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21. Dubbi

DRACO POV

Sono due ore che è chiusa in infermeria e nessuno ci vuole dire nulla. Astrid e Pansy sono impazzite, non ho mai visto nessuna delle due in questo stato. Sembrano non dormire da molto. Del resto la storia della scommessa e adesso quest'altra situazione non aiutano. Regulus si è messo a leggere, sembra non importargli nulla, ma so che è il suo modo di scaricare l'ansia e la preoccupazione. Sta fallendo anche lui, è sulla stessa pagina da dieci minuti e così per ogni pagina. Blaise, bhe lui è completamente andato. È l'unica ragazza a cui si è affezionato senza volersela portare a letto. Aveva trovato una vera amica e mi parlava per ore di quanto avesse un carattere di merda, ma che alla fine era l'unica che lo ascoltava e non giudicava. Io, invece, non so cosa provo. Mi dispiace certo, ma non credo di soffrire molto se non dovesse farcela, non ci ho mai parlato più di tanto e non la conosco quasi per nulla.

-Ragazzi- esce la Mcgrannit dalla porta e tutti scattiamo in piedi. Astrid sta tremando dalla paura, la sua pelle trasuda terrore da tutti i pori.

-Come sta?- dice il mio amico cercando di rimanere impassibile.

-Ha ingerito troppa acqua. È stata dura rimuovere l'acqua dai polmoni, ma la maggior parte è stata rimossa. Potete entrare, ma per poco- sorride e i suoi occhi si stringono formando hai lati quella classiche pieghe formate raggiunte dopo una certa età.

EITHEL POV

Mi bruciano i polmoni. Non riesco a respirare. Mi alzo di scatto e cerco di aspirare più aria possibile, ma facendo ciò i polmoni vanno a fuoco. La testa mi pulsa e qualcosa scende dal naso. Sangue. Il nervoso fa un brutto effetto al mio corpo. Mi sento impotente. Le mie stesse ombre sono agitate, le sento muoversi rapidamente e alla rinfusa. Si scontrano tra di loro e creano più scompiglio di quanto non ne abbia già io.
Mi sento spaesata, fuori dal mondo. I polmoni bruciano e non faccio altro che tossire. Sono sola, in infermeria non c'è nessuno e io mi sto sentendo male.

-Signorina Jonson!- urla Madame Chips, correndo dal suo studio e facendomi tappare le orecchie con le mani.

-Come si sente?- domanda più stupida non poteva farla, come può stare una persona che per poco non annegava a causa di uno stupido torneo?

-Bene- solo ora mi resi conto di quanto la mia gola fosse graffiata e bruciante. Tanto che la voce mi uscì gracchiante. Me la schiarii, ma il bruciore aumentò facendomi strabuzzare gli occhi per un nanosecondo.

-I professori stanno arrivando, signorina. Lei intanto beva questo. Le darà sollievo immediato alla gola- mi sorrise caldamente.

Bevvi quell'intruglio violaceo. Sapeva di ciliegie ed era come un velo di seta sulla mia lingua. La gola si rinfrescò all'istante e anche la voglia di bere passò rapidamente. Gli occhi mi bruciavano leggermente e potei scommettere di averli rossi.
Le porte si aprirono rapidamente mostrano le figure dei tre professori al seguito di Silente. Non capirò mai perché, ogni qualvolta succeda qualcosa, arrivino in gruppo pronti a sconfiggere qualsiasi male. Vorrei solamente starmene in pace. Inoltre ho visitato più spesso l'infermiera quest'anno che a Durmstrang in cinque anni. Sembra quasi avesse una calamita per il mio organismo. Persino le ombre si erano acquetate e riposavano tranquille prima dell'arrivo di loro.

-Signorina vedo che è tornata a mangiare mi fa piacere- parlò Silente con quel suo classico tono. Era un manipolatore di prima categoria.

Non capisco come sia finito in Grifondoro. È sempre pronto a sedurre per arrivare ai suoi scopi. Farmi adottare, farmi venire in questa scuola, con Potter era anche peggio. Ho osservato molto in queste settimane di solitudine e il prescelto con i suoi due amichetti pendono dalle sue labbra. Non riesco proprio a fidarmi si un uomo così. Tanto buono di facciata, ma manipolatore nell'interno. Forse lui e Voldemort non sono tanto diversi. Solamente che uno non nasconde la sua parte. E credo che sia molto meglio dimostrare che celare. Certo celare aiuta, ma solo con i sentimenti. Non nego che anche io nascondo, ma Silente riesce a spruzzare fiducia ovunque. La inietta nelle menti delle persone con quel suo modo di fare persuasivo, eppure io non riesco a fidarmi. Sono certa che l'unica cosa che gli importi sia il successo, non il modo per arrivarci. Essere il mago più grande di tutti ha dietro una strada tortuosa e non mi stupirei di sapere che ha dovuto sacrificare o uccidere qualcuno per arrivarci.

-Si- sentenziai rapidamente e freddamente.

Dopo una breve conversazione con i quattro finalmente usciro. La Mcgrannit permise ai miei amici di entrare. Mi dispiaceva vederli in quello stato, ma non potevo farci granché. Non mi stupii di non vedere mia sorella. Ma le cose non sono cambiate più di tanto. Doveva farmi soffrire e ora pensa di esserci riuscita. Non sa che l'ho tirata fuori solo per vincere il torneo. Sono arrivata prima, ma il posto è stato dato a Viktor perché io ero priva di sensi. Così sono finita terza in classica. Questo andrà a penalizzare la terza prova. Avrò meno tempo dei ragazzi. Io e Flour saremmo entrate con quindici minuti di ritardo, a quanto mi dissero i ragazzi.
La sera arrivò rapida. Non mangiai che una pagnotta con della mozzarella. Non avevo fame. Il corpo mi bruciava, ma dovevo mantenerlo in forze. Qualcosa stava accadendo dentro quelle mura e non potevo permettermi di essere debole. In poco caddi in un sonno tormentato da incubi.

Urla. Solo urla. Hogwarts è completamente distrutta. Le mura crollate. Troll e giganti che schiacciano sotto i loro piedi e mazze chiunque incontrino. Fasci di luce verde volano alla rinfusa colpendo le persone. Corpi inermi a terra sanguinanti. Le persone piangono mentre combattono vendicando i caduti.
Io sono immobile. Ferma al centro di tutto questo scompiglio. Un fascio verde mi colpisce alla fronte e la mia vista si annera.
Ora mi trovo in una villa. Una villa dai colori scuri è cupa. Manca da molto tempo la vita all'interno della struttura. Cammino per i corridoi. Il silenzio è straziante, rotto solo dai miei passi. I muri decorati da quadri, ma non ne riesco a vedere l'interno. Un mobilio in legno di mogano, intagliato attentamente. Porte su porte. Attraverso un salone con al centro un divano di pelle nera. Un camino spento con dentro la cenere. Su di un tavolino vi sono calici vuoti. Salite delle scale si giunge ad uno piano grande. Altri corridoi e porte. Cammino sul corridoio di destra fino ad arrivare alla fine. Una finestra sporca di nero si affaccia su un giardino incolto. Solo una rosa nera è sbocciata. Non so come io riesca a riconoscerla, ma la vedo. È un bocciolo bellissimo, bagnato dalla rugiada in mezzo a quei cespugli incolti e secchi. Un movimento riflesso nel vetro mi fa voltare di scatto, ma non c'è nessuno. Non appena mi rigiro qualcosa mi colpisce allo stomaco e l'ultima cosa che vedo sono dei piccoli azzurri.
Ora sono sdraiata in un prato. Il cielo è cupo e promette pioggia da un momento all'altro. Giro la testa a destra e a sinistra e scorgo delle lapidi. Sono in un cimitero. Mi alzo di scatto e intorno a me si estendo lapide disposte senza un senso logico. Leggo rapidamente i nomi presenti su queste lapide: Christian Hansen e Helena Jakie-Hansen. Mia nonna faceva Jakie come cognome, me lo aveva detto Silente la prima volte che andai in infermeria. Questi sono i miei genitori. Lacrime iniziarono a sgorgare dai miei occhi senza che me ne resi conto. Caddi davanti alle lapidi in ginocchio stringendo il terriccio umido tra le mani. Non riuscivo a vedere i volti sulle loro tombe, ma speravo che almeno uno di loro avesse qualche caratteristica simile alla mia. Magari il colore degli occhi o dei capelli. La forma del naso. Se anche loro avessero una piccola voglia a forma di croce pagana sulle costole di sinistra. Qualsiasi piccolo dettaglio, anche insignificante, mi sarebbe andato bene.

-E così la primogenita degli Hansen piange. Abbandonando la sua corazza- un voce mi fece trasalire. Il suo tono cupo entrava fin dentro le ossa e scorreva nel sangue. Il modo in cui aveva allungato le esse lo facevano sembrare un serpente.

Mi girai incontrando quegli stessi occhi che avevo visto in quella villa. Un uomo calvo, con labbra sottili e secche, dalla carnagione bianca lattea, ma sporca e come naso solo due fessure, mi vecero capire che davanti avevo il solo ed unico Voldemort.
Tastai il mio fianco per cercare la bacchetta, ma non la trovai. Ero completamente vulnerabile. Una risata fredda e priva di felicità gli riscosse il corpo. Facendomi rabbrividire.

-Niente bacchetta? Che peccato. Ma non preoccuparti non voglio farti del male, almeno per ora- aggiunse ghignando leggermente.

-Sai io e te siamo molto simili- prolungò la esse dell'ultima parola.

-Io non credo- risposi freddamente, riprendendo il controllo del mio corpo.

-Oh mia cara. Anche io le ho. Le ombre, dico. Le ho anche io- sorrise. Non poteva saperlo, era impossibile! Ma lui è Voldemort del resto.

-Come fai ad essere qui? Sei stato ucciso!- non era di certo un argomento che mi andava di trattare con uno come lui.

-Io decido di cosa parlare! Ma ti concedo questa domanda. Sto rinascendo, Eithel, e sarò molto più forte. Ora parliamo delle nostre amiche- annuii solamente senza mai staccare gli occhi dalla sua figura scalza.

-Io so che le vedi. Che hanno un corpo non è così?- mi ritrovai ad annuire nuovamente -So anche che hai trovato un modo per rinchiuderle. Ma che ora si stanno nutrendo di te- sibillò ancora.

-Non puoi combatterle, ma assecondarle. Come ho fatto io. Ora guarda quella statua laggiù- indicò alle mie spalle una statua di un angelo dalle grandi ali nere che impugnava la falce della morte.

Sentii una presenza dietro la schiena e mi irrigidii maggiormente quando le sue mani fredde e ossute dalle dita lunghe si strinsero alle mie spalle facendomi rabbrividire. Il suo fiato caldo mi solleticò le orecchie. Mi sentivo protteta, nonostante sapessi che persona fosse, mi sentivo al sicuro.

-Sono dalla tua parte Eithel. Non credere alle bugie che ti dicono. Non credere a ciò che ti dicono sulle tue origini. Ricordati quella statua e ora svegliati- un turbine nero mi avvolse e sentii del denso entrarmi nella gola e nelle narici.

Mi alzai di scatto con i capelli attaccati al viso dal sudore. Cosa significa tutto ciò? Dalla mia parte? Mangiamorte? Tutto questo mi mandava in confusione.
Un bigliettino era posto sulle mie gambe e, in calligrafia perfetta, recitava: ''attenta e fidati solo di una persona M.''
C'era solo un modo per capire chi fosse il mittente. E soprattutto Silente sarebbe stato sottoposto ad un mio test prima di quanto potesse immaginare. Questo pomeriggio mi aveva fatto intendere che lui sapeva. Sarei stata capace di estorcergli informazioni e lui non lo avrebbe saputo.

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dubbi? bene perché anche Eithel ne ha

ditemi che ne pensate e votate:)

pubblicazione:
-lunedì
-mercoledì
-venerdì

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