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Capitolo 12

Fin quando continuerà a crederci,
ciascuno di noi ha il potere di
trasformare i propri sogni in realtà
– Louisa May Alcott



Non credo nell'oroscopo. Capita, a volte, che io lo legga, ma non per un reale interesse: infatti, dopo due minuti mi sono già scordata che cosa recitavano le previsioni scritte sotto il segno dei Pesci. Raramente torno a controllare quello che dicevano, per poi rendermi conto che su qualche cosa ci avevano azzeccato, ma finisce lì. Tuttavia, in questo momento mi sembra più credibile un pronostico di Paolo Fox piuttosto che quello che sta effettivamente accadendo.

Sto camminando lungo Shaftesbury Avenue con un'espressione sconvolta in volto - e probabilmente i passanti credono che io abbia qualche rotella fuori posto. Shirley si è offerta di accompagnarmi in macchina come le altre volte, però ho declinato la sua offerta: ho bisogno di muovermi per scaricare ogni sensazione ed emozione prima di impazzire.

Quando sono uscita dal Superior Theatre, non contavo affatto di varcare un'altra volta le sue porte e di riattraversare il salone d'ingresso se non in un futuro lontano, magari per assistere ad uno spettacolo. Non immaginavo che, invece, le cose sarebbero andate diversamente.

Non so se sono felice, ansiosa o terrorizzata. Forse tutte queste sensazioni si stanno amalgamando per formare un miscuglio omogeneo e potenzialmente esplosivo. Da quando sono arrivata a Londra, mi capita spesso di non riuscire a comprendere le mie emozioni, tant'è che ormai non mi faccio più domande. Vivo e basta.

Un passo dopo l'altro, arrivo dinanzi al Superior Theatre. Sollevo la testa, schermando la luce del sole con la mano. Ancora non riesco a credere di trovarmi davanti a questo teatro. Ogni volta, prima di varcarne la soglia, spendo qualche minuto ad osservare la facciata, e noto sempre qualche dettaglio che precedentemente mi era sfuggito: un mattone più scuro degli altri o un elemento del fregio dalle forme curiose.

Riprendo a camminare lungo il marciapiede, passando sotto la tettoia che ripara l'ingresso principale. Svolto all'angolo e raggiungo la porta alla quale mi è stato detto di recarmi. Lì, mi attende un uomo: un tipo alto e robusto che indossa un badge con sopra scritto staff.

«Sono Rossella Conticini.»

Lui annuisce, forse sapendo già il motivo per cui mi trovo qui. Passa il badge davanti ad un sensore e la porta emette uno scatto. La apre e mi fa cenno di entrare.

Una volta dentro, mi guardo intorno estasiata.

Amo i teatri. Per me, sono più di un semplice passatempo: sono architettura, arte, spettacolo, musica, danza, recitazione, emozione. Un singolo luogo racchiude in sé mille sfaccettature diverse, tutte a loro modo intriganti.

L'idea che quasi tutti i giorni varcherò quella porta per esibirmi sul palco di questo teatro mi provoca un brivido.

Quando mi hanno contattata per comunicarmi che avevo superato il casting e che dovevo ripresentarmi alla fase successiva ho creduto che si trattasse di uno scherzo. Erano rimasti colpiti dalla mia esibizione e volevano sentirmi di nuovo, insieme ad altre ragazze che li avevano convinti. E dopo aver dato prova delle mie capacità come cantante, attrice e ballerina, finalmente ho ricevuto la chiamata che da anni sognavo, convinta che le mie fantasie non si sarebbero mai tramutate in realtà.

Invece, eccomi qui: la futura Maria del West End.

Mai avrei pensato che sarei riuscita ad ottenere un tale ruolo al primo tentativo. Forse, contrariamente a quanto ho sempre creduto, la fortuna ogni tanto si ricorda di scortarmi lungo l'impervia strada della vita.

«Sei Rosela Contisini, vero?» mi domanda un altro membro dello staff. Annuisco. «Allora vai pure in sala prove, la solita palestra. Il signor Monroe è già arrivato.»

Lo ringrazio e mi avvio lungo il corridoio che porta alle scale. Ormai sono stata qui talmente tante volte che mi oriento facilmente, così non ho bisogno di essere scortata.

Scendo i gradini, sorridendo. Non vedo l'ora di conoscere il tipo che interpreterà Tony. Spero sia simpatico e gentile, visto che dovremo lavorare insieme a lungo.

Ora che sono quasi arrivata davanti alla palestra, percepisco l'ansia diminuire, lasciando spazio al buon umore. I pensieri negativi sono distanti anni luce. Voglio godere al massimo di questi attimi: sono unici e non è mia intenzione sprecarli.

Niente potrebbe guastare la mia gioia, in questo momento. Sono grata di non aver visto Rhys, appena sveglia, perché era già uscito. Probabilmente, avrebbe trovato un modo per attaccar briga e mi avrebbe rovinato la giornata.

Shirley, invece, sembrava più felice di me. Mi ha raccomandato non so quante volte di portare una bottiglia, di scaldare la voce, di non farmi prendere dal panico e chi più ne ha più ne metta. Sono fermamente convinta che, in futuro, semmai vorrà avere bambini, sarà una mamma estremamente apprensiva.

Prima di uscire ho fatto un salto a casa di Jason, che, malgrado sia in alto mare con i racconti che deve consegnare all'autore per il quale scrive, mi ha dedicato qualche minuto del suo tempo.

«Sono fiero della mia italiana preferita», ha affermato, prima di cacciarmi via perché colto dall'ispirazione.

Giungo di fronte alla porta della sala prove. È socchiusa, e sbircio all'interno cercando di non farmi notare.

In seguito al primo casting, hanno aggiunto delle attrezzature che immagino serviranno successivamente, durante le prove, e qualche sedia; su una di esse, c'è una figura incappucciata.

Resto per qualche istante ferma sulla soglia, ad osservare lo sconosciuto. La felpa che indossa sembra piuttosto larga rispetto alla sua vera stazza. Malgrado sia seduto, noto che le sue gambe sono lunghe, quindi dev'essere alto.

Chissà com'è il suo volto.

Fantastico su di lui: immagino i lineamenti del suo viso, il colore dei suoi occhi e dei suoi capelli, il sorriso... nella mia mente plasmo un Tony perfetto, degno delle fantasie sentimentali della me adolescente che sognava di condividere il palco con un principe azzurro in carne ed ossa. Un Tony capace di far innamorare la sua Maria dopo un singolo sguardo.

Mi decido ad aprire la porta, pronta a conoscere il mio collega sconosciuto, accantonando i film mentali.

«Ciao!» lo saluto con entusiasmo, senza avvicinarmi troppo per non risultare invadente.

La figura resta ferma qualche secondo, prima di tirarsi giù il cappuccio e voltarsi.

«No.»

Indietreggio, andando a sbattere contro il muro alle mie spalle.

Mi auguro sia uno scherzo. Un incubo. Un'allucinazione. Un'illusione ottica.

«Che cosa ci fai qui?» domando a voce alta, sperando che non risulti troppo stridula.

«Potrei chiederti la stessa cosa», ribatte, con un tono duro.

Scuoto la testa, troppo incredula per accettare ciò che sto vedendo. Dev'essere un malinteso, un errore... ma non può essere quello che sto pensando.

Malgrado l'ostilità, vedo che anche lui è evidentemente sorpreso di vedermi qui.

Non sapevo che anche lui lavorasse nell'ambito dei musical. Non avrei mai immaginato che sapesse cantare così bene perché ha passato anni a studiare esattamente come me. E mi chiedo quando ha partecipato ai casting e perché nessuno dei due l'abbia scoperto prima.

La mascella di Rhys è contratta all'inverosimile. Ha nello sguardo uno strano guizzo che non riesco a decifrare. Mi sta fissando con insistenza, il che è abbastanza inusuale, dato che tendenzialmente evita di guardarmi troppo a lungo. Immagino che mi detesti così tanto da non volermi nemmeno avere nel suo campo visivo; ma adesso i suoi occhi sono su di me, e la cosa mi intimorisce perché non so a che cosa sta pensando.

Vorrebbe scappare? O forse vuole che sia io ad andarmene?

«Signorina Contisini, signor Monroe!»

Uno dei tre uomini presenti al mio provino fa il suo ingresso nella palestra, sorridente e pieno di vita.

«Rosela, ti presento Rhys. Rhys, ti presento Rosela. Voi due siete la nostra fortunata coppia, i nostri Tony e Maria.»

Io e Rhys ci rivolgiamo un'ultima occhiata in cagnesco. Se potessi incenerirlo con lo sguardo per evitare questa tortura, lo farei, e anche molto volentieri.

«Io invece sono Daniel, il direttore dei casting. Seguitemi.»

Rhys mi precede, evidentemente incurante delle buone maniere e delle norme della galanteria. Ha un'espressione scocciata in volto. Lo seguo, anch'io seccata quanto - se non addirittura più - di lui: stamane sono uscita di casa con il buon proposito di godermi la giornata, lasciandomi almeno momentaneamente la negatività alle spalle; ora, invece, la sfida si è fatta ardua, perché non so se riuscirò a mantenere la calma se Rhys dovesse innervosirmi.

La violenza non è una soluzione, ricordalo. È il cugino di Shirley, non dimenticarlo.

Raggiungiamo il palco. Questa volta, i riflettori sono accesi, mentre il resto della sala è buia.

«Bene», comincia Daniel, «quello che oggi vogliamo vedere è se c'è una potenziale chimica tra di voi.»

Chimica? Tra me e Rhys? Trattengo una risata, perché sarebbe alquanto inopportuno parlare con quello che alla fine è uno sconosciuto dei problemi relazionali che deve avere Rhys, in particolar modo con me.

«Avete dovuto preparare, benché da soli, Tonight, la famosa scena del balcone. Ora: qui non ci sono gli arredi di scena, ma è proprio questo il punto», fa una pausa ad effetto, sgranando gli occhi in maniera teatrale. «Dovete mostrarci cosa siete in grado di fare con l'unica presenza del partner. Ovviamente, dato che non vi conoscete, non siete tenuti a scambiarvi grandi effusioni. Per quelle ci sarà tempo.»

Io e Rhys annuiamo, senza guardarci, sorvolando sul fatto che in realtà ci conosciamo.

Daniel ci augura un in bocca al lupo e sparisce dietro alla tenda nera dalla quale siamo entrati.

Rhys si posiziona davanti a me. Ha la testa bassa e lo sguardo rivolto al pavimento. Si sta torturando il labbro inferiore: immagino che sia in ansia, ma preferisce non mostrarmelo. Dal canto mio, prendo un respiro profondo ed evito di fissarlo.

Attendiamo che la base inizi. Avvolti dalla luce artificiale ed intensa dei riflettori, siamo come punti luminosi contro il buio che ci circonda. Ci siamo solo noi due, e mai, nemmeno se avessi preso in considerazione l'eventualità peggiore, avrei pensato di condividere il palco con Rhys; del resto, neanche sapevo che pure lui avrebbe partecipato ai casting di West Side Story.

Non so se voglio lavorare al suo fianco così tanto: tra le prove, gli spettacoli e la nostra convivenza, passeremo insieme più ore di quelle che ritengo necessarie - e a me basterebbe limitarmi ai minuti dedicati ai pasti, ma Shirley si sente ancora in colpa per non avermi avvisata della presenza di Rhys in casa, e quindi cerca di farci interagire ogni qualvolta che le è possibile.

Un pensiero si intrufola tra gli altri.

Dovremo baciarci.

Io e Rhys. Un bacio.

Se prima, all'idea di una possibile chimica tra me e lui, mi veniva da ridere, ora vorrei scoppiare a piangere e trasferirmi altrove, su un'isola deserta dove nessuno potrà raggiungermi.

Mi chiedo se sia troppo tardi per girare i tacchi, salutare e andarmene.

Rivolgo un'occhiata di sottecchi a Rhys e immagino la scena di e me lui che ci baciamo. L'idea, di per sé, non mi disgusta perché poteva andarmi peggio; ogni tanto ripenso ancora ad uno spettacolo organizzato alle scuole medie, quando facevo il terzo anno: ciascuna classe doveva mettere in scena un'opera di Shakespeare, e la mia aveva optato per il classico Romeo e Giulietta. Avevo ottenuto l'ambito ruolo della protagonista, ma avrei volentieri rinunciato se avessi saputo che nei panni di Romeo ci sarebbe stato uno dei ragazzi più viscidi che io abbia mai conosciuto. Il casto bacetto sulla guancia che i docenti si aspettavano di vedere da dei tredicenni si era trasformato in un'esperienza traumatica e stomachevole.

Un nauseante primo bacio, lungi dall'essere quello delle mie fantasie romantiche.

Tuttavia, benché Rhys non sia affatto rivoltante come quel ragazzino, resta fastidiosamente insopportabile con i suoi atteggiamenti infantili.

E se la nostra ostilità rovinasse tutto?

In realtà è lui che mi odia e che per primo ha mostrato avversione nei miei confronti. Se si fosse comportato in maniera diversa, forse a quest'ora potremmo andare d'accordo.

Non ho intenzione di perdere l'occasione della mia vita per colpa di uno come lui, anche se non ho la benché minima idea di come sopportarlo per così tanto tempo.

Le prime note della canzone si diffondono nella sala e le luci si abbassano leggermente. Rhys solleva il capo e resto sorpresa nel vedere un sorriso dolce e disarmante dipingergli il volto. Mi prende le mani e le stringe, cogliendomi alla sprovvista.

Rimani concentrata.

Lui non è Rhys, in questo momento. È Tony, ed io sono Maria.

Dopo un attimo di smarrimento, ricambio il sorriso che mi sta rivolgendo, provando a scordare chi ho veramente davanti. Eppure, il suo volto illuminato dalla gioia, benché sia una pura finzione, mi destabilizza. Sono abituata a vederlo ostile nei miei confronti, con un'espressione perennemente corrucciata; ora, invece, sta sorridendo a me.

Non sta sorridendo a te. Sta recitando la sua parte.

Adesso, con il viso sorridente, i suoi occhi sono limpidi e pieni di luce. Il mio sguardo scivola sulla sua guancia, dove noto una piccola fossetta. Mentre inizio a cantare, non riesco a trattenere la tentazione di accarezzarla. Lui non si smuove, quasi il mio gesto sia del tutto normale.

Lo è, perché voi, in questo preciso istante, non siete davvero voi stessi.

Io sono Maria, lui è Tony. Ci siamo conosciuti da poco, durante un ballo, ed è bastato un solo sguardo per innamorarci, perché a noi non interessano le differenze. Non ci importa se i Jets e gli Sharks, rispettivamente i bianchi e i portoricani, non vogliono andare d'accordo e sono rivali. L'amore è sempre stato più forte dell'odio, e non vede barriere invalicabili, bensì diversità da abbracciare e rendere proprie.

Lui è Tony, io sono Maria. Ci dichiariamo il nostro amore di nascosto, subito dopo il ballo; io timorosa che i miei genitori lo vedano, lui indifferente alle conseguenze del nostro "appuntamento" clandestino, perché i suoi sentimenti nei miei confronti sono più forti di qualsiasi avversità. Non diamo alcuna importanza al mondo che ci circonda, poiché viviamo nella nostra bolla di purezza. È bastato uno sguardo, a noi, per perderci l'uno nell'anima dell'altra. E il nostro mondo, adesso, non contiene né odio, né rivalità, né disprezzo per le differenze; c'è spazio solo per la luce e per l'amore, per la speranza e il desiderio di costruire qualcosa insieme.

Rhys reclina il capo, e la sua guancia aderisce perfettamente al palmo della mia mano. Si volta piano, posando le sue labbra sul pollice. Lascia un bacio leggero che mi fa rabbrividire, perché inaspettato. I suoi occhi sono fissi nei miei. Sento le sue dita stringersi attorno alle mie braccia, a contatto con la mia pelle lasciata scoperta dalla maglietta a maniche corte.

Ora, con il volto sorridente e innamorato, lo vedo nello stesso identico modo in cui lo vedevano quelle due ragazze in pizzeria: affascinante, bello, con due occhi splendidi e azzurri come il cielo, come il mare limpido la mattina presto, quando ancora il vento non ne ingrossa le onde.

Maria doveva sentirsi così: ammaliata dalla bellezza di Tony, ma al tempo stesso incantata dal suo animo cristallino ed incorrotto. Persa nelle sue iridi, con il cuore che scalpita nel petto per la felicità.

Ci stringiamo l'un l'altra, passeggiando per il palco, inseguendoci, prendendoci per mano, senza mai smettere di sorridere. Sembra una giostra, ma in realtà è solo l'amore di due giovani che non hanno avuto dinanzi a loro un destino roseo. Se penso alla loro sventura, mi viene voglia di cantare con più anima, perché se Maria avesse saputo che con Tony non avrebbe avuto un futuro, allora lo avrebbe amato maggiormente, oltre ogni limite. Lo avrebbe stretto più a lungo, per sentire il calore del suo corpo prima che questo perdesse l'ultimo briciolo di vita e diventasse freddo.

Ma Maria non lo sapeva. Immaginava un avvenire magico, fatto della stessa luce che vedeva la notte in cui si erano incontrati. E quella luce proveniva da mille stelle, e altrettanti soli e lune. Era la luce che emanavano i loro cuori innamorati, e niente avrebbe potuto spegnerla, nemmeno la morte; e benché il cuore di Tony, ad un certo punto, abbia smesso di battere, quella luce restava; perché niente può uccidere l'amore.

La canzone sta per terminare. Tony e Maria devono augurarsi la buonanotte, dopo che si sono ripromessi di incontrarsi nuovamente, il giorno seguente, al negozio dove lei lavora.

Pronunciamo le ultime parole insieme, in un'armonia di voci. Rhys si avvicina sempre di più. China il volto in avanti e, stringendo le mie mani tra le sue, mi bacia la fronte.

Sono completamente inebetita dal suo gesto. Daniel aveva detto che non erano necessari contatti eccessivi, eppure le sue labbra stanno sfiorando la mia pelle per la seconda volta in quattro minuti.

La sua bocca indugia sulla mia fronte e, al di là dell'imbarazzo, percepisco chiaramente che le mie guance stanno prendendo fuoco.

Siamo Tony e Maria. Lui non è Rhys ed io non sono Rossella.

Per quanto tenti di autoconvincermi, le sue labbra contro la mia pelle stanno provocando in me strane sensazioni che preferirei non approfondire. Sento quasi un rimescolio viscerale e ignoto che mi attraversa il corpo, lambisce il cuore e mi annebbia la mente.

È solo suggestione. Sei entrata nella parte.

Mi aggrappo a questa spiegazione, l'unica che in questo momento mi pare razionale - e l'unica che desidero prendere in considerazione.

Rhys si allontana da me. La musica è finita, ma i suoi occhi, che per pochi secondi sono rimasti chiusi, ora sono spalancati e mi stanno fissando con intensità. Trattengo il respiro per un istante e non so il perché.

Mi sembra di trovarmi in un'altra dimensione, lontana anni luce da qui.

Gli occhi di Rhys sono immobili. Non sta cercando di entrare nella mia anima; si è fermato all'ingresso, ma non mostra alcun segno di voler proseguire. Non sta scavando nelle profondità del mio essere per scoprire i miei segreti. È uno sguardo diverso dai soliti che mi rivolge. Non è ostile, né provo l'inspiegabile paura che lui voglia scoprire ad uno ad uno i miei misteri. Mi sta semplicemente fissando.

Nei suoi occhi intravedo del tormento. Ho l'impressione che siano più scuri di prima, quasi due oceani profondi ricchi di tesori, abissi inesplorati e creature sconosciute e maestose.

Non lo comprendo.

Perché dovrei volerlo?

Escludendo i pochi, rarissimi attimi in cui è normale, non fa altro che respingermi, mostrarmi asprezza, comportarsi come uno stupido bambino viziato.

Ma ora...

Ora c'è nel suo sguardo qualcosa che prima non credevo di trovare. Qualcosa a cui io non so dare un nome. Forse un qualcosa che nemmeno può essere imbrigliato tra le lettere di una singola parola, perché immensamente più grande di qualsiasi lemma che sia mai stato inventato dall'uomo per assoggettare al proprio controllo ciò che lo circonda.

È tutto racchiuso nei suoi occhi, fissi nei miei. Somigliano al mio mare, quello che ho tanto amato e che non vedo da molto. Quel mare che abbraccia l'Italia e ne modella le coste con le sue onde inarrestabili, unica costante dell'imprevedibilità delle sue acque. Onde perenni, che si insinuano sulla battigia trasportando regali per le spiagge che vanno a visitare ritmicamente; doni trovati in luoghi più lontani e che il mare deposita sulla sabbia fine e bagnata, come pegno di un amore che dura da millenni: tra le onde e la loro spiaggia, meta di un viaggio che le ha viste nascere oltre la linea dell'orizzonte e che le ha condotte fino alla loro amata destinazione.

Vorrei capirlo. Vorrei sondare quei misteri che gli costellano le iridi.

Perché dovrei?

Non lo so. Non ne ho idea. È un pensiero irrazionale, improvviso, forse frutto della suggestione; ma è nato, e ora non ho le armi per distruggerlo.

Il suono di un applauso ci costringe a voltarci. Torno alla realtà e, prontamente, scaccio via quel fastidioso tarlo di curiosità che ha visto la luce, ma che deve tornare nel buio e restare lì per sempre.

Le luci dei riflettori si abbassano, mentre altre, nella sala, si accendono, rivelando la presenza di varie persone, tra cui quelle presenti alle mie audizioni.

«Ottimo lavoro. Direi che abbiamo trovato la nostra coppia», afferma Daniel, rivolgendosi alla donna seduta accanto a lui.

Sorrido, felice di aver confermato il loro giudizio su di me, e mi volto per condividere l'entusiasmo con Rhys, benché lui sia l'ultima persona con la quale speravo di vivere quest'esperienza; lui, però, non si gira: pare impassibile, quasi le parole di Daniel non l'avessero minimamente toccato.

«Presentatevi venerdì mattina alle dieci davanti al teatro. Conoscerete il resto del cast e faremo le foto.»

Lasciamo il palco dopo aver salutato tutti e ci incamminiamo in silenzio verso l'uscita.

«Signorina Contisini

Entrambi ci voltiamo. Una donna bionda e alta ci sta venendo incontro. Incede sicura malgrado i tacchi vertiginosi, e il suo corpo è fasciato da un tailleur grigio.

«Sono Nicole Clarke, della West End Starlight Agency», mi porge la mano e gliela stringo. «Potremmo parlare qualche minuto?»

«Certo», acconsento immediatamente, incuriosita.

Nicole rivolge un'occhiata a Rhys che, senza proferire parola, si allontana ed esce dall'edificio. Una volta che rimaniamo sole, fruga nella borsetta e mi porge un biglietto da visita azzurro.

«Molte agenzie partecipano ai casting aperti per trovare nuovi talenti, ed io sono rimasta sinceramente folgorata dalle tue esibizioni. Hai dato prova di grande professionalità, oltre al fatto che sei dotata di ottime capacità.»

Sgrano gli occhi, esterrefatta. Studio il biglietto da visita e leggo le poche righe riportate sopra.

West End Starlight Agency, Londra. L'agenzia per giovani talenti. Canto, danza, recitazione.

«La West End Starlight saprà guidarti nel mondo dello spettacolo. Ed io sarei desiderosa di lavorare al tuo fianco in quanto tua agente», prosegue.

«Ma... io...» balbetto confusa, ancora troppo emozionata per articolare delle frasi di senso compiuto.

«Non c'è bisogno che tu mi dia una risposta adesso. Se vorrai, chiama il numero segnato sul retro del biglietto», sorride. «Buona giornata.»

Rimango ferma al centro della sala d'ingresso, frastornata. Non riesco a credere a quello che è appena successo. Mi pizzico il braccio, convinta che mi desterò da questo sogno, ma scopro che è tutto vero.

Esco fuori dal teatro sentendomi leggera come una piuma. Mi sembra di fluttuare nell'aria tanta è la gioia che provo in questo momento.

Non so se sia felicità. Ho sempre creduto che fosse diversa, più intensa della semplice contentezza, e non l'ho mai considerata un sinonimo dell'allegria. Per me, la felicità va al di là di ogni esperienza e supera i confini della gioia. È più rara, difficile da trovare, ma una volta incontrata si scorda la fatica fatta per raggiungerla.

Svoltando l'angolo, intravedo la figura di Rhys appoggiata alla facciata del teatro, all'ombra di uno degli alberi. Ha lo sguardo fisso davanti a sé e le mani nelle tasche dei pantaloni.

Mi stava forse aspettando?

Sorpresa dalla sua inaspettata gentilezza, mi avvicino a lui e apro la bocca per parlare, ma lui mi interrompe prima ancora di girarsi.

«Non dirlo a Shirley.»

«Cosa?»

Lui si volta piano ed il suo sguardo mi fa trasalire. È tornata l'ostilità di sempre. Rhys muove dei piccoli passi verso di me e mi intrappola contro la facciata. Deglutisco velocemente.

«Doveva essere una sorpresa», scandisce l'ultima parola per farmi afferrare il concetto. «Quindi vedi di non dirle che ho ottenuto la parte.»

Con un impeto di rabbia, poso le mie mani sul suo petto e lo spingo via per liberarmi e porre una distanza tra noi.

«Non me ne frega niente di te, stupido bambino viziato. Figurati se parlo di te a tua cugina. Sei l'ultimo dei miei pensieri.»

Le labbra gli tremano, ma lui riprende controllo di sé immediatamente.

«Non c'era bisogno che mi aspettassi. Non so che farmene della tua compagnia. So tornare a casa da sola», rincaro la dose con durezza.

Tutta questa asprezza non era necessaria, ma ho sentito il bisogno di allontanarlo da me, non solo fisicamente. Soprattutto dopo i pensieri provocati dal suo bacio sulla mia fronte: un contatto semplice, insignificante, affatto degno di nota; eppure...

Eppure...

Le sue labbra a contatto con la mia pelle avevano smosso qualcosa. E quel qualcosa, adesso, mi porta a domandarmi che fine abbia fatto il Rhys che avevo davanti a me mentre eravamo sul palco. Era un'altra versione di lui? Una versione che lui nasconde agli occhi degli altri? O è stata solo una mia impressione, frutto dell'atmosfera?

Attendo una sua risposta. Una frase sprezzante e ostile, con la solita sicurezza che lo contraddistingue da quando ci siamo conosciuti; ma lui tace. Mi guarda, poi abbassa lo sguardo. Si gira e se ne va, e lo guardo allontanarsi, finché scompare.

• «Spazio autrice» •

Bentornati, amici lettori! Spero che questo capitolo vi sia piaciuto. Ho amato ogni momento che ho trascorso ad immaginarlo, per poi mettere nero su bianco i miei film mentali. Se non si fosse capito, per quanto sia contorto e complessato, amo Rhys con tutta me stessa.

Sono felice del successo che sta avendo questo romanzo - sempre che di successo si possa parlare. C'è tanto di me in ogni personaggio, specialmente in Rossella (anche se per fortuna non condividiamo la stessa identica condizione familiare). Tra l'altro, per la gioia di molti di voi, Flavio non viene nominato nemmeno una volta in questo capitolo, a differenza dei precedenti. Potrà apparirvi come una presenza pedante e fastidiosa, ma è normale che, almeno per adesso, sia al centro dei pensieri di Rossella. Chissà, magari tra poco il fedifrago - come l'avete definito voi - passerà in secondo piano... la vita è imprevedibile...

A inizio capitolo ho inserito il video della canzone che cantano Rhys e Rossella. Non c'è tutta, ma se siete curiosi trovate facilmente, su YouTube, tutto il pezzo.

Ad ogni modo, che cosa ne pensate fino ad adesso dei personaggi e della storia in generale? Sono piuttosto in ansia, più che altro perché sono passati due anni dall'ultima volta che ho scritto e pubblicato qualche cosa qui su Wattpad e nel frattempo mi sono dedicata alla stesura di una storia in inglese. Diciamo che avevo leggermente disimparato l'italiano, e nel prologo è evidente.

A presto, amici lettori! Vi voglio bene.

Scarlett Hamilton

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