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La visita medica.



Il viaggio di ritorno alla Cittadella fu tranquillo, per quanto potesse apparire sereno Edward, che si agitava per aver accettato la richiesta di John, decise di sbrigare la faccenda il più presto possibile.

"Vorrei cominciare subito, Steve è bloccato fino a stasera con le reclute, quindi avrei spazio. Non voglio ripensarci quindi facciamo in fretta."

John sogghignò vedendo la tensione del suo amico. Era disponibile, così appena arrivati, si portarono subito in clinica. La berlina scura uscì veloce dalla Cittadella per non creare sospetti.

Edward non avvertì nemmeno Nora, seguì non troppo convinto Roberts fino alla clinica interna. Il disagio lo aveva scritto in faccia, ma piuttosto che come dirigente medico John glielo imponesse, di malavoglia aveva accettato

"Vai nell'ambulatorio sulla destra, aspettami lì." Edward lasciò la sua valigetta nello studio di Roberts e lo guardò incamminarsi con le spalle strette, non riuscì a trattenere un sorriso.

Lo raggiunse poco dopo con una cartella nuova di zecca con il suo nome.

"Bene che ne dici d'incominciare? La vecchia parte clinica, che riguarda allergie, malattie, ecc, mi sembra valida, posso riguardarla più tardi con più calma."

Si accorse che Edward lo ascoltava poco, sudava, era appoggiato con le mani strette sulla sedia. Stavolta non lo canzonò, si rese conto del suo imbarazzo e fu gentile.

"Ed, stai tranquillo, per Dio! Togliti gli abiti e rimani con l'intimo, anche le calze, poi sdraiati sul lettino." Cooper non disse nulla prese a svestirsi lentamente, appoggiò tutto in ordine sulla sedia, poi si stese arrendevole sul lettino.

Roberts si accorse che aveva cominciato a respirare troppo velocemente, si avvicinò mentre indossava il camice bianco. Assunse quell'aria professionale che aveva con le reclute. Si avvicinò con aria serena.

"Stai calmo Ed, non succederà nulla." Gli posò le mani sopra la maglietta bianca, poco sotto al diaframma e lo rassicurò.

"Comincia a respirare adagio, non farti prendere dal panico." Edward annuì, inghiottì un paio di volte, chiuse gli occhi cominciò a respirare a tempo. Non si dava pace per non riuscire a stare tranquillo.

"Scusa, mi sento a disagio, e non ne capisco il motivo." Fissò smarrito John.

"Perché sei indifeso, e ti devi affidare a un'altra persona. Sei emotivamente scoperto."

John gli appoggiò la mano sulla spalla. "Non ti giudico, non prendo decisioni contro di te, ma per te. Ora tieni gli occhi chiusi, allontana qualsiasi pensiero." Annuì silenzioso e si lasciò andare.

Prese lo stetoscopio ascoltò il suo cuore, sentì i suoi respiri dilatarsi, prese il suo polso. Lo monitorò con attenzione e lo seguì assorto finché non lo sentì raggiungere una calma convincente e un respiro normale.

Era difficile per Edward non percepire i tocchi di John sul suo corpo, mentre sollevata la maglietta lo percorreva con le mani chiedendogli di volta in volta, se sentiva dolore mentre premeva con entrambe le mani, dapprima leggero poi più forte.

Lo sentì stringere la spalla che si era slogato da adolescente all'accademia. Indagare sulla costola che si era incrinata durante una esercitazione. Gli sollevò la gamba e lo avvertì toccare la ferita sul ginocchio dove c'erano i suoi vistosi otto punti di sutura, che si era fatto da bambino quando lo aveva sbattuto sulla ringhiera di casa, mentre rincorreva Steve. Aveva sanguinato ovunque, e aveva pianto tutto il santo giorno.

Arrivò alle caviglie, le sentì torcere con cautela, poi si sentì solleticare le piante dei piedi.

John non gli chiedeva nulla, lo controllava senza appesantirlo con inutili domande.

"Bene, ora girati di fianco e poi a pancia sotto. Vedo la schiena." Edward sussultò, si ricordò delle due cinghiate del padre al fondo schiena. Si irrigidì.

John percepì il suo imbarazzo, lo vide tremare un poco.

"Tranquillo, tieni sempre gli occhi chiusi. Farò presto." Edward sentì le sue mani leggere, partire dalla nuca scendere premere e controllare, fermarsi in alcuni punti, mentre gli chiedeva se sentiva dolore. Quando lo avvertì arrivare alle due cicatrici, vibrò, inarcandosi un poco.

Ebbe la sensazione che John cambiasse respiro, ma fu solo un attimo.

"Ti fanno male? Sono datate, mi dispiace, non avevo idea." Sapeva che erano delle frustate, fu garbato. Erano vecchie quindi di quando era giovane, forse ragazzino.

Non gli chiese nulla aspettò che fosse lui a parlare. Le percorse dolcemente con la mano premendo adagio mentre Ed soffocava un respiro più profondo e più duro.

Non gli dolevano, ma lo mettevano a disagio, soprattutto dimostravano che suo padre era stato un uomo severo. A volte troppo.

"Papà sapeva essere duro. Fu solo una volta, mi aveva sorpreso ubriaco dopo una festa, e questa fu la punizione." Edward respirò più in fretta, si agitò quel tanto che John decise d'interrompere la visita.

Tirò piano la maglietta sulla schiena e lo fece alzare.

"Va bene così Ed, non voglio sapere altro, mi limito a vedere come stai."

Lo fece sedere sul lettino, lo lasciò riprendere fiato, aveva la testa bassa e cercava di evitare il suo sguardo.

Capì la sua difficoltà, fu delicato, la voce rassicurante.

"Faccio un ultimo controllo, un ultimo scrupolo." Sollevò la maglietta senza guardarlo in faccia, sentì ancora il suo cuore e i suoi polmoni.

Controllò i riflessi, esaminò occhi, naso, orecchie, scoprì una cicatrice sotto i capelli che si vedeva appena.

Inspirò soddisfatto, pose lo stetoscopio e lo aiutò ad abbassare la maglia. Ora poteva sorridergli rassicurante.

"Ho finito, e va tutto piuttosto bene. Ora facciamo un Ecg, poi ti mando a fare i raggi ai polmoni. Rivestiti ti accompagno in altro ambulatorio. "

Edward distese le spalle, si rilassò, John era stato premuroso e professionale. Finalmente si sentì sollevato, indossò la camicia e i calzoni e aspettò di seguire John che stava compilando la sua cartella.

Quando sollevò lo sguardo Roberts sorrise. "Hai acquistato colore, vedo. Quando vorrai mi parlerai delle tue ferite, ma non ora, ti voglio tranquillo." Si alzò prese la sua cartella e lo accompagnò in un ambulatorio dove lo prese in consegna un'infermiera che si occupò di fare gli altri due esami.

"Ci vediamo dopo, nello stesso ambulatorio, facciamo un paio di prelievi di sangue e ti lascio libero."

Edward annuì, affrontò gli ultimi due esami, con leggerezza. Poi si portò all' ambulatorio e attese John. Si sedette su di una poltrona, si lasciò andare, chiuse gli occhi. Sentì una mano che lo scuoteva piano. "Eddy facciamo i prelievi poi puoi andare." Cooper si alzò, arrotolò la manica e si distese sul lettino borbottando.

"John, ma quante sono?" Fissò le provette corrucciato.

"Niente che una buona cena stasera, non sistemi. Avanti sdraiati." Gli allungò una pacca sulla spalla.

Armeggiò con la siringa dei prelievi, gli si sedette vicino, strinse il laccio emostatico, e con perizia inserì l'ago. Edward increspò leggermente le labbra alla puntura decisa di John. Sopportò senza fiatare.

"Non voglio sapere da quanto non facevi un esame del sangue decente!"

Edward fece una smorfia. "Da un pò, credo, ci volevi tu, testardo di uno scozzese!" John rise, mentre toglieva l'ago. "Nessuno mi chiama più scozzese da tempo. Fatto, ora sei libero."

Roberts riempì le provette, tamponò il braccio, mise un cerotto.

"Non alzarti subito, vado a consegnare il prelievo." Stava per uscire, ma arrivato alla porta si fermò pensieroso e tornò verso Edward.

"Non vorrei che mi stramazzassi al suolo." Si sedette sul lettino, appoggiò il prelievo e aspettò. "Siete imprevedibili voi Cooper."

"Non sono un bambino." Brontolò mentre si tirava giù la manica della camicia. E fece per alzarsi.

"Da come ti agitavi prima...!" John lo aiutò a sedersi. E rimasero vicini per un po'.

"Non mi piace rimanere mezzo nudo e in mutande, mi imbarazza! Anche se sei un medico. E se sei un amico."

John appoggiò la mano sulla gamba di Edward. "Sai quanti ragazzini vedo tutto il giorno? Se dovessi scandalizzarmi..."

"Si, ma sono io che mi imbarazzo." Allacciò i bottoni del polsino, scivolando più volte. "Va pure, ti prometto che non cadrò svenuto, non mi raccoglierai sul pavimento."

"Bene, mio Generale ti aspetto nel mio studio. Fa con comodo."

Uscì scuotendo il capo, sogghignando per le rimostranze, mutande o no era riuscito a completare la sua cartella clinica.  

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