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9. Questo bacio audace

Quella notte Helena fu scossa da ripetuti brividi di freddo. Le temperature erano calate precipitosamente e, a dispetto delle ore diurne, quelle notturne ospitavano ora un freddo insolito. Un braccio forte la attirò verso un colpo caldo e robusto. Si rilassò nel suo abbraccio, tranquillizzandosi e solo allora si ricordò che quello che dormiva accanto a lei era Rafe. Avvampando, si scostò quasi bruscamente e si tirò su a sedere.
Per fortuna lui non si svegliò. Doveva essere stanco, meditò, proprio come lei. Ma per Helena il sonno era già passato.

Seduta, con la sola luce della luna, si girò a guardare il suo accompagnatore. Era senza ombra di dubbio l'uomo più bello che avesse mai visto. Non che ne avesse visti tanti, se ci pensava bene. Aveva la mascella scolpita, labbra piene e dalla linea decisa, l'ombra della barba scura sulla parte inferiore del volto. Dagli occhi chiusi, le ciglia scure gettavano ombre sugli zigomi e un ciuffo di capelli corvini gli era scivolato davanti alla fronte, donandogli un tratto ribelle ed esotico.

Helena non riuscì a resistere all'impulso di spostarglielo. Nel farlo, sfiorò la fronte di Rafe e il cuore perse un battito quando temette di averlo svegliato. Sembrava così innocuo, in quel momento, niente a che vedere con l'uomo scontroso che lei ormai era abituata a conoscere. Avrebbe voluto che si svegliasse, per ammirare quegli occhi di zaffiro che l'avevano completamente stregata; ma sarebbe stato meglio che non lo facesse. Si stava rendendo alquanto ridicola a fantasticare sulla bellezza del volto di un uomo, e immaginava sua madre rivoltarsi nella tomba. Non l'aveva certo educata ad adottare determinati pensieri peccaminosi nei confronti di uno sconosciuto. Il problema era che Rafe era troppo… non sapeva nemmeno come definirlo. Per quanto l'avesse trattata con sgarbo e poi con um vago accenno di gentilezza, lei aveva goduto di ogni sfaccettatura del suo comportamento.

La cosa che più desiderò al mondo, quando il suo sguardo calò sulle sue labbra appena dischiuse nel sonno, fu di… baciarlo. Voleva solo sfiorarle, per capire cosa derivasse dal contatto con le labbra di un uomo, cosa si provasse nel baciare qualcuno, e lui era lì, assopito, non se ne sarebbe nemmeno accorto…

Helena si sporse piano verso di lui. Contemplò ancora  il suo volto che sfiorava la perfezione, notando per la prima volta un dettaglio che non lo rendeva poi così perfetto: il naso era un po' troppo grosso per i suoi gusti, nella norma, certo, ma comunque troppo grosso. E tuttavia quel particolare non valse ad intaccare la sua bellezza.

Con il cuore in gola per timore che potesse svegliarsi da un momento all'altro, Helena si abbassò ancora di più e appoggiò delicatamente le labbra su quelle di Rafe. Erano morbide, si rese conto, e calde, e così invitanti… premette appena un po', sconvolta dal fuoco che divampò dentro di lei dopo quel contatto così poco intimo per gli altri, ma così sconosciuto a lei. Mentre si staccava, riluttante, si assicurò che Rafe non avesse aperto gli occhi e la stesse fissando e, per sua fortuna, qualcuno esaudì i suoi desideri.

Rafe continuò a dormire, mugulando appena qualcosa, poi si girò dall'altra parte e il suo respiro tornò alla normalità. Helena ringraziò il cielo e si portò le dita alle labbra, là dove quelle di Rafe l'avevano sfiorata. Senza che se ne rendesse conto, un sorriso timido le curvò le labbra. Quello non era stato un vero bacio, se ne rendeva conto, ma lei si sentiva lo stesso emozionata. E c'era qualcos'altro, qualcosa che la induceva a sorridere, a passarsi la lingua sulle labbra in un gesto audace e senza vergogna. Ma non sapeva, non ancora, che cosa fosse. Sapeva solo che avrebbe desiderato farlo ancora e magari approfondire la cosa…

No, si rimproverò. Doveva sposarsi con qualcun altro, e il matrimonio sarebbe avvenuto non appena avesse messo piede nella casa del suo promesso sposo. E allora perché aveva scelto di baciare Rafe? E perché non se ne pentiva neanche un po'?

***

Era stato un sogno, senza ombra di dubbio. Non era possibile. Aveva davvero sognato Helena che lo baciava o era stata un'allucinazione provocata dalla stanchezza? Lei non si sarebbe mai spinta così in fondo, considerò poi quella mattina, quando si alzò. Perché avrebbe dovuto farlo, inoltre? Se solo avesse aperto gli occhi avrebbe saputo se l'aveva solo sognato o se era stato reale… E l'avrebbe allontanata. Ormai lottava quotidianamente contro le emozioni che gli suscitava, avrebbe dovuto continuare a farlo. Non sapeva se e per quanto ci sarebbe riuscito, però. E mancavano ancora tanti — troppi — giorni all'arrivo in Nevada.

Prese la borraccia e si versò un po' d'acqua sul palmo della mano, poi se la passò sul viso. Almeno così si sarebbe completamente svegliato. Afferrò poi la camicia e se la sfilò dalla testa; quel giorno era cominciato con un sole a dir poco cocente.
Helena, si rese conto quando si voltò, non c'era. Doveva essersi svegliata, rifletté. Quantomeno era una ragazza assennata e aveva previsto che avrebbero dovuto mettersi in cammino subito.

«Buongiorno» risuonò la sua voce alle spalle di Rafe. Lui si voltò e le porse la borraccia.
«Rinfrescatevi, ma attenta a non usarne troppa.»
Si girò subito per nascondere l'evidente rigonfiamento dei pantaloni, scaturito dalla vista di Helena appena sveglia. Aveva sciolto la treccia e ora i suoi capelli rossi ricadevano in morbide onde sulle spalle. L'aria del primo mattino, calda, le aveva fatto ricadere una ciocca ondulata davanti agli occhi e l'aveva resa ancora più innocente. No, decise definitivamente, di certo Helena non si sarebbe abbassata a baciare uno come lui. Meglio così, pensò. Non proprio, capitolò subito dopo.

Borbottò qualcosa sottovoce.
«Come dite?» gli chiese lei avvicinandosi.
«Nulla» tagliò corto Rafe dirigendosi verso i cavalli. «Muovetevi o al crepuscolo saremo ancora qui!»
Helena trasalì appena, poi bevve un sorso dalla borraccia e, sollevando la sella dove aveva dormito, si avviò verso il suo cavallo mettendogliela sulla groppa.
«Bravo, bello» sussurrò accarezzandogli la criniera scura. Poi saltò in sella, senza bisogno di chiedere aiuto a Rafe. La schiena le faceva ancora un po' male, ma il ricordo ardente del bacio che aveva dato all'uomo era bastato ad allontanare il dolore, almeno per un po'.

***

Il fitto bosco si inerpicava sulla montagna, ostacolando di non poco l'andatura dei cavalli. Rafe strinse i calcagni contro i fianchi dell'animale, chiedendogli un ultimo sforzo per raggiungere la foresta che si intravedeva in lontananza.
«Helena? State bene?» gridò voltando leggermente il capo.
Lei gli rispose con un mugolio che Rafe non riuscì a cogliere subito. «Helena?» C'era una sorta di urgenza nella sua voce.
«Sì.» Lei gridò un po' più forte, sforzandosi di non gemere dal dolore. La schiena le faceva male da impazzire, l'interno delle cosce stava andando a fuoco per il troppo tempo passato in sella.
Rafe sapeva che non stava dicendo la verità. Mosso a compassione, fece fermare i cavalli e smontò.
«Scendete» le ordinò, serio.
«Posso continuare, signor Ellington» replicò lei sollevando il mento.
«No, non potete.»

Una fitta alla schiena la fece quasi piegare in due, così Rafe appoggiò una mano sul collo del cavallo e con l'altra circondò la vita di Helena e, senza il minimo sforzo, la sollevò dalla sella per depositarla a terra.
«La schiena deve farvi malissimo» mormorò in tono basso. Le scostò in un gesto automatico quei capelli che il sudore aveva appiccicato alla fronte e lei fremette sotto quel tocco. D'improvviso aveva molto più caldo di quanto avesse sofferto fino a pochi istanti prima.
Il suo sguardo le disse che lui aveva inteso perfettamente che non sarebbe riuscita a fare un altro passo senza il suo sostegno.
«Mi dispiace di non essere forte come voi, Rafe» sussurrò, sinceramente addolorata. «Pensavo che avrei potuto percorrere parecchi altri metri, ma la mia schiena è a pezzi e sto morendo di sete… »
Lui le lanciò un'occhiata contrariata.
«Perché non avete bevuto?»
«Ho finito l'acqua stamattina» ammise lei, abbassando lo sguardo. Rafe le appoggiò le mani sulle spalle, sollevandole il mento con due dita.
«Avreste dovuto dirmelo» la rimproverò in tono insolitamente gentile. «Vi avrei dato la mia.»
«Non volevo disturbarvi. Mi dispiace.»

Istintivamente lui la strinse fra le braccia, accarezzandole i capelli ridotti a un ammasso di nodi e polvere; Helena aderì al suo petto nudo, cosparso di un velo di sudore, e avvampò violentemente. La bocca divenne ancora più secca, mentre gli chiedeva gentilmente di farla bere.
Lui si allontanò, prese la borraccia, riempita solo per metà e gliela porse. Era l'ultima scorta. Avrebbero dovuto trovare altra acqua al più presto o non sarebbero sopravvisuti ma a lui importava più che fosse lei a sopravvivere.
Mentre la guardava bere si rese conto che il cuore gli galoppava a un ritmo sfrenato nel petto, e si diede dell'idiota per aver ceduto all'istinto di abbracciarla.

Perfino in quello stato, piena di polvere, stanca e malridotta, Helena era bellissima. Doveva portarla via dal sole cocente, così le fece un cenno con la testa e lei condusse il cavallo al seguito. Trovarono riparo sotto un punto piuttosto in ombra,  Helena si lasciò cadere direttamente sul terreno con un sospiro stanco. La lunga gonna a balze gettava calore afoso sulle sue gambe, così, afferrandone l'orlo, lei tirò su il tessuto in modo che le caviglie prendessero aria.

Rafe assicurò i cavalli a un grosso tronco e tornò da lei, sedendole accanto per riposarsi almeno un po'.
«Tra un po' si leverà un buon vento» le annunciò passandosi una mano tra i capelli scuri che gli sfioravano il collo. «Potrete respirare un po' d'aria fresca.»
Evitò di metterla al corrente sul fatto che la loro scorta d'acqua era quasi finita, e che avrebbero dovuto trovare presto una sorgente per non rischiare di morire di sete.
Lei annuì, grata di quell'informazione. Sarebbe stata dura affrontare il resto del viaggio, lo sapeva e se ne stava rendendo conto ogni giorno che passava. Ma in qualche modo la compagnia di Rafe la rassicurava, dandole la forza che le serviva per non arrendersi.

Abbozzò un sorriso.
«Prometto di non lamentarmi più.»
«Dovete lamentarvi, invece» la contraddisse lui. Si girò a guardarla, e pensò che quel piccolo sorriso che curvava le labbra di Helena fosse un dono speciale.
«Se non lo farete, io non saprò che state male e potrei perdervi durante il cammino.»
Lei scoppiò definitivamente a ridere, poi si morse il labbro inferiore con una grazia adeguata alla sua persona. «Sono più forte di quanto crediate, sapete? Ce la farò.»
«Lo so» rispose Rafe lasciandosi sfuggire un sorriso. Era la terza volta che sorrideva in tre giorni, e tutto a causa di Helena. Dopotutto, il fatto di sorridere insieme a lei e per lei, cominciava a farlo sentire bene.

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