Obbedire agli ordini.
Trascorrere mezza giornata a Roses House gli era servito. Edward aveva tranquillizzato Mary del suo rientro anticipato e si era letteralmente buttato nel letto, mezzo vestito.
Si era addormentato sprofondato sotto le coperte senza avvertire più nulla.
Aveva recuperato poche ore di sonno fino a sera, quando Mary, lo aveva chiamato per cenare. La serata era trascorsa tranquilla, senza tralasciare di rispondere alle insistenti chiamate di Steve, cercando di non preoccuparlo inutilmente. La notte lo aveva rigenerato, si era risvegliato con la voglia di mettere fine alla storia di Norbury. Mary lo aveva chiamato a fare colazione. Le aveva dato un bacio sulla fronte sorpreso perché le aveva preparato la divisa da indossare.
La camicia bianca di ordinanza era stirata alla perfezione, sapeva di bucato fresco, la indossò e annodò accuratamente la cravatta scura, poi sistemò tutto il resto.
Lasciò Roses House controvoglia. Era uno spettacolo quando sorgeva il sole, c'era ancora l'odore della rugiada del mattino. Lo invadevano copiosi i ricordi della sua infanzia.
Salì in auto e guidò accorto fino alla Cittadella, quando arrivò era ancora sonnolenta.
Percorse il viale e raggiunse la dirigenza. Nora non era ancora arrivata, entrò nell'ufficio, si liberò del berretto e della sua immancabile ventiquattrore, raggiunse velocemente la scrivania.
Non fece in tempo ad aprire la sua valigetta, sentì dei passi veloci nel corridoio. Ebbe la sensazione di riconoscere la camminata del fratello, la porta si spalancò e senza bussare entrò Steve.
"Non esiste una maniera più educata per entrare qui? Non cambi mai." Edward sbuffò divertito.
"Intanto buongiorno, e no, non esiste. Vedo che sei arrivato presto."
Si buttò come sempre sulla poltrona con le gambe accavallate. "Avresti potuto avvisarmi ieri pomeriggio che te ne andavi via. Mi hai fatto preoccupare, pensavo non stessi bene. Non sapevo nemmeno se eri a casa." Steve era irritato e lo fissava cercando di capire.
" Ho anche una vita mia, devo renderti conto di tutti i miei movimenti? Sono adulto non vedi?" Edward non voleva affrontare discussioni, né dirgli che il giorno prima era andato a casa per riposarsi e riprendere fiato.
"Mi nascondi qualcosa lo sento, anche Mary e John sono stati reticenti." Il minore brontolò seccato. " Però hai cambiato colore, mi sembra che tu stia molto meglio."
"Sto bene non preoccuparti. Mi hai preso per uno sconsiderato? So prendermi cura di me stesso."
"Con qualche spintarella però. Perché molte volte lavori troppo. E salti i pasti, però adesso visto che ti vedo in forma, ci passerò sopra."
"Ah, grazie fratello, pensa un po', mi devo fare anche perdonare?" Edward rise divertito, si sistemò dietro la scrivania.
"La prossima volta avvertimi, Eddy, non nascondermi se sei in difficoltà. Non tenermi all'oscuro di tutto." Steve sibilò irritato e lui assentì silenzioso.
"Va bene, lo farò. Adesso lasciami che devo prepararmi per l'incontro con zio William."
Il maggiore si avviò verso la porta, esitò, pronunciò poche parole con la mano ancorata alla maniglia della porta.
"Non farti coinvolgere troppo da zio William, certi ricordi riappaiono dolorosamente, anche se li hai sepolti con cura."
Edward, accartocciò le carte, il fratello minore aveva capito il suo disagio nel rivedere lo zio.
"Vai Steve, stai tranquillo. Anche se non dovessi uscirne indenne, recupererò. Come ho sempre fatto"
"Bene, e io ci sarò Edward, come sempre." Steve rassicurato, uscì.
Il Generale si fermò, fissò la scrivania con tutta la documentazione da consegnare a Collins. Sapeva che non sarebbe stato facile, ma si convinse che era stata la scelta migliore. Attese di parlare con John prima di uscire, che arrivò puntuale come sempre. Entrò educatamente.
John non era un amante della divisa, ma oggi la indossava garbatamente, forse visto l'impegno che avevano. Il dottore lo squadrò con attenzione.
"Ho visto Steve uscire. Ieri mi ha tormentato con un sacco di domande. Ho avuto il mio daffare per non dirgli niente. La prossima volta lo avvertiamo quando vai a casa per qualsiasi motivo. Era così allarmato per la tua salute! Non capisco cosa sia successo tra di voi, ma rasenta la patologia, il tuo Steve." Il dottore appoggiò la sua valigetta medica da cui non si separava mai.
"Capisco, forse dovevo avvisarlo, è così apprensivo, dopo la morte dei nostri genitori, ma ancora di più da quando siamo rimasti solo noi due. Per quanto cerchi sempre di tranquillizzarlo, perde la ragione." Edward si rabbuiò in volto, si alzò dalla scrivania e raggiunse John. "Mi scuso per lui, ma avevo poca voglia di discutere ieri pomeriggio."
Roberts lo osservò. "Stai meglio oggi, a quanto vedo." Sentiva la sua sincerità. "Va bene, scuse accettate, e adesso dimmi cosa devo fare oggi!"
"Ho sistemato tutte le cartelle, John. Dai pure un'occhiata se è tutto in ordine. Queste passeranno a Collins."
Edward, gliele allungò e aspettò che le controllasse. Intanto si sistemò per uscire. Chiuse le finestre della veranda, poi la porta interna che dava nello studio. John le sfogliò attentamente, sospirò.
"È tutto in ordine, tutto quello che ho riscontrato dagli esami di Reginald. Chi vorrà potrà trarne le dovute conclusioni. Più di così cosa possiamo fare?"
John sembrava rassegnato, Edward aggrottò la fronte, prese le cartelle e le mise nella sua ventiquattrore. "Mi dispiace di non averti protetto abbastanza, ma ho cercato di tenerti fuori. Ora gli ordini li devo eseguire, seppure a malincuore."
"Lo so, ti ho detto che va bene così." John lo squadrò severo gli appoggiò la mano sulla spalla. "Hai deciso, ora basta crucciarti, facciamo quello che ci è stato ordinato e usciamo da questa malaugurata faccenda." Edward inspirò profondamente prese il cellulare e chiamò l'autista.
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