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Epilogo: La nostra famiglia

Edward accompagnò Ellen e Daniel in clinica per incontrare il fratello, Steve era impaziente e faticarono a tenerlo fermo, continuava a saltare giù dal letto, tanto che John minacciò di non dimetterlo se non avesse imparato a camminare con le stampelle senza appoggiare il piede ferito.

Per non affaticarlo avevano pranzato nella sua stanza imbastendo un tavolo di fortuna, Roberts aveva brontolato un po', ma poi vedendo la gioia negli occhi dei fratelli aveva acconsentito.

Per buona parte del pomeriggio Steve, si era esercitato a camminare senza appoggiare la caviglia, era diventato abile a saltellare come un grillo, pur di tornare a Roses House la sera stessa.

"Difficilmente lo terrai fermo caro dottore." Lo rabbonì il comandate indicando i suoi fratelli che cercavano di fermare Steve mentre andava avanti e indietro nella camera.

John scosse la testa, Ellen si era già arresa e si era seduta sul letto. Daniel brontolava cercando di afferrarlo in caso fosse inciampato.

"Allora ti fermi, o ti devo sedare? Lo sai che ti dimetto stasera, fai il bravo." Lo sgridò John che si era stancato di quel baccano.

Edward andò in soccorso del suo amico medico.

"Fa come ti dice, o dovremo restare tutti alla Cittadella, ti ricordo che Mary ha preparato lo stufato con le verdure per cena." Steve si bloccò, fissò il fratello maggiore.

"Lo stufato?" Chiese interessato e si buttò prontamente sul letto.

"Vedi John? La parola magica è stufato con le verdure."

Risero redarguendo Steve, Ellen lo aiutò a sistemarsi nel povero letto disfatto e Daniel si buttò sulla poltrona sbuffando sfinito.

Edward sghignazzò conoscendo l'irruenza del fratello, li avvertì che doveva vedere Nora e li lasciò nella stanza.

Il dottore lo seguì, ma prima fece le ultime raccomandazioni al ferito.

"Riposati che li hai stremati tutti e due."

"È incorreggibile." Brontolò divertito Edward mentre chiudeva la porta della stanza.

Percorsero il corridoio prima di raggiungere l'ufficio di Roberts.

"Come va Eddy?" Gli chiese garbatamente l'ufficiale medico.

Senza sollevare la testa, Cooper rispose cedendogli il passo. "Meglio amico mio, mi sento finalmente sereno."

Un sorriso aperto comparve sul volto di John. "Bene e questo mi rende felice. Ma se ti senti in difficoltà, non esitare a parlarne."

"Lo farò, sei un buon amico, scozzese testardo. Non ti ripagherò mai abbastanza per quello che hai fatto."

"Anche gli sbagli e le forzature a cui vi ho sottoposto?" Chiese John fermandosi davanti alla porta del suo ufficio.

"Lo hai fatto per aiutarci, pensa invece al dolore che ti abbiamo provocato, siamo stati dei pazienti difficili in un certo senso." Cooper gli strinse il braccio, si fece serio.

"Ma tu invece come ti senti? A parte la mano, lo sai che abbiamo già discusso della tua salute."

Roberts strinse le labbra, sapeva che il suo amico si preoccupava ancora per quell' episodio di giorni prima.

"Ho fatto come ti ho promesso, mi sto prendendo cura di me." Edward lo scrutò attento, poi concluse.

"Bene, tu mi hai aiutato e io aiuterò te, quindi contaci."

Gli sorrise ammiccando. "E poi adesso puoi contare sul aiuto di Ellen..."

John arrossì. "Che vuoi dire?" Chiese contrariato.

"Nulla, amico mio, vedremo col tempo, ora lasciami andare da Nora."

Roberts non fece in tempo a replicare, Cooper alzando la mano lo salutò e a passo veloce si diresse verso la dirigenza.

Nora, lo vide arrivare e si alzò per andargli incontro, ma lui la fermò e la raggiunse vicino alla porta del suo studio. Senza indugiare esordì.

"Grazie, per la tua pazienza, non mi hai mai abbandonato e se sono vivo è per merito tuo, se non ti fossi preoccupata, John non sarebbe intervenuto." Le prese la mano e la tenne nella sua, un gesto inusuale che scaldò il cuore della donna.

"Non potevo lasciati andare in quelle condizioni Edward, lo sapevo che soffrivi." Lei gli accarezzò la mano stretta alla sua. "Sei un brav'uomo, comandante."

Imbarazzato come uno scolaretto mormorò. "Sabato prossimo andiamo a cena, se vuoi naturalmente."

Lei acconsentì con un sorriso luminoso sulle labbra. "Certo, accetto volentieri."

"Grazie, Nora. Lo sai che sono un po' imbranato con i sentimenti, ma cercherò di riparare." Fu lei ad arrossire, Edward si avvicinò.

"Ci vediamo tra un paio di giorni, voglio stare con la mia famiglia." Nora gli accarezzò la guancia.

"Mi occuperò di tutto, sta tranquillo."

Erano vicini, i loro volti si sfioravano, le labbra di Nora lo attiravano e lei non si ritrasse, fu un bacio leggero che fece fremere entrambi.

"Non mi tirerò indietro, mia cara, stavolta ci sarò." La donna lo baciò ancora, Edward la strinse a sé e la coccolò sul suo petto. "Ho lasciato passare troppo tempo, scusami, ma ero confuso e stupido."

Nora si staccò a malincuore dal suo abbraccio.

"Ora va, mio comandante, ti aspettano. Rimani sereno."

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La sera stessa i Cooper andarono a Roses House per stare tutti insieme, con loro c'era anche John che aveva dimesso Steve in serata. Lo portarono fuori dalla clinica in carrozzina, e alla fine reggendosi con le stampelle salì sulla Ford scura di Edward.

Lo fecero sedere nella parte posteriore con la gamba distesa per non affaticarlo nel viaggio. Tutti gli altri salirono nella vecchia auto del dottore.

Edward guidò attento cercando di evitare sobbalzi.

Steve per un po' rimase silenzioso, poi ridacchiò, era da un pò che osservava il volto del fratello maggiore riflesso sullo specchietto retrovisore.

"Era ora che ti decidessi Eddy." Sbottò improvvisamente.

Edward fu sorpreso da quella frase. "Cosa ho fatto?" Chiese sospettoso.

"Hai un po' di rossetto sulle labbra, quello di Nora direi."

Lui si guardò sullo specchietto senza distrarsi, e Steve rise.

"Non so come farà a sopportarti, Eddy, ma è la donna giusta per un inguaribile scapolo in carriera come te.."

Gli allungò una manata sulla nuca e sghignazzò senza freno.

Il fratello maggiore diventò rosso come un pomodoro maturo e non rispose.

Steve, appurato che aveva ragione, canticchiò felice fino all'arrivo, massacrando le povere orecchie di suo fratello che sopportò senza fiatare.

Gli altri erano già arrivati, aiutarono Steve a scendere. Si fermarono ad ammirare la bellezza di Roses House al tramonto.

La villa maestosa si stagliava dolce e austera davanti a loro, piena di ricordi piacevoli ma anche dolorosi. Il prato curato, le siepi, gli alberi e il roseto in lontananza la rendevano unica.

Salirono le scale insieme sorreggendo Steve, ma lui si impuntò e usando le stampelle salì i pochi gradini dell'ultima parte, lo lasciarono fare perché aveva forza da vendere.

Edward li seguiva tranquillo, John non lo aveva mai visto tanto sereno, ma lo erano tutti e lui più di loro. Nessuno aveva la divisa, le avevano lasciate da parte in quella serata di riappacificazione.

Mary quando li accolse, si profuse in abbracci e pianti, ci misero del tempo per calmarla.

La serata fu piacevole, cucinarono insieme, ognuno con un compito diverso. Parlavano e ridevano come non succedeva da tempo, cenarono con il cuore leggero. Edward divorò tutto con un appetito che non aveva da mesi.

Ellen si era seduta accanto a John, lo aiutava con le posate visto l'impedimento della mano e parlottavano spesso, c'era uno strano filling tra loro, il dottore aveva passato molto tempo in chiamate e lunghe conversazioni con lei e questo li aveva avvicinati.

Daniel, il più giovane seduto tra i due fratelli, dava pacche di intesa ora a Steve, ora al fratello maggiore.

Il giovane sussurrò ai due complici. "Ellen parla spesso di John, se continua così temo che diventerà nostro cognato, capite.... il ramo scozzese della dinastia."

Ridacchiarono complici, Edward sentiva il cuore sciogliersi per il suo amico, gli voleva bene e sua sorella era perfetta per lui, il dottore li guardò torvo.

"Che state complottando voi tre?" Sbuffò irritato.

Ellen gli appoggiò la mano sul braccio sano.

"Lasciali fare i tre satiri!" La sorella li fissò scuotendo la testa. "Lo aiuto per la mano, stupidi."

Roberts brontolò, ma in realtà godeva del contatto di Ellen, era la prima volta dopo tanto tempo che gli piaceva sentirsi avvolto dalle cure di una donna.

Fu in quel momento che sentirono un'auto arrivare.

Edward capì subito, si alzò contrariato e andò verso la veranda.

Tornò in cucina, tutti lo fissarono preoccupati.

"Zio William è qui, vi prego rimanete calmi e siate pazienti."

La sua voce era bassa, ma aveva un piglio risoluto che li convinse.

Il vecchio parente salì le scale con lentezza, Edward lo attese nella terrazza coperta dai rami dei glicini.

"Ciao, nipote." Erano uno di fronte all'altro. "Credo di doverti delle scuse, anche se non basteranno a lenire tutti i dolori che tuo padre e io ti abbiamo inflitto."

Il comandante rimase al centro della veranda. Lo zio si sedette sulla sedia di vimini.

"Mi sembra che non ci sia altro da dire, zio."

Lui alzò la mano per scacciare un fantasma, sembrava stanco.

"Concedimi almeno una parte di perdono, non lasciarmi fuori dalla tua vita." Biascicò sconfitto.

"Lo so che ho sbagliato, ma Anthony era mio fratello e ho cercato di aiutarlo."

Il comandante lo studiò, infilò le mani nelle tasche, dondolò il corpo magro.

"Avresti potuto farlo in modo diverso, ma ormai tutto appartiene al passato e io voglio dimenticare."

Edward non se ne avvide, ma la prima ad arrivare fu Ellen che si sistemò al suo fianco, Daniel invece lo coprì dall'altro lato.

"Ciao zio, come vedi siamo tornati." Ellen scandì le parole lentamente ma decisa nel chiarire la situazione.

Il fratello maggiore rimase confuso per quel sostegno inaspettato, si sentì orgoglioso.

Zio William guardò sorpreso ora l'uno ora l'altro dei due gemelli, abbassò la testa.

"Vedo che avete lasciato da parte tutti i rancori."

Ellen appoggiò di proposito la mano sulla schiena di Edward, mentre Daniel sia avvicinò di più al suo fianco.

"Sì, zio, siamo cresciuti tutti te lo garantisco, e abbiamo sofferto." Replicò Daniel.

Il comandante li lasciò fare, guardava lo zio dritto negli occhi.

"Vedo che hai l'appoggio dei gemelli, forse sono più maturi di tutti noi." Sentenziò il vecchio Cooper.

Edward si sentì forte nella sua posizione di fratello maggiore, rispose con durezza.

"Siamo diventati tutti più responsabili dopo aver ammesso una verità scomoda, ho sbagliato è vero, ma ora mi sono vicini, perché abbiamo imparato a perdonarci, è una cosa molto semplice da capire, zio."

Daniel portò la mano sulla spalla di Edward, e lui sentì tutto l'affetto del fratello più giovane diventato uomo arrivargli fino al cuore, non tremò, né si commosse, e si sentì protetto.

Sir William li scrutò attento e sorrise.

"Ciò che vostro padre ha voluto fortemente con la forza e i sotterfugi, voi invece lo avete conquistato con il cuore." sir William si passò la mano sulla fronte.

"Non biasimatemi, allora feci quello che ritenevo giusto."

Ellen intervenne. "Ora sappiamo cosa hanno passato Edward e Steve, e sta a noi aiutarli." Fu secca e decisa.

Il comandante si fece forza. "Non sono l'uomo che mio padre voleva diventassi, non mi appartiene la follia di nonno Geoffrey, né quella di Anthony."

Sir William si fece scuro in volto. "Era mio fratello, e sai cosa ha subìto, non scordartelo." Grugnì.

"Avresti potuto aiutarmi e invece mi hai lasciato nelle sue mani facendomi credere che il suo era amore, ma non lo era zio, non lo fu mai." Le mani del comandante si strinsero a pugno.

Steve che era stato in disparte sorretto da John, vide la difficoltà di Edward, si staccò trascinandosi sulle stampelle e raggiunse i fratelli, si portò davanti, tra loro e lo zio.

La voce dura e minacciosa.

"Io e Eddy abbiamo già sofferto abbastanza, zio, lasciaci soli." Si aggrappò alle stampelle, le mani sbiancarono.

Erano tutti schierati, Edward era al centro e tutti loro attorno, come uno scudo a sua protezione.

John li guardò con il cuore colmo di orgoglio, l'unione e la comprensione reciproca li rendevano solidali.

Proteggevano Edward dal dolore di anni di solitudine, dalle paure che lo avevano cambiato, e lui si sporse per sostenere Steve come per condividere il dolore fisico che aveva sopportato da bambino, lo resse per non fargli pesare la gamba ferita.

Daniel ed Ellen fecero un passo in avanti e si unirono a loro.

Il maggiore dei Cooper sentì svanire la rabbia, il suo cuore farsi leggero. Le mani calde e amorevoli di Ellen e Daniel che lo sostenevano e lui che a sua volta sosteneva Steve. Erano loro la sua forza, si girò verso John e lo chiamò con un muto gesto di intesa.

Lui capì e si avvicinò, ora si sentiva parte di loro.

Era l'amico perfetto, rude e sincero. Si era preso cura di due persone allo sbando ed era rimasto benché avesse sofferto anche lui.

Sir William, scosse la testa.

"Ci sei riuscito Edward, li hai tenuti stretti, e senza imporgli nulla li hai riportati a casa, ora hai la famiglia che volevi. Ma siete sempre i miei nipoti, e aspetterò il vostro perdono."

Sospirò rassegnato.

"Ricordatevi che una parte di Anthony era sana, lui ha dovuto lottare con i suoi fantasmi. Guardate all'amore che aveva per il piccolo Benjamin, anche se arrivò nell'ultima parte della sua vita."

Si voltò per andarsene, Edward lo fermò con la voce addolcita, perché il ricordo del piccolo fratellino gli mordeva ancora il cuore.

"Zio lo sappiamo che fu un padre amorevole con Ben, ma non possiamo dimenticare il male che ci ha fatto. Forse con il tempo lo perdoneremo ma non ora."

William si fermò a guardarlo e un guizzo di orgoglio gli balenò negli occhi.

"Tuo padre ha sbagliato con te Edward, ma essere la persona sensibile che sei, ti ha aiutato nel compito di essere un buon fratello maggiore, rimani sempre così ragazzo mio."

Il vecchio Cooper si voltò e se ne andò scendendo lentamente le scale.

Erano tutti compatti, stretti intorno al fratello maggiore.

"Mi state soffocando, ragazzi, andateci piano." Ma era felice mentre li sentiva vicini.

John defilato li guardava al settimo cielo. Perfino Steve faticava a rimanere in piedi in mezzo a quella bolgia. Presero a ridere, quando lo videro saltellare e quasi cadere addosso a Edward. Ma lui lo afferrò, si prese il peso del fratello fra le braccia.

"Stupido." Gli mormorò con gli occhi lucidi. "Vuoi cadere e farti ancora del male?"

Steve lo abbracciò forte. "Mai quanto il dolore che ci portiamo dentro da anni."

Edward li guardò a uno a uno, la sua voce rassicurante li avvolse.

"Vi voglio bene, non c'è stato un solo giorno che non abbia sperato di riavervi tutti a casa nel nome della nostra traballante famiglia, e ora siamo qui."

La terrazza di Roses house era illuminata dalla luna piena. Erano tutti riuniti in veranda: Edward, Steve, Daniel, Ellen, con l'affetto di John e Mary e ridevano e conversavano con il cuore leggero.

La bufera era passata, il male era lontano, i ricordi dolorosi sepolti.

Quello che rimaneva era la parte migliore di loro

e dell'essenza del piccolo Benjamin,

che inconsapevole della tradizione del nome della famiglia,

correva per sempre felice attraverso il roseto del vecchio maniero.

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Grazie per la vostra pazienza e per le vostre letture.

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