Parte 60
«Cazzo Matt. Ti avevo detto venti minuti non quarantacinque. Comunque riaccendi il motore che siamo già in ritardo. Ci stanno aspettando tra la Brodway e la West Third» proferisce Max agitato dopo essermi saltato alle spalle.
Ingrano la marcia e partiamo.
Non faccio domande ed il mio amico resta in silenzio per tutto il tragitto. In dieci minuti siamo al punto indicato, spengo le luci della moto e resto, come da indicazione di Max, dall'altra parte della strada.
Il mio amico scende dalla moto e si dirige verso un Mercedes nera, coi vestri oscurati, parcheggiata proprio di fronte a noi.
Lo seguo con lo sguardo e, non appena è abbastanza vicino alla vettura, vedo uno dei finestrini posteriori abbassarsi. Max tira fuori dalla tasca dei pantaloni una mazzetta di banconote da cento dollari e, prima di consegnarle nelle mani del tizio nella Mercedes, si guarda attorno con fare circospetto.
Molla i centoni ed aspetta qualche istante, poi il tizio nella macchina sembra riferirgli qualcosa per poi mollargli tra le mani due tessere, infine richiude il finestrino e vedo scomparire la Mercedes nell'oscurità a tutta velocità.
Max attraversa nuovamente la strada e mi raggiunge.
«Tieni, questa è la tua» mi mette tra le mani una carta d'identità con la mia foto ma con i dati di un ragazzo di Vancouver di nome Joshua Sanders di ventidue anni.
«Ma che cazzo dovrei farci con questa?» chiedo, infine, sbottando.
«É la tua identità per questa serata. Ora metti in moto. Abbiamo della strada da fare» ribatte Max serio.
«Dove dobbiamo arrivare?» chiedo.
«Outpost Drive. Li ti darò indicazioni su dove si trova la villa» continua.
Avvio il motore e parto.
Trenta minuti dopo siamo davanti ad un enorme cancello di ferro. Max scende dalla moto e si avvia verso il citofono.
Una voce gracchiante chiede una parola d'ordine.
«Delta» risponde sicuro di sé.
Magicamente il cancello si apre davanti a noi rivelandoci tutta la grandiosità della villa nella quale ci stiamo per addentrare.
«Ora devi mettere questa. Nessuno deve riconoscerti perciò fai molta attenzione. Potrai divertirti quanto vorrai ma devi attenerti alle regole o potremmo persino rischiare la vita» mi dice Max scendendo dalla moto e consegnandomi un sacchettino con dentro una maschera di velluto nera.
«Max. Bello. Dimmi la verità. Si tratta di bisca clandestina vero?» chiedo ingenuo.
Il mio amico scoppia a ridere.
«Fratello. Se avessi voluto portarti ad in una bisca clandestina non ci sarebbe stato bisogno di venire fin qui. Si tratta di qualcosa di più grosso e più...come dire...piacevole» sogghigna facendomi raggelare il sangue nelle vene.
Non sono un tipo facilmente impressionabile ed ultimamente ho sempre bisogno di una certa scarica di adrenalina per mandar giù tutta la merda. Faccio perciò spallucce e seguo il mio amico che pare muoversi, in questo contesto, con molta disinvoltura, come se per lui non fosse affatto la prima volta.
Entriamo e subito un buttafuori, rigorosamente vestito in smoking nero e maschera ci chiede le carte d'identità. Max mi guarda e mi sfila dalle mani la tessera falsa.
L'uomo di guarda e poi guarda i nostri documenti. Poi fa un cenno con la testa invitandoci ad entrare.
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