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29. Perdere le staffe

Jack non poteva amare Lily Ferguson.
Non si era mai innamorato, lui, non c'era mai stato spazio per quel sentimento nella sua vita.
Ma poi era arrivata lei e aveva cambiato tutto. Lo aveva aiutato a vedere il mondo da un'altra prospettiva, con occhi nuovi e diversi, e la sua purezza aveva scalfito il suo cuore di pietra per incidersi in lui profondamente col passare del tempo. Quella mattina, Jack si ricordò che erano trascorsi esattamente cinquantadue giorni da quando si erano conosciuti. Strano, pensò mentre annotava il numero cinquantadue sul taccuino, come si fosse ridotto per amore di una fanciulla.
Mentre la sua mente formulava quella parola, amore, si ritrovò a riflettere su quanto suonasse perfetta in riferimento a Lily. Lei era fatta per amare, anche se non poteva amare lui.

L'aveva trattata in modo talmente freddo che nemmeno in cento anni sarebbe riuscita a perdonarlo, e Jack ne era consapevole più di ogni altra cosa. Aveva paura, ed era una delle rare volte nella sua vita. La paura che lei lo avrebbe odiato per sempre stava travalicando sulla rabbia nei confronti di se stesso per aver preso la decisione di allontanarla. Si convinceva che era stata la scelta giusta per Lily, eppure quel pensiero lo rendeva infinitamente triste.
Aveva rischiato di perderla due volte; l'aveva sottratta alle mani degli aguzzini che avevano voluto riportarla da suo padre, e l'aveva portata in salvo quando era quasi morta nell'incendio, due giorni prima. E mai come in quel momento Jack si era sentito tanto dipendente da qualcuno. Il suo umore, le sue emozioni, dipendevano completamente da lei. Se lei fosse morta in quell'incendio, lui sarebbe morto con lei. Ormai gli era entrata nel sangue, nelle vene, nella mente. Ogni volta che chiudeva gli occhi vedeva i suoi capelli biondi, la pelle di porcellana del viso, delle gambe, della vita, e gli occhi di smeraldo prezioso che nemmeno il cristallo in sé avrebbe potuto eguagliare.

L'aveva assistita per due giorni senza staccarsi mai dal suo capezzale, l'aveva ascoltata mugolare frasi sconnesse nel sonno, e in una notte tranquilla l'aveva sentita pronunciare il suo nome. Jack aveva sorriso, ma subito dopo quel sorriso si era spento: Lily non doveva pensare a lui, ma solo a se stessa. E, per quanto l'idea lo facesse impazzire di collera e gelosia, doveva trovarle un marito a cui non importasse che non avesse più un'innocenza.

—Signore, è arrivata una lettera per la signorina Ferguson— gli annunciò William, il valletto che era rimasto impettito ad osservarlo scrivere sul taccuino.

—Mh?— mugolò Jack, riscuotendosi dai suoi pensieri.
—Una lettera— ribadì William, porgendogliela. —Per la signorina Ferguson. Vostra madre l'ha già letta prima di voi...
Jack gli strappò la lettera di mano prima che lui potesse finire la frase. Maledizione a sua madre, pensò con ira, estraendo il foglio di carta dalla busta.
—Non c'è il sigillo— osservò ad alta voce, mentre il valletto indietreggiava per tornare al suo posto.
—No, signore.—

Jack strinse le labbra e cominciò a leggere, sapendo ancor prima di iniziare chi fosse il mittente.

Carissima figlia,
con mio grande dispiacere ho appreso da Madylin Sanders che ti trovi in alloggio a Kirkthon Castle. Come tu abbia potuto essere tanto imprudente da rivelare il tuo nome rimane per me un mistero. Fatto sta, figlia, che la tua mancanza di buona creanza ha superato ogni limite immaginabile. Ti avevo avvertita di non sfidarmi, e tu lo hai fatto comunque.
Ho preso provvedimenti, chiarito la questione con Edward BlackWood, e lui ha deciso che ti vuole ancora, illibata o no.
Entro due giorni saremo lì. Prepara i bagagli e dì addio ai tuoi amici, perché questa volta niente mi impedirà di trascinarti all'altare. Lo sposerai, Lilian Ferguson, che tu lo voglia o no, anche se dovesse essere l'ultima azione della mia vita sulla Terra.
Con sommo affetto,
Richard Ferguson.

Jack strinse la lettera tra le mani con tale impeto da fargli sbiancare le nocche. Stavano arrivando, lui e quell'impronunciabile Edward BlackWood. Doveva fare qualcosa, e subito, prima che fosse troppo tardi. La prima cosa era dare una lezione a sua madre.

—William, assicurati che la stanza della signorina Ferguson sia chiusa a chiave quando scenderò di sotto, ma prima manda Sarah a farle compagnia— ordinò, diretto al piano terra e poi nel salone, dove immaginava avrebbe trovato sua madre.
Madylin Sanders, in compagnia di Violet, sorseggiava pacatamente il thè con il mignolo alzato e la sua dannata parrucca strapiena di cipria che troneggiava sulla testa.

Quando entrò come una furia, sbattendole contro la lettera accartocciata, lei non si mosse di un millimetro. Violet sogghignò, distendendo le pieghe della lunga gonna color blu zaffiro.

—Immagino tu abbia letto la lettera del conte Ferguson— esordì Madylin, fissandolo altezzosa. —Allora?—
—Come avete potuto fare una cosa simile?— controbatté Jack, tentando di placare la collera respirando forte. —Come?— ringhiò a un centimetro dal suo viso. Solo allora sua madre trasalì, e così fece Violet. Nessuna delle due lo aveva mai visto tanto inviperito.
—L'ho fatto per te, figlio mio.—
Lui rise, sdegnato.
—Risparmiatemi le vostre inutili scuse, madre.
—Nessuna scusa.
—Non è stata opera sua, Jack— s'intromise Violet con aria maliziosa. —L'ho deciso io. Madylin mi ha solo coperta, sapendo bene quanto tu fossi già in collera con me.—

L'equilibrio mentale rischiò di vacillare e dovette contrarre i muscoli per non avventarsi su di lei. Si costrinse a mantenere quell'ultimo briciolo di dignità che gli rimaneva. Il pensiero che stava per perdere definitivamente Lily per colpa di quelle due arpie gli fece ribollire il sangue nelle vene.

—Perché, maledizione!— sbraitò, costringendosi a indietreggiare per non metterle le mani addosso. Non sarebbe stato nobile da parte sua, anche se la collera gli stava annebbiando la vista.

Ci fu silenzio per quelli che parvero istanti interminabili.
Poi Violet parlò, con voce calma e vellutata.
—Perché sono innamorata di te, Jack. Perché non sono disposta a dividerti con nessun'altra donna.—

Fu come ricevere una stilettata in pieno petto. Jack sentì lo stomaco contorcersi, mentre elaborava il significato di quelle parole.

—Tu... — sussurrò, senza fiato. —Sei stata tu ad appiccare l'incendio!—

—No— dichiarò Madylin alzandosi in piedi. Lentamente e con grazia, appoggiò la tazza sul tavolino davanti ai suoi piedi e guardò il figlio con aria di sfida. —Sono stata io. Per quanto la reputi malvagia, Violet non sarebbe capace di questo. Io sì, però.—
Lo sfidò con lo sguardo e l'espressione del viso, godendo a pieno della reazione di suo figlio.
Vide i muscoli tendersi sul collo, i pugni serrati, gli occhi infuocati.

—Volevo solo spaventarla, Jack, spingerla ad andarsene e a tornare da suo padre. Non ho mai pensato che potesse morire, là dentro... O forse sì. Mi sarebbe piaciuto assistere alla sua morte. L'avrei uccisa con le mie mani, se avessi potuto, ma non voglio che il suo sangue mi sporchi.—
Il sorriso corrotto che gli mostrò mandò in frantumi l'ultima parte civile di sé.

—Fuori di qui— ringhiò Jack con voce atona.
Violet sgranò gli occhi, ma Madylin restò impassibile.
—Questa è casa mia, Jack.
—No— precisò lui con ira. —È la casa del legittimo erede dei Sanders. Io.—
Madylin scosse la testa, sospirando. —Non vorrai davvero fare questo a tua madre, Jack. Sono la donna che ti ha donato la vita, ricordalo sempre.
—Per quanto mi riguarda non siete più mia madre da troppo tempo, da quando avete spinto Robert al suicidio per le vostre sudicie ragioni. Vi detesto con tutta l'anima, è bene che lo sappiate. Non metto fine alla vostra miserabile vita solo perché non sono un assassino.—
—Tua madre è anziana— la difese Violet con ostinata presunzione. —Non puoi mandarla in mezzo a una strada.—
—Sta' zitta, Violet— sibilò Jack con risolutezza. —Non sarà sola. Tu le farai compagnia. —
Gli occhi di Violet si incupirono, e la rabbia travalicò su qualsiasi altra cosa.

—Non oserai, Jack— disse, avvicinandolo con estenuante lentezza. —O la tua adorata Lily non si alzerà mai più da quel letto.

Jack rifletté a lungo su quelle parole. Fu solo quando il suo cuore si fu calmato che ricambiò lo sguardo determinato di Violet, ma con impeto di gran lunga superiore.

—Fuori di qui. Immediatamente.

Quando sua madre schiuse le labbra e sollevò il capo, gettando a terra la parrucca che cosparse di cipria e pidocchi il tappeto color oro, lui seppe di aver vinto. E questa volta non si trattava di una sola battaglia, ma della guerra vera e propria.

—Ti pentirai di questa decisione— sussurrò vicino al suo orecchio, e non si fermò ad osservare la reazione di Jack. Alzando il mento, lo superò con trafitta eleganza. Violet lo fissò a lungo, mentre negli occhi serpeggiava un astio che, Jack era consapevole, lo avrebbe tormentato in eterno.
Non gli importava, però. L'unica cosa che contasse era allontanare le due donne da Lily il prima possibile. Avrebbe dovuto farlo molto tempo prima, prima che la vita di lei fosse messa in pericolo.

Facendo schioccare la lingua, Violet gli sorrise, leziosa. Poi si sbatté la porta alle spalle, senza dargli la soddisfazione di aver vinto.

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