare qualche lacrima che non mi sono accorta di aver versato.

«Scusa. È che... trovarmi qui mi fa un effetto strano.»

La sua mano calda non si allontana: continua a raccogliere sulla sua pelle le mie lacrime, con gesti delicati. Non è invadente. So che riesce a capirmi.

«Vuoi fare una foto, prima di andare verso la facciata principale?»

Acconsento, estraendo dalla borsa la polaroid regalata da Shirley. Dopo qualche scatto anche con il telefono, Rhys prende di nuovo la mia mano. Costeggiamo l'edificio, fino a raggiungere la facciata principale.

La statua dell'Armonia è luminosa quanto un astro. Il sole si insinua tra le scanalature della pietra e rende più aggettante ogni dettaglio.

«Rhys... sono così felice che potrei urlare.»

«Lo so», mormora, e dal tono capisco che sta sorridendo.

«Riesci a crederci? Siamo qui, nello stesso posto in cui sono state Christina Nilsson e Maria Callas», tiro la sua manica. «Gaston Leroux è stato qua, Rhys!»

Posa le mani sulle mie guance e annuisce. «Rossella, ricordati di respirare», mi bacia la fronte. «Purtroppo non possiamo visitarlo dentro, mi dispiace.»

«Non importa», lo stritolo in un abbraccio che lo fa boccheggiare per qualche secondo. «A me basta essere qui con te.»

Nascondo la testa nell'incavo del suo collo, inspirandone il profumo. Cullata dal battito del suo cuore, verso un'ultima lacrima di felicità: sono davanti al Palais Garnier, al fianco di un uomo straordinario innamorato di me.

E forse anche io, dentro il mio cuore, provo un sentimento nuovo.

«Grazie di tutto, Rhys.»

«Perché mi ringrazi?»

Le sue dita si insinuano tra le ciocche dei miei capelli e scivolano lungo la schiena, per poi tornare a massaggiarmi la testa.

«Perché mi capisci e non pensi che io sia pazza. Non sminuisci la mia eccitazione.»

Mi preme contro il suo corpo e avvicina la bocca al mio orecchio. Con le labbra mi solletica il lobo, e il suo calore mi fa sciogliere. «Non lo farei mai. Se tu sei felice, lo sono anche io. Non potrei mai rovinare qualcosa che ti piace, qualcosa di importante per te.»

Canticchia sottovoce una melodia semplice, quasi una ninna nanna. È la stessa che ho sentito questa notte, prima di addormentarmi. Accoccolata al suo petto, la pace mi pervade e annulla il rumore di fondo intorno a noi. Non mi sono mai sentita tanto importante quanto adesso, tra le sue braccia che mi stringono saldamente. Posso abbassare le difese e lasciarmi andare, essere me stessa senza remore.

Essere la persona che avrei potuto diventare, se solo il destino l'avesse voluto.

• • • • •

Con la mano a riparare la vista, scruto il mulino rosso e tozzo, seguendo i movimenti delle pale.

«L'avevo visto in foto, ma me lo immaginavo più grande.»

«Delusa?» mi chiede Rhys, le mani in tasca e lo sguardo fisso sull'insegna del Moulin Rouge.

«Soprattutto perché non c'è Ewan McGregor», lo punzecchio.

Lui distoglie immediatamente l'attenzione dall'edificio e mi fulmina con un'occhiata più che eloquente. «Non avrò recitato in Star Wars, ma conosco tutte le canzoni di Moulin Rouge, e te le posso cantare», incede verso di me e mi cinge la vita. «Lo saprei fare meglio del signor McGregor, per la cronaca.»

Poso le mani sul suo petto, ghignando. «Sei geloso?»

«No», inarco le sopracciglia. «Sì», ammette, mentre solleva la mano e avvicina l'indice e il pollice. «Giusto un pochino.»

«Be', sappi che non ti scambierei con nessuno al mondo.»

Strofina il suo naso contro il mio. «Fai bene. Io sono un'edizione limitata, e trovarmi è assai raro.»

Scuoto il capo, fingendomi allibita dalle sue parole. Lui mi prende per mano e iniziamo a camminare.

«Dove mi porti?» chiedo.

«Qui vicino c'è Montmartre

La sua pronuncia britannica stuzzica la mia ilarità. «Dillo di nuovo.»

«Montmartre

«Lo dici in modo terribile!»

«Puoi sempre insegnarmi, insopportabile maestrina», mi stuzzica, stringendomi entrambe le mani.

«È Montmartre», lo correggo, articolando la erre alla francese.

Prova a ripeterlo, ma ad ogni tentativo sbaglia, facendomi ridere. Alla fine, senza preavviso, mi cinge la vita e mi solleva da terra per farmi volteggiare.

«Rhys, mettimi subito giù!» lo imploro; tuttavia, non riesco a contenere l'allegria.

Mi sento leggera, e non solo fisicamente.

Per quanto tempo ho trattenuto l'anima in catene, privandomi della felicità?

Rhys mi lascia andare e i miei piedi toccano di nuovo il suolo. Mi giro e i miei occhi, dopo un attimo di smarrimento per le folli giravolte, tornano a mettere a fuoco le persone che mi circondano.

E tra la nebbia dello sguardo emerge un volto.

Non ho bisogno di strizzare le palpebre, perché lo stomaco precipita nel vuoto. Il sorriso mi muore sulle labbra, come un'effimera speranza che la realtà ha disintegrato.

Il passato torna a gridare. Esce dalla sua fossa e mi afferra. Le sue dita gelide avvinghiano il mio collo in una morsa sempre più stretta. 

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