Capitolo 15
Non appena esco dalla doccia recupero l'accappatoio e raccolgo i capelli in un asciugamano. Ho tutto il trucco colato e pensandoci dovevo averlo già da prima, oddio com'ero conciata. Solo al pensiero di ciò che è successo voglio sotterrarmi. Mi strucco, esco dal bagno e controllo il telefono. Sia Jane che Matt mi hanno scritto diversi messaggi per sapere dove sono, quindi rispondo e tranquillizzo tutti che la figura di merda è andata in porto e, come nei classici film, sono finalmente a casa a ripensarci e crogiolarmi nel mio imbarazzo.
Infilo il pantalone del pigiama e recupero dall'armadio la prima felpa che trovo, mi guardo allo specchio dopo averla indossata e la riconosco: è quella di Andrew; dovrei ridargliela ma per ora me la tengo, mi piace il suo profumo di noci e muschio. Slego i capelli dall'asciugamano, non ho voglia di mettermi con il phon a mezzanotte quindi spero solo che non mi venga l'emicrania.
Menomale che domani è sabato, almeno mi risparmierò l'imbarazzo di presentarmi a scuola per altri due giorni. Mi poggio sul davanzale della finestra e noto che la luce nella camera di Andrew è accesa, chissà che starà facendo.
Non posso continuare così, altrimenti Iris avrà ragione.
Ma nel momento in cui decido di andare a dormire, e lasciarmi tutto da parte, lo schermo del telefono si illumina e sollevo lo sguardo verso una sagoma scura che sbuca dietro le tende della sua camera.
Maledizione.
A: Bella la felpa, dove l'hai presa? Giusto per curiosità...
Mi ricordo di avere addosso la sua felpa e sorrido.
E: Si, davvero bella, me l'ha data una persona. Dovresti conoscerla, è davvero rompipalle!
A: Abbiamo un discorso in sospeso, ti va?
Controllo l'orario, non è tardi e non ho neanche sonno. Sollevo il capo e noto che nel frattempo ha aperto un'anta della finestra e anche lui si è posato sul davanzale.
E: Va bene dai, non mi dispiace dedicare a lei il mio tempo.
A: Addirittura, che onore. E, comunque, rompipalle sarai tu!
Sorrido e gli mando un emoticon.
E: Quindi quali sono i tuoi hobby?
Nel frattempo che aspetto che mi risponda controllo le notifiche, notando che mi hanno taggato in un post instagram sulla pagina del giornalino scolastico. Ci risiamo.
Controllo tutte le foto fino a quando arrivo finalmente alla mia, sono in braccio a Andrew e si vede che stiamo salendo al piano superiore: è quando mi ha accompagnata in bagno.
Leggo la didascalia del post, fino a quando arrivo alla parte che mi riguarda.
"Per non parlare della settima foto, emozionante vedere che Andrew Woods anche quest'anno catturi le donzelle con il suo terribile fascino, e stavolta è stata Eleanor Smith a cascare nella trappola del nostro Bad boy preferito..."
Trappola del bad boy preferito? Ma che...
"Sono stati avvistati mentre andavano a pomiciare nel bagno, non sono carini?"
"Andavamo a fare cosa??? Questi sono impazziti." Dico ad alta voce. Vado nella chat di Andrew, senza neanche rendermi conto che in questo tempo mi aveva mandato una sfilza di messaggi. Li ignoro.
E: Scusa, devo andare.
Senza aspettarmi una risposta dall'altra parte lascio il cellulare sul comodino e spengo tutte le luci. Mi stendo sul letto e la mia testa non riesce a fermarsi neanche un attimo a viaggiare nei pensieri, il cuore mi martella nel petto. In che casino mi sto cacciando... e per cosa poi?
Nonostante tutto non riesco a non pensare che ho appena ignorato dei messaggi in cui lui si apriva con me, per la prima volta. Torno nella chat e tutti quei messaggi di prima erano spariti, li aveva eliminati.
Dovevo aspettarmelo, cazzo.
C'era solo la risposta al mio.
A: Ah va bene, notte.
Sto facendo una cazzata dopo l'altra. Sono bloccata tra due estremi: dargli confidenza e mettermi contro Iris, mettendo in conto che quello che è successo finora sarebbe decisamente moltiplicato per mille, oppure lasciarlo in pace e riuscire finalmente a smettere di fare figure di merda per colpa di questa situazione, vivere la mia vita e fregarmene di tutto per sempre. Ma se continuo così riuscirò a mandare a fanculo entrambe le opzioni.
↭
Quando arrivo a scuola il lunedì cerco di ignorare lo sguardo di tutti e volo di corsa al mio armadietto, all'interno trovo un bigliettino e la copia settimanale del giornalino scolastico.
"Te l'ho comprato io così ero sicura che l'avresti letto, buona giornata amore!"
All'esterno era firmato "Iris <3".
Si percepisce la sua ironia da un miglio di distanza. Apro subito il giornale, andando in cerca della foto in cui sono in braccio ad Andrew, ma non la trovo. Al contrario ne trovo una in cui è ritratto l'esatto momento in cui Iris mi lancia addosso il suo cocktail:
"La lotta per conquistare Andrew Woods continua, e anche in questo caso Iris Moore ha dato un insegnamento importante alla sua "rivale", lanciandole una bevanda e urlandole contro parole molto forti, che sono state ovviamente riportare dal pubblico. Chissà che cosa succederà durante la prossima settimana... Curiosi?"
Sopra la foto era scritto a caratteri cubitali:
"SERVE A RAFFREDDARE GLI ORMONI, COSI' SMETTERAI DI PENSARE AL CAZZO DI ANDREW".
Ma per loro è un gioco? La stanno prendendo come se fosse una serie tv?
Chiudo di scatto l'armadietto e mi ritrovo il viso di Andrew davanti. Non è decisamente il momento e il posto adatto, ma diamine...
«Ehi...» sussurra, rivolgendomi un sorriso dolce.
Quei maledetti riccioli scuri gli ricadono sul viso e ci passa una mano attraverso per sistemarli; la stessa che alla festa sorreggeva le mie gambe nude. E' poggiato sull'armadietto accanto al mio con una spalla e mi guarda.
Mi guarda come se mi stesse scrutando dentro e io inizio a sentirmi in soggezione, mi formicolano le mani.
«No per favore Andrew, vattene», sbotto, raccogliendo tutto il mio buonsenso.
«Buongiorno anche a te! Si può sapere che ti è preso ieri sera?» Mi incammino verso Matthew, che ho appena avvistato svoltare il corridoio per raggiungere l'aula di storia, e lui mi segue. Mi giro di scatto, facendolo fermare, e molti si avvicinano.
Stavolta no!
«Andrew non è il caso, smettila di seguirmi e lasciami stare.»
«Ehi ma che hai? Stavo solo...», alza la voce.
Dio non farmi questo!
«Te lo chiedo per favore, ogni cosa che facciamo viene fraintesa e postata ovunque come se fossimo il re e la regina d'Inghilterra, ne ho abbastanza di questa storia quindi lasciami stare.»
«Ti riferisci al giornalino? Davvero ti importa di quello che ci scrivono dentro? Sono tutte cazzate e lo fanno per attirare l'attenzione.» Inizia a gesticolare, alzando le sopracciglia.
«Non so a te, ma a me non piace attirare l'attenzione.»
Lui ci sarà anche abituato ad avere tutti gli occhi su di sé, ma io no e non voglio adottare questo nuovo stile di vita. Sono sempre stata invisibile, agli occhi di tutti e in qualunque situazione.
Sto bene così.
Mi volto e scappo via, lasciandolo lì.
Quando entro nell'aula la lezione sta per iniziare e prendo il mio posto accanto a Matt.
«Ehi bella! Hai un aspetto orribile.»
«Oh, buongiorno Matt, grazie, anche tu stai davvero bene stamattina!» replico ironica.
Gli metto davanti la pagina del giornalino e dopo averla letta mi rivolge uno sguardo triste.
«Mi dispiace Ele, davvero. Jane ha provato a parlarle ma non ne vuole sapere niente, continua a dire che la devi pagare e...». Mi scruta e sta attento a indovinare la mia reazione.
Lo interrompo subito, «Fa niente, ho smesso.»
Rimane sbigottito.
«Hai smesso... di fare cosa?»
«Ho smesso di parlare con Andrew, non lo guarderò più neanche in faccia, mi sono davvero stancata.»
«Ma Ele...», prova a farmi cambiare idea, ma neanche immagina cosa ho passato nell'intero weekend: tutto il terrore e l'ansia che ho provato alla sveglia di stamattina rendendomi conto che sarei dovuta venire a scuola. Non posso vivermela così, soprattutto perché i miei voti ne stanno risentendo e facendo così perderò tutto: l'impegno che ci ho messo per arrivare fino a qui verrà vanificato per uno stupido ragazzo che conosco a malapena.
«Niente ma, per favore basta parlarne. Ho preso la mia decisione.»
Apro il quaderno e mi giro verso la cattedra, aspettando che la lezione inizi. Dopo cinquanta minuti la campanella suona e mi riverso nel corridoio. Continuo a sentirmi osservata tutta la mattina e l'unica cosa che aspetto è la fine dell'ultima lezione per tornare a casa, facendo finta che nulla di tutto questo stia succedendo proprio a me. Quando sto per varcare le porte della mensa noto che Ben, il ragazzo che si occupa del giornalino, sta mangiando da solo in un tavolino all'angolo.
Prendo il vassoio del cibo e mi avvicino.
«Posso sedermi?»
Mi guarda con occhi scrupolosi prima di annuire e mandare giù il suo boccone.
«Posso sapere perché hai così tanto piacere a rovinare la mia vita?» chiedo furiosa, mentre poggio lo zaino sotto la sedia.
«Come scusa?», rimane allibito a fissarmi.
«Evita di far finta di non sapere niente, tutta la scuola sa che sei tu a gestire gli articoli di gossip del giornalino, sono arrivata qui da neanche due mesi e lo so anche io, quindi figurati.»
Mi guarda attentamente, prima di posare i gomiti sul tavolo e incrociare le braccia.
«Tu sei Eleanor Smith... immagino.»
«Si, piacere. Tu sei Ben Holland, immagino. Ora che abbiamo finito le presentazioni posso parlare?»
Sgrana gli occhi. Beccato.
«Io riporto quello che mi viene detto. Quello che c'è dietro non mi importa.»
Afferra la mela e la addenta, senza smettere di fissarmi. Mi sento a disagio ma devo farmi valere.
«Chi ti ha riportato l'evento di Halloween?», chiedo diretta, ma lui non accenna a rispondere.
Bene, la vuole rendere complicata!
«Se ti importa sapere almeno questo: è falso. E questa non è una voce, è una certezza. Sono andata al piano di sopra per ripulirmi dal cocktail che mi è stato versato addosso, non so se hai sentito la notizia...» decido di seguire il suo gioco, provocandolo.
Si avvicina, sporgendo il suo peso verso di me.
«Senti, capisco che questa situazione possa crearti diversi disagi, ho ricevuto spesso critiche di questo genere ma ormai sono all'ultimo anno e non intendo fare nulla a riguardo. Mi dispiace, non posso dire altro. Non posso proprio!», annuncia solennemente prima di alzarsi con tutto il suo vassoio e lasciarmi lì impalata, con mille dubbi da chiarire e precisazioni da fare.
Per risolvere questa situazione devo prendere una decisione e ormai credo di averlo fatto, anche se ho paura di pentirmene, è il momento di parlare con Iris, solo così potrò andare avanti.
Prendo il vassoio e mi dirigo al tavolo dove prima ero la benvenuta, per posare il vassoio proprio di fronte a lei con gli sguardi di tutta la mensa addosso e soprattutto quelli di tutte le ragazzine sedute al suo fianco.
«Iris possiamo parlare? Magari in privato.»
«No», fa seguire una grossa risata, accompagnata da quelle delle altre ragazze.
«Bene, allora lo dirò qui.» Parlo ad alta voce, così che tutti possano sentire e le voci non vengano distorte. Certo non vorrei dire i cazzi miei a tutta la gente, ma so che succederà in ogni caso quindi faccio in modo che almeno venga detta la verità.
Lei smette di mangiare e mi scruta dall'alto verso il basso, imposta un viso schifato pronto a sentire tutte le cose che usciranno dalla mia bocca e incrocia le braccia.
Prendo coraggio e cerco di essere più precisa possibile.
«Ho capito i miei errori, avrei dovuto farlo prima: non avrei dovuto rispondere a nessun messaggio e ignorare tutte le attenzioni. Non è successo davvero niente, nulla di nulla, e non lo farò accadere. Spero che le cose tra voi andranno bene e non voglio più mettermi in mezzo. Nonostante tutto il male che mi hai fatto ho preso una decisione per il bene di entrambe: mi farò da parte.»
Mi scende una lacrima, ma la asciugo immediatamente e ricaccio le altre indietro, dopodiché faccio per andarmene ma lei si alza e mi viene incontro.
«Tu ci tieni?» mi chiede, posandomi una mano sulla spalla.
Anche le altre lacrime lottano per uscire e cerco di trattenerle fino all'ultimo respiro, ma quando mi volto e mi ritrovo proprio Andrew davanti, con una faccia desolata, mi rendo conto che ha sentito tutte le mie parole e non riesco più a capire cosa sia giusto e cosa sbagliato. Non riesco a capire cosa mi stia succedendo, quello che provo realmente.
Non lo conosco, questa è l'unica cosa che so e devo imparare a farci l'abitudine. Stare in sua presenza mi fa sentire strana, ad ogni suo tocco mi vengono i brividi e ogni volta che i nostri sguardi si incrociano sento che sto per andare a fuoco e il mio cuore smette di battere per un attimo, rimbalzando su se stesso, lasciandomi un vuoto dentro indescrivibile. Non so cosa voglia dire tutto questo, non penso di aver mai provato una cosa simile ma è solo attrazione, come era con Eric, anzi stavolta non posso neanche essere affezionata a lui, perché non abbiamo mai passato del vero tempo insieme, e dimenticarlo sarà più semplice.
Quindi passerà il tempo e passerà anche tutto il resto. Ci potrebbe essere una remota possibilità che in futuro possa accadere qualcosa tra di noi ma non sarà così, le cose sicuramente non cambieranno da un giorno all'altro.
«Io non so niente di lui.» Dichiaro infine, prima di prendere il mio zaino e uscire dalle porte della sala principale.
Corro via, prendendomi tutta la pioggia che mi scivola addosso, lavando via tutte le lacrime e il senso di colpa e di vuoto che sento dentro di me. Prima di entrare a casa mi siedo sul porticato e controllo il telefono: Matt mi continua a scrivere cercando di farmi cambiare idea, ma ormai ho preso la mia decisione.
Trovo anche un messaggio da parte di Iris.
I: Mi fa piacere che ti sia messa da parte per me, grazie.
Grazie al cazzo. Stronza.
Entro in casa superando la cucina a grandi falcate, ignorando tutti per rifugiarmi in camera. Chiudo la porta a chiave e scoppio. Perché a me? Perché proprio adesso dovevo attaccarmi ad un'altra persona? Forse l'ho fatto per dimenticare Eric, è stato il mio meccanismo di difesa, ma ora come farò a difendermi di nuovo? Forse aveva ragione Jane: era meglio se rimanevo legata a Eric. Così non avrei dato problemi a nessuno, avrei continuato la mia vita tranquillamente, convivendo con gli stessi sentimenti di quattro anni a questa parte, sarei rimasta amica con tutti, e non avrei dato confidenza ad un ragazzo che con tutte le probabilità del mondo neanche ci avrebbe mai tenuto a me.
Sento il mio cuore stringersi al pensiero di tutti i passi falsi, di tutto quello che sopporto e continuerò a sopportare. Butto la testa sul cuscino bagnandolo con tutte le lacrime che ormai da troppo mi tenevo strette. Per non farle uscire le tenevo incastrate tra le ciglia, per paura che realizzare tutti gli errori che stavo commettendo mi avrebbe distrutta.
Per la paura, sempre e solo lei, ma alla fine aveva ragione.
Cerco di smorzare i singhiozzi premendomi con tutte le forze sulla federa. Sono consapevole di star vedendo tutto nero, di star vedendo solo i lati negativi senza pensare alle mie emozioni e ai miei sentimenti ma solo a quelli degli altri, consapevole di star sminuendo il mio valore e di star ignorando tutto ciò che provo per preservare ciò che provano gli altri, ma facendolo mi sentirò meglio, ne sono sicura.
Il tempo guarirà le mie ferite e giorno dopo giorno riuscirò a evitare tutti gli sguardi giudicanti, a evitare i miei pensieri e a essere felice, devo solo prendere il dolore per mano per un po' e lasciare che mi pervada, pezzo dopo pezzo, attimo dopo attimo. Mi dedico tutto il pomeriggio, mi sfogo e poi vado a farmi una doccia, guardando la mia serie tv preferita in pigiama mangiando un po' di cioccolata e popcorn, tenendo il telefono in modalità aereo senza che le notifiche possano disturbare la mia quiete momentanea, sapendo però bene che quando deciderò di attivarle tutta questa tranquillità crollerà come le discese sulle montagne russe. Finisco i compiti e passo tutta la serata nella mia camera, senza uscire neanche per cena, non ho voglia di mangiare niente che non siano schifezze quindi la scorta di caramelle e patatine che ho in camera andrà più che bene. Dopo cena però, inevitabilmente, sento bussare alla mia porta.
La apro leggermente, lasciando entrare un piccolo spiraglio di luce dal corridoio nel buio della mia tana, o sarebbe meglio dire caverna.
«Ella, perché non sei scesa a mangiare? Ti ho portato un pezzetto di cioccolata, la mamma dice sempre che aiuta per sentirsi di nuovo felici, e tu ora sembri molto triste...»
Solo Helena, la mia sorellina, poteva farmi sorridere in questo momento. Accendo la lampada sul comodino facendole cenno di entrare e mettersi nel letto affianco a me.
Afferro il pezzo di cioccolata dalle sue piccole manine e, come se non ne avessi mangiato abbastanza stasera, lo addento come se fosse la mia ultima speranza per essere felice.
«Cos'hai sorellona? Tu dici sempre che bisogna sorridere...», mi chiede facendomi il broncio. Decido di accontentarla e sfodero il mio sorriso migliore solo per lei. Le accarezzo i capelli.
«Girati, ti faccio le trecce che ti piacciono tanto.»
Sussulta e corre a prendere gli elastici colorati che tanto adora nelle sue treccine. Si siede a terra di fronte a me, permettendomi di pettinarle i capelli.
«Lena, a volte nella vita ti capiterà di non riuscire tanto a sorridere.»
«E perché mai?» chiede in tutta la sua innocenza.
«Perché imparerai a tue spese che, a volte, non si può ottenere tutto ciò che si vuole...» le sussurro dolcemente, «Quando ti capiterà, promettimi una cosa», continuo.
«Sì?»
«Verrai sempre a parlarne con me, qualunque cosa succeda. Ti capirò e la affronteremo insieme. Non nasconderti in te stessa.»
«Va bene, te lo prometto Ella.»
Le chiudo l'ultimo codino per fermare la seconda treccia e subito lei si gira buttandosi tra le mie braccia. Per poco delle lacrime minacciano di riversarsi sulle mie guance; un abbraccio era proprio quello che mi serviva in questo momento.
«Ricordati sempre, quando ti capiterà di non riuscire a sorridere, che a volte fa bene prendere in mano la tristezza e lasciare che per un po' sia lei a farti compagnia.»
La stringo forte e mi assicuro che abbia capito, poi la accompagno nella sua cameretta e le do il bacio della buonanotte prima di rintanarmi di nuovo nelle mie coperte.
Forse è proprio quello di cui ho bisogno, prendere in mano la tristezza e lasciare che sia lei a guidarmi per un po'.
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