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Capitolo 22

Il freddo mi penetrava le ossa nonostante quella mattina avessi indossato il mio maglione più pesante. Nelle ultime settimane le temperature si erano abbassate a colpo d'occhio, in questa zona della Florida non si era mai scesi sotto i 20 gradi anche nel giorno di Natale. Ma oggi, nonostante dicembre sia iniziato da neanche una settimana, il termostato nel mio ingresso segnalava 15 gradi. In alcune zone dell'America questa temperatura c'è nelle giornate calde della primavera, qui invece in primavera si riusciva a malapena ad uscire a causa dell'aria afosa, per non parlare dell'estate.

Questi ultimi giorni li avevo dedicati a me stessa, ai compiti arretrati e al tempo con la mia famiglia. Nelle ultime giornate di novembre, cioè le vacanze per la festa del ringraziamento, avevamo preso l'ultimo aereo disponibile per raggiungere la casa dei miei nonni, a Miami. Una piccola villetta sulla spiaggia che distava poco meno di 5 minuti dal mare cristallino di South Beach. Mi ero divertita a fare castelli sulla sabbia con mia sorella Helena e a fare compagnia a Goldy nelle sue corsette mattutine in riva al mare. E' una mia vecchia abitudine e a volte non mi dispiace riprenderla. Avevo trascorso del tempo con i miei nonni mangiando cibi che solo mia nonna sapeva come rendere così buoni, e al termine della vacanza sarei voluta rimanere lì per sempre. Tutto mi trasmetteva tranquillità. Ma quando sono arrivata di nuovo qui, a casa mia, ho fatto i conti con la realtà, mi sono rimessa in carreggiata con tutti i compiti e lo studio arretrato, cercando di stare il più lontana possibile dai riflettori e soprattutto da Andrew Woods. Ero un pò sparita, è vero, ma avevo avuto modo di pensare e, anche se il mio cuore diceva il contrario, sapevo di dovergli stare lontana. Avevo rischiato davvero troppo. Probabilmente però non mi ero ancora resa conto di quello che avrei ancora dovuto sopportare prima di poter davvero prendere questa decisione, avevamo ancora dei conti in sospeso: l'uscita che gli avevo promesso in cambio del suo primo passo con Iris e, soprattutto, da non dimenticare il progetto di storia. Per quanto odiassi ammetterlo l'unica cosa che mi dava la voglia di continuarlo era proprio che avrei dovuto passare del tempo con lui. E proprio per questo motivo ora mi trovavo a camminare verso il bar di fronte alla scuola per incontrarmi con Matt, sperando con tutta me stessa che ci sarebbe stato anche Andrew seduto al nostro tavolo. Nonostante continuassi a negarlo volevo rivederlo, non avrei saputo cosa dirgli e neanche come comportarmi, non avevo sentito la sua voce per tutto quel tempo e anche i messaggi erano diminuiti, a dire la verità. Non appena entro nel bar, ancora prima di cercare Matt e il nostro tavolo, mi imbatto proprio in lei, Iris. Aveva i capelli lisci e un trucco leggero ma ben fatto, con sopracciglia marcate e rossetto di un colore naturale sulle labbra. Era vestita bene per essere semplicemente da Starbucks. Un maglioncino a collo alto di un bluastro acceso e dei jeans bianchi.

«Ciao Ele! Che ci fai qui?» mi saluta con un bacio sulla guancia.

«Ciao Iris, devo incontrarmi con Matt. Tu che fai?»

«Scusa, puoi aiutarmi a portare questi al tavolo?» Aveva due caffè nelle mani che sembravano scottarle molto, così ne prendo uno per aiutarla e la seguo in direzione del suo tavolo, quando arriviamo non c'è neanche più bisogno che lei risponda alla mia domanda, avevo già capito cosa ci facesse lì.

Andrew se ne stava seduto dalla parte opposta del tavolino, con i soliti ricciolini bruni che gli ricadevano sulla fronte, mi rivolge uno sguardo curioso per poi sorridermi.

Mi scruta dall'alto al basso, da sotto le sue sopracciglia folte e ordinate, ma non spiccica parola. Iris mi si para davanti e non riesco ad avere il tempo neanche di salutarlo.

«Ele se stavi cercando Matt è proprio lì.» Mi prende le spalle indicando proprio dietro di esse e girando tutto il mio busto in quella direzione, dopodiché si avvicina al mio orecchio sussurrando, «E' stato un piacere incontrarti, ma devo tornare da lui, sai com'è...», per poi spingermi in direzione di Matt, che si stava gustando la scena da lontano sorridendo.

Si, stronza, so com'è visto che sei con lui ora solo grazie a me.

E so anche che quella del caffè era tutta una messinscena, non era neanche caldo il bicchiere. Che stronza di merda.

Mi incammino senza neanche voltare le spalle e occupo la sedia proprio di fronte a Matt, in modo che non avessi alcuna scusa per girarmi verso di loro e spiare il loro "appuntamento".

«Ciao cupido, come te la passi?» mi provoca, rivolgendomi un ghigno. «Per favore, non menzionare l'argomento.» Ribatto esasperata.

«Non pensavo che ora ti dessi anche a questa attività, almeno la pozione d'amore funziona su di te?» mi fa un occhiolino e mi viene da ridere.

«Non credo proprio, o almeno fino ad ora direi di no.»

«L'altro giorno mi aveva accennato della vostra situazione...»

Rimane vago, ma io ora sono incredibilmente curiosa e il progetto di storia passa in secondo piano nelle mie priorità.

«Cosa ti ha detto?»

«Che non sei voluta uscire con lui, alla fine.»

Ma... non è vero. Non era questo quello che intendevo.

Poi mi torna in mente la nostra ultima conversazione e il fatto che i giorni dopo ero stata così incentrata sulla scuola, e sul finire le ultime cose prima di partire, che non gli avevo più rivolto parola e neanche minimamente accennato l'argomento.

Magari non era ciò che intendevo, ma è quello che ho dato a vedere.

«Ah...»

«Tranquilla, sta uscendo con lei per rispettare la sua parte del piano, l'altra è a discapito tuo e sono totalmente d'accordo.»

Sono d'accordo anche io, ma se allora è a mio discapito sappiamo tutti come finirà, io afflitta dai sensi di colpa e io che, di conseguenza, rifiuto l'uscita.

Meglio chiudere l'argomento, fortunatamente arriva la cameriera a togliermi questo impiccio.

«Ragazzi, posso portarvi qualcosa?» chiede gentilmente.

«Per me un iced coffee, grazie.» Annuncia solenne Matt, fedele al suo iced coffee da quando ha memoria.

«Perfetto, per te invece?» si rivolge a me.

«Un cappuccino, possibilmente con un po' di cacao sopra.»

«Sarà fatto», si congeda e si allontana non prima di aver recuperato i menù dal nostro tavolo.

«Vorrei tornare a Miami.» Non faccio che ripetere questa frase da quando sono tornata.

«A proposito, non ho ancora avuto modo di chiederti com'è andata.»

«Sei stato troppo impegnato a imparare la tua parte del progetto, immagino.» Allunga il mento come a volermi smentire in silenzio, e poi entrambi ridiamo per quel gesto. «Comunque, tutto bene. Ho passato un po' di tempo con la mia famiglia e... mi è davvero servito.» E' vero, ne avevo davvero bisogno.

Mi rivolge un sorriso dolce e rimane in silenzio ad osservarmi, come se capisse tutto con un solo sguardo.

L'atmosfera era davvero cupa per il nostro solito, infatti subito è lui a riequilibrare il tutto con una battuta.

Ci mettiamo a scherzare e quando arriva la nostra ordinazione finalmente iniziamo a parlare del vero motivo per cui ci eravamo incontrati. Dalle mie spalle più volte sento delle risatine, riconoscendo anche da chi provengano, ma evito di guardare per non avere quella scena impressa nella mia mente per sempre, anche se forse è proprio quello che mi serve.

Dopo aver ripetuto entrambi le rispettive parti per un paio di volte mi sconvolgo di quanto si sia impegnato e gli faccio i miei complimenti.

«Davvero, non me l'aspettavo che ti ci saresti messo con così tanto impegno.»

«Mi sottovaluti bella! Quando voglio le faccio le cose.»

Afferma sicuro.

Si, anche io di solito.

Quando ormai il sole stava tramontando ci alziamo e andiamo alla cassa per pagare, noto che il tavolo su cui erano Iris e Andrew era vuoto, non mi ero neanche accorta che se ne fossero andati.

Meglio. Penso tra me e me.

Matthew è così gentile da accompagnarmi a casa, e dopo esserci salutati varco il portone, pronta a cenare con mia mamma. Quel giorno mio padre era partito per un congresso sul libro che aveva scritto, L'arma letale delle parole: ci si era impegnato tutta l'estate e finalmente lo aveva terminato e lo stava facendo conoscere in tutte le università dello Stato.

Helena invece era rimasta a cenare a casa di una sua amichetta, per questa ragione a cena eravamo solo io e mia mamma. E Goldy, ovviamente.

«Tesoro, hai scoop interessanti della giornata di oggi? Ti prego dimmi di sì...»

Mi siedo di fronte a lei dopo aver riempito il mio piatto con il polpettone e le patate appena usciti dal forno.

«Scoop come, ad esempio, che ho visto Andrew Woods, dopo due settimane che non ci parlavamo, all'appuntamento con Iris? Se lo ritieni abbastanza interessante allora... sì ne ho.» Sbotto sarcastica.

Lei invece mi guarda in modo dolce prima di posare una mano sulla mia mentre afferravo il bicchiere per riempirlo con un po' d'acqua.

«E' stata una tua idea, dovevi aspettartelo.»

«Lo so, lo so benissimo. E' solo che... in qualche modo cercavo di fare la cosa giusta, ma non ho seguito il tuo consiglio.»

Addento una patatina per cercare di colmare il vuoto che sento alla bocca dello stomaco.

«Ti piace quel tipo, vero?»

«Mamma non è solo questo: ciò che conta davvero è che Iris è stata un problema fin dall'inizio. Già da questo si poteva dedurre che non c'era futuro tra noi.»
«Si, ma non è detto. Al cuor non si comanda, così dicevano gli antichi...»

«Appunto, gli antichi non conoscevano la furia di Iris-tempesta. Adesso non lo direbbero. Quella ti farebbe comandare qualunque cosa, non solo il cuore.»

Sorride alla mia battuta e mi rendo conto di starlo facendo anche io.

«Vedi come va, aspetta un po'. Se è interessato a te davvero non si farà abbattere dalla "Iris-tempesta".» Usa un tono canzonatorio nel momento del nomignolo e mi strappa un'altra sonora risata.

Quando abbiamo quasi finito di cenare mi rendo conto di non averle chiesto le novità riguardo ad oggi. E' andata finalmente a fare visita a Woods ed è riuscita a prendere appuntamento con l'avvocato di accusa già qualche giorno fa. Quell'appuntamento era fissato proprio ad oggi.

«Abbiamo fatto una bella chiacchierata, credo che abbia capito ma mi informerà per email sulla data del prossimo incontro, Nancy mi ha consigliato di andarci piano perché ha un carattere un po'... peperino, quindi oggi non gli ho detto neanche la metà delle prove che mi avrebbero permesso di schiacciarlo sotto alle suole delle scarpe.»

«Vabbè, l'importante è che la cosa stia andando avanti, no?»

«Si, si certo...»

Nonostante la sua risposta, tutto di lei mi faceva intendere che fosse preoccupata.

«Allora qual è il problema?»

«Beh un po' mi dispiace per Andrew, si avvicina il Natale e sarà costretto a passare le feste lontano dalla famiglia...»

Oddio, non potrei neanche immaginare cosa si provi.

«E la mamma... non viene mai qui? Cioè... vive completamente da solo?»

Le parole mi morivano sulla punta della lingua, mi si stava formando addirittura il magone al pensiero.

«Da quello che so dovrebbe tornare, ma in ogni caso per il giorno di Capodanno non sarà qui, l'ho fatta chiamare da Woods e ha detto di avere una mostra importante la mattina dopo, non ho ben capito di cosa ma non mi ha dato dettagli.»

Non avrebbe passato il Capodanno con il figlio, lasciandolo da solo, per una stupida mostra di quadri?

«Non possiamo fare qualcosa?»

«Amore, più che invitarlo qui a casa da noi non so cosa potremmo fare, ma pensaci bene... Lo dico per te. Anche a me dispiace ma se questo ti creerebbe problemi...»

«Si ma non importa, facciamolo venire qui almeno per il pranzo di natale.»

«Va bene tesoro, se è quello che vuoi.»

«Glielo dirò io.»

Annuisce lasciandomi una carezza sui capelli.

Vado in camera e prendo il telefono ma poi mi rendo conto che non glielo avrei detto per messaggio, è un genere di cose che non si dicono alla cieca, dovevo dimostrargli di essergli vicina, non far finta che fosse solo un atto di cortesia vista la situazione. Questo sarebbe andato oltre ogni minimo interesse da parte mia nei suoi confronti, era una cosa totalmente diversa. Così la mattina successiva non appena lo noto al muretto accanto agli altri lo raggiungo.

«Ehi, possiamo parlare?» lo incito a seguirmi ma non si muove di un centimetro dal punto in cui è seduto.

«Dimmi.»

«E' una cosa importante.»

Solo dopo queste parole decide finalmente di alzarsi e seguirmi in un punto più appartato poco più lontano da lì, giusto per evitare che tutti ascoltassero.

«Com'è andata la vacanza a Miami?», incrocia le braccia sorreggendosi con un piede sul muro.

«Ehm... bene.»

«Sei sparita.»

Allora è di questo che si tratta.

«Scusa. Sono stata con la mia famiglia e ho avuto modo di pensare alla situazione e...»

«"E' meglio che ci allontaniamo, è la cosa giusta da fare". Il concetto è chiaro.» Mima le virgolette con le dita e fa la voce grossa imitando le mie parole delle ultime settimane.

«Andrew è la verità, e lo sai. Ma non sono venuta qui per questo.»

«Oh, sentiamo allora.»

Ignoro il suo comportamento e proseguo col discorso che avevo già preparato. «Ho parlato con mia mamma e mi ha aggiornato sulla situazione. So che non c'entriamo niente ma volevo dirti che se hai bisogno di qualcosa, o semplicemente ti va di passare un po' di tempo in compagnia, sei il benvenuto a casa nostra. Sentiti libero di venire anche il giorno di natale e se vuoi anche...»

«Apprezzo il gesto e ringrazia tua madre da parte mia, ma sarò da Matthew in quei giorni.»

«Ah vabbè, tranquillo. Come stai? Se hai bisogno...»

«Tranquilla, sto bene non ti scomodare!»

Mi posa una mano sulla spalla e fa per andarsene, ma poi si rivolge di nuovo a me.

«E' tutto?», incurva il labbro mentre con fare agile si schiocca le dita delle mani.

«...Si.» Rispondo in un soffio.

«Perfetto, ciao!»

Mi lascia lì, osservarlo andare via. Decido di mettere da parte la situazione complicata tra noi ed essere felice per lui, alla fine in quei giorni non starà solo ed era questo ciò che più di tutto mi importava.

La giornata trascorre come una solita giornata fredda e scolastica, ma mi sento ovunque tranne che qui. Tanto che non mi rendo neanche conto di Matthew che agita una mano davanti a me.

«Terra chiama Eleanor, l'ho detto io che sei la bella addormentata ma non mi crede nessuno...» commenta sarcastico, ma dopo aver notato che non faccio il minimo cenno di risata cambia tono.

«Ehi va tutto bene?»

«Si, scusa ero immersa nei miei pensieri. Ti serve qualcosa?» Fingo un sorriso sulle labbra e lui sembra cascarci.

«Ero venuto a chiederti per oggi pomeriggio, ci sei quindi?»

Quel pomeriggio ci saremmo dovuti rivedere per controllare la presentazione aggiungendo anche la parte di Andrew, ma proprio non mi andava. Non dopo ciò che era successo quella mattina.

«Oh si, a proposito volevo dirtelo prima... Oggi pomeriggio ho avuto un imprevisto e non riesco a passare. Vediamoci nella prossima settimana okay?»

«Ele, settimana prossima dobbiamo presentarlo...»

«Matt, abbiamo tempo, il giorno della festa è il 20.»

«Ele, il 20 è venerdì prossimo. Manca solo una settimana!»

Prendo il telefono dalla tasca dei cargo, aprendo subito la pagina del calendario per controllare gli impegni. Oggi è venerdì 13 dicembre, tra una settimana c'è l'evento.

Avevo rimandato per così tanto, e ormai ci avevo preso l'abitudine, che quasi non mi rendevo conto di essere arrivata al termine del tempo che mi rimaneva. Avevo avuto quasi tre mesi, con giornate decisamente migliori di questa per stare nella stessa stanza con Andrew, e dovevo farlo proprio oggi!

«Matt, scusa ma oggi proprio non mi riesce.»

«Beh, allora nel weekend?» propone.

Troppo presto, non l'avrei ancora sbollita.

«Che ne dici di lunedì?»

«Okay, si può fare. Sicura che l'imprevisto di oggi non c'entri con quello che ti ha detto Andrew stamattina?»

Aveva sentito? Sembra leggermi nel pensiero e risponde.

«Non ho sentito tutto, però ho notato che ci sei rimasta parecchio male... E' un periodo brutto e... cerca di capirlo, non ha mai avuto una dimostrazione da parte tua.»

«Tranquillo, è tutto apposto. Diglielo tu del cambio di piani e, anzi, se ti riesce vedetevi lo stesso oggi, così iniziate a provare anche senza di me.»

«Chill me la vedo io, contaci!»

L'ultima volta che ci avevo contato avevo finito per fare il lavoro da sola ma gli concedo una seconda possibilità, non ho le forze per occuparmene io stavolta.

Per il resto della giornata non smetto di pensare alla delusione sul suo viso mentre mi guardava e alle parole di Matthew, era vero che non gli avevo mai dato alcuna dimostrazione. Nel mio cuore questo peso era un macigno ma, come sempre da qualche mese a questa parte, decido di dare retta al mio cervello che mi ripete, convinto, che in realtà è meglio così.

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