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Parte 71

Matt.Un anno prima.

Veronique mi accompagna al centro dell'enorme stanza ed arrivati vicino al letto al baldacchino si sofferma ad analizzarmi e la cosa mi eccita.

«Vediamo. Sai almeno dirmi. Che posizione preferisci quando fai sesso con la tua partner?» sogghigna e mi sembra quasi che mi stia prendendo in giro.

«Così, è di questo che si tratta? Praticamente siamo in un bordello?» chiedo.

Vedo Veronique, cambiare immediatamente sguardo, improvvisamente diventa glaciale, poi carica verso di me e mi assesta uno schiaffo sulla guancia talmente forte da farmi sussultare per il dolore.

«Non sono una puttana. Siamo tutti qui per lo stesso fine. Il piacere. Vuoi divertirti? Allora sei nel posto giusto ma qui si gode entrambi, non è una cosa a senso unico, a meno che io non decida che a provare piacere sia solo e soltanto io, per stasera» abbaia ferita contro di me.

«Ok. Scusa tanto, non volevo offenderti» domando venia.

«Credi che mi bastino le tue scuse? Voglio vederti implorare il mio perdono. Dovrai meritartelo. E se sarò soddisfatta avrai la tua gratificazione» dice Veronique.

«Quindi ora cosa mi aspetta?» la canzono fin troppo sfacciato.

Veronique mi sorride di rimando ma comprendo che ho appena firmato la mia condanna. La vedo, infine, scomparire nuovamente dietro la porticina dalla quale è entrata in scena.

Attendo qualche istante guardandomi attorno. A parte l'enorme letto a baldacchino ci sono diversi specchi tra cui uno proprio sul soffitto sopra il letto. Dalle imponenti finestre scendono enormi drappeggi di color dorato e porpora mentre sui muri si intravedono diversi quadri ed arazzi tutti raffiguranti paesaggi o ritratti di persone, sicuramente aristocratiche ma che celano un non so che di esoterico.

Mentre mi aggiro per la stanza sento lo schiocco di quella che mi sembra essere una frusta riecheggiare sul pavimento e tra le mura e sobbalzo per lo spavento.

Riappare Veronique e si avvicina a me tenendo le mani ben nascoste dietro la schiena come se stesse celando qualcosa. Ma mentre avanza verso di me le sue gambe nude la tradiscono nel suo intento e riesco a scorgere la sua arma bianca.

Sorride sorniona e si avvicina sempre di più. Non riesco a capire cosa voglia farne di me, sembra un leone affamato che saggia la sua preda, scegliendo con cura, come sferrare il primo colpo.

«Togliti la maglietta e resta solo coi pantaloni. Ah, visto che ci sei, gradirei che togliessi anche le scarpe e le calze. Ti voglio a piedi nudi davanti a me» ordina.

Inarco un sopracciglio e resto fermo. Questa mia mossa audace potrebbe mettermi nei guai ma la cosa mi eccita ancora di più.

«Altrimenti?» chiedo con tono lascivo e di sfida.

«Stai scherzando col fuoco, piccolo. Comunque, cancellerò da quel bel visino, quel piglio di strafottenza. Togliti immediatamente la maglietta e le scarpe e mettiti inginocchiato davanti a me» rimbecca grave.

Un brivido mi attraversa la schiena. Faccio come mi ha chiesto.

«Tieni lo sguardo fisso sul pavimento quando sei con me, in questa posizione. Solo io posso dirti di guardarmi negli occhi» quelle parole riecheggiano fra le mura come il suono dei suoi tacchi che beccano il marmo del pavimento. Poi la vedo prendere posto alle mie spalle.

Mi tormenta col fruscio di quelle sottili corde, che credo siano di pelle, facendole scivolare lentamente ai suoi piedi.

Avverto tutto il peso di quegli occhi indagatori e credo stia volutamente mettendo alla prova la mia pazienza od il mio autocontrollo.

«Prima che io inizi, c'è una cosa che devi sapere. Se qualcosa ti da veramente fastidio devi farmelo capire ma, ti chiedo di non essere diffidente poichè molto spesso, il concetto di dolore stesso è solo un archetipo, una sorta di retaggio culturale, un'immagine distorta della realtà impressa da una cultura primitiva e bigotta. Il dolore è parte di noi come tutte le altre emozioni. Dobbiamo interiorizzarlo per trarne tutti i benefici ed apprezzarlo. In realtà anche dal dolore, come lo si intende nella società contemporanea, si può ricavare un enorme piacere e non intendo solo per chi lo procura ma soprattutto per chi lo subisce, basta liberarsi dai preconcetti ed aprire la propria mente. Vedrai che il confine è sottile. Ma se ti lasci andare e ti concentri sulle emozioni che prova il tuo corpo, ne capirai i benefici. Devi solo vedere la cosa da una prospettiva differente. È solo il processo cognitivo ad essere differente» afferma restando alle mie spalle.

«Come faccio a farti capire che non mi sta piacendo quello che mi fai?» chiedo.

«Stabilisci una singola parola, una cosiddetta safeword, che pronuncerai in caso di pericolo» mi invita.

Ci penso un attimo. Indugio sulla questione del pericolo ed un brivido mi attraversa la schiena. Non so se si tratti più paura o curiosità.

«Sangue» rispondo quando la mente evoca una possibile definizione di pericolo.

«Perfetto. Ora torna nella posizione che ti ho detto» diventa nuovamente rigida con me.

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