Capitolo 17
Chi non cambia mai la propria opinione,
ha il dovere assoluto di essere sicuro di
aver giudicato bene sin da principio
– Jane Austen
Le prove per mettere su uno spettacolo sono sempre elettrizzanti, specialmente i primi giorni: si crea un clima da gita scolastica, in cui si cerca di socializzare e divertirsi, benché si stia lavorando. Tutti sono desiderosi di apprendere i passi giusti, i gesti appropriati e la maniera corretta di cantare un determinato verso, così da enfatizzare il messaggio che c'è dietro.
Il primo giorno abbiamo parlato con i direttori, ripercorrendo la storia del musical. Noi attori abbiamo avuto la possibilità di confrontarci, per conoscerci meglio e rompere ulteriormente il ghiaccio.
Dal secondo giorno, abbiamo iniziato a lavorare per davvero. Divisi nelle diverse aree degli studi, abbiamo provato le scene, le coreografie e le canzoni. Nei nostri momenti liberi, invece, le costumiste hanno pazientemente preso le nostre misure per poter poi realizzare i costumi di scena.
I nostri telefoni sono già pieni di foto ricordo e video esilaranti se non addirittura imbarazzanti.
Mi sembra di sognare, malgrado il lavoro sia tanto e non sia sempre facile. Non vedo l'ora di provare sul palco e poi esibirmi di fronte ad un pubblico che si emozionerà insieme a me, sognando un posto e un tempo in cui Tony e Maria vivono felici.
Ogni giorno diminuisce l'attesa che mi separa dalla realizzazione del mio sogno.
Ma non è tutto oro quello che luccica, e ogni medaglia ha il proprio rovescio.
Io e Rhys evitiamo di guardarci. Sappiamo entrambi quello che sta per succedere, e incrociare il suo sguardo acuirebbe il mio imbarazzo.
È giunto il momento tanto temuto. Non lo si può rimandare. Non è possibile eliminare questa scena. Dobbiamo farlo e basta.
Che io ci pensi o meno, il risultato non cambia: io e Rhys siamo tenuti a baciarci, e la sola idea di un contatto così intimo tra me e lui mi provoca delle sensazioni troppo forti.
Imbarazzo? Moltissimo. Piacere? Non credo. Disgusto? No, poteva andare molto peggio. Fastidio? Resta comunque il cugino bipolare della mia coinquilina. Voglia di fuggire? Infinita.
«Sapete cosa dovete fare», ci dice il direttore, ignaro dei pensieri che stanno vorticando nella mia mente.
Andrà tutto bene. È solo un bacio.
Che sarà mai, un bacio? Un semplice gesto di due persone che devono fingersi innamorate, perché fingere è ciò che il nostro lavoro richiede: siamo attori e quando recitiamo non siamo noi stessi. Lui è Tony, io sono Maria.
Solo che, se lo guardo, viene meno la mia capacità di convincermi. È tremendamente difficile e non so neanche il perché.
Perché lo odi? No... diciamo che non lo sopporto la maggior parte delle volte che devo averci a che fare. Perché lui ti detesta? Forse. Perché è bipolare? Assai probabile.
Salgo sulla pedana rialzata che utilizzeremo durante le prove come balcone. Prendo un respiro profondo, radunando tutta la forza di volontà che anima il mio corpo.
Devo rimanere concentrata.
E succede: io e Rhys entriamo nella parte. Ci guardiamo e cominciamo a parlare, pronunciando le battute che per settimane abbiamo studiato pur di impararle a memoria.
Siamo innamorati, e vorremmo passare insieme più tempo possibile; l'eternità addirittura, perché le ore, i giorni, i mesi e gli anni non ci bastano. Ci incontriamo, malgrado il pericolo incombente di essere scoperti.
Rhys sale sulla pedana e si avvicina a me. Mi stringe tra le sue braccia per azzerare la distanza tra i nostri corpi. Si china e le sue labbra, dopo un attimo di esitazione, si posano sulle mie: è un bacio avido, atteso, colmo di desiderio, inizialmente incerto; poi, acquista sicurezza, mi accarezza la schiena e mi spinge contro di lui.
Non ci devo pensare. Lui è Tony e io sono Maria.
Ricambio il bacio, portando le mie mani sulle sue spalle. Non mi ero mai accorta di quanto fossero larghe e, non appena lo sfioro, ho l'impressione che Rhys sussulti. Sembra teso, ma si lascia andare, mentre le nostre labbra danzano in sincronia. Ci fermiamo solo per pronunciare qualche battuta, per poi riprendere ad assaggiarci, scoprirci, conoscerci.
Il direttore suona al piano le prime note della base e ci separiamo, guardandoci negli occhi. I nostri volti sono ancora vicini, tanto che riesco a studiare con attenzione la fossetta che già una volta gli avevo accarezzato.
Inizio a cantare, sentendo il suo respiro caldo sulle mie guance. Seppellisco l'imbarazzo nell'angolo più lontano e recondito del mio corpo, nella speranza di scordarla lì cosicché non torni ad angustiarmi.
Perché io sono Maria, e lui è Tony.
Quando Rhys comincia a cantare la sua parte, sollevo per istinto lo sguardo, incontrando i suoi occhi.
Dolcezza. Desiderio. Amore. Li vedo alternarsi nelle sue iridi mentre mi fissa così intensamente da provocarmi uno strano brivido.
Maria e Tony provavano questo: si guardavano negli occhi e sognavano di essere l'uno la metà dell'altra. Lo erano. Lo sentivano sulla pelle, quell'amore troncato dall'odio che loro non condividevano, ma che circondava la loro bolla di felicità. E l'odio, troppo potente per essere sconfitto dalla purezza dei loro sentimenti, ha avvolto la bolla fino a farla esplodere.
Era un amore che avrebbero scritto insieme, come una favola perfetta per la quale bramavano il più tenero dei finali.
La voce di Rhys sembra accarezzarmi. Vibra nell'aria, accompagnata dalla musica. Lo ascolto incantata, sentendomi amata, felice, apprezzata.
Perché lui è Tony, e io sono Maria.
Ci baciamo di nuovo: un bacio breve, ma intenso e passionale. Ricominciamo a cantare, mentre mi stringo al suo corpo e le sue mani prendono le mie. Con i polpastrelli, mi accarezza i dorsi, le dita, i palmi. Li percorre lentamente, lasciandosi dietro scie di scariche elettriche e brividi che mi scombussolano lo stomaco. Il suo respiro mi solletica il cuoio capelluto: ha chinato il collo per potermi baciare i capelli e le tempie. Le sue labbra sfiorano con delicatezza la mia pelle, schiudendosi appena. Mi scosta una ciocca di capelli dal volto, e la sua mano poi scende carezzandomi il collo.
Chiudo per un attimo gli occhi, cullata dalla sua voce calda, profonda, vibrante.
Se Tony fosse davvero esistito e questa fosse stata la sua voce...
Sì, me ne sarei innamorata. Perché una voce così proviene dall'anima. Perché una voce così ti fa sciogliere e ti penetra nel cuore con l'irruenza di un uragano e la finezza di un fiocco di neve.
Ancora un bacio e Rhys scende dalla pedana: Tony deve andarsene, prima che la famiglia di Maria li scopra insieme. Prima che vedano la figlia con il nemico: un bianco. Prima che il mondo entri nella loro bolla, gettando il buio sul loro amore.
Recitiamo le ultime battute della scena, guardandoci intensamente negli occhi.
Lui è Tony, e tu sei Maria.
Eppure...
«Fantastico!»
Mi volto di scatto verso il direttore, che sta applaudendo soddisfatto.
Non mi ero accorta che la musica fosse finita. Che la scena fosse infinita.
Scendo dalla pedana e mi avvicino al direttore, che sta parlando con Rhys. Ci dà qualche ultima dritta, per poi congedarci: mancano pochi minuti alla pausa pranzo.
«Siamo andati... bene», mormoro, stringendo le braccia attorno a me stessa, esitante e in imbarazzo: io e Rhys siamo rimasti soli nella sala.
Si gira per guardarmi, ma abbassa prontamente gli occhi quando incontra i miei. Annuisce flebilmente.
«Io... io vado in bagno, allora.»
Rhys non accenna a rispondere, pertanto lascio la sala, dirigendomi verso i servizi. Una volta raggiunta la toilette, mi guardo allo specchio: ho le guance purpuree. Con le dita, mi sfioro le labbra.
L'abbiamo fatto.
Ci siamo baciati.
Ed è stato... strano.
La sua pelle contro la mia. Le sue labbra sulle mie. Le nostre mani che si stringevano. I nostri corpi così vicini. Il calore del suo respiro.
E i suoi baci.
Mi sono piaciuti? Non credo. Forse. Del resto, stavamo solo recitando. Non erano seri, bensì finti.
Scuoto la testa, quasi a volermi scrollare di dosso certi pensieri. Mi sciacquo la faccia con dell'acqua fredda, arrossando maggiormente la pelle; ora, perlomeno, sono lucida.
Va tutto bene.
Me lo ripeto, anche ad alta voce, per convincermi.
«Ehi, finito?»
Milagros, l'attrice di Anita, è appena entrata in bagno, con una felpa ed un asciugamano sulle spalle e il volto accaldato.
«Sì.»
«E come è andata?» mi chiede, lavandosi le mani e sciacquandosi il viso.
«Bene», rispondo laconica. «E a voi com'è andata?»
«Siamo riusciti ad imparare la coreografia di America, per la gioia della coreografa», scherza, tamponandosi la fronte con l'asciugamano. «Ti unisci a noi per il pranzo? Blanca ha portato da mangiare per un reggimento.»
Annuisco e le faccio cenno che può iniziare ad andare.
«Finisco qui e ti raggiungo.»
Non appena rimango sola, prendo un lungo respiro profondo.
Va tutto bene.
Una vocina nella mia testa mi ricorda che dovremo baciarci ancora e ogni sera, ma le rammento che è per lavoro. Per i soldi. Per Shirley, che ancora attende la mia parte di affitto. Per il pubblico, che paga per vederci. Non è né perché mi piaccia, né perché io lo desideri.
Uscendo dal bagno, sento una melodia diffondersi nell'aria. La seguo, giungendo dinanzi alla sala in cui io e Rhys abbiamo provato la scena del balcone. Mi avvicino alla porta, attirata dalla musica che proviene dall'interno, e la schiudo con cautela.
Rhys sta suonando il piano, con la testa china e i capelli che gli ricadono sulla fronte. Muove le dita sulla tastiera con sicurezza, dando vita ad una melodia a me sconosciuta e che genera in me una pace immensa. Non è una canzone triste: sembra quasi nostalgica, ma rievoca in me scenari placidi.
Immagino una distesa sterminata di prati, che incontrano il cielo azzurro lungo la linea dell'orizzonte oltre la quale si nascondono chissà quali meraviglie, invisibili a distanza.
Mi avvicino lentamente, incantata dalla musica che gradualmente sfuma nel silenzio.
«Suoni bene.»
Rhys solleva lo sguardo e mi osserva impassibile mentre mi metto a sedere al suo fianco, sulla lunga panca di fronte al pianoforte.
«Io non so suonare nessuno strumento», confesso, poggiando delicatamente le dita sui tasti, ma senza premerli. «A dire la verità... avrei voluto imparare, ma non ne avevo il tempo: le lezioni di canto e quelle di danza occupavano quasi interamente i miei momenti liberi.»
Mi pento immediatamente di essermi lasciata andare in questo modo, rivelando a Rhys dei dettagli di cui a lui non interessa; eppure inaspettatamente, lui non resta chiuso nel suo mutismo.
«Non è poco.»
«Cosa?»
«Non è poco. Saper cantare e ballare.»
Mi mordo il labbro inferiore, osservando le sue dita affusolate ancora immobili sui tasti e a poca distanza dalle mie. Le stesse dita che, poco fa, hanno sfiorato la mia pelle.
«Mi piace il suono del pianoforte: sa essere dolce, ma anche irruento», continuo, senza sapere di preciso perché. Forse per scacciare il ricordo di me e lui, praticamente avvinghiati l'uno all'altra.
«I contrasti sono affascinanti», replica Rhys.
Il suo sguardo non mi lascia andare neppure per un istante, facendomi sentire in soggezione. Scruto i suoi occhi e vi leggo una grande curiosità: sta scavando in me con estrema attenzione. Sta investigando alla ricerca di un indizio, una strada in grado di condurlo a quel qualcosa che sembra cercare in me.
Mi schiarisco la gola per interrompere il silenzio e volgo la testa altrove.
Mi sento esposta. Ho sempre l'irrazionale paura che lui veda ciò che celo.
Cos'è che cerca? E perché?
«Non immaginavo che suonassi il piano, oltre alla chitarra.»
«Sono molte le cose che non sai di me», sussurra.
Mi giro di scatto: mi sta ancora fissando, e non riesco ad interpretare né il suo tono, né la sua espressione. Rhys è come un messaggio scritto in una lingua sconosciuta e indecifrabile: qualsiasi interpretazione si cercherà di darle, rimarrà il dubbio di aver sbagliato.
«Potrei sapere molte più cose, se tu non fossi scostante, odioso e infantile», ribatto con irritazione.
Studio la sua reazione: continua a guardarmi. Ho l'impressione che stia per parlare, ma tace è abbassa il capo. Le sue dita premono i tasti sui quali prima erano solo posate, producendo un suono grave e sgraziato.
Mi alzo in piedi per allontanarmi, ma, prima di uscire dalla sala, rivolgo un ultimo sguardo a Rhys: ha i pugni stretti e la testa china. Per un attimo, sono tentata di tornare indietro, colta dal dubbio di aver frainteso il suo tono e dunque le sue intenzioni; tuttavia, proseguo imperterrita.
È lui che mi respinge sempre, e l'ha fatto anche stavolta.
« Angolo autrice »
Ebbene, finalmente ho aggiornato! Ci ho messo più del solito per due motivi: innanzitutto, ho procrastinato i compiti di francese sino alla fine di agosto (li ho finiti solo due giorni fa); poi, scrivere questo capitolo è stato difficile, più che altro perché la mia musa si era probabilmente presa una vacanza. E non ricordavo più l'italiano. Donc, pardon.
Non vi allego il video che ho usato per descrivere le prove perché tecnicamente non dovrebbe neanche trovarsi su internet, ma noi theatre kids non protestiamo.
Che ne pensate della "relazione" che pian piano sta nascendo tra i nostri cuccioli di Rhyssella? Ok, lei lo odia ancora e darebbe volentieri fuoco ai suoi biscotti, ma... pian piano si sta lasciando andare, avete notato? Molto lentamente, ma ci stiamo riuscendo.
Nei prossimi mesi potrei aggiornare pochissimo: quest'anno ho la maturità e so per certo che avrò tempo solo per dormire; per il resto dovrò studiare. E nutrirmi. E poi studiare di nuovo.
Vi ringrazio per il vostro affetto e i vostri commenti. Davvero. Siete la mia forza.
Con tantissimo affetto
Scarlett Hamilton
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