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Capitolo 3

«E l'hai lasciata lì?» mi chiede Iris chiudendo il suo armadietto con uno scatto. L'eyeliner grosso e la matita nera intorno al suo occhio le assottigliano lo sguardo.

«Cosa?» torno alla realtà.

«La felpa, l'hai lasciata su quella panchina?» ripete.

«Sì, non mi interessa.»

«Peccato, non era quella carina con le toppe?...» sussurra tra sé e sé.

«Piuttosto...» si intromette Jane prima che io possa risponderle, chiudendo l'anta dell'armadietto a sua volta e incamminandosi con noi verso la palestra per la pausa tra le lezioni. «...Davvero non vuoi vederlo più?» mi guarda di sbieco.

«Non voglio. Riesce a rendermi una persona ansiosa come nessun altro e finché non mi passerà lo eviterò il più possibile» rispondo decisa.

«Sicura?»

«Cosa vorresti dire?» non capisco dove voglia andare a parare con queste allusioni ogni volta.

«Intendo che... Ele sappiamo come sei, e tu stessa sai l'effetto che Eric ti fa e ti ha sempre fatto. Se non ti è ancora passata, dopo quattro anni, non ti passerà in un giorno.»

Ho anche io questo sentore ormai. E' da quattro anni che nella mia mente non c'è altro che il suo viso, le sue parole e i suoi gesti, e la cosa più assurda è che tre di questi li ho passati senza parlarci minimamente, figuriamoci se avessimo avuto un qualunque tipo di rapporto. Mi fa male pensare che ho sprecato tempo. Vorrei che le cose fossero andate diversamente. So che è così. Jane ha ragione quando dice sempre che lui mi ha resa una persona che non sono. Mi ha reso meno emotiva: se prima piangevo per una scena commovente di un film o di un libro, adesso è tanto se mi esce una singola lacrima. Mi ha fatto indossare una corazza intorno al cuore, per proteggerlo. Ma, se da un lato mi ha fortificata, dall'altro mi rende il mondo decisamente più reale e crudele.

«Si, hai ragione. Lo ammetto. Ma farò di tutto purché questa situazione finisca.»

«Mettici un punto e basta» irrompe Iris facendola facile, masticando la sua chewingum.

Apre la porta della palestra di uno spicchio e subito dopo si ritrae. «Cazzo!» borbotta allarmata.

«Che è successo?» non so perché stiamo sussurrando.

«C'è Andrew!» risponde in un soffio.

«E quindi? Meglio! Dai muoviti entra» dice Jane con il sorriso, spingendo a forza Iris all'interno della palestra.

La richiamo con un sussurro a me, che rimango inchiodata sullo stipite della porta. Le faccio il segno di avvicinarsi.

«Prendo qualcosa da mangiare alle macchinette» decido.

«Ok però fai veloce.»

«Vado e torno.»

Prima che possa allontanarmi mi tira lo zaino, sfilandolo dalle mie spalle. «Prendimi le patatine al pomodoro» mi manda un bacio e si avvia, mentre io la ringrazio con lo sguardo e mi dirigo di corsa alle macchinette.

Prendo tre pacchi di patatine ed entro nella palestra. Matt e Andrew si stanno esercitando con i passaggi mentre il resto dei loro amici sta giocando una partita di basket. Passo in mezzo al campo mentre c'è il momento di pausa tra una battuta e l'altra e arrivo da Iris e Jane. Porgo a loro il pacchetto di patatine e mi siedo a gambe incrociate con le spalle al muro.

«Me ne dai una Ele?» mi urla Matt dall'altra parte del campo.

Gli occhi di Iris escono dalle orbite e si alza con uno scatto agile, andando verso di loro a passo veloce.

Sento Matt da lontano borbottare.

«Elee!!» urla per la seconda volta. Mi alzo da terra incamminandomi verso di lui. Appena arrivo Iris sbuffa.

«Dimmi.»

«Bella addormentata, ti ho chiamato. Perché hai mandato la bodyguard?». Blocca la palla interrompendo i passaggi con Andrew, che si avvicina a noi.

«Non ho mandato nessuna bodyguard, dimmi» mi difendo.

«Me ne dai una?» mi chiede sorridente, accennando al pacco di patatine. Gli porgo il sacchetto e ne tira fuori un pugno pieno. «Mi pare di aver sentito una, ma va bene» accenno una risata. «Non ti andava bene prenderle da qua scusa?» borbotta Iris annoiata. Matt, in modo decisamente esagerato, mangia in un boccone tutte quelle patatine, e rischia di sputare tutto a terra. Io e Iris ci ritraiamo, in previsione del danno che, fortunatamente, non ha fatto.

«Matt fai schifo» rido.

«Pure tu» dice masticando le patatine a bocca aperta.

«Ora fai più schifo di prima... E non rispondere di nuovo!» faccio una faccia schifata ma quando rivolge gli occhi su di me mi viene da ridere. I suoi occhi azzurri ricordano il cielo terso, quello delle belle giornate, e mettono allegria.

«Posso anch'io?» mi chiede Andrew, quasi non ricordavo della sua presenza. Posa gli occhi su di me, indicando il pacchetto di patatine con il dito. Fa un sorriso lieve, ma non faccio in tempo a dire niente che Iris si posiziona davanti a me allungando le sue patatine, «Tieni, a me non vanno più.»

Lui ne prende solo una dalla bustina, «Grazie, va bene così!» sorride cordialmente.

Mi allontano - non prima di aver dato una spallata a Matt che ora mi guarda divertito - tornando da Jane e mi risiedo accanto a lei. «Dovresti provarci anche tu!» mi sussurra mentre accartoccia il sacchetto vuoto, facendone una pallina.

«A fare cosa?» la osservo.

«Distrarti. Punta l'attenzione su un ragazzo, uno qualsiasi, e prova a parlarci, a conoscerlo, magari... che ne sai, qui da qualche parte c'è la tua anima gemella!»

Rido al solo pensiero, per il fatto che per anni ho creduto di avere la mia anima gemella sotto il naso e, invece, non potevo essere più lontana di così.

«Non voglio che sia così.»

«Così come?» mi chiede, sollevando lo sguardo verso di me.

«A caso. E' come se ne pescassi uno a caso giusto per sapere come va. Per me non è così che funziona, lo sai.»

«Dovresti provarci, anche in amicizia, solo per parlare con qualcuno che non sia Eric e interessarti ad altro.»

«Non funzionerebbe. Non è così che deve essere. Io sogno di incrociare il mio sguardo con qualcuno: un colpo di fulmine, un contatto inevitabile, e poi fare di tutto pur di incrociarlo altre milioni di volte. Per me non funzionerebbe, lo so già.»

«I tuoi sogni prima o poi saranno la tua rovina. Dovresti solo provarci secondo me. Con Eric non...» si interrompe, sapendo che ciò che dirà mi spezzerà il cuore per l'ennesima volta. Mi guarda, sperando che basti quello sguardo a farmi capire, ed è così.

«Con Eric non funzionerà mai... lo so» concludo al suo posto.

«Mamma mia quanto è bello! Ha dei capelli stratosferici», dice Iris arrivando improvvisamente, interrompendo un qualunque nostro discorso.

Non ascolto lei e la sua descrizione accurata di ogni particolare di Andrew. Non mi importa. Mi guardo intorno, pensando che Jane ha ragione, dovrei distrarmi, puntare lo sguardo da qualche altra parte.

La squadra di Basket della scuola è formata da ragazzi particolarmente attraenti, ma nessuno di loro cattura abbastanza il mio sguardo. Quando mi rendo conto di star facendo una delle cose più strane della mia vita agito la testa e torno in me. Ma, improvvisamente, un pallone cade in mezzo a noi con forza, sfiorando la testa di Iris di qualche centimetro, rimbalzando in mezzo alle nostre gambe. Lo afferro prima che cada su qualcun altro, alzandomi agilmente. Non appena lo ho in pugno sento Iris emettere un gridolino acuto, «Chi è stato?» si gira verso il campo tenendo gli occhi puntati a terra, con le palpebre socchiuse e le braccia tese che finiscono in un pugno molto stretto. Nessuno risponde, ma Matt mi guarda ridendo, e noto che loro non hanno la palla. Sono stati loro. «Chi cazzo è stato??!» ripete Iris furiosa, con gli occhi spiritati, puntandoli su Matt che emette un leggero risolino. «Cosa stracazzo ti ridi?» urla, «...Mi sarei potuta fare malissimo. Stava. Per. Finire. Sulla. Mia. Cazzo. Di. Testa!».

«Scusa ho puntato Ele, non volevo far male a nessuno.»

«Dovrei sentirmi onorata di sentirlo?» ribatto giocosa, e lui capisce che sono ironica e mi fa un occhiolino accompagnandoci un sorriso.

«Avrei preferito che fosse caduta sulla sua testa, piuttosto che aver sfiorato la sua!» commenta, incurante.

Jane si alza rigida da terra, provando ad avvicinarsi a Iris. Le poggia una mano sul braccio e con calma la gira verso di lei.

«Ehi rilassati ok? Non è successo nulla» prova a rassicurarla.

Con ancora il pallone in mano mi avvicino anche io.

«Poteva finirmi in testa. Mi sarei potuta sentire male. Sarei potuta svenire. Non hai visto con che forza è atterrata?» si agita verso Jane, allargando le braccia in aria.

Lei prova a catturargliele nelle sue dolcemente, trascinandola fuori dalla palestra, con gli zaini in braccio.

Mi avvicino a terra a prendere il mio, mentre con lo sguardo torno a Matthew, che sorridente si avvicina.

«Chiedile scusa da parte mia. Volevo scherzare con te, non pensavo se la prendesse così» mi dice Matthew con una mano nei capelli e un sorriso imbarazzato.

«Tranquillo! Si è solo agitata ma quando si calmerà anche lei verrà a chiederti scusa. Ha esagerato, ma non ti curare della sua reazione, ok?» cerco di tranquillizzarlo.

Gli porgo il pallone, ma quando sta per prenderlo allungando le mani, lo ritraggo, facendoglielo rimbalzare in testa con delicatezza.

«Oh, ma sei pazza?» dice subito dopo aver afferrato il pallone che gli ho sbattuto in testa. «Potevi uccidermi, potevi rovinarmi la piega ai capelli...!» imita con voce stridula la reazione di Iris.

Rido, mentre mi avvio all'uscita della palestra, diretta in cortile dove ho visto scappare Iris e Jane, alzandogli un terzo dito all'aria, «Questo è perché hai detto che volevi tirarmelo in testa!». Quando mi giro lo vedo sorridere e alzare le spalle, in segno di resa, e mi imbatto negli occhi di qualcun altro. Sento una scintilla in tutto il corpo, il cuore tremare e la schiena rabbrividire. Andrew mi guarda fisso. Fino ad ora non lo avevo quasi degnato di uno sguardo ma, adesso come non potrei? Non ha smesso di fissarmi per tutto il tempo, ho sentito i suoi occhi addosso seguire ogni mio più piccolo movimento. Ha i capelli lunghi e ricci che gli ricadono sulla fronte, una canotta bianca attaccata al petto per via del sudore e dei pantaloncini da allenamento. Tiene il pallone, che poco prima stavo tenendo io, stretto in mano, e lo lascia girare tra le sue dita.

Matthew lo raggiunge e lui distoglie l'attenzione da me, puntandola su Matt, che con una pacca sulla spalla lo spinge fuori dalla sala, verso gli spogliatoi.

Ma lui no. Non può essere lui la mia distrazione.

Esco dalla palestra respirando l'aria ancora calda di inizio ottobre, sentendo l'umidità sulla pelle. Mi guardo intorno e noto Iris e Jane sedute sul prato all'ombra di un albero. Mi chino accanto a lei.

«Cosa è successo?» le chiedo gentilmente.

«Niente.» Pronuncia Iris per zittire Jane, che aveva aperto la bocca per parlare.

Si guarda le mani, girandosi i pollici e mordendosi il labbro, alza la testa e noto gli occhi lucidi e il mascara colato leggermente sulle guance.

«Mi sento una stupida!» sussurra prima di scoppiare a piangere, con la testa sulla mia spalla. La accarezzo provando a calmare i suoi singulti.

«Ho avuto quella reazione esagerata, non avrei dovuto. Non lì davanti a lui.»

«Secondo me hai fatto bene. Ti devi mostrare per quella che sei, non devi fingere, se non gli vai bene ci perde lui. Devi dimostrargli che non ti fai mettere i piedi in testa!» commenta Jane.

«Sul fatto di non farti mettere i piedi in testa sono d'accordo, ma forse potevi evitare di fare una scenata...» dico io.

Entrambe mi guardano a bocca aperta e Iris si stacca dal mio abbraccio. «Intendo che, avevi ragione, ma la prossima volta evita di reagire così. Alla fine non è successo niente...» sembravo andare bene ma con l'ultima frase ho solo peggiorato le cose. Jane mi fa segno di evitare.

«Pensala come vuoi. Se vuoi farti comandare dai maschi è una tua scelta!» commenta sarcastica.

Non posso stare zitta però, mi dispiace.

«Comandare dai maschi? Ma io non ho detto questo...» correggo.

«Nono, per carità non ti sto giudicando...» si alza da terra prendendo il suo zaino, «l'unica cosa che sto dicendo è che se preferisci stare zitta e farti mandare pallonate in faccia solo per non contraddire il tipo che ti piace, allora fallo. Se preferisci essere tanto gentile e cara così da fare la differenza con le pazze come me, brava. Ci sei riuscita!» accenna alle sue spalle dove Andrew, con le mani poggiate al muretto alle sue spalle, ci fissa, anzi...mi fissa.

Scappa di corsa uscendo dal campus. Guardo Jane che interdetta si alza, per provare a seguirla.

«Ah quindi ormai è così?» le dico prima che scompaia tra le macchine anche lei. Matthew, che è appena uscito dalla palestra, si avvicina per sentire, accanto ad Andrew.

Mi alzo recuperando lo zaino e andandole incontro.

Ha fretta di andarsene, poverina. Le afferro il braccio per bloccarla. «Cosa?» pronuncia a fiato corto.

«Dopo che mi accusa di essere gentile e carina solo per mettere lei in ombra, e dopo che dice che i maschi mi comandano, tu vai da lei per abbracciarla e dirle che andrà tutto bene?» ribatto nervosa.

«Ma tutto apposto? Ti sei resa conto di quello che le hai detto? "La prossima volta evita di fare una scenata"...» riprende le mie parole di poco prima, accompagnandole a una risata nervosa.

«Quindi stai dicendo che non è vero? Stai dicendo che non ha avuto una reazione spropositata rispetto a ciò che è davvero successo?»

«Potresti essere più carina. Hai visto che sta male!»

«Si ma preferisco dirle la verità, non quello che vuole sentirsi dire per stare meglio. Quello lo può fare da sola davanti allo specchio ma un'amica non serve a questo» mormoro a denti stretti.

«Non capisci.»

Fa per andarsene, ma si blocca tornando indietro e puntandomi un dito contro.

«Non volevo prendessi il mio consiglio del "fai come lei" intendendolo come "fatti il tipo che piace a lei".» Alza il sopracciglio, guardandomi con disprezzo. Un disprezzo che non le ho mai visto dipinto in volto.

Che cosa...?

Non riesco a pronunciare una singola parola, tanto che in questo momento, osservata da tutta la squadra compreso il diretto interessato, vorrei scavarmi una fossa sotto terra e non uscirne viva mai più.

«E' meglio se te ne torni da Eric, almeno non fai danni», rincara la dose prima di andarsene via, seguendo Iris dietro la folla che si è accerchiata intorno a me. Matthew si avvicina, e sento lo sguardo di tutti addosso, come mai finora. «Ele, tutto bene?» mi chiede. Non rispondo, osservando un punto perso nel vuoto. «Ele... non ho ben capito cosa sia successo ma pare ti abbia scosso, non darle retta. Cancella quelle parole dalla tua mente, qualsiasi cosa sia, l'ha detto perchè è nervosa...non lo pensa davvero.» Lui mi parla ma io non lo sento. Osservo Jane andarsene con gli occhi già pieni di lacrime, con le quali sto lottando affinchè non escano, ma le sue ultime parole fanno traboccare il vaso. Corro verso casa, col vento che mi sferza nei capelli, cercando di correre così veloce che la mia figura non possa essere notata, così veloce da risultare invisibile agli occhi di tutti. Mi sono sempre sentita, invisibile.

Inizio a pensare che non sia poi così male vivere nell'ombra.

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