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Parte 50

Guardo il volto sconvolto di mio fratello e mi continuo a domandare cosa succederà quando arriverà mia madre e saprà ogni cosa.

«È proprio necessario che la chiamino?» chiedo avvilita.

Mio fratello si volta a guardarmi con aria interrogativa, come se non avesse colto all'istante la persona alla quale mi sto riferendo.

«La mamma, intendo. Credi sia davvero necessario?» ribadisco la mia domanda specificando il soggetto.

Elliot sospira annuendo senza proferire parola.

Torno a sprofondare la testa sul cuscino e mi metto ad osservare il neon sul soffitto che occhieggia, probabilmente perché si sta consumando.

Chiudo gli occhi che sento pesanti e mi appisolo.

Vengo svegliata da un vociare poco distante da me, riconosco quella voce, è familiare.

Mamma!

Il cuore inizia a battermi forte nel petto, cerco di mettermi seduta e la intravedo oltre il paravento. Sembra stia parlando con un uomo, probabilmente si tratta di un dottore, anche se non pare indossi alcun camice.

Si accorgono che sono sveglia e spuntano entrambi da dietro il paravento.

L'uomo ha indosso degli abiti piuttosto informali, porta una sorta di badge al collo con la sua foto ed i suoi dati di riconoscimento. Ha anche una cartelletta tra le mani, sulla quale, prima, sembrava stesse annotando qualcosa, mentre mia madre era intenta nella conversazione con lui.

Mi viene incontro mentre mia madre resta con le braccia avvolte intorto al petto come se stesse sentendo freddo.

«Ciao Amelia. Io sono il Dottor Ross ma puoi chiamarmi Paul. Come ti senti?» mi chiede avvicinandosi ancora di più al mio letto così che possa osservarlo meglio.

Pare molto cordiale ed anche molto carino.

Continuo a guardare mia madre che se ne sta immobile ai piedi del mio letto e mi osserva attentamente ma, sul suo volto, non leggo il solito disprezzo nei miei confronti, piuttosto una profonda angoscia.

Che sia preoccupata per me? Naaaa. Sarà sicuramente tutta una farsa per sviare l'attenzione da lei.

Dio non voglia che qualcuno possa pensare che non sia una buona madre. Sospiro e mi preparo al terzo grado.

«Amelia!» mi sento chiamare e sobbalzo.

«Sì. Beh. Starei di sicuro molto meglio se potessi andar via di qui. Mi pare che dalla risonanza non sia risultato nulla o sbaglio?» rispondo.

«È così. Ma...» il dottore si passa una mano tra i capelli castani e poi si sistema meglio gli occhiali sul viso. Sembra improvvisamente più nervoso di me.

«So che lei è il mio strizzacervelli e che qui pensate che io sia una povera ragazzina anoressica ma le posso assicurare che non è assolutamente così» ribatto caustica.

«Davvero? È così che pensi ti vedano gli altri? Illuminami Amelia. Vorrei che mi dicessi come ti vedi tu e non come pensi ti vedano gli altri» proferisce il dottore iniziando a prendere nota sulla sua cartelletta.

Sposto lo sguardo su mia madre e lui se ne accorge voltandosi a guardare il mio obiettivo. Mia madre.

Sorride sornione e poi si alza andando verso mia madre.

«Mrs Clayton. Data la situazione piuttosto delicata. Credo sarebbe opportuno che lei tornasse fra qualche minuto. Non è una delle sedute che farò con sua figlia, non sarebbe né il luogo, né il momento più adatto ma è evidente che Amelia si senta a disagio in sua presenza ed io ho bisogno che abbia fiducia in me altrimenti non saprei come aiutarla» si rivolge a mia madre.

Lei annuisce e, senza ribattere, si allontana.

Il dottore torna a sedersi accanto a me e mi metto a guardarlo in ogni suo particolare.

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