Capitolo 6
Alcune gocce di pioggia picchiano sul vetro della mia finestra, e un'improvvisa ventata gelida mi obbliga ad alzarmi per chiudere entrambe le ante. E' da ore che sono rintanata nella mia camera a studiare, ho bisogno di stendermi cinque minuti e socchiudere gli occhi. Ma giusto il tempo di farlo che il cellulare squilla e sono costretta a rialzarmi per vedere chi sia. «Ehi Jane dimmi tutto» mormoro assonnata.
«Ele! Cos'hai?» nota il mio tono pacato.
«Mi fa male la testa. Tranquilla.»
«Ti sei presa qualcosa? Una tachipirina, un okitask?»
Apprezzavo come si preoccupasse per me, mi faceva pensare che allora forse il nostro rapporto non era del tutto andato.
«No, non ancora, ma lo farò. Dimmi tutto.»
«Niente di importante... ti volevo chiedere se ti andrebbe di venire da me, l'ho già chiesto anche a Iris. Prendiamo una pizza e spettegoliamo tutte insieme.»
Se non fosse stato per Iris probabilmente sarei andata, ma con il mal di testa che mi ritrovo non mi va di parlare di Andrew e di tecniche di rimorchio per una serata intera.
«Scusa davvero ma proprio non riesco. Devo farmi passare questo mal di testa per finire di studiare. Perdonatemi, sarà per un'altra volta.»
«Va bene tranquilla. Rimettiti presto!» chiude la telefonata.
Precipito con la testa sul cuscino ma mi rialzo subito.
Chiudo i libri e mi riempio la vasca con acqua calda e rilassante, con tanto di bolle di sapone e bombe da bagno. Mi calo nell'acqua bollente, così calda che la temperatura del corpo si alza immediatamente. Finito il bagno le palpebre minacciano di chiudersi, ma mi è servito. Mi sento rigenerata. Mi cambio con una felpa pesante e un pantalone di tuta e, con la tazza di camomilla preparata per l'occasione, mi siedo in veranda. La pioggia ha lasciato un odore di autunno che solo in pochi sanno riconoscere, e l'aria è fredda, il che mi fa sperare nel fatto che la prossima stagione sia alle porte prima di quanto creda.
Amo l'autunno, nei suoi colori, nel suo clima, nonostante la pioggia e le pozzanghere, trovo che sia incondizionatamente romantica con le foglie che cadono dagli alberi, quasi come fosse neve, e l'aria fredda di inizio novembre che arriva da un momento all'altro. Come un colpo di fulmine.
Bevo un sorso caldo di camomilla immergendomi nel paesaggio di fronte a me, osservo le luci del tramonto dietro i tetti del quartiere, e non posso che perdermi in mezzo a tutte quelle sfumature di rosa e arancione. Sono solo le sei di pomeriggio ma il sole è già calato. Altro segno dell'arrivo dell'autunno, con giornate corte e necessità di felpe e maglioncini. Apro instagram ma il mio mood peggiora gravemente alla vista della storia di Iris: è una foto con Jane, stanno mangiando patatine e ridono, illuminate dai led blu alle pareti e alla televisione una scena di Gilmore Girls, la serie tv che guardavamo sempre insieme io e Jane quest'estate. In una settimana siamo arrivate dalla seconda alla settima stagione senza chiudere occhio, la guardavamo giorno e notte. La cosa che mi fa male è la scritta "Momento da bff".
"Bff? Best Friend Forever? Ma se vi conoscete da meno di un mese..." sbotto verso me stessa.
Chiudo il telefono, scaraventandolo sul tavolo, così forte che ho quasi la tentazione di riprenderlo per controllare di non aver rigato lo schermo.
Sono costretta a farlo qualche secondo dopo, sentendo la notifica di un messaggio. Sto aspettando con ansia che mi scriva Matthew per decidere quando vederci. Presto scopro che non è lui, e la notifica non arriva da WhatsApp ma da instagram.
@andre2woods: Sembri arrabbiata. Mi sbaglio?
Cosa? Andrew Woods mi ha scritto? Come ha fatto a trovare il mio profilo, e soprattutto... come fa a vedermi?
Impanicata giro la testa, con l'ansia di vederlo sbucare da qualche parte all'improvviso. Se è uno scherzo, lo ha fatto alla credulona sbagliata. Oltretutto sono anche a casa da sola, perché i miei genitori sono usciti con mia sorella al centro commerciale. Io non sono andata per studiare e sto facendo tutto tranne quello.
@andre2woods: Che fai?
Ma pure me lo chiede?
@eleanorsmith: Come fai a vedermi?
@andre2woods: Piccoli segreti del mestiere...
Ma che...?
@andre2woods: Sto scherzando. Scusami, non ho potuto resistere. Ti stavo osservando dalla mia finestra e mi sei sembrata piuttosto arrabbiata. Cosa ti è successo?
@eleanorsmith: Dalla tua finestra?
@andre2woods: Guarda di fronte a te.
Faccio come dice, notando una mano alzata all'interno della stanza che affaccia proprio di fronte alla mia camera. La casa è molto simile alla mia, tranne per la mansarda, assente nella villetta dalla quale sbuca il ciuffo ribelle di Andrew. E' poggiato con entrambe le braccia al davanzale. Non connetto subito, ma quando lo faccio quasi mi sento venire a mancare. Andrew Woods, il ragazzo perfetto, il dio greco della scuola, ammirato da chiunque nel quartiere e dintorni, abita di fronte a me? L'ho sempre avuto così vicino e non l'ho mai notato? Tutte le volte che ho pianto dalla finestra, tutte le volte che ho fatto la pazza sclerata... lui mi vedeva?
@eleanorsmith: Abiti lì?
@andre2woods: Da quest'anno.
Noto che sembra capire le mie preoccupazioni. Porto la tazza alle labbra, per bere, ma mi accorgo di aver finito la camomilla, l'aria si fa sempre più fredda e del tramonto si scorge solo l'ultima sfumatura dell'azzurro. Inoltre mi sento piuttosto osservata, quindi decido di rientrare.
@andre2woods: Già te ne vai?
@eleanorsmith: Già ti manco?
Lui risponde con una risata e poi ripete la domanda.
@andre2woods: Che ti hanno fatto prima?
@eleanorsmith: Nulla di importante. Tu piuttosto non hai di meglio da fare che stalkerare tutte le persone che conosco, per sapere il mio instagram, e scrivermi come se fossi un maniaco sessuale?!!
@andre2woods: Mi annoiavo a dire la verità. E comunque trovarti non è stato difficile.
Giusto: Matthew.
@eleanorsmith: Quindi il tuo passatempo quando ti annoi è scrivere alle ragazze e spaventarle? Interessante.
@andre2woods: Scrivere alle ragazze okay, ma spaventarle... Non credo di provocare spavento, piuttosto felicità.
@eleanorsmith: Un po' di ego ne abbiamo?
@andre2woods: Non è mai abbastanza!
Mentirei se dicessi che non sto ridendo alle sue battute, sembra simpatico, ma ho troppe domande e so che in questo momento, anziché scrivere a me, dovrebbe scrivere a Iris.
Non gli rispondo, chiudendo instagram, e non salgo in camera mia fino a dopo cena, con la speranza che non sia più affacciato. In effetti non c'è, mi sbrigo a chiudere le persiane e vado a dormire, pensierosa.
↭
Il cielo è nuvoloso ma l'aria è afosa, umida. Non appena mi chiudo la porta alle spalle noto un messaggio di Matthew, finalmente!
M: Sono alla sinistra del cortile, vieni che parliamo per storia.
E: Arrivo.
Mi incammino nella via stretta che separa un groviglio di case da un immenso cortile, recintato da pini e abeti. Non sembra quasi una scuola, sembra una reggia. Uso una piccola scorciatoia e noto Matthew seduto sul muretto, in compagnia del suo solito gruppo di amici. Mi avvicino da dietro e scherzosamente gli colpisco la spalla. Lui si gira allarmato ma si ricompone quando si rende conto che sono stata io.
«Ti fai notare eh!» mi punzecchia, con un tono scherzoso nella voce.
«Aspetto tue notizie da giorni e non ti ho messo fretta, ritieniti fortunato!» preciso io rivolgendogli un occhiolino. Lui coglie il sarcasmo nella mia voce e ride.
«Allora, visto che hai tutta questa fretta...oggi hai qualcosa da fare?» mi chiede, volgendo lo sguardo alle mie spalle.
Mi volto e scorgo Andrew venire in questa direzione. Ha una felpa marrone e dei pantaloni beige che gli cadono larghi sulle gambe, e che riprendono il color nocciola dei suoi occhi. Il ciuffo riccio è smosso dalla leggera brezza che si libra nell'aria. Cammina a testa alta, superando la folla di ragazze adoranti che al suo passaggio iniziano a sussurrarsi nelle orecchie, senza degnarle di alcuna attenzione. Quando sento la sua voce è come se fossi scossa da un brivido lungo la schiena, non me la ricordavo così profonda.
Come se sentissi il diavolo parlarmi a un metro di distanza.
O anche meno.
Dopo l'altra sera ho cercato di evitarlo ovunque, appena lo vedevo cambiavo strada. Ho scoperto che ha deciso di mettersi nel mio corso di teatro e musica. Nonostante la mia voglia di partecipare alla lezione ho presentato il certificato medico e non sono andata.
Ma incontrarlo prima o poi sarebbe stato inevitabile.
«Buongiorno» pronuncia roco, posando lo zaino a terra e reggendosi dal muretto con la schiena. Incrocia le braccia sul petto e fissa il suo sguardo su di me, ma sta zitto. Non dice altro ma a me quello basta per sentirmi sprofondare in un mare di incertezze. Mi rivolgo nuovamente verso Matthew che, dopo aver dato una pacca sulla spalla all'amico appena arrivato, torna a concentrarsi su di me, che in tutto quel tempo mi sono sentita la terra sotto i piedi mancare.
«Allora dicevamo?» lo incito a continuare dove ci eravamo interrotti.
«Hai qualcosa da fare oggi?» ripete. Al suono di quelle parole lo sguardo di Andrew saetta su Matthew.
«No, va bene oggi.»
«All'uscita da scuola vieni al bar di fronte.»
«Perfetto.» sorrido e mi giro per andarmene.
↭
Matthew mi scruta pensieroso.
«Non mi piace» decreta infine.
«Come non ti piace?»
Sono esasperata. Dopo le lezioni sono venuta al bar dove lui aspettava già seduto con un blocco di fogli davanti e una penna in mano. Ci siamo messi subito all'opera e, con mia sorpresa, aveva davvero pensato alle mie parole, presentandosi con varie idee sul tema da approfondire. L'unico problema è che tutti, o quasi, erano riconducibili ad argomenti banali, visti e rivisti, come il ruolo della donna all'epoca, l'arte medievale, e cose del genere. Però ho apprezzato l'impegno. Avevamo molti spunti per riflettere, per ricavarne qualcosa di interessante, ma dopo due ore siamo sempre allo stesso punto.
«Come fa a non piacerti il tema dell'amore?» domando.
«E' da quando sei arrivata che mi hai detto che non vuoi temi banali. Più banale di questo non c'è niente.»
«L'amore non è un tema banale. Possiamo affrontare la storia di Catullo e Lesbia. Oppure i miti... sarebbe bellissimo raccontare un mito.»
«No» ribatte deciso.
«Ma perché no? Potremmo anche parlare dell'amore trattato da Emily Brontë, o da Jane Austen...» continuo a mettere legna sul fuoco, ma la sua reazione non cambia.
«Ma stai uscendo dal tema, dalla traccia, da tutto! Stiamo facendo storia, non letteratura.»
«L'orientamento serve per far conoscere a tutti ciò che studiamo, fare collegamenti sarebbe solo un punto a nostro favore», agito le braccia ma lui rimane fermo sulle sue idee.
«Non se ne parla. Era meglio il tema della donna.»
«Troppo banale, sai quanti lo faranno?»
«E se non lo facessero perché ragionano come te?» controbatte.
Sto iniziando a perdere le speranze. Accascio la testa sul tavolo, picchiettando la matita sulla testa, ripetutamente.
Tac, tac, tac, tac...
«La guerra» mi viene un'illuminazione mentre stavo per rinunciare.
«La guerra?» chiede lui dubbioso.
«Si, è perfetto! Possiamo fare riferimento alle guerre più importanti della storia, in seguito alla scoperta del territorio americano. Possiamo parlare di quanto sia importante la pace e fare un confronto con la società di oggi.»
Mordicchia il gommino della matita, inducendomi a dire di più.
«Ci sarebbe sia attualità che storia antica, saremmo capaci di fare mille collegamenti.»
«Sai cosa...mi piace!» decreta finalmente.
Tiro un sospiro di sollievo e mi abbandono sulla sedia.
«Anche perché si è fatto un certo orario, e non ho tutta questa voglia di rimanere fino a notte fonda», continua poi.
Controllo l'orologio al mio polso, è quasi ora di cena, sarà meglio tornare a casa. Sento il mio telefono squillare e lo recupero velocemente dallo zaino, portandolo all'orecchio.
«Mamma, dimmi.»
«Tesoro, ma dove sei?» chiede in tono preoccupato. Ha ragione, non le ho fatto sapere quasi nulla.
«Scusa. Sono al bar con un mio compagno per un progetto. Sto tornando adesso», rispondo. Tengo il telefono con la spalla mentre cerco di sistemare velocemente tutte le mie cose.
«Va bene, sto per togliere le cose dal forno, fai presto!»
Finisco la chiamata e chiudo la cerniera dello zaino, impacciata. Matthew si solleva in piedi.
«Bene, è stato bello. Alla prossima!» mormora.
«Matt...» lo richiamo, «...grazie di aver fatto quello che ti avevo chiesto.»
«Si ma non è servito a molto...» mormora di rimando.
«Si che è servito, sia a te stesso che al progetto» gli assicuro.
Lui mi sorride, passandosi una mano sul ciuffo ramato, che risplende nei colori del tramonto.
Restiamo in silenzio, non sapendo cosa dire, poi finalmente è lui a decidere di parlare.
«Sono contento di essere capitato in gruppo con te» confessa.
«Anche io. Se continui così andremo d'accordo...» lo provoco, per cercare di alleviare l'imbarazzo che aleggia nell'aria. Ci salutiamo con un veloce abbraccio e ci dirigiamo ognuno a casa propria. Poco dopo mi arrivano un paio di messaggi da parte sua.
M: Per continuare il progetto possiamo uscire domani, o nei prossimi giorni. Settimana prossima ho la partita di basket e sono impegnato con gli allenamenti tutto il pomeriggio.
E: Tranquillo. Ci organizziamo per un giorno di questa settimana.
Finalmente a casa, tolgo gli stivali dopo averli indossati per una giornata intera e li ripongo nella scarpiera. Quando ricontrollo il telefono trovo un'altra notifica.
M: Volevo dirti anche un'altra cosa, in verità... :)
E: Dimmi.
M: La prossima volta, prima di passare tutto il pomeriggio a spremerci le meningi, possiamo prendere un gelato.
Percepisco un senso di imbarazzo, che non mi so spiegare, ma l'idea non è male. Di certo una pausa ci aiuterà a concentrarci meglio.
E: Certo, con piacere.
M: Bene.
Vado in cucina, impaziente di mettere qualcosa sotto i denti.
«Oh, ma chi si vede!» esclama mio padre non appena mi accomodo sulla sedia di fronte alla sua. Sul tavolo già apparecchiato sono già servite le cotolette al forno con le patate, che aspettano solo di essere divorate.
«Ti avevamo data per dispersa», continua.
«Lo so, scusate. Sono rimasta al bar per studiare», affermo.
Ho un bellissimo rapporto con i miei genitori, sanno tutto di me e di ciò che mi accade intorno. Se succede qualcosa sono i primi a saperlo. Inutile dire che sanno anche tutto di tutti: sono gli unici ai quali dico la mia opinione sincera riguardo ad ogni argomento, perché sono gli unici che non mi giudicherebbero mai. Le uniche persone che conosco ad amarmi incondizionatamente nonostante i miei molteplici difetti.
«Con chi eri?» mi chiede mia mamma.
Mi riempio il piatto, iniziando a mangiare prima che si raffreddi. «Con Matthew» dico mentre continuo a masticare.
«E chi è questo Matthew?»
«Un mio compagno di storia, devo fare insieme a lui il progetto di orientamento.»
«Ah si, mi ricordo» sorride, guardandomi da sotto le sue ciglia scure impregnate di mascara nero.
Mia mamma non è una che ama tanto truccarsi, lo fa solo nelle occasioni speciali, e oggi è una di quelle.
«Mamma, quasi mi dimenticavo! Com'è andata in tribunale?»
Sta seguendo un importante caso da mesi, che non le da un attimo di pace. Mi sento di aver toccato un tasto dolente dalla sua espressione corrucciata.
«Non va. Il giudice ha rinviato l'appello perché è arrivata un'altra denuncia all'istituto, e si sono concentrati su quella. Inutile dire che sto litigando da stamattina con Nancy, affinché la faccia spostare, ma non c'è nulla da fare. Ci tocca aspettare fino a che questo caso non diventerà la priorità. Non possiamo rischiare che venga sottovalutato.»
Si riferiva alla sua segretaria, che la affianca a sempre e mi ha vista anche in fasce. Ascolto con attenzione ciò che ha da dire.
«Non possono dare a qualcun altro l'incarico?» domanda mio padre.
«No, Nancy è stata piuttosto chiara. O aspettiamo o non rilasceranno Woods, e non possiamo permettercelo.»
Mi distraggo dalla conversazione per un attimo.
«Woods?» balbetto, strabuzzando gli occhi.
«Si tesoro, è il mio cliente.»
Woods è il cognome di Andrew...
«E cosa gli è successo?» chiedo apprensiva.
«Lo hanno arrestato per furto, ma è stato incastrato. Ho le prove per dimostrarlo ma sembra che qualcuno non voglia che questo accada. Continuano a rinviare la decisione del giudice, quasi a farlo apposta...»
I suoni si attutiscono un pò di più ogni secondo che passa.
«La sua famiglia abita proprio qui di fronte. Ha anche un figlio, mi pare abbia sedici anni. Dovrebbe venire nella tua scuola. In questo momento non mi viene in mente il suo nome...»
Si sforza di ricordare.
«Andrew...» mormoro. Mi brucia la gola e sento come se un martello pneumatico mi colpisse in testa.
«Ecco, sì esatto!» conferma, «Lo conosci tesoro?»
«Lui...si.» deglutisco appena, prima di abbandonare la forchetta sul piatto, «E' amico di Matthew e farà con noi il progetto» li informo.
Mia mamma si alza, notando la mia reazione e incrociando il mio sguardo nel vuoto. Si avvicina, accarezzandomi i capelli.
«E' un ragazzo molto sensibile, tra le cose che mi ha raccontato il padre, ma si vergogna di tutta questa storia...Se hai l'occasione di parlarci, stagli vicino. Sta passando un momento difficile, come tutta la sua famiglia...» mi sussurra con voce dolce.
Mi alzo dal tavolo afferrando il telefono, diretta su per le scale.
«Non finisci di mangiare?» sento mormorare mio padre.
«Non ho tanta fame, vado a letto. Buonanotte.»
Mi precipito in camera, chiudendo la porta dietro di me. Rimango inchiodata lì, incapace di fare qualsiasi cosa. La camera è illuminata solo dal chiarore della luna che si riflette dalla finestra. Non mi sarei mai immaginata nulla di tutto questo. Sembra un ragazzo superficiale, il classico tipo fighetto con il cervello vuoto. Non lo conosco, e mi rendo conto di averlo giudicato troppo in fretta. Mi avvicino con passo felpato alla finestra, come se un qualsiasi movimento potesse sconvolgere la visione davanti a me.
Apro un'anta della finestra, lasciando che l'aria ancora umida di ottobre entri nella mia camera. E' seduto sul bordo del letto, con i gomiti sulle ginocchia e lo sguardo rivolto verso il basso. Ha le cuffie nelle orecchie, e nel millisecondo che i nostri sguardi si incrociano sembra stravolto. Delle occhiaie marcate gli contornano gli occhi, riducendoli a piccole fessure. Afferro il telefono dalla tasca del jeans, aprendo instagram nella sua chat.
E: Che ascolti?
Invio, senza pensarci troppo. Noto il suo sguardo saettare verso la finestra della mia camera, sorrido inclinando dolcemente il viso. Poco dopo mi arriva una risposta.
E' uno screen del suo cellulare, sullo sfondo c'è la foto di un tramonto, visto da una barca in mezzo al mare che naviga verso l'orizzonte. La canzone è "Love like this" di Zayn.
A: La conosci?
E: Sì, molto bella.
Apro spotify e l'avvio anche io, mandandogli la foto del mio schermo.
A: Bello il cane!
Si riferisce al mio sfondo, è una foto fatta con Goldy davanti casa, quando lo avevamo appena preso. Era così piccolo...
E: Grazie :)
A: Come si chiama?
E: Goldy.
A: Nome originale da dare a un Golden Retriever, lo riconosco.
E: Mi piaceva troppo.
A: Quando l'hai preso?
E: Un anno fa. Ora è decisamente cresciuto.
A: Hai una foto?
Scorro nella galleria del mio cellulare, trovandone una dell'altro giorno. Gli stavo facendo il bagno nella vasca, e ha la schiuma sul muso, mentre con la zampa cerca di catturare qualche bolla di sapone nell'aria. Gliela invio.
A: Decisamente cresciuto. Sembra simpatico...
E: E tu hai animali?
A: Il pesce rosso vale?
E: Certo! Ha un nome?
A: Red.
E: Originale...
Risponde con una risata, alzo la testa dallo schermo puntando lo sguardo a lui, che adesso mi guarda sorridendo, imponendo la sua figura davanti alla finestra. Nonostante la distanza posso quasi sentire la sua tensione.
Proprio in quel momento lo schermo si illumina, ma non può essere stato lui, non ha distolto lo sguardo neanche per un secondo. Controllo, trovandomi davanti ad una cruda realtà, che per qualche giorno ero quasi riuscita a ignorare.
Eric: Ciao Ele! Domani ci vediamo?
Sbuffo, chiudendo gli occhi per un attimo, quando li riapro trovo una notifica da Andrew.
A: Perché quella faccia?
E: Nulla. Giornata stancante.
A: Hai guardato lo schermo e hai sbuffato.
E: Wow, segui ogni movimento.
A: Chi ti ha scritto?
In che situazione mi sono messa da sola!
E: Il mio migliore amico.
A: Non sembra proprio dalla tua espressione.
E: Storia lunga.
A: Ho tempo.
E: Non mi sembra proprio il caso...
A: E perché no?
E: Come so che lo dici perché sei davvero curioso e non solo per gentilezza?
A: Basati sulle sensazioni. Non giudicherò.
Cedo alla mia voglia di sfogarmi, ho bisogno di parlare con qualcuno che non ha vissuto con me la situazione, qualcuno che possa darmi un parere sincero dall'esterno. Io e lui non ci conosciamo...ma tanto meglio, così non devo filtrare le mie parole. Gli racconto tutto, dalla prima all'ultima cosa.
A: Secondo me gli piaci. Anche se, a parere mio, fa schifo a dimostrarlo.
E: Cosa? No. Non gli piaccio. Gliel'ho chiesto così tante volte che non può sorgere alcun dubbio, almeno su questo.
A: So che è un po' strano, ma te lo sta facendo capire in qualsiasi modo.
E: Che mi dici allora di Shelly?
A: Fa parte del piano. Secondo me lo fa apposta.
E: Con che mentalità agite, quella di un pesce?
A: Ehi! Intanto non generalizzare...e poi non insultare il mio pesce, è sicuramente più intelligente di questo qui.
A quel messaggio la mia risata riecheggia in tutta la stanza. Rido a crepapelle, fino a finire il fiato.
Una sensazione di libertà mi invade il corpo, fino alle ossa. Ho sfogato tutti i miei pensieri, riducendoli a pixel sullo schermo. Anche se non credo che Andrew abbia pienamente ragione mi ha aiutata a essere consapevole di ciò che sta accadendo e ora mi sento pronta ad affrontare Eric, per lasciarmi tutta questa storia alle spalle.
Alla fine, dopo un po', gli rispondo.
Eleanor: Va bene. Ci vediamo domani!
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