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Ammettere le proprie debolezze.



Edward sistemò nervosamente la valigetta nera, mentre saliva nella berlina e prese posto dietro vicino a John.

"Un'altra mezzora e sarei morto! Lo zio è tanto una cara persona, ma finisce sempre per parlare della famiglia. Sono esausto."

Sbottonò il colletto della camicia e allentò la cravatta nervosamente, cercando aria. "Adesso capisco perché Steve si rifiuta sempre di venire. In poche ore ha demolito anni di elaborazione del lutto. Sant' uomo!"

"Stai bene Edward?" John era preoccupato, vide che respirava con fatica. "Immagino che sia doloroso ricordare il passato della tua famiglia. Eri parecchio teso quando parlavi del piccolo Ben."

"Quella perdita ci ha distrutti tutti. Io, in particolar modo credo di non aver mai superato la sua scomparsa." Edward portò i palmi delle mani sopra gli occhi premendole. "Mi sembra di non connettere tanto forte mi arriva il dolore."

"Ci fermiamo un po', facciamo due passi? Prendiamo un caffè." Una pausa gli avrebbe fatto bene.

"Vada per il caffè, John." Fece accostare l'auto e scesero, proseguirono verso un piccolo pub. Edward sembrava ancora avvolto dalla nebbia del dolore, ma riusciva a mascherarla. Non parlò molto, si limitò a camminare affiancato a John.

 Aveva ripreso a respirare con più ritmo. Non si era nemmeno ricomposto, e aveva lasciato il berretto in auto.

"Edward, dimmi la verità, hai degli attacchi di panico? Perché a me sembrerebbe così."

Annuì, non poteva nasconderlo ancora, soprattutto a John che era un amico ma anche un medico attento.

"Ne ho sempre sofferto, dopo la morte dei miei, ma erano spariti." Si massaggiò la nuca con la testa bassa.

"Quando i gemelli sono andati via, sono ricominciati." Si interruppe, mentre John lo osservava, dubbioso.

"Perché nella tua cartella non se ne dice nulla?"

Edward non si sottrasse alla domanda. "Non l'ho detto, perché mi creava disagio, poi riuscivo a controllarli, non erano un problema."

"Ma ora lo sono, mi sembra. Quanto tempo fa è stato l'ultimo?" Il dottore procedeva adagio per fare in modo che potesse respirare.

Edward scosse la testa, rassegnato.

"Ieri prima di venire da te. Dopo aver lasciato la mensa non ho fatto in tempo a raggiungere lo studio, ho dovuto riprendere fiato sulla panchina del viale."

John si fermò bruscamente, lo afferrò per il braccio. "Dio, avresti dovuto dirmelo."

Edward lo guardò dritto negli occhi. "Ero stanco John, volevo solo andare a casa, non c'era nessun altro motivo." La voce bassa e controllata. "Stavo bene, te lo assicuro, so come calmarmi, devo avere tempo per riprendere aria."

"Come adesso stupido testardo! Tenendo nascosto tutto." John era seccato non capiva la poca fiducia che aveva in lui.

"Era inevitabile che succedesse visto i ricordi che lo zio ha mosso. E ieri stupidamente parlando con Steve altri ricordi sono tornati vividi, la morte di Ben, e dei miei genitori.

"Sospirò mentre John gli aveva lasciato il braccio e avevano ripreso a camminare. 

"Ma non è tutto, mio caro John, mi porto appresso anche dell'altro. Non è possibile che non te ne sia accorto."

John sussultò, ebbe un flash back, ora vedeva più chiaro. 

"Hai problemi con il cibo! Ecco perchè Steve diceva quelle cose strane sul tuo saltare i pasti!" Edward annuì, e prese a raccontargli del triste periodo dopo la morte dei genitori. Quando le troppe responsabilità avevano finito per schiacciarlo e aveva smesso di mangiare. Gli raccontò di come lo avevano aiutato a superare il problema. Di come Steve si preoccupa ancora adesso e lo segua costantemente se sbanda.

 "L'accordo con mio fratello è che sia io a parlare di questa difficoltà. Mi sembra giusto che tu lo sappia." Sembrava rilassato ora che si era confidato. 

"Prendiamo un buon caffè, ne sento il bisogno." John non disse nulla lasciò che Edward prendesse il suo tempo. Si sedettero nel piccolo pub, in un posto tranquillo. Arrivò il caffè e bevvero in silenzio. Edward posò la tazza lentamente. "Comunque va molto meglio ora. Grazie per il caffè."

John temporeggiò, poi prese coraggio. 

 "So che non ti farà piacere, ma intendo rivedere la tua cartella clinica." Non aggiunse altro aspettando la reazione di Cooper.

"Ma per quale motivo, scusa?" Balbettò sorpreso. "Ti ho detto la verità, non voglio essere messo in croce da una miriade di esami." Arretrò appoggiando la schiena rigida sulla sedia.

"Non è come pensi, mi voglio solo assicurare che tu stia bene, niente che ti crei imbarazzo."

Edward sbuffò, gettò maldestramente il tovagliolo di carta sul tavolo. 

"Mi fai pentire di essermi fidato di te! Steve non sa nulla, non voglio che sappia la mia difficoltà."

Il dottore si portò vicino al tavolo, lo guardò serio. "Non vuoi capire quello che dico, ti comporti da stupido. Voglio farti un controllo medico nulla di più."

Edward di rimando rimase fermo senza parlare, temeva di compromettere la sua posizione di comandante, se si fosse saputo che non era totalmente in salute.

"Sarò discreto, lo faccio come medico, ma soprattutto come amico, non voglio raccoglierti mentre rantoli da qualche parte. Per Dio, Eddy, fidati una volta tanto!" 

 Si alzò risentito, bloccandosi in piedi vicino al tavolo mettendo fine alla discussione.

Edward rimase immobile un secondo in più, poi si alzò, andò a pagare il caffè.

Raggiunse John con passo veloce, lo afferrò per il braccio e lo costrinse a guardarlo.

"Sta bene, farò come vuoi, ma promettimi di non dire nulla a mio fratello." 

 Sospirò rassegnato. " Lascia che sia io a metterlo al corrente del mio disagio. E non chiamarmi stupido, non lo apprezzo detto da te." 

 John sogghignò. Fu acido. "Già scusami è un epiteto che permetti solo a tuo fratello. Cosa conto io per te? Sono adatto solo a mediare e curarvi quando vi prendete a botte.!" 

Si fronteggiarono, Cooper lasciò la presa, costernato. Rimase muto, sorpreso di quella dimostrazione di risentimento. John si sentiva coinvolto ma usato nel rapporto stretto che lui aveva con suo fratello.

 Si placò, comprendendo la solitudine di Roberts che era lontano da casa, impantanato in un'amicizia tra di loro, difficile da gestire.

"Ora basta, non voglio litigare." Edward fece un passo indietro chinando appena il capo.

"Mi affido a te. Scusami, ma sono teso, e parecchio preoccupato." John increspò le labbra, si distese in un sorriso cordiale.

"Perdonami Ed, ma non voglio altro che aiutarti. Credimi." 

 Cooper annuì, si incamminarono verso l'auto, Edward stava bene, il respiro regolare, John ne fu lieto, appoggiò la mano sulla sua spalla, mentre lui lo guardò sorpreso. 

"Vederti stare bene, fa stare bene anche me. E ti dico "stupido", anche se non vuoi." 

 Rise sonoramente, mentre Cooper scuoteva la testa, sciogliendo la residua tensione, poi prese anche lui a ridacchiare a testa bassa.

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