Solo il mio dovere (4 di 5)
- Io non volevo ucciderti!
L'urlo disperato del mago lacerò l'aria: si era alzato improvvisamente in piedi, il vento a sollevare in aria il lungo mantello nero, come un fantasma oscuro nella notte che lenta calava sul lago.
Poi crollò di nuovo rigidamente in ginocchio.
*
Così rimasi solo, Albus, di nuovo completamente solo.
Ma non li biasimo, sai, non ha importanza se tutti loro mi hanno voltato le spalle. Era la giusta reazione, me l'aspettavo, l'avevo ampiamente prevista.
Certo non era una predizione difficile: credevano in me solo perché tu lo volevi, solo perché tu li incitavi a farlo, solo perché tu avevi fiducia in me. E loro credevano fermamente in te.
Nessuno di loro è mai stato, davvero, mio amico: nessuno ha mai avuto fiducia in me, nel mio reale pentimento, nella mia sincera devozione alla causa dell'Ordine.
Io sono sempre stato diverso per loro, e, quindi, sospettabile.
Le mie informazioni facevano comodo, se io rischiavo la vita per loro era solo il "minimo che potessi fare con quel tremendo passato che mi trovavo alle spalle", ma certo ai loro occhi non mi sono, né mai mi sarei potuto, riscattare.
Sapevo dei loro sgradevoli bisbigli alle mie spalle; i loro sguardi, soffusi di velato disprezzo, sfuggivano il mio, timorosi di incontrarmi in luoghi bui ed isolati. Semplicemente, mi evitavano, facevano a meno di trovarsi nei miei paraggi, ed era così facile il loro compito visto come vivevo appartato e in solitudine nel mio freddo sotterraneo!
Una difensiva solitudine obbligata, un ininterrotto e forzato isolamento nel quale solo tu sapevi intrometterti.
Ma io ti ho ucciso e sono irrimediabilmente colpevole ai loro occhi.
Occhi che mi hanno sempre scrutato con un fondo di lontano sospetto, mai veramente estinto neppure in diciassette anni: sia che mi sfidassero dietro a quegli occhialini quadrati, alla fine di una vittoriosa partita di Quidditch; o che fossero pieni di dolore per l'imminente trasformazione alla bieca luce della luna, mentre mani tremanti anelavano a una pozione costata la fatica e il sonno di intere nottate; o, ancora, quell'occhio che roteava convulso mentre si avvicinava ticchettando verso di me, colmo di determinazione e avido di preziose informazioni sull'Oscuro Signore.
Eppure, quanta abnegazione per loro, quanti rischi mortali corsi, quante sofferenze per una piccola, miserabile, preziosa informazione da recare all'Ordine, e quanto sospetto e disprezzo nei loro occhi ho ricevuto in cambio a ogni riunione.
Così fuggivo via, ogni volta sempre più rammaricato e deluso, rifiutando scontrosamente la cortese falsità degli inviti a cena a Grimmauld Place.
Quante crudeli Cruciatus dell'Oscuro Signore ho più volte affrontato e sopportato in silenzio per convincerlo della mia falsa fedeltà; quante volte gli ho permesso di invadere irrispettosamente e dolorosamente la mia mente; quanta sofferenza e quanti tremendi sforzi per continuare a mentirgli, giorno dopo giorno, guardandolo a fondo in quei suoi orridi occhi pieni di sangue!
Ho dovuto imparare a controllare ogni minima emozione, a eliminare ogni sentimento dalla mia vita e diventare del tutto gelido e imperturbabile.
Ma non ho mai perduto la mia umana sensibilità, purtroppo, solo ho richiuso tutto in me stesso, fino a quando mi sembrava di scoppiare.
Allora ho cerato nuove e inumane pozioni per negare le mie emozioni, ho trovato nuove formule per dominare i miei sentimenti, ho cercato di rinnegare di essere un uomo e mi sono imposto di diventare un automa, un attore perfetto che pronuncia sempre l'odiosa battuta giusta al momento adeguato.
Anche se sapevo benissimo che nessuno mi avrebbe mai applaudito, perché il pubblico era tutto contro di me.
Ma io sapevo che stavo facendo il mio dovere, solo il mio maledetto dovere.
Così ho continuato per anni la mia dolorosa recita, giorno dopo giorno, camminando su un filo sottile, correndo ogni volta un rischio sempre più grande di quello precedente.
Mi osservavo allo specchio e avrei avuto tanto bisogno di sorridermi incoraggiante, ma non potevo più farlo: da troppo tempo mi ero imposto di dimenticare cos'era un sorriso.
E alla fine l'ho veramente dimenticato.
Anche se tu mi sorridevi sempre, confortante, con i tuoi luminosi occhi azzurri dietro gli occhialini a mezzaluna, che ogni volta ti scivolavano sul naso.
Ti invidiavo.
E ti volevo bene ogni giorno di più.
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