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Parte 96

Mi allontano cercando il bagno. Cammino lungo i corridoi deserti dell'ospedale, l'unico rumore che si ode è il suono dei macchinari che provengono dalle varie stanze di degenza. Ad un tratto riconosco una voce familiare e capisco che si tratta di Paul. Spinta dalla curiosità mi avvicino alla porta della stanza da dove sento provenire la sua voce ma mi soffermo la davanti con la mano sulla maniglia ma senza aprire.

«Devi smetterla di fare tanto lo stronzo con me. Limitati a fare ciò che ti è stato chiesto, non me ne frega un cazzo come ci riesci ma fallo.....Lei è al sicuro finché tu le starai lontano.....L'auto ti aspetta fuori dal cottage per riaccompagnarvi alle vostre rispettive case....Veronique tornerà nel luogo dove è stata fino ad ora, non può tornare a casa sua, è troppo pericoloso con quell'uomo ancora a piede libero......Fa come ti ho detto o.....Devo riagganciare non posso parlare, sono in ospedale......É con me, sua nonna ha avuto un infarto, l'hanno dovuta operare e.......non ti azzardare a venire qui, non serve la tua presenza. Ora devo chiudere. Ci sentiamo domani ho degli aggiornamenti per te» bisbiglia e poi riaggancia.

Resto impietrita dietro la porta senza avere la forza di aprire. Con chi stava parlando? A chi poteva importare di mia nonna e perché quella persona voleva venire qui in ospedale? Mi sento confusa ed una sensazione spiacevole di ansia mi afferra la gola. Decido di allontanarmi il più velocemente possibile.

«Amelia» mi chiama alle mie spalle facendomi sussultare per lo spavento.

Mi volto lentamente.

«Che hai sentito?» mi chiede ed il suo viso pare rabbuiato ed esasperato.

«N-non lo so. Dimmelo tu?» prendo coraggio e lo affronto a testa alta.

Scuote la testa e mi si avvicina lentamente. Ho il cuore che va a mille mentre invade completamente il mio spazio personale. Ormai è vicino pochi centimetri dal mio viso tanto che riesco ad avvertire il suo respiro sulla mia pelle. Mi irrigidisco iniziando a perdere forza d'animo.

«Cosa vuoi sapere, piccola?» mi chiede sorridendomi.

È calmo.

«Con chi stavi parlando? Perché hai detto a quella persona di non raggiungerti qui in ospedale e come fa a sapere di me?» lo interrogo serrando la mascella ed i pugni che ho lungo i fianchi.

China il capo e, sempre, con estrema calma, mi guarda formulando il suo pensiero nella mente.

«Un collega. Stiamo seguendo un caso molto delicato. Non posso dirti altro, sai il segreto professionale. È una giovane con seri problemi di anoressia associati ad autolesionismo. La seguiamo in due perché il mio collega è ancora nel triage ed io sono il suo tutor. Sa di te perché....beh, sai, siamo diventati molto amici ed una sera, bevendo in un locale, ci siamo un attimo lasciati andare a confessioni tra uomini ed, insomma, gli ho detto che c'era una ragazza che mi interessava ma, mi sono ben visto dal dirgli che eri una mia paziente. Mi ha chiesto se volevo che venisse qui a darmi una mano ma ho impedito che vi vedeste così che non ti potesse riconoscere. Sicuramente ti ha vista durante i nostri incontri ed non ci sarebbe voluto molto affinché facesse due più due, ricollegandoti ad una mia paziente» spiega mentre la sua mano mi sfiora il braccio.

Centinaia di brividi mi percorrono il corpo.

«Chi è Veronique?»chiedo cercando di recuperare un po' di autocontrollo.

Scuote la testa esasperato.

«Da quanto eri la fuori? Non ti ha mai detto nessuno che non bisogna origliare le conversazioni altrui? Comunque, Veronique è la paziente di cui ti parlavo. È un tipo abbastanza incasinato, dalla personalità complessa, e sembra stia riuscendo a circuirlo, gli ho solo consigliato di mantenere un rapporto strettamente professionale con lei per evitare problemi» mi fissa come se stesse alludendo a noi.

«Tu ti sei lasciato coinvolgere» osservo piccata.

«Ma noi siamo solo amici. È come se potessi seguire la tua guarigione più da vicino. Dopotutto, gli amici si aiutano nel momento del bisogno. Vero?» ribatte mentre la sua mano risale lentamente lungo il mio collo e poi sul viso.

«Sei sicuro di riuscire a restare mio amico e basta?» insisto senza comprendere il territorio intricato e pericoloso nel quale mi sto addentrando.

«E tu sei sicura di volere che io sia solo il tuo medico ed il tuo amico/confidente?» ammicca.

Abbasso lo sguardo sentendomi avvampare. Il cuore va a mille mentre le gambe si fanno di gelatina.

«Non voglio insistere. Quando e se ti sentirai pronta a far evolvere questo rapporto, io sarò li. Nel frattempo mi limiterò ad essere un tuo confidente. Ci tengo troppo a te e non credo, questo sia il momento più adatto a forzare certe cose» improvvisamente si avvicina ed istintivamente chiudo gli occhi come se anelassi con tutta me stessa il contatto con le sue labbra che invece, sorprendentemente, sfiorano la mia fronte.

Riapro gli occhi delusa e lui mi guarda strizzandomi un occhio.

«Vado in bagno» dico.

«É proprio li di fronte» mi indica col mento alle mie spalle.

«Ok. Ti raggiungo in un attimo»aggiungo.

Annuisce e ritorna nella sala d'attesa.

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