Capitolo 14
Fai della tua vita un sogno
e di un sogno, la realtà
– Antoine de Saint-Exupéry
Non so quante volte ho rigirato lo spartito tra le mie mani, rileggendo ogni singola parola riportata su di esso, per essere sicura di non star sognando. Ho osservato il pentagramma con la stessa meraviglia delle prime volte, seguendo una curva immaginaria disegnata dal susseguirsi delle note. Sono simboli straordinariamente magici ed eleganti, quasi un alfabeto fatto di melodie ed emozioni. Ed è quasi bizzarro, eppure straordinariamente intrigante, pensare che proprio quei simboli siano in realtà suoni, che a loro volta creano immagini e sensazioni in chi li ascolta.
La musica è straordinaria. È una lingua che in pochi possono comprendere e che si rivela soltanto a chi invece ha l'anima per capirla.
Mi decido a lasciare lo spartito sul letto ed esco dalla stanza; dopo che mi sono preparata, ho perso del tempo a fantasticare, e immagino che Jason sarà piuttosto stizzito: difatti lo trovo seduto sul divano, con un’aria palesemente insofferente. Non appena mi vede, solleva il braccio e indica l’orologio che indossa al polso.
«Avevi detto due minuti», puntualizza. «Ne sono passati quasi dieci.»
Alzo gli occhi al cielo e mi dirigo verso la porta per indossare le scarpe.
«Forza, andiamo adesso», lo intimo, afferrando l’ombrello.
«Ah, ora hai fretta», borbotta, ma non gli rispondo.
Scendiamo e camminiamo per qualche metro fino ad un posteggio dove Jason ha parcheggiato la sua auto, che non assomiglia per niente alla scatola di sardine di Shirley: è più grande e spaziosa e sembra anche meno vecchia. Mi accomodo sul sedile del passeggero e allaccio la cintura.
«Grazie per il passaggio.»
«Lo sai che mi sono offerto perché ho bisogno di andare in libreria.»
«Sei sempre così amichevole?»
«Solo con le mie persone preferite», si volta per regalarmi un sorriso smagliante.
Scoppio a ridere e torno a guardare la strada davanti a noi. Siccome sta piovendo, il traffico è piuttosto congestionato, tanto che procediamo a passo di lumaca.
«Posso farti una domanda?»
«Dipende dalla domanda», è la sua risposta.
Sbuffo e proseguo: «Se hai la casa piena di libri, come mai non sapevi il nome del Colosseo?»
«Ecco come si chiamava!» esclama Jason, battendosi una mano sulla fronte. Scuote la testa. «Sai, non ho la libreria piena di volumi di Geografia. Non sono interessanti tanto quanto i romanzi d'avventura.»
«Credo sia cultura generale. Ci sarai andato a scuola, o avrai visto qualche film ambientato in Italia.»
«In realtà il cinema non è mai stata una mia passione. E poi a scuola copiavo sempre. L'unica materia in cui andavo bene per meriti personali era Letteratura.»
«Hai copiato per anni senza mai essere beccato?» gli chiedo, incredula.
«Nemmeno una volta», afferma con orgoglio. «Ero, modestamente, un maestro nell'arte del copiare.»
«Quindi non studiavi mai?»
«Raramente e il minimo sindacale. Mi impegnavo solo per Letteratura.»
«Ma ti ricorderai pur qualche cosa di Geografia, anche se hai sempre copiato.»
«A dire la verità no.»
«Visto che sei uno scrittore, però, qualche nozione di Geografia dovrebbe servirti.»
Jason si lascia andare ad una risata sguaiata e sembra quasi che sia sul punto di piangere. Non comprendo il motivo di tanta ilarità, perciò lo osservo in cagnesco.
«Rosela cara, non dire sciocchezze mentre guido, o altrimenti andremo a schiantarci», dice, asciugandosi le lacrime. «Ad ogni modo, per quello che scrivo, direi che è l’Anatomia a servirmi.»
«Però vorrai scrivere qualche cosa di tuo… insomma, non ne hai abbastanza di fare il ghostwriter?»
«Eccome! Però non posso fare altrimenti perché…»
«Perché i soldi non crescono sugli alberi, lo so. Ad ogni modo… immagino che tu voglia scrivere altro, no?»
Jason sembra riflettere per qualche secondo.
«Sì…» comincia, ma poi scuote la testa ridendo nervosamente. «Se te lo dicessi, mi prenderesti in giro.»
«Non è vero!»
Esita, fissando dapprima me e poi la strada.
«Va bene. Voglio scrivere… racconti per bambini», si volta per rivolgermi un'occhiata veloce. «Oh, non dovevo dirtelo! Stai ridendo, infame traditrice!»
«Non sto ridendo», lo rassicuro. «Sorrido solo. È una cosa bella. Assurda, certo: dai romanzi erotici ai racconti per bambini… però è davvero una cosa stupenda.»
Jason mi rivolge un'occhiata in tralice, con una smorfia offesa.
«Ascoltami: lo penso davvero. Insomma… tu renderai l'infanzia dei tuoi lettori stupenda, riempiendo il loro cuore di sogni e speranze.»
«Il mio ex non la pensava così», riflette, con tono tranquillo.
«Il tuo ex allora era un idiota!» esclamo, ma poi aggiungo imbarazzata: «Scusa… forse non dovrei insultarlo, visto che non lo conosco neanche».
«No, hai ragione: era proprio un idiota. Comunque… se ti va, potresti poi leggere qualcuno dei miei racconti.»
«Certo! Ne sarei molto felice!»
Il viaggio procede lentamente, ma dopo qualche altro minuto imbottigliati nel traffico londinese, con i tergicristalli che fanno avanti e indietro sul parabrezza, finalmente giungiamo a destinazione. Mi chino per afferrare l'ombrello.
«Ti chiamo appena finisco.»
Jason annuisce e mi saluta prima che io scenda. Apro l'ombrello, allontanandomi dal bordo del marciapiede per evitare gli schizzi degli automobilisti. Osservo la macchina di Jason allontanarsi, in direzione della libreria, per poi incamminarmi verso l'alto palazzo indicatomi da Nicole.
Sono emozionata all'idea di poter parlare con lei: vuole diventare la mia agente, e ciò significa che mi sarà più facile, in futuro, ottenere dei ruoli e poter partecipare a dei casting. L'industria teatrale è un labirinto intricato e spesso piuttosto crudele, e il supporto di un agente mi aiuterà di certo.
Arrivo di fronte al palazzo, che somiglia agli imponenti grattacieli di New York, se non fosse per l'altezza decisamente minore. Le vetrate si susseguono quasi ininterrottamente, e riflettono il plumbeo grigiore del cielo.
Mi decido ad entrare, cercando prima di placare la mia eccitazione. Mostro al portiere il biglietto da visita datomi da Nicole e lui si fa indietro per farmi accedere nella Hall. La porta scorrevole si apre, rivelando un ambiente grande, dall’arredamento moderno e sui toni del grigio. Mi avvicino ad una larga scrivania, alla quale sono sedute tre ragazze, tutte intente a parlare al telefono. Non appena una di loro si libera, le mostro il biglietto da visita.
«Gli uffici della West End Starlight Agency sono al quinto piano», dice in fretta, per poi rispondere ad un’altra chiamata.
Raggiungo l’ascensore e, una volta dentro, clicco il pulsante del quinto piano. Prendo un respiro profondo, mentre salgo lungo l'edificio, accompagnata dal suono quasi surreale e fantascientifico dell'ascesa. Le porte si aprono e, dinanzi a me, vedo uno spazioso corridoio, lungo il quale sono disseminati svariati uffici. Esco per guardarmi intorno, finché non vedo, in fondo e davanti ad una vetrata, delle scrivanie.
«Buongiorno. Dovrei parlare con Nicole Clarke», dico ad una delle segretarie non appena la raggiungo.
«Nome?»
«Rossella Conticini.»
Lei annuisce e compone velocemente un numero al telefono, contattando Nicole.
«La accompagno», mi comunica, dopo averle parlato.
La segretaria si alza in piedi e mi conduce fino ad una porta. Bussa e sento dall'altra parte la voce di Nicole dire avanti. La segretaria apre la porta e mi spinge delicatamente per farmi entrare. Io rimango ferma sulla soglia.
«Oh, Rosela! Accomodati pure» esclama Nicole.
Mi avvicino e lei prontamente mi stringe la mano. Mi siedo sulla poltroncina di fronte alla sua scrivania, ordinata ed impeccabile: non c'è un solo foglio fuori posto, non una penna senza cappuccio, non una singola cancellatura o macchia d'inchiostro a rovinare il bianco immacolato del ripiano.
«Sono molto contenta di vederti», dice sorridente.
«Grazie… anche io», replico piano, osservando l'ambiente circostante.
La scrivania si trova di fianco alle vetrate e la luce grigiastra e tenue di questa giornata nuvolosa inonda la stanza, piccola ma bene arredata, tanto che non appare affatto angusta.
«Vuoi che faccia portare un caffè?»
«Oh, no. Grazie.»
Lei annuisce e sposta alcune carte da davanti a sé.
La guardo con attenzione, ammirando la sua eleganza d'altri tempi: i capelli biondi sono acconciati come quelli delle attrici di Hollywood degli anni Cinquanta. Il viso è giovanile e privo di rughe, perciò non riesco a desumere la sua età.
Nicole comincia a spiegarmi i dettagli del contratto, il modo in cui è abituata a lavorare con i suoi clienti e l'etica dell'agenzia. La ascolto attentamente, cercando di non perdermi nemmeno un dettaglio.
«Mi farebbe davvero piacere lavorare con te», conclude infine con un sorriso. Notando il mio imbarazzo, subito prosegue: «So che molti tuoi colleghi prenderebbero le mie parole per delle stupide moine, ma io sono sincera e non ho bisogno di lodare una persona per averla come cliente».
«È che devo ancora abituarmi ai complimenti e alle parole gentili», ammetto sinceramente. «È davvero un mondo nuovo, anche se ho sempre lavorato sodo per poterne far parte.»
«Resta umile e farai molta strada, specialmente perché hai talento. Vuoi sapere cosa mi ha colpito di te? Il tuo cuore. Si vede che hai moltissima preparazione tecnica alle spalle, ma ciò che ti ha fin da subito contraddistinta dalle altre candidate è l'anima che hai messo in ogni singolo gesto e frase.»
Si alza in piedi e si avvicina alla finestra, rimanendo in silenzio per qualche istante. Osservo la sua figura sottile, fasciata da un tailleur color pesca.
Noto che fuori ha smesso di piovere, tuttavia il cielo è ancora coperto.
D'un tratto, Nicole si volta e mi guarda attentamente.
«Quando hai cantato Somewhere, ho creduto che tu fossi Maria. Non eri un'attrice: eri il personaggio, al cento per cento. Ammetto che mi è scesa qualche lacrima», dice sorridendo. «Ad ogni modo… l'hai cantata con la stessa disperazione e speranza che avrebbe avuto Maria in quel momento.»
Abbasso il capo, imbarazzata ma felice per le parole che Nicole ha appena pronunciato.
Solo io conosco le sensazioni che ho provato mentre cantavo quella canzone. È stata una tortura dolcissima, un dolorosissimo ultimo abbraccio a Flavio e a quello che siamo stati e che non avremmo dovuto essere.
Avrei voluto creare per davvero il luogo ed il tempo in cui il nostro amore potesse vivere in eterno, ma non ho poteri soprannaturali che mi consentono di dare vita all'impossibile.
Sento i passi di Nicole avvicinarsi e la sua mano posarsi sulla mia spalla. Sollevo la testa ed incontro il suo sguardo gentile.
«Hai una sensibilità che pochi posseggono. Per questo farai tanta strada», dice dolcemente.
Nicole mi spiega degli ultimi dettagli, dicendomi di prendermi qualche giorno per riflettere prima di tornare e firmare il contratto.
Prima che io esca dal suo ufficio, mi saluta con una calorosa stretta di mano e un sorriso.
Prendo l'ascensore e, una volta uscita nella Hall, chiamo Jason per avvisarlo di tornare a prendermi. Non appena salgo in macchina, mi mostra eccitato i danni che ha fatto in libreria: ha una borsa enorme piena di libri.
«Ho preso qualche romanzo erotico perché ho bisogno di ispirazione, però guarda qui!» tira fuori dalla borsa alcuni volumi più sottili e dalle copertine variopinte. «Racconti per bambini!»
Li prendo in mano e li sfoglio, osservando le illustrazioni e leggendo qualche paragrafo. Ne ha presi di vari tipi: lunghi, brevi, con animali o persone come protagonisti.
«Mi hai fatto tornare la voglia di scrivere dei racconti. Insomma, devo continuare a fare il ghostwriter, ma posso anche dedicare qualche ora a quello che piace a me», afferma entusiasta.
Si sporge verso di me e mi stritola in un abbraccio che faccio fatica a ricambiare, perché mi sta stringendo così forte da mozzarmi il fiato.
«Jason… così mi uccidi…» bofonchio, provando a staccarmi da lui.
Finalmente mi lascia andare. Mette via i libri e fa partire la macchina. Durante il viaggio, mi tempesta di domande riguardo a Nicole e all'agenzia. La sua curiosità pare quasi un terzo grado, ma lo lascio fare.
Arrivati a casa, lo invito ad entrare da me e Shirley per offrirgli un tè e ringraziarlo del passaggio.
Non faccio in tempo ad attraversare la soglia che vengo investita da un altro abbraccio, questa volta di Shirley.
«Oh, Rosela! Perché non me l'hai detto?» mi sgrida, con la voce spezzata.
Panico.
La allontano velocemente per guardarla in faccia: sta piangendo e ridendo al tempo stesso.
«Santo cielo, Shirley: che è successo?» le chiedo preoccupata.
Torna ad abbracciarmi, ignorando la mia domanda. Sollevo lo sguardo e incontro quello di Rhys: è in piedi vicino alla cucina, con un gomito appoggiato al muretto che la divide dall'ingresso. Non riesco a decifrare la sua espressione.
«Rhys mi ha detto tutto», comincia a spiegare Shirley, sciogliendo l'abbraccio ma continuando a stringermi le spalle. «Siete stati davvero cattivi a tenere questo segreto.»
«Di che cosa stai parlando?» le domando confusa.
«Di West Side Story! Rhys sarà Tony!»
Rido nervosamente, rivolgendo un'occhiataccia a Rhys.
«Lui ci teneva tanto a farti una sorpresa…» inizio a giustificarmi, ma lei subito mi interrompe.
«Oh, non importa», si asciuga le lacrime, senza smettere di ridere. «Sono troppo felice, dobbiamo festeggiare!»
Corre in cucina, mentre io e Jason entriamo in casa.
Mi avvicino a Rhys, aspettandomi perlomeno un ringraziamento visto che ho mantenuto la promessa - sempre che di promessa si possa parlare, dato il modo in cui mi ha resa partecipe delle sue intenzioni.
Lo fisso beffarda, sapendo che la mia statura, rispetto alla sua, non mi permette di apparire minacciosa.
«Prego», dico, con tono piatto ma deciso.
Lui si avvicina quasi impercettibilmente a me, scrutandomi con attenzione. I suoi occhi scendono lungo il mio viso, per poi risalire verso le mie iridi.
Cerco di non vacillare, perché la sua vicinanza mi fa tremare. Percepisco il suo respiro caldo sul mio volto e i suoi occhi mi stanno fissando con insistenza.
Poi, d'improvviso, si allontana. Senza dire nulla. Senza un grazie.
Rimango attonita, ferma nello stesso punto, a fissare la sua figura di spalle.
Non lo riesco a comprendere.
Per quanto mi sforzi, non trovo il nodo che, una volta sciolto, mi consentirebbe di capirlo. Malgrado io cambi atteggiamento, lui non smette di essere sfuggente e incomprensibile, come quegli indovinelli formulati in una maniera talmente contorta che è impossibile venirne a capo.
Lui è Tony, ed io sono Maria.
Dovremo lavorare insieme, d'ora in poi. Lo realizzo pienamente solo adesso.
« Spazio autrice »
Buona sera! Eccomi qui con un nuovo capitolo. Il prossimo sarà molto più avvincente e conterrà un momento Rhyssella che, presumibilmente, dovrebbe mandarvi in fiamme!
Che cosa ne pensate dell'atteggiamento di Rhys? E del sogno di Jason?
Vi ringrazio per le mille visualizzazioni! Vi voglio un bene dell'anima!
Colgo l'occasione per scusarmi se sto andando a rilento con gli scambi di lettura. Domani sarò inattiva sia qui che su Instagram e Tik Tok, ma da lunedì torno!
A presto, tesori miei!
Scarlett Hamilton
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