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Chapter 1

Ogni boccata d'aria che entrava nella sua gola sembrava lava rovente; gli scendeva giù, fino ai polmoni, che, avidi di tutto quel poco ossigeno che riusciva ad ottenere, la ricacciavano subito fuori con prepotenza.
Il cuore premeva ferocemente sul suo petto, talmente forte e veloce che era convinto si sarebbe fermato di lì a poco a vomitarlo dietro una siepe o in un vaso di fiori.
Le gambe gli dolevano, lo imploravano di fermarsi, di far rilassare i muscoli tenuti fin troppo in tensione fino a quel momento; le ginocchia sembrava scricchiolassero ad ogni falcata che percorreva, come se le sue rotule fossero fatte di gesso e andassero sempre più sgretolandosi.

Ma era la sua mente la vera vittima di quella situazione assurda e macabra: non riusciva a pensare a niente, niente che non potesse essere quello. Il mal di testa che bussava con insistenza sulle sue tempie gli ricordava incessantemente di pensare sempre e solo al peggio.

Dopotutto, date le circostanze, non era difficile farlo.

Fin da quando ne aveva i ricordi, correre gli era sempre piaciuto: gli sembrava di volare. Il vento, seppur debole, che si infilava nei capelli, soffiava sulla sua faccia, a volte facendolo lacrimare, gli aveva sempre donato quella semplice e sbarazzina sensazione di essere potente, di poter lasciare indietro tutti i problemi, di essere libero.

Ma in quel momento, quella corsa era soltanto un'avanzamento verso l'inevitabilità. Quell'ineludibile sensazione di pesantezza, come se tutto il cielo, tutte le stelle, i pianeti e l'Universo intero lo stessero schiacciando al suolo, premendogli sul petto, impedendogli di respirare.

Era la paura, l'unica forza motrice che gli donava la forza di continuare sulla sua strada? O era altro?

Sentì, in quel trambusto di emozioni e sensazioni, una goccia di sudore freddo che colava sulla sua schiena, fermandosi sul limitare dei pantaloni.
Si ritrovò a ringraziare un Dio, al quale non aveva mai creduto, per essere ancora sano di mente, di non essere ancora stato colpito da quell'epidemia che stava decimando giorno per giorno ogni città, paese o nazione del mondo.

E che in quelle ultime ore, sembrava aver rapito anche l'unica persona alla quale teneva che gli era rimasta.

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Musutafu, Giappone. U.A. High School. Mercoledì, ore 7'45.

Era una semplice, monotona e noiosa mattina di primavera. Niente di nuovo, ogni cosa al suo posto, ogni rituale si stava svolgendo con la costanza e la tranquillità giornaliera. Le stesse facce, le stesse voci, gli stessi scambi di battute.
Non c'era assolutamente niente di strano. A Kirishima piaceva quella tediosità che costernava le sue giornate degli ultimi mesi, gli donava un senso di sicurezza e pace, lo faceva sentire tranquillo e rilassato. Felice.

Respirò a pieni polmoni l'odore del vento che con i suoi soffi, come in un quadro, faceva danzare nell'aria i petali degli alberi in fiore.

Si avvicinò, con la sua solita andatura e le mani intrecciate dietro la schiena, al suo gruppo di amici, al loro posto fisso di fronte al cancello della scuola, i quali stavano discutendo animatamente di qualcosa. Erano talmente presi dalla conversazione da non ricambiare il saluto di Kirishima al suo arrivo.

-Mi sono veramente stufato di discutere con te su queste patetiche ed insulse idiozie: forse sono io lo stupido, che continuo a risponderti!-

-Ma come puoi non concordare con me su una cosa simile? Potrebbe sembrare inutile e stupida, ma se ci pensi, è qualcosa che potrebbe benissimo essere accaduta!-

A Kirishima non interessava molto su cosa si stessero bisticciando Bakugou e Kaminari, ormai era quasi di routine che il primo litigasse con almeno una persona nel gruppo ogni mattina, ma chiese comunque a Mina quale era l'argomento del giorno.

-Kaminari sostiene che i dinosauri si siano estinti per via di topi giganti che si sono mangiati tutte le uova. Deve averlo letto da qualche parte, è fin troppo idiota perfino da parte sua. Anche se sono abbastanza convinta lo abbia detto solo per infastidire Bakugou..- rispose la ragazza, con un'aria quasi esasperata sul volto, che le andava a corrucciare le sopracciglia e a riempire le guance già piene.

Kirishima sorrise: questa era la sua normalità. Non gli dispiaceva. Sembrava un infinito film, noioso e poco emozionante, ma che lo riempiva di gioia.

Per favore.

D'improvviso, Denki e Katsuki si zittirono. Si guardano in faccia, le pupille improvvisamente allargate, piene di perplessità.
Anche Kirishima distolse la mente dai suoi pensieri inerenti alla scuola, così come Mina e Sero, rimasto in disparte fino a quel momento, e si guardarono tra di loro.

Per favore.

Tutto il cortile si fece pian piano silenzioso. Si sentiva solo il vento, che sollevava leggermente le gonne, scuoteva le fronde degli alberi e spingeva le foglie sui marciapiedi.

Per favore.

Delle grida. Strazianti, acute, femminili.
Tutti cominciarono a guardarsi intorno per cercare la fonte di quelle urla raggelanti,fino a quando non si levarono anche altre voci.

Una ragazza, magra, abbastanza carina, alta e dai capelli corti e biondi, urlava disperata in faccia a chiunque si ritrovasse davanti. Aveva il volto stravolto dalle lacrime, e continuava a graffiarlo con le mani, facendosi scorrere dei rivoli di sangue sulle guance e sul collo.

A tutti coloro che provavano ad avvicinarsi per aiutarla o chiederle cosa non andasse, lei rivolgeva lo stesso trattamento: urlava loro qualcosa in faccia, che Kirishima e gli altri non capivano per via della lontananza, li guardava per circa cinque secondi e li buttava a terra con una spinta. La faccia dei malcapitati era sgomenta e pallida, gli occhi sgranati e la bocca semiaperta.

Quando la ragazza si trovò nel campo uditivo del gruppo di amici, il sangue di questi ultimi si gelò loro nelle vene, una volta sentite le sue parole.

Stavolta aveva afferrato un ragazzetto dai capelli rossi e brizzolati, della sezione Management, a giusto sei metri da Eijirou e gli altri.

-Per favore Morihiro, uccidimi! Non ha più senso, la mente sta esplodendo. Per favore Morihiro, almeno tu, fa che io muoia. Forse solo allora sarò..-

-Kanae, cosa diavolo stai dicendo? Cosa ti prende?-

Il ragazzo la prese fermamente dalle braccia, ma lei che era ovviamente più forte per via dell'altezza e forse del suo Quirk, si liberò dalla stretta per prendere il volto dell'amico tra le mani insanguinate e portarlo vicino alla sua faccia. Stavolta non urlò, si limitò a parlare con un tono di voce spezzato e sofferente, guardando il volto sgomento dell'altro.

-Morihiro, non vedi che sono già morta? Non vedi che i miei occhi non ci sono più? Due buchi, vuoti e neri, come tutto il mio corpo. Io sono morta, Morihiro. Ma ancora non del tutto e non voglio continuare a soffrire in questo modo. Se mi vuoi bene Morihiro, per favore, uccidimi, uccidimi!-

Mina in quel momento si destò con uno scatto istantaneo e afferrando il cellulare disse: -Chiamo la polizia, qui stanno impazzendo tutti!-

Fu una chiamata breve; tornò dopo 5 minuti annunciando che una pattuglia che si trovava a tre minuti da lì stava arrivando il prima possibile. Tornò a rivolgere il suo sguardo sulla scena, una volta preso il suo posto al fianco di Sero, anche lui con gli occhi sgranati e intenti ad osservare con terrore la scena che si stava svolgendo davanti a loro.

-Kanae, non capisco cosa tu stia dicendo.. i tuoi occhi sono al loro posto come sempre, e stai respirando! Non sei morta!-

-Non capite. Nessuno di voi sta capendo! Come fate a non vedere che sono morta! Io sono morta, intrappolata qui!- e così dicendo staccò le mani dal volto dell'amico, per afferrarsi la camicetta della divisa e strapparla, rimanendo in reggiseno - Ve lo dimostrerò. Dimostrerò a tutti che sono vuota. I miei organi non ci sono più, volatilizzati, sono morta.-

Con le unghie cominciò a graffiarsi, a lacerarsi la pelle sull'addome, cercando di aprirsi lo stomaco in due per mostrare a tutti la mancanza dei suoi organi interni.

Bakugou, che fino a quel momento era rimasto in silenzio come tutti e assorto in uno stato di trance, corse dalla ragazza, afferrandole da dietro le braccia per tentare di fermare quell'atto suicida improvviso.

-Kirishima, vieni ad aiutarmi, non stare lì impalato! Questa è una pazza!-

Il ragazzo si svegliò dal suo torpore e corse ad aiutare il compagno di classe, tenendo l'altro braccio di Kanae che si divincolava furiosamente, urlando.

-Lasciatemi! Lasciatemi ho detto! Dovete vedere tutti che non sono pazza, io non sono pazza!-

In quel momento arrivò finalmente l'autovettura della polizia: scesero in fretta e furia tre individui, un uomo e due donne e avvicinandosi velocemente, ma cautamente, al gruppetto di adolescenti nel cortile, si divisero in modo da gestire al meglio la situazione che si prestava dinanzi a loro. Una delle donne si avvicinò a dei ragazzi per un resoconto sulla faccenda, mentre gli altri due, armati di due pistole, si diressero verso Kirishima, Bakugou e la ragazza.

Vedendo la scena, l'uomo esclamò: -Cosa diavolo sta succedendo qui? Perché sei mezza nuda?-

La diretta interessata, cogliendo alla sprovvista i due aspiranti Heroes dietro di lei, si liberò con uno scatto dalla loro morsa e si avventò sui poliziotti.
Utilizzando il suo Quirk, fece uscire dalle sue mani quelle che sembravano ragnatele, le quali si avvolsero intorno al corpo dei due poliziotti bloccandoli.

-Ragazzina, questa è aggressione a pubblico ufficiale! Non hai idea delle conseguenze che queste azioni avranno sulla tua vita, liberaci immediatamente o noi..- cominciò la poliziotta, ma Kanae non la stava ascoltando.

Con un sorriso sinistro e spaventoso sul volto, si avvicinò ancora di più al poliziotto bloccato ed inerme e con il braccio tremante di quella che pareva gioia, prese la pistola che l'uomo teneva ancora saldamente in mano. Quasi con forza, mentre il poveraccio le urlava di fermarsi, torse le dita a quest'ultimo, in modo da allentare la presa sull'arma, che fu finalmente sua quando con uno scatto gliela strappò di mano.

Fu un gesto fulmineo, naturale, come se fosse stata una cosa che facesse tutti i giorni. O che l'avesse desiderata da molto tempo.

Si portò la pistola già carica proprio di fronte alla faccia. Guardò con ammirazione la canna dell'arma, mentre lacrime di gioia le scorrevano sul viso macchiato di sangue ormai secco.

Un fragore sordo, per niente simile a quello che si sente nei film.

Poi tornò il rumore del soffio del vento.

Un petalo di ciliegio prematuramente in fiore si posò come una lacrima sulla pozza di sangue che si era formata per terra.

Quello però, era solo l'inizio. Bastava solo avere pazienza.


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