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Capitolo 19

Per realizzare un sogno, una
persona deve superare tante prove
– Louisa May Alcott



Il tempo è relativo. Scorre in maniera diversa per ognuno di noi, benché sia sempre lo stesso per tutti. E questo mese è passato così in fretta che non riesco a capacitarmi di essere di fronte alla porta del mio camerino, che riporta il mio nome a grandi lettere; io, che fino a qualche tempo fa sapevo a malapena che farne della mia vita. Reietta, fuggita di casa, approdata in un luogo per lo più sconosciuto e nelle mani di persone di cui dovevo fidarmi per forza, perché al mio fianco non avevo nessuno se non la mia solitudine e i miei rimorsi.

Ora, invece, ho le tasche piene di sogni che stanno per realizzarsi e gli occhi colmi di meraviglia: questa è la mia vita e, finalmente, sembra che il destino stia sorridendo.

Entro nel mio camerino. È luminoso, non particolarmente grande, ma abbastanza ampio per ospitare lo specchio, un piccolo divano e l'appendiabiti con i costumi.

Sul tavolo da toeletta danno bella mostra di sé svariati mazzi di rose rosse. Mi avvicino estasiata, chinandomi per inspirarne il profumo. Sui bigliettini attaccati ad ogni mazzo ci sono i nomi di Shirley, Jason, Nicole e...

Tengo il foglietto sospeso in aria, incredula.

Sbatto le palpebre più volte, troppo attonita per credere a ciò che ho appena letto. Ci dev'essere un errore. O forse ho gli occhi affaticati.

Da Rhys.

Mi ha mandato dei fiori? Seriamente?

«Rosela!» mi richiama Diana, riscuotendomi dallo stupore. «Dobbiamo andare in palestra per riscaldarsi.»

Annuisco, lasciando il bigliettino tra le corolle e dirigendomi poi a passo spedito verso la palestra nel seminterrato.

Tutti gli attori sono radunati lì. Chiacchierano tra loro, mentre altri già fanno stretching per terra. In un angolo, Blanca scuote le braccia per attirare la mia attenzione. Mi avvicino a lei, che sta parlando con Marta e Susannah.

«Pronte per questa sera?» chiede quest'ultima, saltellando sul posto.

Susannah si tortura le mani. «In realtà no. Ho il terrore di sbagliare. O di inciampare sul palco.»

«È normale che, a teatro, qualcosa vada storto», la rassicura Blanca.

«Lo so, ma sarebbe brutto se succedesse proprio la prima sera, non trovate?»

«Niente ansie», dico. «Godiamoci questo momento e non pensiamo a nient'altro che a divertirci!»

«Sperando di non fare figuracce!» aggiunge Susannah.

Cominciamo a scaldare muscoli e voce con esercizi di gruppo. Il clima da gita scolastica è ancora palpabile nell'aria, forse perché questo, oltre ad essere il nostro lavoro, è anche la nostra più grande passione.

L'eccitazione per il primo spettacolo ci spinge ad impegnarci e a fare del nostro meglio. Per una settimana, i quotidiani in Rete e cartacei manderanno dei giornalisti ad assistere alla rappresentazione: il nostro dovere è emozionarli, perché dalle loro recensioni dipende gran parte del nostro futuro.

Durante una breve pausa, cerco Rhys con lo sguardo, trovandolo infine dall'altra parte della palestra. Studio i suoi comportamenti, ma non mi rivolge la benché minima attenzione nemmeno per un secondo.

Mi ha mandato dei fiori.

Questo pensiero mi assilla con una tale insistenza che mi è impossibile accantonarlo.

Il mio buon senso mi suggerisce che il suo gesto è frutto dell'educazione; tuttavia, non riesco a convincermene totalmente. Non dopo gli atteggiamenti bizzarri che ultimamente ha tenuto nei miei confronti.

Da quando ho saputo dei commenti, mi sono chiesta molte volte se lui ne fosse venuto a conoscenza. Non sono certa che abbia sentito me e Blanca parlarne, ma, così come li ho letti io, anche lui potrebbe averli visti.

Sto dando a questa faccenda più importanza di quanta ne meriterebbe. Non posso farci niente. Forse perché è strano pensare a me e Rhys insieme - una coppia vera e propria - o forse perché i suoi comportamenti sono sempre più enigmatici. Non mi respinge più come un tempo: il ghigno beffardo che mi faceva salire la voglia di prenderlo a schiaffi ha lasciato il posto ad occhiate meste e timide. È esitante, quasi avesse paura di qualcosa. Di me.

Blanca coglie spesso l'occasione per prendermi affettuosamente in giro, definendo Rhys il mio insegnante di pianoforte. Io la lascio fare, perché in fondo non so che cos'è lui per me: un collega? Un pazzo squilibrato che vuole condurmi nel suo vortice di follia? Il cugino della mia coinquilina?

La verità è che, per me, lui è solo Rhys, il ragazzo che non riesco a comprendere, per quanto mi sforzi di interpretare i suoi atteggiamenti ambigui. Il ragazzo che di tanto in tanto fa il gentile con me per poi suonare il pianoforte come un dannato alla ricerca di redenzione. Il ragazzo che colgo a fissarmi in maniera indecifrabile, e che mi obbliga a distogliere lo sguardo: continuo a sentirla, la paura che lui voglia scoprire il mio passato, annidato dietro alle barriere che hanno già rischiato di crollare.

Una volta terminato il riscaldamento, ognuno si ritira nei propri camerini. Manca ancora qualche ora all'inizio dello spettacolo e, prima di prepararci, ci è concesso qualche attimo di svago.

«Qualcuno ha ordinato degli snack?» domanda Blanca, intrufalondosi insieme a Diana nel mio camerino.

«No, ma sono sempre ben graditi!»

Blanca lascia cadere sul tavolo da toeletta una quantità spropositata di confezioni colorate.

«Wow, il tuo camerino è fantastico!» afferma Diana, affacciandosi alla finestra.

«Per non parlare di queste rose. Anche a me è arrivato qualche mazzo», prosegue Blanca. «Chi te le manda?» mi chiede, con sguardo malizioso.

«Un amico, la mia coinquilina e la mia agente», sedo immediatamente le sue fantasie, tralasciando volutamente il nome di Rhys: il fatto che mi abbia mandato dei fiori mi turba. Credo. O, perlomeno, mi lascia basita.

«E questi?» domanda Diana, allungandosi per indicare il mazzo in questione. Solleva il bigliettino e si lascia scappare un gridolino. «Sono di quel figo di Rhys!»

«Non urlare!» la rimbrotto, coprendomi il volto per l'imbarazzo.

«Ti ha mandato delle rose?» chiede Blanca, stupita e al tempo stesso entusiasta. Mi rivolge una lunga occhiata, che ignoro di proposito.

«Sì... cioè... per educazione, immagino. Visto che viviamo insieme... e ora siamo colleghi», mi giustifico, benché immagino non fosse necessario: è un mazzo di fiori che mi sono stati recapitati, non un cadavere che riporta le mie impronte digitali.

«Interessante», sussurra Diana, scambiando un'occhiata d'intesa con Blanca.

«Vi prego, non fraintendere: tra me e Rhys non c'è niente!»

«Se vuoi che rimanga un segreto, sappi che noi siamo molto discrete», replica Diana.

«Sì...» poi, rendendomi conto di quanto ha detto, balzo in piedi. «No! No, non hai capito: tra me e Rhys non c'è niente per davvero. Lui è il cugino della mia coinquilina e vive con noi. Fine. Non andiamo neanche particolarmente d'accordo.»

«Però ti ha mandato delle rose», ribatte Diana, sospirando con aria sognante.

«Non so perché l'abbia fatto, ma non è come pensi!» ripeto. Per convincere lei e, probabilmente, anche me stessa.

Blanca annuisce, malgrado la sua espressione sorniona mi fa capire che non è del tutto convinta delle mie parole, così come non lo era la prima volta che abbiamo affrontato l'argomento; Diana, dal canto suo, si è già buttata sugli snack.

Quando giunge il momento di prepararsi, percepisco l'ansia, l'adrenalina e l'eccitazione salire alle stelle. Con l'aiuto delle truccatrici, applico sul volto i cosmetici che sono stati messi a mia disposizione. Indosso la parrucca e, finalmente, anche il primo costume di scena: l'abito bianco con la cintura rossa.

Mi guardo allo specchio più volte, per assicurarmi di essere davvero io la persona che sta vivendo tutto ciò. Affianco a me non vedo demoni pronti ad inghiottirmi e a ricordarmi il passato, con le loro parole sussurrate nella mia mente ancora troppo fragile per sconfiggerli del tutto.

Lo specchio riflette il mio volto sorridente, incorniciato dalla parrucca scura. Quegli occhi, che prima erano stati spenti dal dolore, ora brillano come stelle.

Prendo un respiro profondo e scatto una foto per inviarla a Maria. Vorrei averla qui con me, ma mi devo accontentare.

Mi augura in bocca al lupo e, mentre ci scriviamo, sento la musica del prologo arrivare dal piano di sotto: lo spettacolo è iniziato.

A breve mi chiameranno, e sarà il mio momento.

Ho sognato a lungo di salire su un palco e raccontare una storia. Ho sacrificato ore ed energie per arrivare fino a qui, e pensare che ho avuto la tentazione di rinunciare mi fa provare una strana vertigine: avrei strappato da sola quel cordone ombelicale che per anni mi ha dato la forza di lottare, facendomi sentire viva.

Continuerai a far parte di me, Flavio, che io vada avanti oppure no; ma non posso abbandonare il mio sogno. Non posso abbandonare me stessa.

Esco dal camerino e scendo le scale che conducono dietro le quinte. Vedendomi, Diana mi viene incontro.

«Pronta?» mi chiede con trepidazione.

«Pronta», rispondo, senza esitare.

Perché il mio cuore è già sul palco, e non aspetta altro: vuole narrare la storia di Maria, cantando la sua innocenza e il suo coraggio.

E arriva il mio momento: Maria si prepara per il ballo, dicendo alla cognata Anita di non essere innamorata dell'uomo che è stato scelto per lei come marito, ovvero Chino. Lei sogna l'amore, quello che ti trascina nel suo vortice e ti penetra nel cuore con la prepotenza di un invasore e la dolcezza di una carezza attesa a lungo.

Maria trova l'amore proprio al ballo in palestra. Mentre Jets e Sharks si sfidano, lei incontra Tony: bello, tenero e anche lui desideroso di innamorarsi. Si guardano negli occhi e iniziano a ballare, lontani dalla tensione che aleggia intorno a loro.

Nei loro cuori alberga una luce potente, che si scaglia contro l'odio e lo annulla. Ma poi Bernardo, il fratello di Maria, li separa: i bianchi e i portoricani sono nemici, non possono e non devono andare d'accordo.

Né Bernardo, né nessun altro poteva sapere che ci sono fiamme destinate ad ardere per sempre, malgrado i mille tentativi di spegnerle.

Maria e Tony si incontrano di nuovo sul balcone di lei. Niente può dividerli, nemmeno le diversità che gli altri vogliono a tutti i costi vedere. Che differenza c'è, in fondo, tra un bianco e una portoricana? Si danno appuntamento per il giorno seguente, al negozio dove Maria lavora, e lì sognano di sposarsi. Immaginano un luogo e un tempo dove la loro felicità non sia sbagliata.

Ma i problemi sono sempre pronti all'agguato: Jets e Sharks vogliono sfidarsi, e Riff, l'amico di Tony, viene ucciso da Bernardo. Tony, che voleva risolvere la diatriba pacificamente, si scaglia contro di lui, accecato dalla rabbia, e lo uccide. La notizia giunge ad Anita e Maria, la quale non riesce a crederci: l'uomo che ama è l'assassino di suo fratello.

Tony corre da Maria per spiegarle l'accaduto. Nonostante tutto, non riescono a smettere di amarsi, e anche se quel luogo e quel tempo in cui vivere felici sembrano troppo distanti - troppo utopici - loro non smettono di crederci.

Anita, però, li scopre insieme. Non approva la loro relazione, perché Tony ha ucciso Bernardo, l'uomo che amava. Ma Maria implora il suo aiuto, perché da sola non può scappare con Tony: la polizia sta cercando il colpevole e Chino vuole ucciderlo. Anita acconsente ad andare alla drogheria dove Tony si nasconde, per avvertirlo.

Il Fato, tuttavia, è avverso ai due innamorati, e sembra non voler concedere loro un luogo e un tempo dove amarsi e maturare insieme: Anita va alla drogheria, ma i Jets la aggrediscono; colma di rabbia, riferisce che Chino ha ucciso Maria, e Tony, non appena lo scopre, si dispera. Corre via e grida al vento, implorando Chino di uccidere anche lui: non ha senso vivere senza la ragazza che ama, perché era lei la sua felicità.

Eppure, la incontra. Non sta sognando: Maria c'è, in carne ed ossa. È viva. Allora... possono ancora essere felici, insieme. Malgrado le avversità, hanno tutta la vita davanti, e possono amarsi, fuggire lontano, cercare un luogo e un tempo adatti a loro...

Un colpo di pistola.

Un rumore violento, improvviso, che dura pochi attimi, ma che cambia ogni cosa. Segna un prima e un dopo. Un prima fatto di speranze e dolci sogni ancora realizzabili. Un dopo vuoto, vano, che è più facile negare piuttosto che accettarlo per davvero.

Chino ha sparato, e Tony sta morendo.

Maria sente nascere in sé un sentimento nuovo, turpe, potente. Qualcosa che lei non conosceva, ma che ora sta prendendo piede nel suo cuore. L'odio. Lo stesso odio che ha ucciso Tony, e prima di lui Bernardo e Riff.

È facile corrompere un cuore innocente. Il candore, a volte, non dura in eterno: se lo esponi alle brutture del mondo, finirà per piegarsi e sporcarsi, e niente potrà lavare via quelle impurità che l'hanno macchiato.

Io sono Maria. Sono in ginocchio sul palco e stringo a me Rhys, Tony. Piango, percependo tutto il dolore di questo momento scoppiare in me come una bomba innescata all'improvviso.

Mi chino piano, mentre Rhys chiude gli occhi. Gli bacio le tempie, la fronte, le guance, infine le labbra. Gli altri attori mi si stringono intorno, ma io mi alzo in piedi, pronta a pronunciare il mio monologo finale. Afferro la pistola e la punto contro tutti: Maria ora conosce l'odio, e ne avrebbe abbastanza per uccidere.

Ma non lo fa. Perché in fondo, anche se screziato, un cuore buono resta tale fino alla fine, e l'amore che prova per Tony le impedisce di abbassarsi allo stesso livello di chi l'ha ammazzato. In lei c'è ancora la luce: è flebile, ma brilla coraggiosamente contro il buio della morte.

Finisce tutto in un attimo: il sipario cala e nella sala esplode un boato di applausi. Uno ad uno, gli attori tornano sul palco. Rimango nascosta dietro le quinte. Rhys è dall'altra parte. Mi rivolge uno sguardo d'intesa, dopodiché ci incamminiamo al centro del palco. Sorride e mi prende per mano, e ci uniamo agli altri per prendere gli applausi del pubblico.

Osservo la platea, nonostante la mia vista sia offuscata dalle lacrime: le persone sono in piedi, e la loro ovazione fa vibrare ogni singola parte di me.

Li ho portati nel mio mondo. Ho raccontato loro una storia. Ho donato loro il mio cuore.

Sono a Londra, su un palco vero. E ho l'impressione che non riuscirò a smettere di piangere mai più.

• • • • •

Non credevo di poter provare così tante emozioni in pochi minuti. Mi hanno sopraffatta, come un uragano che arriva e ti travolge, perché non si è mai davvero preparati neanche a ciò che ci si aspettava.

«Eccola qui, la nostra leading lady preferita!»

Blanca entra nel mio camerino, seguita da Diana.

«Sei stata fantastica!» esclama quest'ultima, venendo ad abbracciarmi.

«Anche voi siete state meravigliose!»

«Dobbiamo fare una foto per immortalare questo momento», propone Blanca, avvicinandosi allo specchio.

Prendo il telefono e scatto una foto. Sorridiamo, felici e strette l'una all'altra.

«Vado a cambiarmi, il mio ragazzo vuole portarmi a cena per festeggiare», afferma Diana, con gli occhi a cuore.

Ci salutiamo e, quando anche Blanca se ne va, resto da sola. Mi cambio e mi strucco, ma, prima di uscire dal camerino, mi siedo di nuovo per prendermi qualche istante di riflessione. L'ansia e l'adrenalina sono del tutto scomparse: ora alberga in me una sensazione di appagamento e gioia che non avevo mai provato.

Questa è la mia vita, benché ancora io faccia fatica a capacitarmene.

Ogni sera vivrò queste emozioni. Non credo che mi abituerò. Sarà sempre come la prima volta.

Mi alzo in piedi e mi affaccio alla finestra per osservare la strada trafficata. Numerosissime luci sfavillano nel buio della notte. Il cielo non sembra mai troppo nero in città, e a volte mi dispiaccio di non riuscire a vedere le stelle.

Ascolto attentamente i rumori di Londra e della sua gente, che si diverte in questa serata di tarda estate. È ignara della mia esistenza e del mio passato. È sempre confortante pensarci: sono poche le persone che sanno chi sono, e nessuno conosce il mostro, la rovina famiglie. È una versione di me che resta nascosta, ma con la quale io sono condannata a convivere.

Chissà se lui mi sta pensando...

Dovevamo condividere questo momento insieme; invece, sono da sola. È lontano, a casa sua, con sua moglie.

Io ero di troppo.

Ripenso alle persone in platea, avvolte nell'oscurità perché tutte le luci erano puntate sul palco. Nel cuore ho serbato la speranza irrazionale ed irrealizzabile che lui fosse lì, per supportarmi. Ma non c'era. Non sa neanche che, questa sera, il più importante dei miei sogni si è realizzato.

Il sogno in cui lui ha creduto anche per me.

Chissà come sarebbe bello saperlo fuori ad aspettarmi, pronto a congratularsi.

Ma non c'è.

Ed è giusto così, suppongo. Perché in fondo, nella vita, non tutte le persone che ne hanno fatto parte sono destinate a restarci per sempre: arriva un momento in cui ci si deve dividere e ognuno prende la propria direzione.

Fa male vivere senza di te, Flavio.

Sapevo che avrei pensato a lui. È inevitabile: è dentro di me, nonostante sia sbagliato.

«Posso?»

Mi volto, riscossa dalla voce di Rhys. È sull'uscio, appoggiato allo stipite ad osservarmi.

Non abbiamo avuto occasione di parlare, oggi. Siamo usciti di casa in due momenti diversi e anche i giorni scorsi ci siamo visti poco, perché affaticati dalle prove.

Annuisco e lui entra, pur tenendosi a distanza. Il suo sguardo scivola sui mazzi di rose che rallegrano il tavolo da toeletta.

«Grazie per i fiori», dico, senza guardarlo. «Non dovevi.»

Lui non replica, ma vedo con la coda dell'occhio che ha sollevato le spalle. Alzo lo sguardo e mi accorgo che ha il capo chino.

«Siamo partner, sul palco. Era giusto mandarteli.»

Non so che risposta mi aspettassi di ricevere, né come mi facciano sentire le sue parole. Rimango in silenzio, perché non ho idea di che cosa potrei dire.

«Sei... sei stata splendida stasera», prosegue, senza sollevare la testa.

Lo fisso, troppo allibita per rispondere. E forse anche un poco imbarazzata da questo complimento del tutto inaspettato.

Lo ringrazio velocemente, voltandomi dall'altra parte per nascondere la faccia che, molto probabilmente, sta prendendo fuoco.

Vorrei che parlasse, che dicesse qualsiasi cosa pur di interrompere questo silenzio.

«Anche tu sei stato bravo.»

«Grazie. Almeno questa sera non hai riso durante l'ultima scena.»

Mi sfugge una risata. «Ero troppo triste per ridere.»

«Triste?» solleva un sopracciglio.

«Sì. Insomma... Tony muore e Maria resta sola. È... triste. Tragico.»

Annuisce, mordendosi il labbro inferiore e assumendo un'espressione assorta.

«Torniamo a casa?» mi chiede ad un tratto.

Acconsento. Prendo le mie cose ed esco dal camerino, seguita da Rhys. Scendiamo le scale fino a raggiungere l'uscita. Quando apro la porta, si levano delle voci concitate e allegre: molte persone sono radunate sul marciapiede e stanno applaudendo.

Rimango immobile, esterrefatta e incapace di parlare.

«Credo stessero aspettando noi», sussurra Rhys, spingendomi delicatamente verso una ragazza che sta sventolando il programma dello spettacolo.

«Possiamo fare una foto insieme?» mi chiede con entusiasmo. «West Side Story è il mio musical preferito, volevo vederlo dal vivo da anni! Canti come un angelo!»

Mi vengono gli occhi lucidi, mentre la ragazza mi abbraccia. Qualcuno ci scatta una foto, dopodiché altre persone si avvicinano per complimentarsi.

Sapevo che poteva succedere, ma non credevo che potesse capitare a me. Ora, però, l'affetto che sto ricevendo mi fa capire che ho preso la decisione giusta.

Saluto l'ultimo ragazzo che mi ha intrattenuto e, quando mi volto, vedo Rhys intento ad osservarmi.

«Sembri felice», dice, sorridendo.

«Lo sono.» 





« Angolo autrice »

Wow, addirittura due capitoli nel giro di pochissimo tempo! Consideratelo un regalo di Natale molto anticipato :)

Ebbene: finalmente Rossella ha realizzato il suo sogno ed io sono orgogliosa come una mamma :')

Ho dedicato parte del capitolo alla trama di West Side Story, perché parto dal presupposto che non tutti lo conosciate. O magari l'avete visto e non lo ricordate (se l'avete visto, quale versione avete guardato?).

Il prossimo capitolo sarà un mix tra risate e lacrime. Io ho pianto scrivendo una parte, ve lo dico. Lettori avvisati, mezzi salvati.

Con affetto <3

Scarlett Hamilton

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