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Capitolo 9

Ansia, agitazione e tormento sono i sentimenti che quest'oggi prevalgono in me. Con estrema incredulità, stamane mi sono alzata prima che sopraggiungesse l'alba, convinta però che fosse ormai mattina. E invece alcune sporadiche stelle dominavano ancora il cielo. Da allora non sono più riuscita a prendere sonno, ma solo a passeggiare avanti e indietro per la mia camera nell'intento di riflettere.
Inizialmente non ci ho fatto molto caso, ma ora sento una morsa allo stomaco rileggendo il biglietto di Michael. Non avevo mai provato queste sensazioni in sua presenza, ed ora il solo pensiero di doverlo incontrare a breve mi causa non pochi brividi lungo la schiena.
Ho quasi consumato il foglio già di per se ingiallito e logoro a furia di rigirarmelo fra le dita. Eppure ancora non comprendo il perché di queste mie emozioni.
In momenti come questi l'unica cosa che vorrei è annullarmi completamente per poi rinascere in una lieve farfalla, così da vivere la mia breve esistenza senza alcune preoccupazioni, ma solo godendomi ogni istante come se fosse l'ultimo. Sarei soltanto una splendida creatura che si libra leggera nell'aria, ansiosa di posarsi su un bel fiore profumato per poter poi riprendere il volo e ammirare così i paesaggi stupendi di cui madre natura ci ha fatto dono.
Sono talmente presa dai miei pensieri che soltanto l'allarme della sveglia mi riporta alla realtà, annunciandomi che sono già le otto.
Non ho sentito nemmeno gli zii prepararsi per andare a lavoro. Esco dalla mia stanza per controllare che non ci sia nessuno in casa, e aprendo leggermente la porta della loro camera da letto comprendo che sono già usciti. Evidentemente ero cosí assorta da non accorgermi dei loro movimenti.
Vado in bagno a rinfrescarmi il viso e a lavarmi i denti. Oggi il mio stomaco non è assolutamente predisposto ad accettare la colazione. Il nervosismo che mi attanaglia ha messo un tappo al mio esofago, estinguendo di conseguenza tutto il mio appetito.
Finisco di prepararmi e dopo aver fatto le coccole a Shadow, esco solitaria.
Stavolta non c'é la mia chitarra ad accompagnarmi, ho ritenuto opportuno lasciarla a casa. E poi non credo proprio che avrò l'occasione di suonarla in queste ore. Senza di lei mi sento ancora più insicura, avverto le mie gambe diventare deboli, e passo dopo passo, i piedi sempre più pesanti. Con gli anni ho imparato a considerare il mio strumento come un'entità benefica, un angelo custode pronto a consolarmi nei momenti di solitudine e di sconforto. Proprio come farebbe un'amica vera.
Varco il cancello con passo tremante, e senza dire una sola parola mi siedo su una delle panchine di pietra. Avvertivo davvero la necessità di sedermi, stare in piedi per me è difficile in questo momento.
Prendo un lungo respiro, e mentre rifletto sulle parole da dire percepisco dapprima un rumore dietro le mie spalle, poi sento Michael precedermi:
"Buongiorno, Sara."
Vorrei rispondergli, ma qualcosa mi blocca. La lingua sembra paralizzata, il cuore pronto a uscire dal petto. Riesco solo a chiudere gli occhi.
"È talmente forte il tuo rancore nei miei confronti da impedirti persino di rivolgermi la parola? Eppure sei qui. Perciò dovrei cogliere questo tuo gesto come una predisposizione a voler chiarire, o sbaglio?"
Cerco di sciogliere il nodo formatosi nella mia gola, riuscendo solo a pronunciare un flebile "Sì."
Lo sento avvicinarsi a passo lento nella mia direzione, e riprende a parlare:
"Posso sedermi accanto a te?"
Annuisco lievemente con lo sguardo rivolto a terra, troppo agitata per poterlo guardare.
"Sono davvero felice che tu sia tornata da me cara Sara, temevo non saresti più venuta a farmi visita," mi dice in tono gentile, sedendosi. Rimane in silenzio per un po', poi continua: "Ti chiedo umilmente scusa per l'atteggiamento avuto nei tuoi confronti quel maledetto giorno. Non è passato attimo da allora senza che io mi struggessi per tutto il male che ti ho causato. Non meritavi affatto un tale trattamento, come io non meritavo di incontrare te, anima dolce e gentile pronta ad offrirmi consolazione senza timore e senza pretendere nulla in cambio. Ma se io ho agito in quel modo è perché, come ti ho anche scritto nel biglietto, avevo un motivo. Anzi, ho un motivo."
Solo ora riesco a trovare un po' di coraggio. Ascoltare la sua voce mi ha tranquillizzata, e la curiosità è troppo forte in me per trattenere un'ovvia domanda:
"E quale sarebbe questo motivo?"
Non sentendo alcuna risposta lo guardo di sottecchi, notando il suo sguardo vuoto e inespressivo osservare un punto impreciso di fronte a lui. Improvvisamente si alza, e tendendomi la mano, mi chiede:
"Verresti insieme a me? Desidero condurti in un posto."
Lo osservo interrogativa e stupita, allora lui continua:
"Non avere paura. Fidati, te ne prego."
"Va bene, ti seguirò," rispondo.
Abbandono la panchina dov'ero seduta e in silenzio seguo i suoi passi. Mi chiedo proprio dove voglia portarmi.
In breve tempo raggiungiamo una struttura che ha tutta l'aria di essere una cripta. Fra quelle presenti in questo cimitero, essa è sicuramente una delle più sontuose ed elaborate.
La facciata si presenta ornata ai lati da colonne ioniche, e su di esse poggia un bellissimo frontone decorato da scene di battaglie. Nel mezzo di quest'ultimo si trova un grande stemma ovale caratterizzato al centro da due spade incrociate. Nel punto di incontro delle armi poi, si ergono fieri due leoni atti a sorreggere uno scudo sormontato da una corona. La porta, realizzata in ferro e dotata di battenti, è anch'essa decorata da varie scene di caccia.
"Prego, accomodati pure.Non è una vera e propria abitazione, ma oramai è divenuta casa mia da tantissimi anni."
Michael mi fa strada all'interno della sua cripta. Scendiamo delle scale a chiocciola che ci conducono in quella che dev'essere sicuramente la stanza principale, troppo bella per essere adibita solo al riposo eterno.
Sul soffitto vi è un'ampia cupola dipinta in stile rinascimentale, raffigurante un cielo stellato. Al centro della cupola si trova un foro, attraversato dalla luce del sole. Le pareti sono alte e tutte piene di loculi. Alcuni di essi sono vuoti e adibiti, sicuramente da Michael, a libreria. Stupendi candelabri decorano le mura in alcuni punti. Infine, una porticina occupa una porzione della parete in fondo a destra. Ma la cosa più straordinaria è il laghetto, ornato da pietre e da varie piante, situato al centro della stanza e attraversato da un ponte.
"Ma questo posto è stupendo Michael!Non ho mai visto una cripta tanto bella in vita mia. Non che ne abbia viste molte, ma di solito nei film non sono così meravigliose," gli dico stupita, continuando ad osservare tutto con gli occhi sgranati.
"Sono felice che ti piaccia. Questa è opera di mio padre, che ha lasciato ai posteri un'ulteriore prova del suo amore per l'arte e per la natura. Non ha badato a spese nella realizzazione di questa struttura. Desiderava tanto che i suoi discendenti e mia madre giacessero qui dopo la loro morte, ma questo non è stato del tutto possibile purtroppo.
I miei nonni materni hanno preteso che la loro adorata figlia venisse sepolta in Irlanda, terra che l'ha vista nascere e crescere. E mio padre non voleva certo che finissi in questo posto nel fiore degli anni, ambiva ch'io continuassi la discendenza della nostra famiglia. Ora le sue spoglie riposano lassù."
Mi indica uno dei primi loculi in alto a sinistra. Ma la mia attenzione è catturata anche da altri feretri posti qua e là all'interno della cripta.
"Ma ci sono altre bare qui."
"Esatto. Essi sono i miei avi. La nostra cripta di famiglia esiste da tempo immemore ormai. Mio padre si è impegnato a migliorarla donandole non solo l'antico splendore d'una volta, ma occupandosi anche di decorarla a suo piacimento. Ciò che vedi è il risultato," dice, mentre continua a farmi strada.
"Non c'é che dire, tuo padre aveva davvero degli ottimi gusti."
"Sono felice che sia di tuo gradimento," mi risponde sorridendo.
Mi conduce nel frattempo in un angolo della grande sala, dove noto una scrivania con sopra vari oggetti: un pennino, un colamaio e dei fogli ingialliti. Sul mobile si trovano alcuni libri messi uno sopra l'altro. Riconosco fra i vari titoli il Liber di Catullo, il De rerum natura di Lucrezio, l'Odissea di Omero e i Dialoghi di Platone.
"Questa è la mia scrivania che riuscii a trafugare tempo fa e con l'aiuto della notte dalla villa di mio padre, insieme ad alcuni suoi libri. Dopo la mia apparente morte, egli visse il resto dei suoi anni in solitudine. Non si risposó, e non avendo eredi, quando morí i suoi beni andarono nelle mani di mio cugino Andrew, figlio del fratello maggiore di mio padre. Ma se ti ho condotto qui è perché ci tengo a mostrarti un oggetto."
Lo osservo mentre apre un cassetto del suo scrittoio per tirarne fuori una fotografia, molto antica e con i bordi erosi dal tempo. Me la porge. Sulla carta, bucata in alcuni punti, è ritratto un bel ragazzo sorridente, di media statura e col fisico slanciato. I capelli, lunghi fino a metà del collo, sono scuri. La pelle invece è molto chiara. Almeno è ciò che riesco ad intuire, dal momento che la foto si presenta in bianco e nero. Il giovane, poi, è vestito con degli abiti tipici dell'ottocento e regge un libro nella mano sinistra, lasciato socchiuso fra le pagine con l'ausilio del suo indice, come a voler tenere il segno di quello che stava leggendo. La mano destra invece è appoggiata ad una scrivania, la stessa che in questo momento si trova nella cripta. Allora questo ragazzo è...
"Michael, sei tu in questa foto?"
gli chiedo, anche se la mia sembra più un'affermazione che una domanda.
"Sì. Questo ero io prima che la morte corrompesse il mio corpo. Ci tenevo molto che tu vedessi questa fotografia, l'unico ricordo che mi rimane della mia lieta esistenza. Poco tempo dopo che essa fu scattata, mi ammalai."
Le lacrime iniziano a sgorgare dal mio volto come fiumi in piena. Le sofferenze, le pene patite da Michael in tutti questi lunghi anni sembrano impossessarsi del mio animo, rendendomi così partecipe della sua solitudine e del suo dolore.
Lui mi si avvicina lentamente ed è come se avesse timore a toccarmi, prova a portare la mano al mio volto per cercare di asciugarne le lacrime. Ma la paura lo distoglie subito dal suo intento.
Lo guardo. Percepisco in Michael l'incertezza e nello stesso tempo il desiderio di starmi vicino. Anche se il suo viso non possiede più muscoli io comprendo ugualmente i suoi stati d'animo.
È il suo cuore a farsi volto per lui.
"Abbracciami," gli chiedo.
"Io....non posso."
Allora mi avvicino di scatto, pronta a interrompere la distanza tra noi. Avvolgo le mie braccia sui suoi resti, poggiando delicatamente la testa sulla sua clavicola destra. Lui esita per un momento, ma poi lo avverto ricambiare il mio abbraccio debolmente, quasi come se avesse paura di rompermi.
Rimaniamo cosí per attimi che sembrano infiniti, isolati nel nostro piccolo spazio dove tutto diventa possibile. Le sue dolci carezze sui miei capelli mi rilassano, non vorrei staccarmi più da lui. Non so cosa darei per rimanere così per sempre.
"Ti ringrazio dal profondo del mio cuore, o dolce anima pura che tutto puoi," mi sussurra piano.
"Non devi ringraziarmi, lo faccio perché ti voglio bene. Ci tengo molto a te, Michael," gli confido commossa.
"Anche io ti voglio bene. Un bene profondo e intenso, che non ho mai provato per nessuna donna in tutta la mia breve vita."
Dopo qualche secondo di silenzio si rivolge di nuovo a me:
"Posso farti una domanda?"
"Certo, chiedimi pure tutto quello che vuoi," gli rispondo.
"Io...ecco....da ciò che hai visto in foto, che impressione ti ho fatto? Quali sono state le sensazioni che ti ha suscitato l'osservarmi? Te lo chiedo perché proprio mentre avevi gli occhi rivolti sulla mia immagine, è iniziato il tuo pianto. Possibile che ti faccia maggior ribrezzo il vedermi in vita piuttosto che adesso, conciato in questo stato?"
La sua lieve risata cristallina echeggia per le mura della cripta, contagiando anche me.
"Ma io non ho pianto perché ti ho visto in foto, assolutamente. È solo che, mentre ti osservavo, ho ripensato al tuo dolore, alle sofferenze e alla solitudine che hai attraversato e che attraversi tutt'ora. Se devo essere sincera, non ti ho trovato affatto male. Eri davvero un bel ragazzo. Anzi, lo sei ancora. Perché la bellezza non la misuro affatto dalla tua foto, bensí dal tuo cuore, dai tuoi gesti e dalle emozioni stupende che mi regali ogni volta che parlo con te," affermo sicura, guardandolo.
"Dolce e meravigliosa Sara, non so davvero come ringraziarti per ciò che mi stai donando. Mai avrei creduto di meritare tutto questo, ritenevo soltanto di dover trascorrere la mia eternità rinchiuso nella prigionia del dolore e della solitudine.
Invece sei arrivata tu, angelo del paradiso a portarmi di nuovo gioia e speranza."
"Ma io non sono un angelo, sono una persona normale Michael, come lo sei tu."
Distolgo il mio sguardo, sentendomi avvampare.
"Ti sbagli invece. Non ti rendi affatto conto delle potenzialità che possiedi, credimi."
Ci guardiamo a lungo, e lentamente, si avvicina per appoggiare la sua fronte sulla mia. D'improvviso gli chiedo:
"Michael, ci sono tante cose che vorrei tu mi spiegassi. Come ad esempio il modo in cui sei riuscito ad intrufolarti in casa mia ieri sera."
Tipico del mio imbarazzo quello di interrompere i momenti più intimi con discorsi buttati così, a caso. Ma lui ritorna di nuovo a sorridere.
"Sai, dopo tanti anni ci si stufa a stare sempre chiusi fra le mura di un decadente cimitero. Così, con la complicità delle tenebre a volte esco, cercando di non essere visto da quei pochi ancora svegli. In questo modo sono riuscito a raggiungere casa tua. E anche con l'ausilio della scala trovata nel ripostiglio di tuo zio, che mi ha permesso di entrare dalla finestra. Ti chiedo scusa se ho violato l'intimità della tua camera senza il tuo permesso, ma l'ho fatto solo per una giusta causa," mi spiega.
"Non devi scusarti, non hai fatto proprio nulla di male."
Altri attimi di silenzio, interrotti ancora una volta dalle sue parole:
"Hai mai espresso un desiderio, Sara?"
"Molti."
"E si sono avverati?" mi chiede ancora.
"Alcuni no, altri si invece. Come quello che ho espresso poche settimane prima di partire. Ho desiderato di trovare un vero amico. Non mi importava che aspetto avesse, mi bastava solo che fosse sincero e buono. Ed ecco che all'improvviso arrivi tu nella mia vita, non avrei potuto desiderare di meglio," gli dico sorridendo.
"Vuoi sapere invece qual'é il mio desiderio? Io desidero con tutto il cuore di poter riavere di nuovo le mie labbra, così da poterle poggiare sulle tue. Questo mi renderebbe l'essere più felice dell'intero universo."
Non so davvero cosa rispondere, sento solo il mio viso estremamente accaldato. Mi sembra di andare letteralmente in fiamme. Riesco solo a rivolgere lo sguardo a terra, per poi poggiare di nuovo la testa su ciò che rimane della sua spalla. In questo momento solo una consapevolezza si fa largo nella mia mente: credo proprio di essermi innamorata di Michael.

Lettori cari, eccoci giunti al chapter nine!:-)
Tante cose sono successe, e molte altre ne succederanno!;)
Tra Michael e Sara è scattata la scintilla. Chissà come si evolveranno le cose d'ora in poi...siete curiosi di scoprirlo???
Bene, allora vi aspetto al prossimo capitolo!
A presto! :-)

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