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16. Gelosia


«Devi portare i capelli legati, Kate» disse Helena guardando la bambina con incoraggiamento. «Non puoi andare a un ballo acconciata come al solito.»
Kate sbuffò. «Papà non ha mai fatto obiezioni sul mio aspetto durante i balli.»
«Ma tuo padre è un uomo» replicò Helena con un sorriso ironico. «Magari puoi solo intrecciarti i capelli» le suggerì. La ragazzina sembrò rifletterci per qualche secondo e alla fine annuì, soddisfatta.
«Miss Milton, l'abito che indossate è troppo brutto per una festa di paese» le fece notare con un'espressione talmente contrariata che Helena scoppiò a ridere. Abbassò lo sguardo sulla goffa gonna color grigio topo e sospirò lungamente.
«L'abito di Mrs. Jenkins non è ancora pronto.» Si strinse nelle spalle. «Su, adesso corri a prepararti, Kate.»
«Comunque sarete la più bella, anche più bella di miss Rachel» commentò Kate prima di alzarsi dalla sedia e di correre lungo la scalinata che conduceva ai piani superiori. Helena scosse la testa con un sorriso mentre si scioglieva i capelli, che aveva appena lavato, e li faceva ricadere lungo la schiena.

La cucina era immacolata grazie alle sue cure, e lo sarebbe stata fino al giorno successivo, dal momento che quella sera tutti avrebbero mangiato al villaggio. La sua unica preoccupazione, in quel momento, era cercare di apparire almeno carina agli occhi di Rafe. Avrebbe danzato con lui, anche se non aveva idea del tipo di danza in voga da quelle parti, ma non le importava; sarebbe stata in sua compagnia ed era l'unica cosa che contasse. Era eccitata quando salì i gradini che conducevano alla sua stanza e contemplò il suo aspetto nel lungo specchio ovale dell'armadio. L'abito grigio, almeno, metteva in risalto il colore degli occhi, che non erano più stanchi come lo erano stati alcuni giorni prima. Aveva potuto riposare e si sentiva al massimo delle forze, perciò avrebbe sfruttato il suo buonumore per prepararsi come meglio poteva.

Decise di acconciarsi i capelli in una crocchia bassa alla base del collo e la adornò con una coroncina di margherite che aveva raccolto al campo con Kate quella mattina. Le donarono un tratto esotico, intensificando la sua bramosia di libertà. Poi si passò le mani sul viso e pizzicò appena le guance per dargli un po' di colore. Ricordò il giorno in cui era stata sua zia a farlo e la nostalgia la colse: zia Henrie le mancava, e non lo avrebbe mai immaginato. Era sempre stata una buona compagnia, troppo logorroica, ma di buon cuore; aveva accompagnato Helena nella sua crescita, soprattutto dopo che il padre era venuto a mancare. Nonostante la nostalgia, sorrise al ricordo di sua zia e si consolò con il fatto che presto l'avrebbe incontrata di nuovo.

In quel momento qualcuno bussò alla porta, facendola trasalire. Helena si schiarì la gola e andò ad aprire. Per qualche ragione aveva desiderato che a bussare fosse stato Rafe, ma quella che si ritrovò di fronte fu ancora Kate. Si era intrecciata i capelli, e la treccia le ricadeva lunghissima su un lato della spalla; il vestito che indossava — color verde salvia — le arrivava alle caviglie, facendola apparire più adulta di qualche anno. Helena sorrise nel notare che era assolutamente a suo agio, meravigliandosi della smisurata brillantezza dei suoi occhi nocciola.

Si accorse che le braccia erano ripiegate dietro la schiena, e si domandò che cosa stesse nascondendo. Kate la fissò con aria birichina, poi si rilassò mentre da dietro la schiena faceva scivolare fuori un cofanetto. Glielo porse con sorriso tremulo. Helena osservò l'oggetto con titubanza, indugiando appena qualche istante prima di prenderlo. Quando lo fece, sfiorò la piccola mano della bambina e notò che era umida di sudore.

«Va tutto bene, Kate?» le domandò, sinceramente preoccupata.
Lei annuì. «Apritelo, miss Milton.» 
Helena aprì lentamente la scatolina e rimase meravigliata. All'interno c'era la collana più bella che avesse mai visto, con un ciondolo di giada incastonato nelle giunture di metallo. Estrasse la collana con gentilezza e la sollevò per osservarla meglio.
«È bellissima» sussurrò, tornando a guardare Kate.

«Papà la regalò alla mamma qualche anno fa» spiegò con orgoglio. «Lei la indossava alle feste e quando andava in Chiesa. Sapete, le piaceva tanto soprattutto perché papà l'aveva fatta con le sue mani. L'ho data a voi perché credo che sia perfetta per l'occasione di stasera, miss Milton. Vi prego, indossatela.» 

Helena, sinceramente colpita, si inginocchiò e annuì, prendendo le mani di Kate e baciandone le nocche dolcemente. «Ti ringrazio tanto, Kate.» 
La bambina sorrise, abbracciandola. «Ora torno in camera mia, così posso mettermi i miei stivali» le annunciò con orgoglio, e poi corse lungo il corridoio. Helena rimase a guardare il punto in cui era sparita con espressione ebete e profondamente lusingata. Il fatto che Kate le avesse donato quella collana, anche se solo per quella sera, la rendeva estremamente fiera; stava cominciando a provare un affetto smisurato per quella bambina, e, quando richiuse la porta, gli occhi le si inumidirono per la commozione.

***

Il colletto della camicia di Tom era troppo alto, meditò Rafe mentre spegneva la sigaretta sul muro. Era così turbato dal fatto che anche lui fosse andato alla festa che gli prudevano le mani; avrebbe potuto stenderlo lì, davanti a tutti, in un battito di ciglia, ma non voleva creare uno scandalo. E, per fortuna, la reputazione di Helena non era stata macchiata da quel farabutto. Mentre li osservava danzare provava uno smisurato senso di vuoto al centro del petto. Più volte si era accorto che le mani di Tom erano scese verso il basso — un po' troppo verso il basso — ma si era rincuorato vedendo che Helena gliele aveva abilmente fatte risalire. Poi era stato il suo turno e anche quello dopo, perché Rafe si era rifiutato di farla ballare di nuovo con Tom o qualcun altro.

Eppure Helena lo aveva rassicurato che andava tutto bene, che sapeva come tenere a bada un tipo come Tom, e così Rafe si stava limitando a guardarla danzare e saltellare con le braccia incrociate. Aspettava con ansia che la musica cessasse per poterle parlare in disparte, anche solo per chiederle se potesse concedergli un'altra danza. Dopotutto, era lui il suo accompagnatore.

La musica non cessò e, anzi, parve aumentare d'intensità rischiando di fargli scoppiare le meningi. I gruppetti di paesani — che non dovevano essere più di una ventina — danzavano in tondo, ridendo e scherzando, ma Rafe non trovava niente di divertente in quella stupida danza che stava sottraendo a lui il tempo di godere della vicinanza di Helena. E poi fu di nuovo il turno di Tom. Si era rasato, aveva notato Rafe fin dall'inizio, forse per far colpo su di lei e allora la collera gli era montata dentro. E in quel momento rischiò di farlo esplodere.
Kate gli si avvicinò. Aveva i capelli scarmigliati e le guance arrossate, forse per aver ballato troppo.

«Volete ballare con me?» gli propose ansimando. Rafe scoppiò quasi a ridere, ma non distolse lo sguardo da Helena neanche per un istante. «Kate, non sei un po' troppo piccola per me?» 
La bambina rise e in quel momento i suoi occhi si animarono quando scorse la signorina Rachel, la sua vecchia insegnante di scuola, venire verso di lei.

«Miss Rachel!» gridò correndole incontro.
La ragazza, che doveva avere al massimo un paio d'anni in più di Helena, accolse la piccola a braccia aperte e con un grande sorriso. «La mia bellissima Kate» la salutò spostandole dei ciuffi ribelli dalla fronte.
«Venite, miss Rache, vi faccio conoscere il signor Stewart!» esclamò Kate prendendole la mano e trascinandola verso Rafe, che stava ancora fissando Helena che danzava con Tom e non la smetteva di sorridere. Gli si contorse lo stomaco. Che cosa c'era da sorridere tanto? Che cosa le stava dicendo Tom? E perché lei sembrava divertirsi in sua compagnia? Purtroppo o per fortuna non ebbe il tempo di soffermarsi troppo su quei pensieri logoranti, perché Kate tornò subito sbattendogli davanti una ragazza che lo eguagliava quasi in altezza.

«Signor Stewart, questa è miss Rachel, la mia insegnante. Miss Rachel, lui è il signor Stewart» disse Kate, eccitata. Rafe osservò distrattamente la donna che sembrava voler scoppiare a ridere da un momento all'altro. Era alta, dalla vita e i fianchi snelli, e un bel viso, con due occhi grigi che ricordavano il cielo prima di una tempesta.
«È un piacere fare la vostra conoscenza, signor Stewart.» Rachel gli rivolse un piccolo inchino.
«Piacere mio» rispose Rafe abbozzando un sorriso cordiale.

«Ho pensato che potevate ballare insieme, visto che miss Milton sta ballando con Tom» propose Kate con un grande sorriso. «Che cosa ne dite?»
Rafe fu subito pronto a scuotere la testa in segno di diniego ma l'espressione speranzosa di miss Rachel lo bloccò. Rivolse uno sguardo a Helena, che aveva smesso di danzare e ora sedeva a chiacchierare con Tom, e sospirò stancamente.

«Se alla signorina Rachel fa piacere, può concedermi il prossimo ballo.»
La ragazza gli mostrò un sorriso timido e annuì.
Kate spinse Rachel più vicino a Rafe, e poi corse verso suo padre, con il quale ballò per i prossimi turni.
Quando la musica ricominciò, Rafe fece strada a Rachel e la condusse al centro della pista. Lei gli si posizionò di fronte e lui allungò un braccio.

«Guardate, Helena, pare che il vostro amico abbia trovato con chi divertirsi, stasera» commentò ironicamente Tom, accavallando le gambe. Helena seguì i suoi occhi e notò Rafe intento a far volteggiare una donna parecchio alta, che sorrideva languidamente ad ogni suo sguardo. Venne colta, all'improvviso, da un senso di oppressione angosciante che le tolse il fiato per qualche istante. Chi era quella donna? E perché stava danzando con Rafe? Dopotutto, però, lui avrebbe potuto porsi la stessa domanda: perché lei aveva danzato con Tom? Forse per farlo ingelosire. No, capitolò poi, aveva danzato con Tom perché l'aveva visto diverso, meno arrogante e più incline alla gentilezza. A dirla tutta, le sembrava totalmente diverso dal pomeriggio precedente. Eppure, vedere Rafe così vicino a un'altra donna, la rese immediatamente triste e conscia dei suoi sentimenti verso di lui.
Involontariamente strinse tra le dita il ciondolo di giada che le aveva prestato Kate, e Tom lo notò.
«Andiamo, miss Milton, non sarete gelosa di quei due» disse con una certa asprezza.
«Non sono gelosa di nessuno, Tom, sono solo stanca.» E lo era davvero.

Tom emise una specie di basso gemito, poi le tese la mano. «Se siete così stanca, posso riaccompagnarvi a casa subito.»
Helena meditò che, nonostante l'apparente cambiamento dell'uomo, sarebbe stato meglio non fidarsi, così scosse la testa.
«Vi ringrazio, Tom, ma basterà allontanarmi appena da questa musica assordante e mi sentirò meglio.»

E magari eviterò di guardare Rafe che stringe a sé quella donna.

«Come desiderate.» Tom le prese la mano e la condusse in mezzo alle altre coppie di ballerini rimasti, mentre gettava un'occhiata sprezzante in direzione di Rafe.
Quando raggiunsero l'angolo, Helena si sentì subito meglio. Quella sera il cielo era di un triste color grigio, segno che sarebbe piovuto di lì a poco tempo. Appoggiandosi al tronco di un albero, riprese a respirare normalmente. Tom la affiancò.
«Avete ripreso un po' di colore.»

«La musica mi stava facendo venire mal di testa» replicò lei, abbozzando un sorriso. «Ora sto meglio.»
Tom le sorrise sinistramente, ma Helena non lo notò. Era troppo persa nel ricordo di come Rafe aveva fatto danzare con quella donna, troppo intenta ad allontanare il fastidio provocato da quella visione. Nonostante non si sentisse a suo agio in compagnia di Tom, la considerò comunque una compagnia migliore di quanto sarebbe potuta esserlo quella di Rafe.

Ma poi lo stesso Rafe li raggiunse, e stavolta al suo fianco non c'era più la donna.
«Desidero parlare con miss Milton. In privato.»
Aveva un tono talmente autoritario che Helena si sentì percorrere da un lungo brivido. Scrutò Tom con aria severa, inducendolo a malincuore a lasciarli soli, e poi rivolse tutta la sua attenzione su di lei.

«Si può sapere che cosa avevate intenzione di fare, Helena?» la accusò. Di nuovo, stava torreggiando su di lei, che si sentì estremamente piccola.
Sollevò il mento.
«Sono venuta a prendere un po' d'aria» rispose con calma. «Mi era forse vietato?»
«È vietato il tipo di persona con cui avete deciso di prendere un po' d'aria, Helena.» replicò Rafe con tono adirato. Lei si chiese perché gli importasse tanto. Dopotutto, lo aveva appena visto divertirsi in compagnia di un'altra donna.

«Oppure il problema è che ho danzato con lui, Rafe?» lo provocò con rabbia. «Che cosa credevate, che avrei concesso solo a voi la mia compagnia?»
Rafe la prese per le spalle e la sospinse bruscamente contro il tronco. I suoi occhi mandavano lampi.

«Ero il vostro accompagnatore» sibilò a denti stretti. Il cuore prese a martellargli nel petto, al ricordo di come le mani di Tom avevano sfiorato la schiena di Helena. «Avreste dovuto ballare con me, Helena.»
«Penso di poter decidere da sola con chi posso o non posso ballare» controbatté lei. «Proprio come avete fatto voi.»
Gli occhi di Rafe si strinsero. Dunque li aveva visti. Bene, così avrebbe capito come si era sentito lui.
«Non credo sia stato un problema per voi, Helena.»
«Come non deve esserlo stato per voi vedermi ballare con Tom, Rafe. Dico bene?»

Il tono schietto con cui gli pose quella gelida domanda, ruppe qualcosa nella sua gola. Forse un grido, un gemito frustrato.
Le prese la testa tra le mani e le catturò le labbra in un bacio famelico, mettendola a tacere, ponendo un freno a tutte le sue accuse. La baciò come se fosse l'ultimo giorno del mondo, come se la terra dovesse aprirsi sotto di loro da un momento all'altro.

«Non dovevate ballare con lui. Siete così sciocca, così... » Si interruppe per baciarla di nuovo, scendendo con le labbra lungo il collo, marchiandola come avrebbero fatto dei tizzoni ardenti. Helena gemette, passandogli le mani tra i capelli, cercando la sua bocca come fosse stata l'unica fonte d'acqua in un mondo arido e secco. Percepì una vampata di calore, come un incendio, tra le gambe e si strinse di più a lui. D'un tratto quella donna non c'era più, c'erano solo lei e Rafe, Rafe che la stava baciando come aveva voluto che facesse fin da quando erano arrivati in quel posto.

«Promettetemi che non lo farete ancora» ansimò Rafe, allontanandosi piano dalle sue labbra gonfie. La guardò disperato, cercando di controllare i suoi istinti primordiali che lo stavano implorando di prenderla lì e di farla sua per sempre.
«Perché, Rafe?» gli domandò lei a fior di labbra. «Perché?»
Lui strinse i denti. «Perché… perché... »
Ma non le diede una risposta, e si staccò definitivamente indietreggiando di qualche passo, per poi svoltare l'angolo e raggiungere di nuovo le coppie che stavano ancora danzando.

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