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Parte 44

Mi sciolgo da lui, raccolgo l'asciugamano che, nel frattempo, è finito per terra e me ne vado in camera. Scelgo con cura la biancheria intima che, finalmente, sembra andarmi un po' più comoda e prendo un paio di pantaloncini ed una t-shirt rosa.

Mi avvicino nuovamente alla porta del bagno e busso.

«Se vuoi puoi uscire ora. Sono vestita. Nessuno si accorgerà del nostro rendez-vous bollente di poco fa» sogghigno per stuzzicarlo.

Lentamente la porta si apre e lo vedo apparire con una strana luce negli occhi.

Sembra arrabbiato. Forse non è un tipo scherzoso. Arretro man mano che lui si avvicina a me, finché non sbatto con i polpacci al materasso del mio letto.

I capelli bagnati gocciolano sulla mia maglietta bagnandola al punto da far diventare il tessuto trasparente. Vedo i suoi occhi posarsi velocemente sul mio petto e poi risalire a fissare nuovamente i miei.

«Non indossi il reggiseno» osserva e vedo un lampo di lussuria nei suoi occhi.

«Non ho trovato un reggiseno adatto all'occasione» ribatto sarcastica.

«Amelia Clayton. Non hai idea del guaio nel quale ti stai cacciando» continua lui ad un soffio dal mio viso.

«In questo momento mi fa più paura l'idea di un tuo ennesimo ripensamento ma, se non te la senti, ti chiedo solo di avere rispetto per me e di lasciarmi in pace per sempre».

Scoppia a ridere.

«Vuoi che mi tiri indietro? Vuoi che esca per sempre dalla tua vita?» chiede improvvisamente.
«Lo hai già fatto. Non mi stupirei se adesso mi lasciassi così su due piedi e te ne andassi nuovamente. L'altra volta non ti sei voltato indietro preoccupandoti di quello che stessi provando» ribatto piccata.

Quel ricordo, ancora fresco, e tutto il turbamento che ha generato in me, mi riporta alla razionalità. Lo spintono per avere più spazio di movimento e potermi allontanare prima di scoppiare nuovamente a piangere di fronte a lui. Nonostante la sua fisicità che mi sovrasta riesco fin troppo facilmente ad allontanarlo da me e faccio per andare verso la porta della stanza quando mi sento afferrata per un braccio e sospinta all'indietro.

«Vuoi che me ne vada?». La sua voce diventa quasi un sussurro carico d'angoscia, come se avesse paura della mia risposta.
Dio solo sa quanto vorrei avere la forza di dirgli quanto si sia comportato da stronzo con me. L'ennesimo di una lunghissima lista, direi. Di quanto ingiusto sia stato a prendersi gioco dei miei sentimenti, tormentandomi, persino ora. Combatto senza armi perché la verità, anche se dura da mandar giù, è che, nonostante tutto questo, io sono attratta da lui per uno strano scherzo del destino.

«Rispondimi, sinceramente, ed io, se così vorrai, sparirò dalla tua vita per sempre. Convincerò mio padre ad iscrivermi ad un'altra scuola di Seattle, così non mi avrai intorno. Mi dispiace per come mi sono comportato e so che non basterà ma non riesco a starti lontano perché... » si blocca come se non riuscisse più ad esprimere ciò che prova realmente «Vuoi che me ne vada?» riprende e sembra più insofferente.

Dovrei rispondergli di "Sì" per proteggermi dal male che potrebbe farmi. Se solo avesse contezza del potere che ha su di me, lo userebbe, senza dubbio, a suo favore per sgretolarmi tra le mani. Ma è così difficile, finanche mentire a me stessa, come potrei riuscire a mandarlo via senza far trasparire un minimo turbamento in quella mia scelta insana. Per essere bravi bugiardi bisogna possedere una fermezza d' animo ed una buona dose di sfacciataggine che, ahimè, non sembrano essere qualità a me affini. È il mio cuore a prendere la parola, aggirando il fardello della ragione. Rispondo di no con la testa perché un nodo mi serra la gola e non riesco più a parlare.

«Voglio rendere la tua vita migliore di così. Vorrei che aprissi finalmente gli occhi, risvegliandoti da questo letargo dell'anima in cui ti sei costretta a vivere, o meglio, dove ti hanno reclusa» e quelle parole suonano come una promessa solenne intrise di una verità assoluta.

Mi accarezza la guancia dolcemente e mi rendo conto che, sul suo volto, non vi è più traccia di spocchia o di piglio arrogante. 

«Ho solo una condizione» enuncio ridestandomi da quel crogiolo di emozioni e rapimento d'estasi.

«Di cosa si tratta?» lo vedo serrare le labbra a fessura perplesso.

«Non voglio che mi spezzi il cuore» affermo ed il cuore mi fa una capriola nel petto. Non credo a me stessa. Non posso averlo detto sul serio.

«Non posso farti questa promessa. Non sono abituato alle storie melense. Ho avuto tante ragazze anche più grandi ma non ho mai avuto con loro un storia fatta di cuoricini. Ma non è un NO assoluto. Ti chiedo però di fare un tentativo. Potrebbe essere una bella esperienza per entrambi e magari...» resto con l'animo sospeso quando pronuncia quell'ultima parola tanto carica di possibilità per me.

«Accetto!» affermo senza indugiare oltre anche se subito dopo inizio a tremare.

Lui mi afferra e mi stringe a sé e sento nuovamente le sue labbra sulle mie.

Improvvisamente la porta si spalanca, mi stacco da Matt e vedo Elliot infuriato caricare verso di lui.

«Tu. Lurido figlio di ... non ti azzardare a toccarla o ti cancello da questa terra» ringhia.

Prima che possa aprire bocca sono entrambi sul pavimento della mia stanza e si stanno picchiando.

Elliot è di poco più alto di Matt ma come fisicità stiamo alla pari. Mio fratello ha la meglio su di un paio di colpi ma poi Matt riesce a ribaltarlo finendogli sopra.

«Basta Elliot!» grido ma non mi ascolta.

Mi avvento su Matt cercando di trascinarlo via ma, involontariamente, mi becco una gomitata nel naso e finisco di sedere a terra.

Oh. Mio. Dio. Ho la maglietta completamente sporca di sangue ed un sapore metallico mi invade la bocca. Sto sanguinando.

«Basta vi dico! Mi sono rotta il naso! Accidenti a voi due» sbraito correndo in bagno per guardarmi allo specchio.

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