Punitori e peccatori (parte I)
"E lei capì chiaramente che se lui era il fuoco lei doveva essere il legno"
-De André
nella foto: Kenneth
Era ancora voltata, la pelle delle gambe e dei palmi a contatto col pavimento gelido e odoroso di detersivo per pavimenti. Ma, come suo solito, fissava un punto morto perché, per quanto cercasse altrove, il corpo di Kenneth le stava oscurando la visuale. Amèlie le strinse forte i polsi, sollevandola da terra come se non avesse peso, facendosela rimbalzare contro in uno slancio.
Kenneth le fissò interdetto, grattandosi il capo: «Ma... cos'è successo?»
Le due si scambiarono un gioco di sguardi imbarazzati, la testa ancora altrove. Il riccio le esortò a dire qualcosa, e Brianna si chiese come facesse a trattenersi dallo sbellicarsi dalle risate dopo aver assistito alla figuraccia più memorabile della sua vita, ma invece mantenere una facciata di impostata serietà. Cercò lo sguardo dell'amica in cerca di una scusa da propinargli...
«Non è successo nulla, Ken. Il pavimento era ancora bagnato e così Anna è scivolata oltre la porta.» sentenziò senza troppi giri di parole Amèlie, evitando il suo sguardo.
Non convinto, Kenneth continuò a scompigliarsi i capelli già abbastanza disordinati, facendo saltare lo sguardo da una ragazza all'altra. «Cavolo. Anna. Te lo dico sempre io che devi mangiare un po' di più, così non va bene!» Brianna alzò un sopracciglio stranita, le braccia conserte ad accentuarne il seno. Si accorse di come quel piccolo gesto potesse risultare provocante soltanto non appena gli occhi di Kenneth caddero un po' più in basso rispetto agli occhi. Sciolse le braccia fingendo di sistemarsi una ciocca di capelli serpeggiante.
«Ragazzino.» una voce femminile, roca e burbera, fece voltare il quadretto di ragazzi «Qua vige la regola del "chi rompe paga".» terminò, indicando la tazzina frantumata a terra, mescolata ai fondi di caffè. L'inserviente era grassoccia e inviperita, lo sguardo arcigno stava quasi per pietrificare il giovane, che subito si tuffò le mani nelle tasche dei jeans in cerca di banconote.
Poi, il suono di una sedia stridere sul pavimento e quel dannato rumore di mocassini a scandire lo scorrere delle lancette, ovvattando la musica nell'aria... ancora una volta. I nervi pizzicarono Brianna a fior di pelle alla vista degli occhi sgranati di Amèlie, di fronte a lei. L'inserviente si curvò su sé stessa come uno stelo spezzato, per un attimo parve quasi inchinarsi. Quando le piombò davanti, il ragazzo le fece quasi ombra
«Buonasera Signora Jones.»
Fu quel timbro di voce acre, dal tono formale e altisonante, quasi antico, a rompere qualsiasi barriera di disattenzione. La signora si strofinò le mani callose nel grembiule candido con fare quasi febbricitante. Il ragazzo sorrise, dinnanzi a quel trasparente senso di inadeguatezza.
Orion. D'altronde, quelli come lui, le insicurezze altrui se le mangiano a colazione.
«Signorino Lancaster, benvenuto. È un suo amico questo ragazzino?» indicò Kenneth con disprezzo, facendogli arricciare il naso indispettito. Il fatto che una donna grande e grossa di mezza età si rivolgesse a un minorenne a quel modo, come un giovane Lord, face soffocare Brianna una risatina... che però ingoiò a fatica al sentirsi iridi come spilli incunearsi nella sua nuca.
Il mento di Orion si volse in direzione di Kenneth, che gli mollò una pacca informale sulla spalla. Si concentrò poi sulla signora Jones: «Sì, siamo amici di vecchia data. Sono certo si sia trattato di un banale incidente. Pago io per il momento.»
I presenti strabuzzarono gli occhi esterrefatti vedendo il giovane estrarre una banconota dal portafogli di ottima fattura. La porse all'inserviente senza accettare storie, la quale, di fronte a tanta compostezza, rimase attonita, dirigendosi frettolosamente in direzione della cassa prima di vederlo cambiare idea.
E Orion rimase lì, irremovibile ed imperscrutabile, una macchia nera nel quadretto di amici, con Brianna e i suoi occhi persi nel vuoto, Amèlie dalle gote arrossate e Kenneth... Kenneth che doveva sempre demolire qualsiasi atmosfera come un giullare ad un funerale.
«Non so davvero come ringraziarti, Orion. Vorrei poterti offrire qualcosa, ma come vedi sono al verde. Mi sento quasi in imbarazzo, te lo assicuro...» rise il biondo imbarazzato, il sorriso tirato.
Per un lungo momento, Orion non emise fiato, lasciando tutti col fiato sospeso. Vestito di nero e di sospiri spezzati, avrebbe arrecato quel vago senso di inadeguatezza e scomodità a chiunque, come una spina conficcata nelle costole.
«Non ce n'è bisogno, Campbell. Sono apposto.» scoccò freddo battendo a terra la pianta delle scarpe in maniera ritmata. Kenneth si ritrovò senza nient'altro da dire, liquidando la sua stessa offerta in un'alzata di spalle. Nonostante i due frequentassero gli allenamenti di atletica assieme, non sembravano affatto in confidenza, tanto da rendere quel favore quasi fuori luogo.
Tra parole non pronunciate e favori non richiesti, Brianna scorse dalla bramosia dell'aura nottambula di Orion come in realtà ci fosse qualcosa che volesse in cambio. Brividi gelati la invasero dalla base del collo fin dentro le costole al solo pensiero: cosa avrebbe mai voluto come moneta di scambio un ragazzo capace di ottenere tutto solo desiderandolo?
Finché una persona non li raggiunse, raggiante, tranciando di netto il flusso di pensieri della rossa. La chioma lunga e fluida ondeggiò alla scioltezza dei suoi passi, sorridendo ai presenti in uno scampanellio di bracciali luccicanti, Brianna fu certa non si trattasse di banale bigiotteria.
«Orion! Non mi presenti i tuoi amici?» Candice sfoggiò uno dei suoi sorrisi più radiosi, facendo scivolare lo sguardo su ognuno dei presenti. Brianna si chiese da cosa derivassero i suoi ottimi voti, date le sue capacità mnemoniche, talmente povere da non riconoscere i tre curiosi personaggi quali erano lei e i suoi amici: lo scozzese di verde vestito, la ragazza sfregiata e la strega sadica e pazzoide, lei stessa.
Orion sorrise, maliardo, divertito dalla scenetta appena innescata. Non mosse dito, lasciò che fossero gli altri a farlo. Candice d'altronde, in mezzo a loro tre, era una bomba ad orologeria vera e propria.
«Ciao Candice, piacere, io sono Ken. Faccio parte del club di atletica come Orion.» la salutò per primo, per poi indicare le ragazze al suo fianco «Lei è Amèlie.» articolò un cenno svogliato la bruna «E la timidona al mio fianco è...»
Il ragazzo la cinse affettuosamente in un sorriso. Fu allora che Brianna si raggomitolò di nuovo su se stessa. Gli occhi le furono addosso e vicini come fauci a una preda, alzò lo sguardo a viso chino, rannicchiata tra le braccia di Kenneth. Candice la stava scrutando dall'alto, un sorriso sulle labbra come cucito sotto gli occhi da volpe. Quello, capì la rossa, era il volto di chi sapeva qualcosa di troppo.
Brianna non abbandonò lo sguardo, al di sotto della sua cortina di capelli, nonostante ci volle un po' prima che quell'elettricità si affievolisse definitivamente. Furono le parole di Orion a spegnerla.
«Brianna.»
L'attenzione dei presenti saettò in direzione della diretta interessata, Amèlie dedicò uno sguardo confuso ai due. E Brianna tacque, incuneandosi al viso del ragazzo senza timore, la mascella serrata e una smorfia innervosita ad arricciarle un cipiglio già sofferente.
La testa la stava trascinando in un vortice di confusione, tra voci di troppo e dialoghi superflui. Troppe facce, troppi sensi sottesi e intenzioni celate in quella improvvisata interazione. Lo aveva fatto intenzionalmente, Orion; sapeva che avrebbe suscitato scompiglio pronunciando il suo nome.
«Voi...» mormorò tremolante Amèlie, facendosi spazio tra i loro silenzi nebulosi in uno sprazzo di colori «Vi conoscete?» indicò Brianna in un'alzata sopraccigliare.
Orion estrasse dalla tasca posteriore dei pantaloni sigaretta e accendino. Era un vecchio zippo a benzina laccato in oro, di quelli che se ne vedono solo nei film in bianco e nero, uno di quelli che Brianna sognava da una vita di tenersi nelle tasche e che Jason si rifiutava di regalarle. Quando Orion girò la rotella, così da accedere la sigaretta, incrociò il viso della rossa in un sorriso sghembo.
«Diciamo pure di sì.» scoccò in una nube di fumo, lasciando i presenti attoniti, eccetto Candice, divertita. Si erano ormai tutti infastiditi dalla tacita irriverenza di quel ragazzo, pur disconoscendone il motivo.
«Non penso che si possa fumare qua, amico. Andiamo fuori.» lo esortò Kenneth, titubante, guardandosi le spalle dall'addossarsi la colpa di qualcosa che non avesse commesso. La risata di Orion fu talmente sommessa da arrivare alla testa come un'allucinazione, non appena il ragazzo gli toccò la spalla. Scrollò la cenere sul pavimento lustro. Il contatto fisico non sembrava sortire un piacevole effetto su di lui.
«Sta a vedere, Campbell.»
Una seconda inserviente, più minuta e gioviale, accorse in direzione del gruppetto, stringendo un oggetto nella mano destra. Orion non si scompose, piuttosto le sorrise gaio: «Madison! È un piacere vederti...»
La ragazza si scostò i capelli dalla fronte, affannata e imbarazzata. Poi, gli porse l'oggetto che teneva tra le mani. «Buon pomeriggio, Orion.» mormorò impercettibilmente, prima di dileguarsi in un cenno svelto e un po' goffo.
Allora Orion strinse tra le mani un posacenere di vetro, soddisfatto. Kenneth lo squadrò inviperito, della gratitudine di qualche minuto prima non ce n'era più traccia.
«Non sapevo che il razzismo avesse preso piede anche nelle caffetterie di periferia. Nella mia prossima vita, voglio nascere americano.» inveì infastidito.
Candice si fece sfuggire una risata sinceramente divertita davanti al biondo, Orion continuò a godersi la sua sigaretta in santa pace, lasciandola fare. «Ma non capisci? Mio cugino ottiene tutto ciò che vuole.» proferì sibillina.
Brianna sbiancò, sciogliendosi dalla stretta di Kenneth. Non staccò gli occhi dal giovane nemmeno quando ne ravvisò gli angoli delle labbra arricciarsi, trattenendosi dallo scoppiare a ridere. "Mio cugino?" ma certo... come aveva fatto a non capirlo prima? Adesso che li aveva davanti, la similitudine nei loro gesti, nei tratti e nel profumo, era ravvisabile a discapito di qualunque forma di miopia.
Quando lei e Jason erano in Italia, era capitato diverse volte che venissero scambiati per una coppia, dato il loro affiatamento. Gli facevano foto entusiasti, ribadendo quanto fossero belli assieme, e loro ridevano, ridevano di quanto fossero sciocchi a pensare una cosa simile. E allo stesso modo, Brianna si chiese come aveva potuto non capirlo prima. Perché sì, lei e Jason erano il giorno e la notte, ma quei due erano la stessa faccia della stessa Luna. E ne erano divertiti, lo vedeva nella loro eccitazione davanti alle facce sbigottite degli altri.
«E cosa vorresti quindi, in cambio del tuo favore?» si fece avanti, diretta verso Orion, così da rompere quel silenzio ghiacciante. Il giovane posò la sigaretta sul posacenere, facendo pressione per spegnerla. Le sue iridi nere si arpionarono al viso di Brianna, facendole provare la stessa malsana fibrillazione fin dentro le vene. Aveva colto dritto nel segno. Sotto il suo sguardo, Brianna si sentì liquefare.
Orion si rivolse a tutti i presenti, catturando l'interesse di tutti. Amèlie si aggrappò alle spalle alte di Brianna, sporgendosi in avanti in modo da non perdersi neanche una virgola.
«Vorrei che faceste un gioco con me.»
Kenneth rise, sollevato.
«Solo un gioco? Bhe che dire, non ti facevo un tipo da 'obbligo e verità'.»
Si accorse troppo tardi di essere stato l'unico a fiatare. Orion stava già uscendo dalla caffetteria, seguito da tutti gli altri. Erano usciti senza pagare, come se la loro stessa presenza non avesse prezzo... come fosse stata la cosa più naturale al mondo.
L'auto di Candice era parcheggiata davanti all'entrata, sfavillante e tirata a lucido. La ragazza estrasse le chiavi dalla borsa e vi entrò al posto di guida senza troppe cerimonie.
Orion si rivolse agli altri prima di prendere posto: «Per prima cosa, dovrete seguirmi in un posto.»
Amèlie si stava già facendo largo per prendere posto nei sedili posteriori, quando Brianna non le afferrò il polso saldamente. L'amica si voltò verso il suo viso preoccupata, sentendola tremolare.
«Aspetta un attimo. Noi non abbiamo alcun debito nei tuoi confronti, non siamo obbligate a partecipare.» il panico la stava assalendo, malgrado avrebbe patito le pene infernali, piuttosto che darlo a vedere a quei due.
Orion sorrise maliardo, placidamente. Le si avvicinò in punta di piedi e senza far rumore, torreggiando su di lei. Per un rapido frangente, Brianna fu certa che non il suo diaframma non emettesse respiro. Soltanto quando avvertì il suo fiato scavarle la nuca, si accorse di quanto fosse reale. «Esattamente.» inclinò il viso, senza abbandonare il suo sorriso adrenalinico «Eppure, qualcosa mi dice che non abbandoneresti i tuoi amici, non con me.»
Doveva capirlo prima, che sarebbe stato un gioco di frecce e veleni perso in principio, con quel ragazzo, che avrebbe sempre e comunque escogitato uno stratagemma per lasciare chiunque contraddirsi. Orion era un maestro dell'arte oratoria e del soggiogamento. E mentre lei, dal canto suo, non era nemmeno in grado di percorrere il corridoio scolastico senza avere le vertigini, sarebbe stata un'ingenua a potersi illudere di spezzare i fili della ragnatela che Orion finemente tesseva intorno a lui. Lei, mosca bianca, aveva speranza di vincita soltanto in un mondo senza tarantole e fili. In più, Brianna non era mai stata abile con le parole, non con quelle pronunciate. Preferiva esprimersi attraverso le emozioni, creandone e suscitandone di vecchie e di nuove. Come attraverso i tasti del piano, dove a detta di suo padre "lo stolto tace e il genio parla".
Gli cedette un'ultima occhiata, segno di resa. Il ragazzo arcuò le labbra, probabilmente beffeggiandola di quanto risultasse innocuamente tenera in quel suo perenne cruccio. Poi, aprì la portiera e prese posto accanto all'amica, ispirando l'aria calda dell'abitacolo. Amèlie le sorrise stringendole la mano.
«Dove siamo diretti?» domandò questa allungando il collo verso il lato del guidatore.
«Ithaca Falls.» fu la risposta secca di Candice, prima di ingranare la marcia e premere sull'acceleratore.
Gli occhi di Orion si incrociarono un'ultima volta a quelli della rossa, prima dell'uscita dal parcheggio, mentre una frase risuonava nella distanza che li separava: "Sia chiaro... Non voglio più vederti". Brianna ingiottì a fatica quel sapore di contraddizione, da lei tanto detestato, prima di intravede i tratti crudeli di Orion affilarsi come una lama su di lei.
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